1.2 L’Eno-gastronomia per un turismo di territorio
1.2.1 Il viaggiatore gastronauta e foodtrotter
A partire dagli anni ‘90, a seguito di un maggiore interesse per il cibo e il vino di qualità e al di fuori delle catene alimentari standardizzate e una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali e gli standard etici nella produzione alimentare (Fitzgerald & Hugh 2001; James Burton 2003; Lamine 2005; Morris & Buller 2003), si è delineato un netto cambiamento di tendenza della domanda turistica, sia nelle attese sia negli stili di vita, che è andata a riflettersi in nuove abitudini di consumo. Se il consumatore attuale ricerca prodotti non omologati ma beni e servizi capaci di rispondere alle nuove esigenze anche la ricerca del turista non è più rivolta solo a destinazioni che offrono attrattive come mare o montagna ma esperienze di qualità da vivere come occasione di conoscenza, di approfondimento, di incontro e di rilassamento. Il mercato «si compone di una miriade di possibili consumatori, ciascuno dei quali portatore di una propria identità e di valori, cultura, aspettative, attitudini che variano da soggetto a soggetto e caratterizzano l’individualità di ogni singolo fruitore» (Croce e Perri, p. 71).
Da turista indifferente o «turista-cliente […] che non progetta, ma soprattutto non cerca di interagire con i soggetti di offerta dei vari servizi turistici» (Bruni e Pelligra 2001, p. 197) si afferma, oggi, anche un turista consapevole o «turista- viaggiatore […] che non si limita a consumare i servizi che preferisce, ma “pretende” di concorrere a definire e talvolta a produrre, congiuntamente ai vari soggetti di offerta, i pacchetti delle prestazioni turistiche» (Bruni e Pelligra 2001,
41 «Food and wine tourism are often interrelated, and gastronomy is an expectation and a part of
touristic experience, thought wine tourism is sometimes confused and related to wine tasting and degustation only. It consist of much more than the sole experience of emotions and senses associated to wine» (Mitchell 2006).
40 p. 198) affinché la vacanza possa avere una funzione “compensativa” e rigenerativa contro lo stress quotidiano causato dalla quotidianità lavorativa (Corigliano e Morittoni 2004). Quindi la motivazione al viaggio starebbe nel desiderio di una nuova autenticità, nella ricerca di realizzazione e pienezza di vita. Elementi ben delineati da Ferrari e Adamo (2005), che parlano di «ritorno alla natura e rinnovata coscienza ambientale, riscoperta delle tradizioni e della spiritualità, de-massificazione dei consumi, ricerca del benessere psico-fisico, spostamento verso modelli più sobri di consumo, verso vacanze esperienziali, verso forme di turismo più attive, sia dal punto di vista fisico che intellettuale, e verso forme nuove di turismo, quali agriturismo, percorsi enogastronomici, vacanze in mete di turismo spirituale e culturale» (p.81).
In questo contesto si inserisce il turismo enogastronomico che può essere considerato uno “strumento” per la soddisfazione compensativa di bisogni che la società urbana non consente ma questa non è chiaramente l’unica lettura possibile del fenomeno perché diverse ricerche dimostrano che alla base dell’esperienza turistico-gastronomica vi è anche un’esigenza più raffinata di conoscenza culturale, di “elitaria” passione per le tradizioni e le tipicità locali.
