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La Strada del vino e dei sapori Terre di Cosenza: un percorso carsico Nella la provincia di Cosenza, come chiarito precedentemente, si costituirono

Le Strade del vino in Italia

Grafico 5 Dinamica della produzione di vino per marchio di qualità

2.2.3 La Strada del vino e dei sapori Terre di Cosenza: un percorso carsico Nella la provincia di Cosenza, come chiarito precedentemente, si costituirono

Strade del vino e dei sapori che tuttavia, ad oggi, risultano inattive a causa di una serie di errori e problematiche che non ne hanno permesso lo sviluppo.

Con l’evoluzione del comparto enologico della provincia di Cosenza e la costituzione di un’unica denominazione DOP Vino Terre di Cosenza, alcuni soggetti intervistati sono del parere che si potrebbero accorpare tutte le 5 Strade del vino e dei sapori della provincia di Cosenza per creare un’unica Strada provinciale.

Il comparto vitivinicolo cosentino, negli ultimi 15 anni, è stato, infatti, contraddistinto da profonde trasformazioni che hanno interessato sia le superfici investite a vite sia gli aspetti qualitativi delle produzioni.

Si tratta di un territorio che, rispetto all’intera area regionale, si caratterizza per avere la maggiore superficie investita a vite, 4.285.28 Ha (pari al 42% della superficie) con circa 7.858 aziende, pari al 60% circa delle aziende con vite calabresi (ISTAT 2010). Lo scenario vitivinicolo dell’intera provincia è molto diversificato: «si concentra principalmente sui pendii della Valle del Crati e della Valle dell’Esaro; nel distretto territoriale dell’Orsomarso sul versante tirrenico, intorno a Cosenza e più segnatamente a Donnici; nella parte alta della Valle del Savuto; alle pendici della catena del Pollino e nella zona di Saracena; e sulle dolci colline dell’Alto Ionio tra Cariati e Amendolara» (Convertini e Gagliardi 2013, p.13).

Questa caratterizzazione territoriale è rafforzata dalle numerose denominazioni DOC riconosciute nel corso degli anni. La prima denominazione è quella ottenuta, nel 1975, dalla zona DOC Savuto, alla quale negli anni si sono aggiunti i vini soggetti a denominazione di origine controlla di Donnici, del Pollino, di San Vito di Luzzi, di Verbicaro, Condoleo, Esaro e della Valle del Crati con la denominazione IGT.

109 Successivamente, nel 2011, tutte queste sottozone, inclusi i vini IGT89, sono state

comprese in un’unica DOP Terre di Cosenza nata con l’obiettivo principale di rendere protagonista un antico vitigno calabrese, il Magliocco, le cui qualità organolettiche sono conferite dal proprio terroir (Barham 2003), divenuto oggi un concetto multidimensionale e variamente interpretato. Obiettivo secondario era quello di dare maggiore visibilità alle singole aziende con l’adesione alla DOC Terre di Cosenza90.

La provincia di Cosenza è stata caratterizzata dall’attivazione di un progetto integrato di filiera (PIF) che è stato determinante per il recupero e la valorizzazione del prodotto le per la conseguente riorganizzazione dell’intera filiera produttiva.

Il PIF è stato introdotto per la prima volta nella programmazione del PSR Calabria 2000-2006. Si tratta di uno strumento volto a promuovere la progettazione integrata finalizzata al rafforzamento delle filiere produttive agricole (dalla fase di produzione alla vendita al consumatore finale) attraverso la creazione di partenariati tra soggetti appartenenti ad una specifica filiera. La filosofia del progetto integrato di filiera era quella di iniziare un percorso per indurre i soggetti del territorio a lavorare insieme.

