• Non ci sono risultati.

Incontrare le sfide dei giovani di oggi nei diversi continenti?

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 39-47)

Tra le varie letture che si possono fare delle situazioni giovanili nei vari continenti, si può scegliere o di fare riferimento ad ogni continen-te con le sue sfide e opportunità, oppure di partire in modo trasversale elencando le varie sfide e indicando dove queste si trovano. Scelgo la prima opzione, quella geografica, cercando, poi, alla fine, di fare una sintesi di quelle che appaiono come sfide trasversali.

1.1. Le sfide nella pastorale giovanile in Africa

nella Esortazione Apostolica Africae Munus, Papa benedetto XVI invita ad una riflessione che sia in continuità con la precedente Esor-tazione Ecclesia in Africa del beato giovanni Paolo II. la metodologia adoperata nell’Africae Munus è una metodologia che guarda alle sfide, in questo caso della riconciliazione, giustizia e pace, dalla prospetti-va personale. Indicando i concetti appena menzionati come concetti pre-politici, il Papa presenta il cammino come un percorso centrato nel cuore della persona, là dove la decisione di seguire gesù inizia, si matura e si consuma.

Faccio accenno a questa metodologia pastorale perché, in modo analogo, la sfida principale della pastorale giovanile nel continente Africa entra in questa stessa logica. Il nostro impegno come evange-lizzatori dei giovani, e loro educatori alla fede, inizia dalla convin-zione che l’obiettivo della nostra pastorale giovanile è l’incontro con Gesù, personale e convinto. All’infuori di questa forte proposta si ri-schia una pastorale giovanile che sia solo un tipo di esperienza bella, sì, ma senza radici, che non segna la persona. Una pastorale giovanile che accompagna all’incontro personale e vero con gesù, invece, chie-de di essere una proposta sistematica, con obiettivi chiari, precisi e consistente nel suo svolgersi. Tali cammini non si improvvisano, e neanche si inventano: richiedono da parte di chi li propone un forte radicamento nella parola e nei sacramenti, una mentalità progettuale e una capacità pedagogica.

Una seconda sfida che si lega con la prima è quella di una pastorale

giovanile che offre ai giovani non solo l’opportunità di ricevere ma fa maturare nei loro cuori la convinzione e l’urgenza di testimoniare.

Siamo chiamati a proporre ai giovani cammini che li rendono prota-gonisti-agenti di riconciliazione, giustizia e pace. ma ciò richiede una lettura della proposta ecclesiale che non può essere superficiale. la co-noscenza e lo studio del magistero ecclesiale non è un lusso riservato a pochi, ma un invito pressante a tutti coloro che sono chiamati ad essere pedagoghi nella fede. non rendiamo i giovani protagonisti solo attraverso il nostro pio desiderio, ma attraverso un percorso personale che diventa testimonianza e forza, affettiva ed effettiva, rendendo così credibile la nostra proposta.

1.2. Le sfide nella pastorale giovanile in Asia

In un continente dove si sta sperimentando una crescita a livello economico mai vista prima, la sfida per il vissuto della fede è molto legata al fenomeno della globalizzazione: “la globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. nessun sistema è fine a se stesso… Una delle preoccupazioni della Chiesa cir-ca la globalizzazione è che è divenuta rapidamente un fenomeno cul-turale. Il mercato come meccanismo di scambio è divenuto lo strumento di una nuova cultura”.2

All’interno di questa realtà sociale, una attenta pastorale giovanile cerca prima di tutto di offrire una proposta che abbia contenuto solido e consistente. Accanto ad una mentalità di sviluppo che detta modelli culturali nuovi e, alcune volte, contrari ai valori culturali finora da tutti sostenuti, la proposta di fede non regge se non ha radici forti e

2 “molti osservatori hanno colto il carattere intrusivo, perfino invasivo, della logica di mercato, che riduce sempre più l’area disponibile alla comunità umana per l’azione pubblica e volontaria a ogni livello. Il mercato impone il suo modo di pensare e di agire e imprime sul comportamento la sua scala di valori. le persone che ne sono soggette spesso considerano la globalizzazione come un’inondazione distruttiva che minaccia le norme sociali che le hanno tutelate e i punti di riferi-mento culturali che hanno dato loro un orientariferi-mento di vita”: giovanni Paolo II, discorso ai Partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, venerdì, 27 aprile 2001.

contenuto solido. Urge da parte nostra, come evangelizzatori, conosce-re questi nuovi modelli culturali e, allo stesso tempo, saper interpconosce-retaconosce-re tali cambiamenti come una opportunità e non come un problema.

