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Riconoscere le grandi possibilità

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 138-141)

Ecco allora che una lettura della situazione ci spinge a scoprire la grandezza della chiamata che a noi è stata fatta. Una grandezza, però, che va condivisa. Una presenza quella nostra che offre una sfida e apre le porte alla comprensione delle domande forti ma che non sono ancora espresse o chiamate per nome. da noi, pastori e educatori, ci sarà chie-sto di usare la grammatica elementare dell’esistenza umana, cioè di es-sere solidali partendo, da un lato, da ciò che ci caratterizza e, dall’altro, da coloro che siamo chiamati a servire. In altre parole, dobbiamo avere il coraggio di domandarci se le nostre comunità, religiose, parrocchiali e scolastiche, stanno facendo tesoro e se stanno condividendo in modo più credibile e più solidale le risorse interiori che portiamo.

l’evangelizzazione passa attraverso persone, esperienze e momenti che esprimono e incontrano la sete della speranza, il bisogno dell’a-scolto. l’evangelizzazione la si vive nell’incontro con le grandi do-mande della esistenza umana, la vita e la morte, che chiedono di esse-re illuminate con la luce della buona notizia, la bella notizia del Figlio di dio che ha assunto in pieno la nostra condizione umana.

Tale lettura potrebbe essere vista come un bisogno che appartie-ne a chi crede, un desiderio utopico di fronte alla cresciuta amappartie-nesia della fede. ma così non sembra che sia. non si tratta di una sorta di rivendicazione spirituale. Al contrario. In tre riflessioni di noti pensatori e in storie reali troviamo una lettura più completa sul-la funzione che sul-la religione e i credenti continuano ad avere nelsul-la società odierna e come sotto l’apparente assenza di fede esiste un anelito nascosto per essa.

Jürgen Habermas, in una sua conferenza che porta il titolo Per-ché siamo post-secolari, dice: “Anche all’interno delle sfere pubbliche nazionali, la religione appare sempre più influente. E qui penso non tanto alla capacità che hanno le Chiese di autopromuoversi sui media, quanto piuttosto al fatto che le comunità religiose assumono progres-sivamente, nella vita politica, il ruolo di comunità della interpretazio-ne. Esse possono – su temi determinati – influenzare la formazione pubblica dell’opinione e della volontà, fornendo contributi che risul-tano ogni volta importanti a prescindere dal fatto che siano anche più o meno convincenti”.5

nella stessa linea si esprime la nota sociologa grace davie nella sua riflessione sulla presenza della religione nella società attuale in Euro-pa. davie promuove il concetto di vicarious religion, per indicare quel-la funzione che quel-la comunità credente continua ad avere e a svolgere in una società apparentemente incredula, senza interesse per la religione.

Per davie la fede vissuta è una forza voluta e anche riconosciuta come tale dalla maggioranza: “dietro il termine vicarious, intendo quella nozione di religiosità vissuta da una minoranza attiva – coloro che appartengono (belongers) – e la vivono nel nome di un numero più grande – che vuol dire la società più larga, che implicitamente, non solo comprendono ma chiaramente approvano ciò che la minoranza vive. In altre parole, esiste una relazione tra i membri nominali e gli attivi.” E continua a mettere in guardia contro una lettura della reli-giosità che tiene conto solo di una parte della realtà, quella che si vede, quella che subisce una diminuzione, e non cerca di capire cosa è na-scosto dietro: “Ecco allora l’analogia dell’iceberg. Stiamo studiando molto la parte che vediamo, che sta diminuendo (senza dubbio); sono interessata nella parte che sta sotto!”.6

5 http://www.eurozine.com/articles/2008-09-01-habermas-it.html.

6 “by vicarious, I mean the notion of religion performed by an active minority – that’s the belongers – but on behalf of a much larger number – that’s the wider population, who implicitly, not only understand but quite clearly approve of what the minority is doing. In other words, there is a relationship between the nominal member and the active member… Hence an iceberg analogy: We do far too much work on the bit that sticks out, which is shrinking (that is beyond doubt); I’m interested in the bits under the water”, in

http://pewforum.org/Politics-and-Elec-Se mi permettete, vorrei aprire una piccola parentesi che ci collega con i fatti tragici che sono capitati in norvegia nel mese di luglio 2011. di fronte alla follia totale e inspiegabile, il paese si è trovato perso, senza parola, senza la capacità di spiegare come ciò potesse accadere. È curioso che una delle reazioni immediate della gente sia stata quella di trovare lo spazio sacro della chiesa. Sul sito web della bbC, la giornalista, commentando da Oslo dice che le chiese in tutta la città e in tutto il paese hanno aperto le loro porte e molte di esse sono piene di gente. Una religiosità nascosta, che i momenti difficili fanno risalire a galla.

Una terza finestra la apro sulla situazione giovanile in Spagna.

nella sua ultima ricerca Jóvenes españoles 2010, fatta dalla Fundación Santa Maria,7 troviamo dei dati che ci fanno riflettere. non è da negare il fatto che la Chiesa come istituzione sia tra le ultime istitu-zioni valutate come importanti per i giovani (22%). Alcuni autori commentando i risultati della ricerca parlano di una strage culturale ed educativa.

È importante, però, notare quali sono le realtà che figurano tra le più importanti per la vita dei giovani: la loro famiglia, la salute e gli amici e conoscenti. In altre parole tutte quelle realtà che assicurano un ambiente di accoglienza, di fraternità. Il tutto va interpretato sullo sfondo che, mentre la religione, come la Chiesa, continua a occupare uno degli ultimi posti, però ben il 53,5% si definisce cattolico. Ac-canto a questo, curiosa risulta la loro opinione sull’effetto che ha una esperienza ecclesiale nella vita della persona: 40% dei giovani afferma che le sue norme aiutano le persone verso una vita moralmente più ricca. Inoltre il 45% è d’accordo che la Chiesa offre alla persona un focolare spirituale, autenticamente (sinceramente in spagnolo) religio-so. Sono cifre che ci fanno riflettere.

Ci è di conforto scoprire che l’idea negativa che i giovani hanno della Chiesa non è frutto della loro esperienza personale all’interno della Chiesa. In effetti, solo il 10% dei giovani dice di serbare un

tions/believing-Without-belonging-Just-How-Secular-Is-Europe.aspx

7 http://imagenes.publico.es/resources/archivos/2010/11/24/1290602759388 dossier-informe-jovenes-espanoles-2010-v3.pdf.

ricordo negativo o molto negativo delle loro esperienza nella Chie-sa (parrocchia, collegio, amicizie con parroci o religiosi, convivenze, pellegrinaggi …). Il 32% dice di avere un ricordo positivo o molto positivo delle stesse esperienze.

Queste tre brevissime riflessioni, fuori del contesto intellettuale religioso, ci aiutano ad allargare un po’ di più gli orizzonti di una lettura che qualche volta è abbastanza schiava di approssimazioni, naturalmente sbagliate. la sfida per noi è quella di cercare di capire con serietà la nostra giusta collocazione, prima, all’interno della stessa Chiesa, radicandoci con onestà nel mistero di Cristo, per poi, con questo, cercare di leggere bene la realtà che ci circonda per incarnare e testimoniare con coraggio e umiltà la buona notizia con lo stile di don bosco.

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 138-141)