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Fattispecie incentrate sull’infedeltà: Untreue (tedesca) e modelli nostrani d

3. La fiducia proiettata nella tipicità: i rapporti del precetto con le regole

3.2 Fattispecie incentrate sull’infedeltà: Untreue (tedesca) e modelli nostrani d

Implicazioni penalistiche della violazione di regole di comportamento emergono anche rispetto a fattispecie incentrate su di un nucleo di “infedeltà”, sfocianti, secondo le già segnalate differenze, in una figura di infedeltà o di corruzione.

La fattispecie tedesca di Untreue (§ 266 StGB), tra i reati posti a tutela del patrimonio, si presenta come modello per eccellenza di criminalizzazione di obblighi extrapenali tramite una clausola elastica. Questi obblighi sono recepiti nell’elemento, alternativo, dell’abuso di potere negoziale (Mißbrauchstatbestand, come potere di disposizione di un patrimonio altrui verso l'esterno) o violazione del dovere di fedeltà (Treubruchstatbestand, come espressione di rapporti interni con il titolare del patrimonio).117Quantomeno orientata ad un danno patrimoniale118, la norma è

soggetta ad una erosione ermeneutica in direzione di incriminazioni fondate sulla sola assunzione di un rischio; sicché il requisito del “pregiudizio” per l'altrui patrimonio svanisce nella mera realizzazione di tale rischio.119Dal punto di vista della

fattispecie oggettiva, l’Untreue diviene difatti utilizzabile ogni volta in cui, indipendentemente da un danno attuale, sussista un pericolo di diminuzione patrimoniale: cioè un rischio di danno.120 Un analogo processo subisce la fattispecie

soggettiva: se, infatti, la fattispecie obiettiva si riferisce ad un rischio assunto illecitamente, il dolo non potrà che avere, quale substrato, il rischio medesimo; il dolo conseguirà, quindi, alla riconoscibilità di questo rischio, ed in forma diretta, dato che rischio e danno coincidono121.

Per la concretizzazione di comportamenti che innalzino questo rischio, in particolare in relazione alla concessione di credito da parte di banche, la giurisprudenza del BGH rinuncia alla determinazione di un parametro di riferimento,

117 RANSIEK, Risiko, Pflichtwidrigkeit und Vermögensnachteil bei der Untreue, in ZStW, 2004, 640 ss., dove si affronta il problema della presunta indeterminatezza della norma e la legittimità del richiamo alla disciplina extrapenale, nei modi di cui al § 266. Per gli aspetti generali della fattispecie di Untreue, si rinvia a FOFFANI, Infedeltà patrimoniale, cit., 235 ss. Sull'utilizzo della figura di infedeltà per incrementare la “moralizzazione” dell'impresa, quale fine della corporate governance, v. l'indagine di FOFFANI-NIETO MARTÍN, Corporate Governance y administración desleal. Casos y

problemas de derecho comparado europeo, in Revista penal, 2006, 110 ss.

118 Sulla querelle circa le differenze tra Nachteil, di cui parla l’Untreue, e Beschädigung, presente nella truffa, si rinvia a FOFFANI, Infedeltà patrimoniale, loc.ult.cit.

119 RANSIEK, Risiko, cit, 634 . Tuttavia, per un riequilibrio tra gli elementi della fattispecie, si veda la recente casistica analizzata da FOFFANI-NIETO MARTÍN, Corporate governance, cit., 115 ss. 120 RANSIEK, Risiko, cit., 636 ss. che evidenzia come, tuttavia, chi assume obblighi verso il titolare di un patrimonio, sembra assumere per ciò solo un rischio.

relativo al contenuto dei comportamenti illeciti circa la gestione di un patrimonio, per valutare invece la trasgressione di una regola procedimentale (Verfahrensregel). Così, “non è essenziale il risultato in sé, ma come esso si sia realizzato”. L'osservanza delle regole procedimentali esclude la violazione dell’obbligo (Pflichtverletzung) e delimita uno spazio consentito nella valutazione dell’operazione economica.122

Questa interpretazione rende l’Untreue un avamposto-simbolo del fenomeno retrostante di indiretta criminalizzazione delle regole di corporate governance. Fenomeno che diviene nitido nel momento in cui si suppone l'esistenza di obblighi di corretta organizzazione degli enti creditizi, finalizzata alla valutazione dei rischi connessi alla concessione del credito123. La violazione di un siffatto obbligo, cioè la

creazione di un sistema di valutazione e controllo dei rischi carente, integra la