Un seconda sfida, che deriva dalla prima, è quella di aver una chia-ra coscienza della propria fede che sappia dare chia-ragione di se stessa in un contesto multi-religioso e multi-culturale. Immediatamente ci viene in mente il monito di Pietro nella sua prima lettera: “Adorate il Signo-re, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo” (1Pt 3,15-16).

la sfida non è piccola. la stessa Esortazione Apostolica Ecclesia in Asia tratta tale sfida a lungo: “Profondamente cosciente della com-plessità di così differenti situazioni in Asia e ‘vivendo secondo la ve-rità nella cave-rità’ (Ef 4, 15), la Chiesa proclama la buona novella con rispetto e stima amorevole nei confronti di quanti l’ascoltano. Una proclamazione che rispetta i diritti delle coscienze non viola la libertà, dal momento che la fede richiede sempre una libera risposta da parte dell’individuo. ma il rispetto non elimina la necessità dell’esplicita proclamazione del Vangelo nella sua interezza” (n. 20).

la sfida va interpretata secondo la metodologia del processo: “ma il processo stesso deve coinvolgere tutto il popolo di dio, dato che la vita della Chiesa come tale deve rendere visibile la fede annunciata e fatta propria. Per essere certi che ciò avvenga in modo adeguato, il Padri del Sinodo hanno identificato alcune aree bisognose di partico-lare attenzione: la riflessione teologica, la liturgia, la formazione dei sacerdoti e dei religiosi, la catechesi e la spiritualità” (n. 21).

In un contesto multi-culturale e multi-religioso la chiamata ad ap-profondire la fede e a dare ragione della propria speranza, sia per la pa-storale giovanile come per la papa-storale in genere, si svolge all’interno di un cammino che i Padri sinodali offrono: riflessione teologica, vita liturgica, sacramenti, formazione, catechesi e spiritualità.3

3 Vedi Pontificio Consiglio Per il dialogo Inter-Religioso, Testimo-nianza Cristiana in un Mondo Multi-Religioso: Raccomandazioni per il

Comporta-1.3. Le sfide nella pastorale giovanile in America

nella varietà sociale e pastorale che notiamo nel continente Ame-rica, abbiamo delle sfide pastorali molto affini. mi limito a due di queste sfide che possano servire come catalizzatori di altri processi all’interno della stessa pastorale giovanile.

la prima sfida è quella di offrire ai giovani processi e cammini sistematici che favoriscano l’incontro vero e profondo con la persona di Gesù. Costruendo su una eredità forte di pietà popolare e su un sentire comune della credenza in dio, spetta a noi educatori alla fede offrire piste che servano come via per una rinnovata comunione e solidarietà frutto di una fede viva personalmente assunta. In una società che rischia di vedere indebolito il senso della fede a causa di una cultura consumista e materialista, forte è la testimonianza di una generazione di giovani che trovano in Cristo la risposta alla loro sete.

Una seconda sfida già la vediamo in atto in alcuni paesi del con-tinente. mi riferisco all’esperienza missionaria all’interno dello stesso continente. È la conferma della grande voglia dei giovani di vivere la loro fede come discepoli e apostoli, seguaci e missionari. È chiaro in tut-to questut-to come l’esperienza e la visione di Aperecida coglie una forte dimensione della pastorale giovanile e non solo: offre gli stimoli per proiettarla verso il futuro.

di conseguenza, non bisogna aver paura di proporre ai giovani delle esperienze missionarie attraverso le quali si sentano protagonisti nella propria scelta di fede, e non soltanto ricevitori. bisogna avere il coraggio di offrire opportunità per le quali i nostri giovani fanno quel passo ulteriore: cioè dare alla loro fede una forte dimensione sociale, divenendo costruttori credenti sul piano delle strutture sociali, delle piattaforme politiche e dei fori culturali.

mento. Un documento portato a termine dai partecipanti alla terza consultazione (inter-cristiana) che si sono riuniti a bangkok, in Tailandia, dal 25 al 28 gennaio 2011.