«Quali erano gli strumenti per costringere i soggetti, in una regione come la nostra, a mettersi insieme? Era quello di incentivare l’aggregazione, per cui era stato creato un meccanismo tale che in primo luogo disincentivasse la presentazione di domande individuali: la soglia era il 50% pubblico e 50% privato per i regimi di aiuto. E noi dicemmo e scrivemmo nel programma che le domande individuali potevano arrivare al 40% del pubblico e 60% privato mentre se

89 Nello specifico con l’IGT il consumatore è garantito solo per quanto riguarda l’origine: chi legge

IGT Calabria è messo a conoscenza che quelle uve sono coltivate in Calabria; che poi all’interno di quel vino ci sia Magliocco piuttosto che Cabernet i produttori non sono obbligati ad indicarlo quindi il consumatore potrebbe assaggiare due bottiglie di IGT Calabria, una fatta con Magliocco una fatta con Cabernet. Invece, con la DOP tu devi mettere al meno il 60% del Magliocco o il 70% se sei in sottozona o l’85% se fai un Magliocco in purezza; per cui siccome il magliocco autoctno è un vitigno ancora poco studiato, più difficile da vinificare e da coltivare è più conveniente scegliere la via semplice.

90 Tuttavia, dal ricerca sul campo, si è appurato che la denominazione Savuto è rimasta con una

DOP a se stante anche se qualcuno del Savuto, senza problemi etichetta Terre di Cosenza; inoltre, si è accertato che i produttori abituati a produrre IGT hanno ritenuto più faticoso e macchinoso il sistema di certificazione della DOP (anche forse più costoso). Quindi qualcuno che ha provato a fare la DOP il secondo anno è ritornato a fare di nuovo IGT Calabria.

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presentate insieme ad altre, in un PIF, arrivavi al 50% quindi c’era un 10% in più» (Intervista n 6).

Se non tutte le esperienze sono state positive, come sottolinea un testimone privilegiato «molti PIF sono diventati un modo per avere il 10% in più ma di fatto

erano domande individuali» (Intervista n.6).

Altri hanno compreso appieno le potenzialità di questo strumento «solo alcuni ne

hanno capito il senso: innanzitutto il senso era che si trattava di una fase di avvio non di arrivo nel senso che ovviamente poi bisognava dare supporto alla costruzione dei PIF e bisognava collegare le diverse fasi, dalla produzione alla commercializzazione» (Intervista n.6).

Tra questi ultimi vi è sicuramente il PIF Vino denominato “Gli itinerari dei vini della Calabria Citra” che si riproponeva di ricostruire l’intera filiera del vino e di costruzione anche la filiera del turismo enogastronomico.

L’attivazione del PIF Vino, avvenne nel 2004, ed è da attribuire al lavoro sinergico tra la passione di una persona “giusta, competente e responsabile”, che negli studi di Cersosimo (2001) viene definita “persona chiave”, e alcuni produttori interessati a rendere il sistema produttivo provinciale capace di produrre qualità nell’ottica di uno sviluppo non solo aziendale ma anche territoriale.

Come avremo modo di osservare il ruolo del leader, un monaco del terzo millennio come lo definirebbero Bruni e Zamagni (2004) , sarà determinante per il raggiungiment dell’ultimo obiettivo, cioè l’implementazione di un approccio integrato tra la filiera vitivinicola e quella turista e la realizzazione dell’itinerario Strada del vino (Berti et al. 2011) che richiede anche la presenza di prodotti enogastronomici di qualità.

Come ha sottolineato Sivini (2003) la capacità di stabilire buoni rapporti sia con attori pubblici che privati, seppur non impresa facile, appare rilevante nelle aree meridionali in quanto vi è una diffusa sfiducia verso l’operato pubblico e le forme di cooperazione tra imprese.

Il partenariato del PIF Vino era, pertanto, composto da solo 63 produttori vitivinicoli, per una superficie vitata pari a 357 ettari, di cui una parte produceva solo per il mercato dell’uva mentre un’altra parte di produttori era orientata a sviluppare al proprio interno l’intera filiera produttiva.

111 Grazie ai finanziamenti in corso erogati dal PIF Vino il partenariato si organizzò nel Consorzio del vino Calabria Citra con una figura di segreteria, un amministrativo e un responsabile che, nominato all’unanimità, corrispondeva al titolare di una delle aziende vitivinicole aderenti.