Pflichtverletzung ai fini del § 266 StGB.124

Nel nostro ordinamento manca una fattispecie generale di infedeltà; nel senso che è mancata l’introduzione di una figura di infedeltà tra i delitti contro il patrimonio, mentre si è optato per una serie di figure “speciali” di infedeltà, ritagliate, cioè, su specifici ambiti in cui ricorre la gestione di un patrimonio altrui.125

Tra i reati societari, si riscontrano tre figure facenti riferimento all’idea della “infedeltà”: l’art. 2634 c.c. (infedeltà patrimoniale), l’art. 2635 c.c. (infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità), e l’art. 2629-bis c.c. (omessa comunicazione del conflitto d’interessi). A queste va aggiunto l’art. 167 Tuf (gestione infedele), che si riferisce al settore più specifico della gestione del risparmio (gestione di portafogli di investimento su base individuale o del servizio di gestione collettiva del risparmio) in violazione del regole sul conflitto d’interessi (trattasi di una contravvenzione dolosa, data la previsione di un dolo specifico).126 In

queste ipotesi, la violazione delle regole sul conflitto di interessi, per l’infedeltà

122 Cfr. RANSIEK, Risiko, cit., 674

123 Nel diritto tedesco, questi obblighi sono postulati dalle seguenti norme: § 76 AktG, riguardo la diligenza degli amministratori (Vorstand) di una società per azioni e § 93 AktG circa la loro responsabilità risarcitoria; § 91 AktG riguardo la predisposizione di misure idonee al riconoscimento di situazioni potenzialmente dannose, in particolare strumenti di controllo. Si veda, in argomento, PREUSSNER-PANANIS, Risikomanagement und strafrechtliche Verantwortung – Corporate

Governance am Beispiel der Kreditwirtschaft, in BKR, 2004, 347 ss.

124 PREUSSNER-PANANIS, Risikomanagment, cit., 351 ss.

125 Sui differenti modelli normativi di infedeltà, v. BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 84 ss. 126 Per un commento, SEMINARA, La tutela penale, cit., 605 ss.

patrimoniale, l’omessa comunicazione e la gestione infedele – in quest’ultimo caso, tra l’altro, tale elemento si ricava dal contrasto rispetto ad un vasto gruppo di “disposizioni poste dal legislatore o dall’autorità di vigilanza a disciplina dei conflitti d’interesse”127 – e la più ampia nozione di violazione di obblighi inerenti all’ufficio,

per l’art. 2635128, colgono solo un segmento della fattispecie, dal quale traspare il

disvalore della condotta; ad esso si somma, in tutte le ipotesi menzionate, un disvalore d’evento riassunto in un “danno” (o “nocumento”, secondo l’art. 2635 c.c.).129

Per un verso, questa conformazione scongiura il pericolo che, in relazione alle ipotesi di infedeltà vigenti nel nostro ordinamento, possa verificarsi quell’appiattimento dei meccanismi dell’imputazione penale sulla mera infrazione di una norma extrapenale, alla stregua di quanto osservato in relazione alla Untreue tedesca. Per altro verso, tuttavia, l’operatività di queste incriminazioni subisce restrizioni incoerenti con una loro pretesa portata innovativa, sino a tradire le aspettative maturate in anni di dibattito sull’opportunità di un’autonoma previsione di infedeltà nella gestione delle società di capitali.

L’art. 2634 c.c. vede infatti frustrate le proprie velleità di tutela di categorie legate al bene patrimonio colto nella sua essenza “dinamica” (soci di minoranza, creditori e risparmiatori), anche con riferimento all’ipotesi del comma 2, difficilmente coordinabile, per altro, con la previsione di cui all’art. 167 Tuf:130 ciò si

deve, in massima parte, ad una certa ridondanza di requisiti soggettivi (un dolo “intenzionale” ed un dolo specifico) ed alla previsione della punibilità a querela della persona offesa.131 Rispetto all’art. 2635 c.c., poi, il raffronto con le figure di

corruzione presenti nello statuto penale della p.a. svela ben presto la reale struttura

127 BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 92 ss. (corsivo aggiunto).

128 Più ampia, del resto, è la cerchia dei soggetti attivi della infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità: oltre agli amministratori, i direttori generali ed i liquidatori, menzionati anche nell’art. 2634 c.c., ne rispondono i sindaci, i responsabili della revisione e i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili.

