Ai nostri fini, si può affermare, in modo assai schematico, che la problematica dei gruppi tocca il tema dell’accertamento della responsabilità penale in due luoghi:655
quello relativo alla estensione delle responsabilità verso gli amministratori della società controllante per omesso impedimento dei fatti realizzati dagli organi di una società controllata, e quello, per lo più gravitante attorno al tema del conflitto di interessi, della responsabilità degli organi sociali delle società del gruppo per le operazioni realizzate a vantaggio di altra società. La presa in considerazione dell’unitarietà del gruppo, sia pure solo economica, gioca, rispettivamente, in direzione di una estensione delle responsabilità, nel momento in cui vengono individuati centri di imputazione collocati fuori dalla società cui è da ricondursi l’illecito verificatosi;656 in direzione di una restrizione delle responsabilità, quando
653 GHEZZI-RIGOTTI, Art. 2409-octiesdecies, cit. 321.
654 Sostiene che si possa parlare di delega, sebbene imposta dalle legge, MORELLO, Il comitato per il
controllo, cit., 782.
655 Molto più vasto, è chiaro, ed inesplorabile in questa sede, è il campo delle connessioni tra gruppi e diritto penale: per una introduzione v. MILITELLO, Attività del gruppo e comportamenti illeciti: il
gruppo come fattore criminogeno, in Riv.trim.pen.ec., 1998, 367 ss. . Di estrema attualità anche il
tema dell’utilizzo della struttura di gruppo come espediente per depauperare il patrimonio sociale di alcune società a vantaggio di altre e come mezzo per eludere i controlli esterni (con la collocazione di società controllanti all’estero): v. MIOLA, Società quotate, controlli esterni e gruppi di società, in AA.VV., I controlli esterni nelle società quotate, a cura di Amatucci, Milano, 2005, 177 ss..
656 PEDRAZZI, Dal diritto penale delle società al diritto penale dei gruppi: un difficile percorso, già in AA.VV., I gruppi di società, Milano, 1996, III, 1775 ss., ora in Diritto penale, cit., III, 815 ss., in particolare, 831 ss.
determinate operazioni appaiano non censurabili alla luce del perseguimento di una politica di gruppo.657
In questa sede ci si soffermerà solo sul primo aspetto, avvertendo come si presenti oggi arricchito dai possibili nessi con la responsabilità delle persone giuridiche. In realtà, non esistendo nel decreto 231/2001 alcuna previsione sui gruppi, deve escludersi che sorga un obbligo di adozione da parte della holding di un modello organizzativo che estenda la propria efficacia preventiva nei confronti di altre società.658 Nondimeno, l’interprete potrebbe essere indotto a colmare la lacuna,
veicolando la responsabilità amministrativa da una società, nel cui interesse risulti essere stato commesso un reato, ad altra società, nella quale si ravvisi l’esistenza di posizioni di garanzia tenute ad impedire quanto verificatosi nella prima.659
657 Nel senso che la “politica di gruppo” dovrebbe fungere da “limite delle fattispecie di reato”, secondo la locuzione impiegata da PEDRAZZI, Gruppo di imprese e responsabilità penali, già in AA.VV., Disciplina giuridica del gruppo d’impresa, Milano, 1982, ora in Diritto penale, cit., III, 741 ss.. Almeno in teoria. Nelle sue pratiche applicazioni, il principio dell’unitarietà del gruppo è stato sistematicamente ignorato dalla giurisprudenza, come testimonia l’esperienza in tema di bancarotta infragruppo (v. SGUBBI, Gruppo societario e responsabilità delle persone giuridiche ai sensi del
D.lgs. 231/2001, in Resp.amm.soc.enti, 2006, 7 ss.). La esimente di cui al comma 3° dell’art. 2634
c.c., in materia di infedeltà patrimoniale, così come la clausola di esonero da responsabilità per danni di cui all’art. 2497, comma 1 c.c. stentano a far breccia nel settore dei reati fallimentari (v. Cass. 18.11.2004, Giammarino, in Cass.pen., 2005, 3781 ss., con nota di NAPOLEONI, Geometrie
parallele e bagliori corruschi del diritto penale dei gruppi (bancarotta infragruppo, infedeltà patrimoniale e “vantaggi compensativi”, ivi, 3787 ss.).