Con l’approvazione del PIF Vino si lavorò su diversi fronti: sulla creazione di una struttura produttiva (ristrutturazione dei vigneti nell’ottica del miglioramento qualitativo), sulla qualità agronomica del vitigno autoctono “Magliocco” (commercializzazione) e sulla formazione alle cantine per l’accoglienza in azienda (servizi). Difatti, per garantire al produttore un maggior reddito e frenare l’abbandono dell’attività agricola, il progetto aveva previsto anche lo sviluppo aziendale delle attività di trasformazione e imbottigliamento con la realizzazione/adeguamento di strutture aziendali finalizzate alla lavorazione e al confezionamento del prodotto. Era quindi fondamentale spostare l’obiettivo del produttore dal mercato dell’uva al mercato del vino

L’obiettivo di medio periodo del PIF è stato il miglioramento della qualità e della quantità del prodotto in bottiglia. Nel lungo periodo, lo sviluppo di attività produttive vitivinicole su tutto il territorio provinciale avrebbe potuto creare nuove opportunità di crescita socio-economica specialmente nell’ambito del turismo enogastronomico. A tale scopo le aziende avrebbero dovuto dotarsi, oltre che di adeguati sistemi di produzione, di strutture idonee per la degustazione, esposizione e vendita di prodotti in azienda ed essere in grado di accogliere eventuali visitatori.

La realizzazione di queste nuove cantine rappresenta la componente qualificante e caratterizzante del PIF, in quanto va a costituire gli elementi base di quella che ha dato vita ad una “rete territoriale di produzione” che, seppure frazionata e, opportunamente diversificata, trova il suo momento di integrazione nella fase di promozione e commercializzazione attraverso l’immagine del territorio nel suo complesso.

I dati ISTAT (2010), relativi alla provincia di Cosenza, evidenziano la presenza di 754 aziende agricole che coltivano uva per vino DOP. All’interno di questo dato rientrano anche le 63 aziende che avevano partecipato al PIF Vino. Come si nota dalla tabella 5, se nel 2004 erano presenti solo 15 aziende vitivinicole con annessa cantina, grazie alle azioni previste dal PIF Vino, nel 2014, risultano 50 aziende

112 vitivinicole che hanno realizzato l’intera filiera produttiva (Figura 4); le altre 13 aziende come sostiene un testimone privilegiato «erano, probabilmente solo

aziende viticole che avevano partecipato per sistemare un deposito, piuttosto che la meccanizzazione ecc.» (Intervista n.2).

Tabella 5 - Numero aziende vitivinicole con cantina provincia di Cosenza

2004 2014

Aziende Vitivinicole con cantina 15 50 Rilevazioni ed elaborazioni proprie

Figura 4 - Mappatura delle aziende Vitivinicole in provincia di Cosenza

Fonte: in Terre di Cosenza (Convertini e Gagliardi 2013)

Come sottolineato dai soggetti intervistati, il PIF Vino ha giocato un ruolo fondamentale nell’avvio di aziende produttive di qualità e ben strutturate nell’organizzare visite in azienda (Convertini e Gagliardi 2013) chiudendo l’intera filiera (fase di trasformazione, imbottigliamento e commercializzazione).

113 Sono aziende che hanno iniziato la propria attività produttiva negli ultimi 10-15 anni e sono prevalentemente di piccole dimensioni e a gestione familiare91con un

modello di produzione che salvaguarda i prodotti locali di qualità e rafforza la cultura e le tradizioni del luogo.

«Siamo piccole e non possiamo produrre prodotti per la grande distribuzione perché non abbiamo i numeri per poterlo fare e quindi dobbiamo cercare di qualificare le produzioni e di rivolgerle ad un mercato di nicchia, di appassionati, di persone che sono interessate alle tipicità, a prodotti non troppo comuni e quindi cerchiamo di offrire qualità sia nel vino, sia nei servizi di accoglienza che nelle coltivazioni e nei servizi di salvaguardia ambientale e territoriale» (Intervista n.13).

Si assiste, sostanzialmente, alla presenza di aziende vitivinicole non più mono- settoriale e mono-funzionale ma diversificate e multifunzionali che puntano ad un aumento del livello di differenziazione e della qualità delle produzioni realizzate. Si affaccia così all’orizzonte una nuova figura di imprenditori92 interessati ad

allargare le attività al di fuori del settore agricolo privilegiando gli aspetti legati alla qualità dei prodotti e dei processi, ad un’attenzione crescente della dimensione ambientale e paesaggistica dei processi produttivi adottati e alla tutela della biodiversità. Indicatori importanti per ottenere vantaggi reali dal turismo enogastronomico.

