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Le Strade del vino in Italia

Grafico 3 Stima spesa enoturistica

2.1.2 L’evoluzione delle “Strade del vino”

Lo sviluppo del turismo del vino in Italia è stato favorito dalla nascita di itinerari turistici legati ai prodotti agroalimentari. Questi si sono sviluppati in due stadi: inizialmente hanno vissuto una fase che potremmo chiamare “spontaneistica” in cui si riscontrano esperienze sparse nel territorio, alla quale è seguita una fase che ha portato alla regolamentazione delle Strade del vino.

Berna et al. (2011) affermano che, in Italia, il primo tentativo di Strada del vino sia nato in Veneto con “la Strada del Vin Bianco”74; altri, invece, sostengono che la “nonna” di tutte le Strade del vino fu realizzata a metà degli anni ‘60 nella zona del Collio in Friuli, chiamata prima “Strada del vino e delle ciliegie”, poi Strada del Collio”75.

Lo storico ed archeologo Hubert Allen fa risalirebbe le primeesperienze italiane addirittura a 3000 anni fa. In Sicilia sembra ci fosse un itinerario che iniziava

74 “L’intuizione circa il successo che avrebbe potuto avere nelle colline trevigiane la realizzazione di

una Strada del Vino venne nel 1938 al Professore Italo Cosmo, allora direttore dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, dopo aver visitato la Deutsche Wienstrasse. L’idea venne poi portata avanti da Giuseppe Schiratti che, organizzato il “Comitato per la Strada del Vino Bianco”, concretizzò la creazione di un percorso enoico che andava da Conegliano a Valdobbiadene: l’inaugurazione della “Strada del Vino Bianco”, come allora venne chiamata, si svolse il 10 settembre 1966» (Berna, Barisan, Scaggiante 2011). Una strada fisica, segnalata dalle osterie e dai ristoranti che si incontravano lungo il percorso, diventata poi “La Strada del Prosecco”.

75 Informazione raccolta durante la ricerca sul campo in Friuli Venezia Giulia. Per un

approfondimento si rimanda al sito:

83 nella costa di Gela-Kamarina, percorreva le colline del Vittoriese e del Niscemese giungendo a Caltagirone, a Letinini e infine a Catania. Per secoli abbandonata, è stata riattivata grazie all’interesse delle Amministrazioni di Catania e di Ragusa con l’obiettivo di valorizzare principalmente la zona vitivinicola di Cerasuolo di Vittoria e rientra tra le 12 Strade del vino e dei sapori di Sicilia (Book ufficiale della Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori di Sicilia 2013). Alla fase cheè stata definita “spontaneistica” segue la fase in cui in Italia si è cominciato ad emanare provvedimenti legislativi per regolamentare le Strade. La prima regione ad attivarsi è stata la Toscana che ha emanato la legge regionale n° 69 del 13 agosto 1996, ben tre anni prima della legge quadro nazionale n° 268 del 27 Luglio 199976 che le ha disciplinate. Si tratterà di una legge specifica per il prodotto vino che veniva valorizzato e promosso attraverso l’itinerario Strada del vino.

I successi perseguiti dalla prima esperienza hanno spinto la Regione Toscana ad estendere, con la legge regionale n°45 del 2003, lo strumento anche per la valorizzazione di altri prodotti. Anche la Regione Piemonte approvò, nell’agosto 1999 una sua legge sui Distretti del Vino e sulle Strade del Vino, che ovviamente non poteva tener conto di quella nazionale.

Quindi, prima della legge nazionale esistevano già la rete delle Strade Toscane e la Strada del Vino Alto Monferrato in Piemonte (Berti et al. 2011).

Sono stati l’Associazione Città del Vino e il Movimento del Turismo del Vino a muovere l’emanazione della legge nazionale 268/99 fortemente voluta, anche, dall’allora Ministro per le Politiche Agricole, Alfonso Pecoraro Scanio che sei articoli. Nella mente del Legislatore, e in quella dei responsabili della associazioni culturali l’obiettivo principale era quello di promuovere «i territori a vocazione

vinicola, con particolare riferimento ai luoghi delle produzioni qualitative di cui alla legge 164/92 anche attraverso la realizzazione delle Strade del vino» (art.1).

Tuttavia, tale disciplina apre gli itinerari enologici alla valorizzazione del paniere di altre produzioni di qualità, «con particolare riguardo all’olio di oliva e in

genere ai prodotti tipici» (art.5), ovvero a quelle produzioni riconosciute dal

regolamento CEE n°2081/92 e a quelle agro-alimentari tradizionali, riconosciute dal Decreto del Ministero per le politiche agricole n°350/99.