658 Lo chiarisce un parere del Consiglio di Stato, sez. III, del 11.01.2005, al punto 1: “Poiché la responsabilità amministrativa è correlata all'inidoneità dei sistemi di organizzazione e vigilanza adottati dalla specifica società i cui vertici o dipendenti hanno commesso il reato, e, quindi, a presupposti oggettivi riferibili ad una particolare realtà aziendale, deve escludersi che, nel caso di reati commessi nell'ambito di una delle società appartenenti ad un gruppo societario, le relative sanzioni o misure cautelari siano genericamente estendibili a tutte le società appartenenti al gruppo. Va, inoltre, osservato che l'esistenza di aggregazioni societarie, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza penale, non determina di per sé un mutamento delle posizioni di garanzia - che competono solo in capo ai singoli amministratori di ciascuna società che lo compone -, dovendosi escludere che dal mero collegamento societario derivi, in capo agli amministratori di una società del gruppo, l'obbligo di impedire la commissione di reati nell'ambito di un'altra società del medesimo (Corte d'Appello di Roma, 28 marzo 1995). La responsabilità di altre società rientranti nel gruppo potrà, quindi, ipotizzarsi solo quando sia dimostrato che i rispettivi soggetti in posizione apicale o i rispettivi dipendenti hanno contribuito alla commissione del reato in concorso con quelli della capogruppo, e sempre che la singola società non possa produrre la prova liberatoria prevista dal citato primo comma dell'articolo 6 del d.lg. n. 231/2001”.
659 E’ il pericolo ravvisato da SGUBBI, Gruppo societario e responsabilità delle persone giuridiche,
loc. cit. In realtà, come segnalato dallo stesso A., accanto a questo strumento, ne esistono altri adatti
alla espansione della responsabilità degli enti nell’ambito del gruppo: la figura dell’amministratore di fatto e lo stesso interesse/vantaggio di gruppo che, ignorato come strumento limitativo della responsabilità delle persone fisiche, viene oggi riscoperto dalla giurisprudenza come espediente per estendere la responsabilità degli enti (cfr. Trib.Milano, ordinanza del 20.09.2004, in Guida dir., 47/2004, 69 ss.). Sul tema, v. anche ASTROLOGO, Concorso di persone e responsabilità della
Di fondamentale importanza è stabilire se davvero l’ordinamento appresti una tutela così energica ai beni posti in pericolo dalla gestione societaria, da coinvolgere soggetti esterni alla singola compagine: soggetti, beninteso, cui non possa essere imputata alcuna forma di compartecipazione attiva rispetto al reato commesso dagli esponenti della controllata.
La responsabilità degli amministratori della holding è stata affermata da certa giurisprudenza, con riferimento all’ipotesi del falso in bilancio consolidato.660 A
prescindere da questa specifica ipotesi,661 diverso è stato l’atteggiamento della
dottrina che ha affrontato la questione prima della riforma delle società di capitali. Malgrado talune sfumature, sembra di poterne ricostruire taluni approdi nei seguenti termini.
La società controllante esercita la propria influenza tramite la detenzione di una partecipazione: essa è in una posizione non dissimile da quella dei soci; posizione, di conseguenza, su cui non è incardinabile alcun obbligo di garanzia.662
Nessun obbligo di vigilanza nasceva, allora, per gli amministratori della controllante rispetto ai reati commessi dalla controllata: non ve n’era traccia nelle norme che regolano la funzione amministrativa;663 non era un corollario della scarna disciplina
del controllo societario.664 Si ammettevano, al limite, obblighi di impedimento,
nascenti dall’esercizio contingente della “direzione unitaria”, come effetto della ingerenza nella gestione aliena.665
Fondamentalmente l’impostazione non muta alla luce della disciplina sulla “direzione” ed il “coordinamento” di società di cui agli artt. 2497 ss. c.c.. Queste disposizioni, invero, non hanno introdotto una nozione giuridica di gruppo; hanno
660 Cfr. Cass., sez. V, 19.10.2000, n. 191, Mattioli, in Cass.pen., 2001, 2494 ss., che afferma una posizione di garanzia dell’amministratore della capogruppo in merito alle falsità dei dati, trasmessi dalle controllate, emerse in sede di consolidamento.