1.4. Le sfide nella pastorale giovanile in Europa

Romano guardini in un suo articolo del 1946, L’Europa e Gesù Cristo, fa la seguente affermazione: “l’Europa diverrà cristiana o non esisterà mai più”.4 Presa da se stessa, la frase non esprime nella sua ampiezza tutta la riflessione che guardini fa a proposito del tema. ma quello che risulta interessante qui per noi è il fatto che la stessa forza della frase la ripete il premio nobel per la letteratura, il peruviano mario Vargas llosa, quando commenta la giornata mondiale di gio-vani di madrid 2011. In un suo commento immediatamente dopo la gmg di madrid, Vargas llosa scrive: “Per molto tempo si è creduto che con il progresso delle conoscenze e della cultura democratica, la religione, questa forma elevata di superstizione, sarebbe scomparsa e che la scienza e la cultura l’avrebbero ampiamente sostituita. Ora sappiamo che questa era un’altra superstizione che la realtà ha pian piano fatto a pezzi… la maggior parte degli esseri umani trova le risposte – o quanto meno la sensazione che esista un ordine superiore del quale fanno parte e che dà senso e quiete alla loro esistenza – solo attraverso una trascendenza che né la filosofia, né la letteratura né la scienza sono riuscite a giustificare razionalmente”.5

In questa cornice credo che due sono fondamentalmente le sfide che si devono affrontare in Europa. la prima è quella di capire la profonda ricerca del senso e la sete del divino dei giovani europei e saper educare questa ricerca alimentandola con la forza del vangelo. le recen-ti ricerche sociologiche confermano ciò che la prassi pastorale coglie quando con coraggio e intelligenza porta a soddisfare questa sete at-traverso l’incontro con la bellezza della buona notizia.

la seconda sfida, a sua volta, sostiene e rafforza la prima. non esisto-no veri cammini e buoni processi se esisto-non quelli che offroesisto-no ai giovani il senso di appartenenza e che propongono, allo stesso tempo, processi che

4 R. guardini, Europa. Compito e Destino, morcelliana, brescia 20052, p. 59.

5 L’Osservatore Romano il 30 agosto 2011, pubblicò una traduzione del com-mento alla giornata mondiale della gioventù madrid 2011, scritto dal premio nobel per la letteratura 2010 mari Vargas llosa, e apparso su El País di domenica 28 agosto 2011.

diventano anche luoghi e nuclei di identità. nella pastorale giovanile più riuscita notiamo con gioia come la forza di educatori ed evangelizzatori autentici propone esperienze, prima, nella logica dei processi, che gra-dualmente camminano al ritmo dei giovani, e, secondo, è una pastorale che non rinuncia alle vette più alte della santità.

1.5. Le sfide nella pastorale giovanile in Oceania

Il contesto multi-culturale e multi-religioso della Oceania è molto ben presentato nella Esortazione Post-Sinodale Ecclesia in Oceania, che aveva come tema: seguire la sua via, proclamare la sua verità, vivere la sua vita (n. 8). È all’interno di questo tema che si trovano le sfide della pastorale giovanile in questo continente.

la prima è quella di proporre una pastorale che si radica in Cristo, figlio di dio fatto uomo per noi. Una fede che non sia solo conoscenza ma esperienza, e una esperienza vissuta comunitariamente. Il tema della comunità e della comunione, centrale nella esortazione apostolica, non solo rafforza la fede dei giovani ma offre anche a loro un solido sostegno fraterno per un sereno e autentico vissuto della fede. la forte dimensio-ne comunitaria, così caratteristica di questo contidimensio-nente, va compresa, allora, non solo come un elemento d’appoggio, ma piuttosto come un modus essendi e un modus vivendi della stessa pastorale giovanile.

Per questo, e come seconda sfida, necessariamente segue l’urgenza di una formazione che dà ragione della fede in un contesto dove è facile che la stessa fede in Cristo sia resa soltanto come una offerta in più nel panorama delle trascendenze. Il richiamo di Pietro alle prime co-munità cristiane risulta di grande attualità nella situazione pastorale della Oceania. Questo richiamo è stato condiviso dal beato giovanni Paolo II durante l’omelia per la proclamazione del primo beato della Papua nuova guinea, beato Pietro To Rot, il 17 gennaio 1995: “non abbiate paura d’impegnarvi nel compito di far conoscere e amare Cri-sto, in particolare tra le numerose persone della vostra età, che costi-tuiscono la maggior parte della popolazione”.6

6 Concelebrazione eucaristica per la proclamazione del primo beato della Papua

Tale chiamata si traduce in una duplice forma: quella di un vero e solido discepolato, impegnandosi a conoscere la propria fede, e quella di un autentico apostolato, cioè divenendo testimoni per proclamare ad altri giovani la gioia della fede in Cristo gesù.