84 Il merito di aver ampliato l’ambito di applicazione della norma ad altre attività produttive e complementari, può risultare un fattore strategico rilevante per la valorizzazione dell’intero territorio rurale. Le strade del vino, riflettono il “modello europeo” di agricoltura e di sviluppo rurale, basato sulla multifunzionalità dell’agricoltura e sulla valorizzazione delle identità storico‐culturali dei territori rurali (Berti et al. 2011). Come evidenzia un testimone privilegiato «l’itinerario “Strade del vino” rappresenta un passaggio

importante nell'organizzazione dei territori rurali di fronte al tema dell'accoglienza e dei servizi coniugata con l'esclusività di origine dei prodotti di eccellenza, quale appunto il vino» (Intervista n.22 Calabria).

Le Strade del vino sono definiti come dei percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli per la divulgazione e la, commercializzazione dei territori vinicoli e delle altre produzioni in forma di offerta turistica».

Per creare un’offerta turistica coerente e sinergica di un territorio la norma prevede la necessità di adottare gli strumenti di organizzazione, gestione e fruizione delle Strade del vino e dotarsi di un disciplinare che dovrà essere sottoscritto dai vari soggetti aderenti; costruire un comitato promotore, un comitato di gestione, un sistema di segnaletica ed infine le guide ed il materiale illustrativo, divulgativo e promozionale. Inoltre, la legge dispone la necessità di definire gli standard minimi di qualità77 che dovranno essere garantiti dagli associati delle diverse categorie. Sono, inoltre, preveste delle agevolazioni e dei contributi finanziari (art.4), per la costituzione degli itinerari, che possono essere concessi non solo a livello nazionale, locale o regionale, ma anche a livello Comunitario. Le disposizioni di Legge, sopra evidenziate, connesse alla libertà data alle Regioni di determinare lo sviluppo degli itinerari turistici enogastronomici con i tempi e le modalità a loro più convenienti (art.6), ha portato alla realizzazione di itinerari tematici diversi l’uno dall’altro proprio per la varietà di risorse presenti nel territorio italiano. Si è assistito, così, negli anni, al

77Tali standard richiedono che ciascuna Strada del vino preveda: un logo identificativo unico; la

segnaletica informativa; l’esposizione, presso ogni soggetto aderente, della mappa dell’itinerario; il regolamento di funzione; il soggetto responsabile (costituito dal Comitato di gestione il quale deve esser regolarmente costituito, e deve verificare che i soggetti mantengano gli standard qualitativi richiesti, predisposizione di materiale illustrativo offerto e idoneo, formazione e predisposizione di personale adeguato per eventuali visite guidate, che sia in grado di offrire la conoscenza di almeno un’altra lingua comunitaria oltre alla necessaria promozione della Strada del vino).

85 proliferare di itinerari e percorsi enogastronomici lungo l’intero territorio nazionale (Censis 2013).

Tuttavia, confrontando diverse fonti, non esiste un dato attendibile sul numero di “Strade del vino” costituite, né tanto meno un’idea di quelle funzionanti. Durante il 1° Forum Internazionale dell'Economia e del Mercato Vitivinicolo nella Città di Marsala (2013), Donatella Cinelli Colombini ha affermato che «si parla di 170

Strade del vino esistenti sulla carta ma forse, solo 10 funzionanti e questo è un serio problema!». Mentre, secondo un testimone privilegiato «le Strade del vino in Italia sono 170 e ne funzionano una trentina. Tra gli esempi più virtuosi: la Strada del vino di Franciacorta in Lombardia, la Strada del vino del Nobile di Montepulciano in Toscana, la Strada del vino Terre Sicane in Sicilia» (Intervista n.22 Calabria).

Il sito internet dell’Associazione Città del Vino78 di contro registra 149 percorsi tematici con diversi concept: Strada del vino, Strada del vino e sapori o Strada dell’olio. Questo dato, tuttavia, non sembra corrispondere alla realtà effettiva. La ricerca svolta, infatti, ha per esempio riscontrato che le Strade del vino calabresi, che pure sono presenti sul sito dell’Associazione, non sono effettivamente operative; così come le Strade friulane, che pur con difficoltà stanno operando, non vengono segnalate dal sito internet.