Quanto argomentato evidenzia che gli obiettivi raggiunti in sede di attivazione del PIF sono legati principalmente al miglioramento della produzione di qualità e della commercializzazione, con la predisposizione di strutture idonee per la degustazione, esposizione e vendita dei prodotti.

L’attuazione del PIF Vino e finanziamenti comunitari e regionali per l’impianto dei vigneti, per la ristrutturazione/realizzazione dell’azienda hanno permesso di dotarsi anche di ottime tecnologie che hanno consentito di produrre vini con adeguate qualità organolettiche.

91 Nell’Unione europea le imprese agricole possono essere classificate in larga maggioranza

come aziende agricole familiari, nel senso che, da un lato, sono sinonimo di attività su piccola scala e, dall’altro, sono predominanti tra quelle più grandi, il 60 % delle quali è a gestione familiare.

92 Per quanto riguarda il nostro Paese, da un punto di vista normativo, è la Legge di orientamento

(D.Lg. 18-5-2001 n.228 “orientamento e modernizzazione del settore agricolo”) ad aver modificato la definizione di imprenditore agricolo contenuta nel codice civile (art.2135), con l’obiettivo di ampliare la gamma di attività realizzabili all’interno dell’azienda agricola dall’imprenditore, e dunque in linea con questo processo evolutivo dell’agricoltura (Di iacovo 2005).

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«Un risultato importante è quello che, oggi, in provincia di Cosenza sono presenti aziende (nate dall’investimento del PIF) fornite di sala degustazione, punto cucina e con un imprenditore formato, sensibile e capace di organizzare una visita in azienda di qualità. Sono aziende che hanno fatto i loro investimenti con l’occhio all’accoglienza. Quindi si trovano aziende carine, curate, con la saletta di degustazione predisposte al discorso dell’accoglienza» (Intervista n.2).

Anche a livello di comunità locale è cambiato l’atteggiamento verso il prodotto vino. «Prima i ristoratori non volevano assaggiare e acquistare il vino calabrese»

(Intervista n.10); invece, si è appurato che in seguito ai corsi di divulgazione fatti

dai sommelier AIS, ONAB, FISAR e dalle attività di Slow Food Cosenza, si è creata una maggiore sensibilità anche nei ristoratori. Sostanzialmente queste associazioni hanno cercato di trasmettere l’idea che il vino e il cibo di qualità esiste anche in Calabria «se fino a 10 anni fa era difficile trovare un vino buono

calabrese, adesso è difficile trovare un vino cattivo calabrese» (Intervista n.10)

«Ritengo ci siano delle ottime cantine in Calabria sia di nicchia (poco conosciute) sia quelle più commerciali; abbiamo ottimi vini che spesso vengono denigrati rispetto alle regioni che ormai hanno un nome per il vino come il Trentino, il Friuli, il Piemonte, la Toscana forse perché in effetti queste regioni sono molto più attive dal punto di vista della promozione turistica» (Focus).

Tuttavia, le azioni legate all’investimento in servizi, come vedremo, sono in via di realizzazione, non come diretta conseguenza del PIF Vino, ma come sua naturale prosecuzione perché guidati dagli stessi soggetti che hanno fortemente creduto nell’attuazione del PIF Vino. Come sottolinea un testimone privilegiato «quindi ci

sono tutti i presupposti per creare un sistema territoriale e l’obiettivo minimo è quello di unificare le forze e organizzare il sistema» (Intervista n.3).

Per realizzare questo obiettivo continua ad essere cruciale il ruolo della persona chiave che come già sottolineato da Bruni e Smerilli (2010), quando è all’opera il carisma in una persona si riesce a vedere più lontano. Questa persona con le proprie idee, competenze, esperienze e relazioni (con attori del settore privato e del pubblico) continua a sostenere ed accompagnare le diverse aziende. Ed è proprio questo suo sguardo di lungo periodo che gli ha permesso di farsi portatore, insieme ad alcuni produttori, di nuove sfide per il futuro. «La prima azione sarà

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Cosenza che si dovrà fare in questi mesi attraverso un lavoro di coordinamento93con la Camera di Commercio» (Intervista n.21).

Questo è uno strumento operativo rilevante per rilanciare l’utilizzo della DOC, promuovere il brand Terre di Cosenza e ad affermare il territorio con più forza anche in termini di comunicazione. Come sottolineano alcuni produttori è molto importante perché «tutela e promuove la qualità mia e di tutta la produzione»

(Intervista n.13) «ma tutto sta a farlo funzionare» (Intervista n.20).

