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L’Europa – presente e futuro

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 162-165)

In questi ultimi anni uno dei maggiori studiosi della civiltà oc-cidentale, lo storico Christopher H. dawson. Inglese, ha dato un contributo fondamentale per una lettura più profonda di quello che significa il cristianesimo all’interno della storia e dell’esperienza del continente europeo.

Tra i tanti suoi saggi, ce n’è uno in particolare, pubblicato nel 1932, The Modern Dilemma. The Problem of European Unity, di cui oggi in tanti stanno riscoprendo il valore e la pertinenza dell’analisi.

Citando due riflessioni di questo storico, credo che si riesca a dare al tema in questione, quello della famiglia, un quadro generale giusto per capire le sfide attuali, e anche per tracciare le piste pastorali da percorrere.

dawson commenta il contesto generale che regnava in Europa nel-la prima parte del 20° secolo, e oggi noi possiamo vedere nel-la verità delnel-la sua analisi nel desolante e tragico scenario che ne è derivato. dawson commenta così l’Europa di questo periodo:

“la cultura europea ha subito un processo di secolarizzazione e di tra-sformazione in senso materialistico che non solo ha distrutto la sua unità, ma che, alla fine, la minaccia di imbarbarimento, poiché significa un ri-torno all’etica della tribù e la riduzione della democrazia alla dittatura di massa e della scienza a una specie di magia utilitaristica. non sorprende che una tale civiltà abbia perso credito e non abbia più presa sulla fedeltà della coscienza delle persone”.2

Il processo di secolarizzazione, invece di portare qualcosa in più a livello valoriale, sembra aver tolto e spazzato via anche quello che c’era.

nell’introdurre una fase nuova, invece che ottenere un valore aggiun-to, ci si è trovati davanti ad una graduale regressione di tipo culturale, a un venire meno di valori e di punti di riferimento che ci hanno lasciati sempre più poveri e sempre più vuoti. Avendo introdotto un modello culturale e sociale che dà priorità all’utile, abbiamo assistito

2 C.H. dawson, Il dilemma moderno. Senza il Cristianesimo, l’Europa ha un futuro?, lindau, Torino 2012, p. 21.

ad una ‘conversione’ della scienza e, perfino, della stessa democrazia in strumenti di controllo più che di servizio verso un bene superiore della polis. In questo quadro, lo spazio per il discorso valoriale e la riflessione sulla dignità della coscienza sono emarginati sempre di più:

fino al punto che la loro introduzione diventa persino ‘fastidiosa’, se non addirittura un tema ‘ridicolo’.

Spetta a noi oggi riflettere e farci la seguente domanda: il cambio veloce a livello trasversale, di cui dawson offre una nitida lettura, ci sta sufficientemente interpellando nella ricerca di una comprensione ampia delle sfide che abbiamo davanti a noi?

Fare soltanto un’analisi delle difficoltà esistenti, e qualche volta an-che passare a emettere un giudizio di condanna non è sufficiente. noi, evangelizzatori e educatori, siamo chiamati a cercare una via di uscita che recuperi il desiderio della dignità e proponga la gioia di una fede propositiva. Tutto questo all’interno di una comprensione ampia e intelligente della storia, dei suoi variegati modelli culturali e delle sue correnti di pensiero, o dell’assenza dello stesso.

Propongo una seconda citazione di dawson in cui analizza tale situazione sociale nella sua relazione con la tradizione cristiana. Il tempo passato da quando egli ha prodotto questa analisi fino ai nostri giorni, ha ulteriormente confermato e reso più valida la sua lettura:

“l’uomo comune non ha consapevolmente negato la tradizione cristia-na, l’ha semplicemente persa di vista nel suo concentrarsi sul progresso ma-teriale. la sua perdita della fede è dovuta non tanto a un cambiamento di credenza quanto a un cambiamento di attenzione, a un volgersi della mente dalle cose dello spirito alle cose temporali, che provoca un ottundimento delle percezioni spirituali e un oscuramento dell’anima”.3

Se la sfida nella sua essenza prende la forma di una perdita, di uno smarrimento, è cruciale per noi, prima di tutto capire e testimoniare il valore di ciò che si deve recuperare e, in secondo luogo, è urgente trovare modi e metodi per poterlo riproporre con intelligenza, e anche con simpatia.

È utile ribadire qui come al centro di questo processo c’è la grande

3 Ibidem, p. 22.

sfida educativa: la chiamata a proporre cammini e a offrire esperienze che, all’interno della vita del saeculum, siano portatori di una visio-ne della vita e della persona umana. Proposte capaci di ri-catturare l’immaginazione personale e collettiva, rispondendo alla profonda e silenziosa ricerca del senso da parte di tanti.

Siamo convinti, e l’esperienza nostra nel settore dell’educazione ce lo dice con chiarezza, che dal momento che la nostra proposta dialoga veramente con i veri bisogni delle persone, allora l’interesse a la parte-cipazione diventa possibile, e alla fine anche gradita.

Per dare un esempio concreto: quante volte ci capita di incontrare persone, coppie, che prima di un contatto con noi o con le nostre strutture hanno vissuto una vita all’insegna del pregiudizio verso tut-to quello che è spirituale, religioso e ecclesiale. Eppure, là dove le nostre istituzioni riescono ad offrire spazio accogliente a tutti, senza distinzione, e con molta carità, rispetto e intelligenza, spesso capita che quello che sembrava un blocco insuperabile, si scioglie come neve al sole.

Questo aspetto della nostra esperienza educativa lo troviamo già inserito nello stesso dnA di don bosco: cioè, la sua capacità di sta-bilire rapporti umani e umanizzanti che, da una amicizia fondata sul rispetto reciproco, conduce a una relazione amichevole pienamente illuminata e guidata dai valori evangelici.

Tale sfida la possiamo incontrare e gestire nella misura in cui siamo connessi con la storia: quella nostra, di oggi, come persone consacrate e partecipi di una missione educativa, quella dei nostri contempora-nei, quella dei nostri giovani, grandi ricercatori di dio forse anche senza saperlo; ma anche quella dei genitori, pellegrini persi alla ricerca di un modus vivendi che sappia mostrare il loro amore per i figli. non dimenticando mai che questi ultimi si trovano in una situazione poco invidiabile: si rendono conto che, malgrado il più grande sforzo che fanno, si sentono incapaci a ‘dire’ tutto il loro amore per i propri figli.

Siamo chiamati ad aiutare tutti questi a recuperare la fede che han-no “semplicemente perso di vista”, una “perdita della fede” all’interhan-no di uno scenario sociale e culturale frammentato, senza punti di ispi-razione e riferimento.

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 162-165)