Le Strade del vino, come sottolinea un testimone privilegiato, dovrebbero rappresentare «un sistema di reti di imprese e di enti locali e divenire un

formidabile strumento di promozione di cultura-prodotti-servizi (ma anche di commercializzazione) caratterizzato da uno sviluppo dal basso (come si dice in gergo di bottom-up) quindi più condiviso e coinvolgente» (Intervista n.22 Calabria) che attraverso l’attuazione di regole, normative e modelli comuni di

comportamento, danno vita ad una “rete di culture, di interessi e di volontà” (Cinelli Colombini 2003) capace di produrre coerenza strutturale tra una varietà di elementi simbolici e materiali. Tuttavia, le difficoltà per la realizzazione dell’itinerario, come avremo modo di evidenziare anche nell’analisi dei casi empirici, si incontrano proprio nel momento della costruzione di un progetto

78 Tale associazione attraverso l’Osservatorio sul Turismo del Vino svolge un’azione di

monitoraggio sul territorio nazionale. Per un approfondimento si rimanda al sito:

86 unitario che delinei una valida proposta territoriale; ciò conferma l'opinione che

«decidere di fare una Strada è facile, farla funzionare no» (Valentino Bega).

Le Strade del vino, nonostante le peculiarità del patrimonio enologico, culinario e culturale, operano in modo disorganizzato, sebbene diverse ricerche evidenzino che laddove tali itinerari funzionano, producono effetti rilevanti sul settore del turismo enogastronomico e di conseguenza sull’economia locale. Allora perché in alcuni territori gli itinerari tematici hanno funzionato e in altri territori no? Il successo può dipendere da diversi elementi. Un fattore è la predisposizione delle aziende coinvolte nell’itinerario ad essere ben organizzate e strutturate, anche dal punto di vista del management, per fare accoglienza turistica. Un ulteriore motivo è la capacità di saper raccontare sempre qualcosa di nuovo e di farlo in maniera innovativa; altro elemento è dato dall’accessibilità all’azienda attraverso il sito web (il consumatore da casa deve avere la possibilità di capire cosa trova nel posto che desidera visitare) ed infine, la capacità delle aziende di lavorare insieme e soprattutto con le istituzione locali. Difatti, come riferisce un testimone privilegiato «il successo dipende dalla mentalità degli imprenditori, dalla

capacità degli imprenditori di fare squadra e dimettere in rete tutta l’offerta» (Intervista n.3 Friuli).

Nell’ organizzare il territorio, il metodo da adottare è quello che utilizza il prodotto per promuovere il territorio e il territorio per promuovere il prodotto79.

Difatti, l’elemento di attrazione turistica che farà la differenza, oltre al vino e alle produzioni tipiche, sarà la bellezza del paesaggio, quel famoso concetto di terroir inteso non solo come luogo geografico costituito dalla natura e dal paesaggio rurale, ma come “attore” del processo di sviluppo, dato da un insieme omogeneo di ambiente, storia, tradizioni e culture che si esprimono attraverso il loro patrimonio artistico, le tradizioni enogastronomiche e i prodotti tipici locali

79 Prodotto verso Territorio: siamo in presenza di un prodotto che possiede fama e immagine

consolidata. Il turista conosce già il prodotto e il suo viaggio verso i luoghi di produzione rappresenta il principale motivo del viaggio e non una seconda attività legata al viaggiare. Qui è il prodotto che diventa il veicolo per conoscere un territorio e far ricadere su esso una parte dei benefici legati alla fama del prodotto stesso; Territorio verso Prodotto: lo scopo del viaggio è legato alla visita di una precisa area geografica, per le sue bellezze naturali, culturali, archeologiche, ricreative, etc. La Strada tematica diventa uno strumento per far conoscere le sue produzioni. Il turista vive i luoghi di produzione, degusta un prodotto, lo compra, associando il territorio al prodotto (es. le Strade del vino). Quando farà ritorno a casa probabilmente cercherà ancora quel prodotto e lo farà conoscere alla sua sfera relazionale, innescando un circolo virtuoso in grado di aumentare la notorietà del prodotto attraverso la fama del territorio di provenienza.

87 (Magnaghi 2000; 2010). Per cogliere appieno l’unicità dei paesaggi e dei territori bisogna conoscerne la storia e la cultura che li ha creati perché, citando J. R. Pitte, «ciò che si vede in un paesaggio è molto di più delle forme, delle ombre e dei disegni. È un’intera civiltà. Senza dubbio vedere è sapere, ma sapere aiuta a vedere» (Pitte 1983).