Quindi il Consorzio DOP Terre di Cosenza è fondamentale per la valorizzazione del Magliocco che, come il Nebbiolo in Piemonte, dovrebbe divenire porta bandiera per l’intera provincia. Ma la storia, la cultura e la tradizione della produzione del Magliocco in questo territorio, affinché si tramandi, va protetta e tutelata non solo dal lavoro appassionato dei viticultori; difatti, se non ci fossero loro a coltivare questa varietà autoctona si perderebbe. Tuttavia, «il rischio di non

coltivare le varietà autoctone oggi, in Calabria è reale!» (Intervista n.2), perché il

lavoro fatto dai viticultori non è sufficiente.

Infatti, nonostante le azioni attivate con il PIF, il vitigno Magliocco non è ancora considerato dalla comunità locale una risorsa endogena su cui investire per delineare una nuova prospettiva di sviluppo del territorio. Pertanto, alcuni soggetti interessati alla costruzione della Strada del vino provinciale, hanno manifestato anche l’esigenza di promuovere una conoscenza dei vitigni autoctoni ai non addetti i lavori nella consapevolezza che, il coinvolgimento delle collettività locali, è un processo indispensabile per diffondere l’importanza di questa risorsa. Tutto ciò è alla base della nascita dell’Accademia del Magliocco il cui scopo è quello di approfondire le conoscenze, storiche e tecniche, al fine di proteggere e valorizzare il patrimonio storico culturale che i vitigni e la viticoltura storica rappresentano per la collettività.

«Il singolo produttore potrebbe facilmente essere tentato da “appetiti” dettati dal mercato e modificare o addirittura azzerare tale viticoltura con danni irreparabili. Se volessi fare un paragone: impiantare vitigni diversi, es. il cabernet, in un vigneto di Magliocco in area storicamente dedita alla viticoltura, è come mettere gli infissi

93 Consorzio Vino “Terre di Cosenza” è stato costituito il 18 dicembre 2014 presso la Camera di

Commercio di Cosenza. Hanno aderito numerose aziende vitivinicole della Provincia che, in parte, costituiscono il consiglio di amministrazione e che ad un’unanimità hanno eletto come presidente il responsabile di un’azienda.

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d’alluminio in un palazzo del settecento nel pieno centro storico di un borgo. Il privato magari lo farebbe, e forse in alcuni casi è successo (per spendere meno soldi) il pubblico non lo farebbe, e comunque questa eventuale azione indignerebbe i cittadini di quel luogo in quanto sentono anche proprio quel palazzo, seppur di proprietà privata. Vanno bene le finestre di alluminio in palazzi nuovi in zone di ampliamento, così come va bene il cabernet in aree viticole nuove (Terre di Cosenza dà questa opportunità), ma deve essere chiaro al consumatore che in questa area delle Terre di Cosenza è possibile ritrovare una viticoltura storica, intatta, autentica perché i cittadini tutti la proteggono e la promuovono come bene proprio. Come fanno molti, con orgoglio, quando portano amici da fuori a vedere il palazzo del settecento nel centro storico» (Intervista n.2).

Come sottolinea Magnaghi (2000) per far rinascere la cura e la cultura del territorio è necessario dare forza agli abitanti che vivono e producono nel territorio non come meri consumatori di territorio e di prodotti commerciali ma come soggetti capaci di partire dal proprio patrimonio territoriale (Magnaghi 2000). Ed è in questa direzione che l’Accademia del Magliocco si sta impegnando con l’obiettivo di avviare un’azione di sensibilizzazione per cercare di far passare il messaggio che «questo territorio ha una storia, cerchiamo di riconoscerla e di

recuperala» (Intervista n.2); anche perché è lo stesso mercato globale a richiedere

beni e alimenti dotati di significati culturali che vanno nel senso dell’“autentico”. Oggi, quindi, e rispetto al passato la provincia di Cosenza si presenta con un comparto produttivo vitivinicolo (e non solo) strutturato e capace di progettare e sostenere l’attivazione di una Strada del vino all’interno della provincia.

2.2.4 L’itinerario Strada del vino e dei sapori Terre di Cosenza: una rete