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EUROSTAT, Comunità Europea e “problematizzazione” dei sistemi di contabilità pubblica

di Piervito Bianchi, Enrico Bracci, Giovanna Dabbicco e Ileana Steccolini 

2.4. EUROSTAT, Comunità Europea e “problematizzazione” dei sistemi di contabilità pubblica

Il controllo della spesa pubblica in Europa si fonda su un sistema di conti statistici (European System of Account-ESA) che aggrega le informazioni con- tabili trasmesse dai singoli Stati membri – riferite alle singole aziende pubbli- che che operano a vari livelli istituzionali – e produce statistiche riferite all’in-

tera eurozona, in ottica macroeconomica, piuttosto che a livello micro, ossia relativamente a singole realtà aziendali (Entity-level). La tenuta dei conti per il settore delle amministrazioni pubbliche deve avvenire nel rispetto dell’ESA e delle regole interpretative contenute nel Manuale sul Deficit e sul Debito (MGDD) elaborato da EUROSTAT. Si fa presente che la verifica del rispetto dei parametri finanziari ed economici – deficit e debito – europei da parte dei singoli Stati membri, nel momento in cui questi ultimi si accingono ad appro- vare i loro programmi di entrata e di spesa, avviene sulla base dei dati e delle elaborazioni prodotte da EUROSTAT. A ben vedere, le statistiche ESA sono il frutto di un lungo lavoro di “traduzione” – finalizzato ad adottare criteri uni- formi di analisi – delle informazioni contabili prodotte, come detto, dalle sin- gole amministrazioni pubbliche sulla base dei criteri contabili vigenti nel pro- prio Paese e trasmesse all’UE da ciascuno Stato membro (si veda capitolo 3 di Giovannelli e Caffù). Questi criteri non sono necessariamente coerenti con quelli adottati in altri Stati membri e, nell’ambito di uno stesso Paese, tra i vari livello di governo. Va da sé che quanto maggiori sono le differenze di tratta- mento contabile delle operazioni di esercizio delle singole amministrazioni pubbliche tanto più diventa difficile “consolidare i conti” a livello nazionale ed europeo, con inevitabili riflessi sulla veridicità, correttezza e trasparenza dei flussi informativo-contabili trasmessi.

L’esigenza di migliorare la qualità delle statistiche riferite ai conti dell’Unione Europea è emersa già tempo nelle discussioni dei vari organi di governo europei (Commissione Europea, Consiglio, Parlamento). In effetti, già nel 2004 la Commissione europea inviava una comunicazione al Consi- glio e al Parlamento per stimolare la discussione sul tema del processo di sviluppo delle statistiche riferite alle entrate e alle spese degli Stati membri. In quell’occasione si ribadiva la necessità che fossero inviati dati affidabili e corretti, che rispettassero appositi requisiti qualitativi da definire nell’ambito di standard validi a livello europeo. Al fine di rispondere a tale esigenza, si ritenne che l’adozione di principi contabili uniformi e comparabili per il set- tore pubblico da parte degli Stati membri potesse innalzare la qualità dei dati statistici dell’intera Unione.

L’importanza di introdurre standard contabili uniformi e comparabili viene sancita sul piano legislativo, attraverso la comunicazione 211/2011 della Com- missione Europea al Parlamento e al Consiglio, nonché mediante la conse- guente Direttiva europea 85/2011 sui criteri da seguire da parte degli Stati membri ai fini della stesura dei loro bilanci pubblici1. Nello specifico, la

1 Parte del cosiddetto “Six-Pack” finalizzato a migliorare la governance economica europea, che include elementi di statistica e contabilità (EC, 2013).

Direttiva in parola assegna alla Commissione europea il compito di valutare l’idoneità degli International Public Sector Accounting Standards-IPSAS per gli Stati membri. Si propende per tali principi contabili perché sono gli unici standard applicabili al settore pubblico riconosciuti a livello mondiale. Ma non solo. Gli IPSAS presuppongono l’adozione – da parte delle singole ammini- strazioni pubbliche – di un sistema di contabilità economico-patrimoniale che appare più coerente con la logica sottostante il funzionamento degli standard, a loro volta, adottati dagli Istituti di statistica dei singoli Stati membri e dall’Istituto di statistica europeo (EUROSTAT) ai fini della predisposizione dei conti statistici nazionali e dell’Unione.

È appena il caso di evidenziare che la Direttiva europea n. 85/2011 costi- tuisce l’esito finale di una lunga discussione in seno al Parlamento europeo che ha modificato la proposta iniziale di disegno legislativo, che prevedeva l’adozione tout court degli IPSAS da parte degli Stati membri, in tempi pe- raltro stringenti. Le preoccupazioni relative al governo del processo di svi- luppo dei principi contabili in parola, che sarebbe stato demandato integral- mente ad un soggetto privato (International Public Sector Accounting Stan- dards Board–IPSASB) estraneo all’Unione Europea, hanno prevalso durante la discussione e, pertanto, il Parlamento europeo ha deciso di subordinare l’adozione degli IPSAS al preventivo rilascio del “nulla-osta” da parte degli Stati membri, che sarebbero stati appositamente consultati successivamente. Infatti, nel 2012 nell’ambito dei lavori preparatori al rapporto IPSAS (EC, 2013) viene avviata la prima consultazione sugli IPSAS (The suitability of IPSAS for EU MS). In tale occasione, prevalgono pareri contrari all’adozione di tali standard, che tuttavia vengono riconosciuti come punto di riferimento essenziale nel processo di sviluppo di propri principi contabili (EPSAS).