1.6. Elementi Comuni

Avendo percorso questo panorama, credo che sia corretto indicare anche quegli elementi comuni che sono trasversali a tutte le situazioni dove si propone un cammino di pastorale giovanile. ne propongo alcuni che possono aiutarci ad avere una comprensione più completa delle sfide attuali e a favorire una proposta sempre più possibile.

Prima di tutto urge che noi come evangelizzatori ed educatori sia-mo pronti ad avere un ascolto intelligente della cultura giovanile. Come evangelizzatori e educatori non viviamo la nostra chiamata nel vuoto, ma inseriti nella storia, con le sue sfide ma anche con le sue oppor-tunità. Essere in ascolto della storia dei nostri giovani non è un lusso che alcuni di noi possiamo permetterci, è un dovere al quale non possiamo rinunciare. Come vedremo più avanti, la metodologia ado-perata nei vari documenti del magistero, prende sempre come punto di partenza la conoscenza e la lettura dei tempi attuali.

Un secondo elemento irrinunciabile è quello che ci vede come lead-ers che abbiano una mentalità di progetto e di verifica. Oggi, più che mai, non possiamo proporre cammini all’insegna della improvvisa-zione, percorsi segnati da una impostazione che inventa le cose nel momento. Progettare e verificare significa conoscere, rispettare e in-contrare le attese dei giovani. Significa anche offrire quegli spazi e quelle strutture che mostrano in verità la voglia di servirli.

Un terzo elemento è quello che deve assicurare che l’esperienza di gruppo sia sistematica e consistente. niente è più sgradevole ai giovani di quell’atteggiamento che lascia le persone nel buio, sospese nel non saper come e quando si va avanti, o se si va avanti. In una cultura

nuova guinea, Omelia del Beato Giovanni Paolo II al “Sir John guise Stadium” di Port moresby, Papua nuova guinea, martedì, 17 gennaio 1995.

dell’usa e getta, una esperienza che non dia un messaggio chiaro e autentico, e che non offra una direzione intelligente, risulta una espe-rienza che non attira l’attenzione e l’interesse di giovani desiderosi di percorsi solidi.

Come quarto elemento è cruciale convincerci che ai giovani non fa paura una proposta fondata sulla Parola e alimentata dal vissuto sa-cramentale. Su questo punto bisogna far attenzione al pericolo che possiamo essere noi stessi, che qualche volta trasferiamo le nostre resi-stenze o i nostri schemi riduttivi sui giovani, rinunciando così a offrire cibo solido a chi lo sta cercando, perché è pronto a riceverlo.

Come quinto punto, c’è da ricordare che una vera proposta pa-storale è animata da una dinamica di gruppo che sia evangelicamente vissuta: cioè, non dobbiamo cadere vittime di una proposta che crea intimismo spirituale, quando gli stessi giovani hanno dentro il pro-prio cuore un gran desiderio di rendersi non solo ricevitori ma anche messaggeri della bontà di dio, servitori dei poveri e dei diseredati.

In altre parole, dobbiamo avere il coraggio di proporre una pastorale giovanile che sa uscire da una mentalità di ghetto spiritualistico, verso una esperienza di carità apostolica, vissuta con gioia e ottimismo.

Un sesto punto o obiettivo è quello di offrire una formazione perma-nente attorno al Magistero della Chiesa. Con onestà dobbiamo ricono-scere che il più delle volte siamo molto generosi nell’aiutare i giovani e nel camminare con loro, ma meno familiari con il grande cammino che la Chiesa ha fatto dal Concilio Vaticano in poi. la non conoscen-za, per non dire l’ignoranconoscen-za, di documenti come Evangelii nuntiandi, Catechesi tradendae, Redemptoris missio e il Direttorio Generale per la Catechesi, non facilita un cammino illuminato e propriamente inse-rito nel cammino ecclesiale. lo stesso vale per il grande patrimonio della dottrina sociale della Chiesa che è una stupenda bussola per l’impegno dei credenti nel sociale, nella cultura e nel campo politico.

Infine, un ultimo punto tratta uno dei grandi deficit che notiamo nella pastorale giovanile, e che pian piano si sta sanando: mi riferisco all’urgenza dell’accompagnamento spirituale. non è il momento qui di entrare nella storia e nello sviluppo di questo ministero che la Chie-sa Cattolica possiede come tesoro unico. Però urge insistere che nei grandi momenti di cambi epocali della storia, l’accompagnamento

spirituale ha sempre giocato un ruolo inalienabile. Il suo recupero è un segno e una conferma che siamo sulla strada giusta.

Nel documento Collana SPIRITO E VITA - 51 (pagine 39-47)