129 Si veda l’analisi di BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 75 ss. 130 BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 103 ss.

131 Trattasi di difetti evidenziati sin dai primi commenti: v. FOFFANI, Le infedeltà, in AA.VV. Il nuovo diritto penale delle società, a cura di Alessandri, Milano, 2002, 345 ss.; MILITELLO, I reati di

infedeltà, in Dir.pen.proc., 2002, 698 ss.; STORTONI, La tutela penale diretta e indiretta della minoranza societaria, in Dir.prat.soc., supplemento n. 2-giugno 2003, 55 ss. La “privatizzazione” del

bene tutelato sarebbe ancor più accentuata se si ritenesse che la facoltà di proporre la querela spetti alla società e non al socio (in questo senso, BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 169 ss., cui si rinvia anche per i riferimenti alle opinioni in senso contrario). Cass. 16.06.2006, n. 37033, su

dell’incriminazione: nel momento in cui prevede un “nocumento” alla società e la procedibilità a querela, la fattispecie si riduce alla dissoluzione di un nucleo corruttivo in una fattispecie di infedeltà.132133

L’espansione di un modello di corruzione “puro” – cioè che prescinde dalla verificazione di un pregiudizio patrimoniale – affiora, per contro, in altri settori del diritto penale del mercato finanziario: laddove, come anticipato, viene tutelata la fiducia del risparmiatore come “terzo” rispetto al rapporto di agenzia. I responsabili delle società di revisione sono esposti ad un serie crescente di divieti, soddisfacenti proprio questa esigenza. In primo luogo, si pensi agli illeciti rapporti patrimoniali con la società soggetta a revisione ed alle sanzioni per i compensi ricevuti al di fuori di quelli legalmente dovuti, originariamente inclusi nel D.Lgs. 58/1998 (artt. 177, 178 Tuf)134. Ma soprattutto appaiono significative la fattispecie di “corruzione dei revisori”(art. 174-ter Tuf) ed un’aggravante in appendice al reato di “falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione”(art. 174-bis, comma 2,

Tuf), la cui essenza verte anch’essa su una vicenda corruttiva, introdotte entrambe dalla L.262/2005.

Anche qui le regole comportamentali - rientranti in una nozione ampia di “corporate governance” - concorrono alla delineazione del precetto penale; nel caso dell’art. 174-bis Tuf, ad esse soltanto è affidata l’individuazione di quei “doveri d'ufficio”, la compravendita dei quali assurge ad oggetto del pactum sceleris. Ed è estraneo al tipo ogni profilo inerente ad un’eventuale lesione patrimoniale: a differenza dell’art. 2635 c.c., che tutela un bene patrimoniale (il patrimonio sociale), gli artt. 174-bis e 174-ter Tuf assicurano “la protezione della affidabilità e della attendibilità del controllo contabile, nella prospettiva della salvaguardia della efficienza allocativa e della funzionalità del mercato”.135

132 FOFFANI, Le infedeltà, cit., 371.

133 Quanto poi alla neonata fattispecie di omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2629-bis c.c.), ci si interroga, in dottrina sulla sua reale utilità, in relazione ad una futura, problematica convivenza con l’art. 2634 c.c. (si vedano le critiche e gli sforzi esegetici di SEMINARA, Nuovi

illeciti penali e amministrativi, cit., 553 s., e BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 229 ss.).

134 Un rapido cenno a queste fattispecie è compiuto da Corte Cost. 17.11.2004, cit., 236, dove si coglie il passaggio dalla tutela dell’infedeltà alla tutela della fiducia come istituzione, con la creazione di relative fattispecie di pericolo presunto.

135 BELLACOSA, Obblighi di fedeltà, cit., 293 ss. Va segnalato come l’introduzione delle nuove fattispecie abbia suscitato numerose riserve critiche, autorevolmente espresse da PALIERO, La

riforma della tutela penale del risparmio, cit., 618, e da SEMINARA, Nuovi illeciti penali e amministrativi, cit., 559 ss.