I soggetti interessati ad avviare una Strada del vino dovrebbero costruire un’offerta turistica integrata che sappia “far venire voglia al turista di tornare” e renderlo, contemporaneamente, “ambasciatore” presso gli altri al fine di incentivare lo sviluppo del territorio (Censis Servizi 2013; Piano strategico di marketing turistico 2011). Si vanno quindi affermando «nuovi protagonismi locali» (Savelli 2004), in cui le comunità attraverso azioni di coordinamento con una partnership pubblico-privata, sono chiamate a ri-attivare in chiave innovativa le risorse locali e a re-inventare i luoghi in cui vivono/operano, al fine di rafforzare la coesione e una gestione sostenibile del territorio di destinazione (Croce e Perri 2010) e di poter proporre un’offerta turistica qualitativamente attrattiva capace di superare il monotematismo tipico del turismo di massa. In altri termini, la “governance” dell’area sarà l’organizzazione della pluralità di attori e risorse a favorire o meno l’integrazione territoriale. Un testimone privilegiato, sottolinea che «le Strade del vino che hanno avuto più successo sono quelle dove

il rapporto pubblico-privato è molto forte» (Intervista n.3 Friuli). La dimensione innovativa della governance delle Strade del vino si fonda, dunque, sulla necessità di alleanze strategiche che dovranno operare attraverso programmi strategici innovativi, progetti integrati e di marketing territoriale in chiave di sostenibilità ambientale e socio-economica tenendo ben presente, come evidenzia un testimone privilegiato che «la competizione a livello europeo e internazionale è molto forte.

Le Strade del vino in Spagna, Portogallo e Francia naturalmente sono ben piazzate con servizi innovativi che le rendono molto competitive e c’è un forte risveglio anche dei Paesi ad Est con come Romania, Bulgaria, Slovenia, Croazia, ecc.» (Intervista n.22 Calabria). Inoltre, come ha ben evidenziato Cinelli- Colombini al 1° Forum Internazionale dell'Economia e del Mercato Vitivinicolo nella Città di Marsala (2013), non bisogna sottovalutare l’idea che «il turista del

vino è un amante infedele, che ama trovare nuove destinazioni e quindi, chi è in cima alle classifiche adesso non ci sarà più; ci sarà sicuramente un turnover […]

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i nostri competitori stranieri lo sanno e sono molto agguerriti» (Colombini, Forum Città di Marsala 2013).

Sono, infine, regolamentate da specifica legislazione anche le Strade del vino del Portogallo e dell’Austria mentre, in altri Paesi vi sono solo regole di condotta convenute fra i soggetti interessati (Berti et al. 2011); difatti, un testimone privilegiato conferma che per «i Paesi del nord Europa i regolamenti non sono

altro che taciti accordi tra imprenditori di darsi delle regole per accogliere il turista» (Intervista n.3 Friuli). In particolare, secondo Cesaretti (2011), le iniziative del Sud Europa, in quanto esperienze più recenti, sono nate soprattutto sotto la spinta delle iniziative istituzionali. In Portogallo, ad esempio, nel 1994 è stata emanata la legge n. 669/1994 che ha istituito la Strada del vino Porto realizzata sotto l’impulso del Segretario di stato al Turismo.

Gli itinerari turistici enogastronomici sembra, dunque, che possono rappresentare dei percorsi ad elevata potenzialità turistica ed economica solo se sono ben organizzati (attività di formazione, azioni di comunicazione, eventi), e capaci di valutare periodicamente gli standard minimi di offerta, i target ed i comportamenti di consumo e di comunicare all’esterno il proprio progetto. Per poter assicurare questa situazione ciò che appare indispensabile è la capacità dei territori di costruire una buona governance locale. Scommessa che spetta giocare ai singoli territori (Monterumisi 2005).

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2.2. L’esperienza Calabrese: l’nogastronomia, un prodotto turistico

della Regione Calabria

«Non sono difficile in fatto di gastronomia e, dovessi fare una scelta, assegnerei a mia sorella Orsa la palma della più saporita cucina del mondo: quella calabrese. Ancora oggi datemi una buona minestra di ceci, quelli che si ammammano, cioè fan da mamma, coi maccheroni, in una saporosa liquescenza; datemi una fetta di pescespada col «sarmuglio», che ci stupiamo di non trovare descritto nei banchetti omerici; datemi, per stimolare l'appetito fino in fondo, un pugnellino di «'mbiscatini», cioè di quei sottaceti che alternano il peperone col cappero, la melanzana con lo zenzero; datemi una ricotta di quelle che il pastorello dell'Aspromonte vi porta fino a casa, facendola colare tiepida dalla fiscella nel piatto; datemi, per consolidare il tutto, un bicchiere di Cirò, un vino che ha il colore rosso cupo delle pupille delle donne malate d'amore e il profumo del vigneto squassato dal vento sulle balze marine: datemi tutto questo e io alzo bandiera ammiraglia sulla mia tavola di calabrese radicato» Leonida Repaci, Calabria grande e amara.