In linea generale, i tentativi di dare al turista enogastronomico una definizione si possono ricondurre a due approcci: nel primo caso l’attrattiva principale risulta essere il territorio rurale o semi-rurale in cui sopravvivono ritmi di vita più a misura d’uomo rispetto alla realtà urbana, cioè si vuole valorizzare in maniera specifica il legame con il territorio. Nel secondo caso, invece, prevale l’opportunità di soddisfare una passione, un “hobby”, quello dell’enogastronomia. In altre parole si tratta di distinguere tra un approccio che enfatizza il prodotto e l’enogastronomia e un altro che mette in primo piano il contesto di riferimento, il territorio (Corigliano e Viganò 2004). Nel primo approccio si colloca, ad esempio, la figura di turista che vede nel giacimento gastronomico l’esclusiva motivazione del viaggio, un esempio di questo tipo è il turista del vino. Questa figura viene definita da Paolini (2006) come gastronauta e da Croce e Perri (2008) come turista enogastronomico specializzato. Negli studi che enfatizzano il territorio, invece, il turista enogastronomico in cui la motivazione centrale del viaggio è data dall’interesse per le diverse risorse del territorio viene spiegato da Paolini come
41 vivere situazioni leisure, culturali ecc. in cui si combinano più aspetti e/o discipline diverse (cibo, sport, arte, tecnologia ecc.), in alcune delle quali (non necessariamente il cibo) potrebbero essere anche specializzati. In tal caso, l’identikit del turista enogastronomico è quello di un turista preparato, selettivo, appassionato, abituato ad organizzare autonomamente le proprie vacanze, esigente nei confronti dei territori visitati in cui ricerca un’esperienza di contatto e di conoscenza del “genius loci”, un momento di crescita culturale data dalla profonda relazione che il viaggiatore instaura con l’ambiente, la storia e la comunità locale al fine di comprenderne l’identità culturale; non è un caso che Bauman utilizzi il turista come metafora della vita postmoderna basata sulla ricerca di diversità, di nuove esperienze e sul rifiuto a legarsi ad identità stabili (Croce e Perri 2008; Bauman 1991).
La maggior parte della letteratura ha, dunque, analizzato il comportamento e la motivazione del turista del vino in Australia, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti (Hall et al. 2000; Cambourne & Macionis 2002; Charter e Ali-Knight 2002; Ignatov 2003; Hjalager 2004; Gatti e Maroni 2004; Ignatov & Smith 2006; O'Mahony et al. 2006; Sparks et al. 2005) perché gli studi sono effettuati, come già chiarito, da economisti aziendali particolarmente interessati al marketing turistico. Le prime analisi sul turista del vino sono state realizzate su dati demografici (età, sesso, occupazione, livello di reddito e luogo di residenza) (Carlsen 2004) per delineare il profilo dei visitatori della cantina e dei bevitori di vino. Secondo Hall et al. (2000), i dati demografici rappresentano un semplice strumento di segmentazione per definire il profilo del turista del vino, mentre i dati psicografici che fanno riferimento ai valori, agli stili di vita, agli atteggiamenti e agli interessi, permettono ai ricercatori di comprendere anche il ruolo del prodotto vino nello stile di vita dei consumatori. Caratteristiche e motivazioni che secondo Mitchell et al. (2000) possono cambiare a seconda della destinazione dove si svolge il turismo del vino.
La definizione più dibattuta di turista del vino è quella di Hall & Macionis (1998), che lo hanno catalogato in tre tipologie: gli amanti del vino (wine lovers), i curiosi del vino e gli interessati al vino. Gli amanti del vino sono caratterizzati da un grande interesse per il vino e il suo processo di vinificazione; la loro destinazione principale sono le cantine. La maggior parte di loro hanno un’istruzione superiore
42 e un alto livello di reddito, leggono letteratura specializzata, sono più propensi ad acquistare prodotti enogastronomici e a visitare altre destinazioni turistiche del vino. I curiosi del vino (curious tourists) sono descritti come attori con una bassa capacità di spesa, con una formazione moderata ed un interesse moderato per prodotti del settore vitivinicolo. Lo scopo principale della loro visita non sono le cantine o il processo di vinificazione; hanno qualche conoscenza di base sul turismo del vino ma la scelta di destinazione dipende anche da altri. Gli interessati al vino (wine interested) sono turisti che hanno un grande interesse per i prodotti vitivinicoli anche se i prodotti enogastronomici e le cantine non sono il solo scopo; questi turisti sono persone con un reddito medio alto, acculturate e propense ad acquistare i prodotti enogastronomici.