A ben vedere, la gestione europea della problematica della qualità dei dati contabili inviati ad EUROSTAT assume rilievo dal punto di vista della gover- nance, in quanto i singoli Stati membri devono trovare una soluzione che sia la più efficace possibile nell’interesse di tutti i partner e, soprattutto, dell’intera Unione, dal momento che può essere minata la fiducia dei vari portatori di interesse, anche internazionali. Pertanto, l’Unione Europea costituisce un “la- boratorio” in cui il sistema istituzionale/normativo e quello politico devono combinarsi e trovare l’equilibrio, attraverso un’idonea soluzione di gover- nance dell’intera regione (Blizkovsky, 2013). Tale soluzione potrebbe com- portare l’attuazione di diverse azioni che vanno dal coordinamento delle poli- tiche di bilancio e fiscali da parte degli Stati membri, attraverso la previsione di soglie da rispettare per deficit e debito, fino ad un più ampio e ambizioso accordo di cooperazione/integrazione tra i vari partner che prevedano

l’istituzione di organismi sovranazionali europei che garantiscano un mag- giore coordinamento tra le politiche di bilancio e fiscali (Verdun, 2013).

Ai fini del presente lavoro occorre ribadire che alcune riflessioni svolte negli anni passati, relativamente all’assetto di governance più idoneo ad as- sicurare il monitoraggio dei conti pubblici, sono ancora attuali. Si intende fare riferimento, ad esempio, alle considerazioni riportate nel “Libro bianco sulla governance europea” (EC, 2001) che richiama l’importanza della tra- sparenza e dell’apertura delle istituzioni europee in occasione dei processi di definizione delle “regole del gioco” e dei programmi di sviluppo; non meno importanti sono le riflessioni riguardanti la governance economica dell’Unione, che attiene alla identificazione dei soggetti e delle procedure di sorveglianza, coordinamento e controllo dei conti pubblici, come pure le di- scussioni in seno al progetto EPSAS, relativamente al più corretto sistema di governance delle regole contabili da applicare al settore pubblico (Blizkov- sky, 2013; EC, 2013b).

Non va sottaciuto che in tutte le esperienze prese in esame il processo di enucleazione del sistema di governance si pone l’obiettivo di definire i sog- getti, le loro responsabilità e le procedure che devono essere seguite al fine di formulare politiche pubbliche e di assicurare la loro corretta attuazione. Il si- stema di governance si fonda sulla previsione di norme giuridiche da rispettare che – di norma – vengono definite attraverso un processo a quattro stadi: 1) raccolta delle informazioni; 2) avvio; 3) condivisione; 4) decisione finale (Bli- zkovsky, 2013).

Com’è noto, la Commissione europea rappresenta l’organo esecutivo dell’Unione e assume la responsabilità di formulare proposte legislative, de- finire l’agenda delle priorità, individuare gli obiettivi delle politiche pubbli- che, nonché di dare esecuzione alle decisioni che vengono prese (EP, 2015).

La governance europea e il Trattato istitutivo dell’Unione definiscono le regole e i principi cui attenersi al fine di formulare le varie politiche europee (EC, 2001; TFEU, 2012). Tra i principi che devono ispirare i processi di de- finizione delle politiche si ricordano, la trasparenza, la partecipazione, la ren- dicontazione, l’efficacia, la proporzionalità e la sussidiarietà. Ne deriva che qualsiasi proposta legislativa e/o di politica pubblica deve ottenere idonea legittimazione prima di essere posta all’attenzione dei soggetti che la devono analizzare e approvare. Una condizione fondamentale è il coinvolgimento dei molteplici stakeholder nelle varie fasi del processo che conduce all’ap- provazione della proposta presentata (Dabbico e Steccolini, 2016).

In particolare, le fasi iniziali che attengono alla raccolta delle informa- zioni significative e all’avvio della discussione della proposta devono assi- curare un ampio coinvolgimento delle parti a vario titolo interessate. Va da

sé che la Commissione europea deve coordinare l’intero processo, ma con approccio partecipativo, in quanto la logica “top-down” nel processo deci- sionale, che riflette la ripartizione formale delle responsabilità tra i vari or- gani di governo, deve essere combinata con un approccio “bottom-up” che consenta di verificare la fattibilità concreta di talune proposte normative e/o di politica pubblica, alla luce del contesto. In tale ottica, il coinvolgimento degli stakeholder nel processo di definizione e successiva implementazione delle politiche costituisce un elemento chiave per il buon esito della proce- dura. Ne deriva che il tentativo della Commissione europea di consultare gli stakeholder ai fini della definizione dell’assetto di governance degli EPSAS riflette la volontà di adottare un approccio “condiviso”, “inclusivo” e “mul- tilivello” (Klijn e Skelcher, 2007; McGuire e Agranoff, 2011), coerente- mente con quanto suggerito dalla letteratura internazionale sul tema della network governance (Stone, 2004).

2.5. Dalla “problematizzazione” all’“interessamento”: l’avvio

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