661 Su cui, CALAMANTI, La responsabilità penale degli amministratori di società controllante per
falsità “indiretta” del bilancio consolidato, in Riv.trim.pen.ec., 2000, 554 ss., e, più di recente,
MARUOTTI, Il falso in bilancio consolidato ed il “passo del gambero”, in Riv.trim.pen.ec., 2004, 393 ss.(in particolare 433 ss.).
662 PEDRAZZI, Dal diritto penale delle società al diritto penale dei gruppi, cit., 832. 663 CARMONA, Premesse ad un corso, cit., 255 ss.
664 Cfr. JACOVIELLO, Il falso in bilancio nei gruppi di società, cit., 3160.
665 PEDRAZZI, Dal diritto penale delle società, cit., 834; ALESSANDRI, Parte generale, cit., 94 ss. Giudica questa ricostruzione un “risultato modesto”, JACOVIELLO, Il falso in bilancio, loc.ult.cit.
modellato una fattispecie riconducibile al fenomeno economico di fondo: la responsabilità da direzione e coordinamento.666
Questa responsabilità, imputabile agli amministratori della controllante, non ruota attorno alla istituzione di un (gravoso) obbligo di vigilanza sull’attività del gruppo; piuttosto sorge da una “attività”: l’esercizio della direzione e coordinamento, in ipotesi contraria ai “principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale”, e produttiva di un danno per i soci ed i creditori delle controllate. Una responsabilità, in pratica, che discende dal non avere individuato, “per ciascuna operazione, l’equilibrio tra gli interessi delle controllate e della capogruppo, sì da far convergere gli interessi di tutte le società coinvolte nell’operazione.”667
La riforma non offre precise indicazioni sulla natura, contrattuale o extracontrattuale, della prevista responsabilità.668Solo nel primo caso essa potrebbe
aver generato obblighi di organizzazione dell’attività di gruppo, sino a delineare una responsabilità da omesso esercizio della direzione.669 Nel secondo caso, invece,
come sostenuto da autorevole dottrina, alla responsabilità per un “fatto”, corrisponderebbe un “potere di fatto”, esclusivamente fondato, in altri termini, su ciò che una holding come “socio” può fare: ossia esercitare la propria influenza sulla società partecipata, la cui gestione soggiace allo schermo della rigida separazione tra amministrazione e assemblea.670
666 Sul tema, GIORGIANNI, La responsabilità nei gruppi, in Libertà e responsabilità nel nuovo
diritto societario, cit., 107 ss.
667 RUGGIERO, Responsabilità da direzione e coordinamento del “socio tiranno” per insolvenza
della società del gruppo, in Soc., 2005, 565 ss. (567).
668 Cfr. GIORGIANNI, La responsabilità, cit., 119 ss. Nel senso della responsabilità extracontrattuale si esprime la Relaziona al D.Lgs. 6/2003. Salvo che si sia al cospetto di un “contratto di dominio” (sulla cui accezione e problematica ammissibilità, v. comunque RORDORF, I gruppi nella recente
riforma societaria, in Soc., 2004, 538 ss. (540).
669 Cfr. SACCHI, Sulla responsabilità da direzione e coordinamento nella riforma delle società di
capitali, in Scritti Buonocore, cit., III, 3724 ss.
670 GALGANO, Il nuovo diritto delle società, Padova, 2003, 185 ss.; Id., Il regolamento di gruppo nei
gruppi bancari, in BBTC, 2005, I, 86 ss.. Viceversa, tra gli autori che sostengono la natura
contrattuale della neo introdotta responsabilità, si è parlato di fissazione, da parte del 2497 c.c., di “determinati doveri di comportamento in capo al soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento”, di un “potere di gestione delle società che si trovino in stato di soggezione a quell’attività” ed infine, in sostanza, di un dovere da parte degli amministratori delle controllate di adempiere le direttive di gruppo entro il limite della loro legittimità (SCOGNAMIGLIO, Poteri e
doveri degli amministratori nei gruppi di società dopo la riforma del 2003, in AA.VV., Profili e problemi dell’amministrazione nella riforma delle società, a cura di Scognamiglio, Milano, 2003, 189
ss.); o di un “assai ingrato (…) ruolo riservato agli amministratori della società di vertice”, poiché “qualunque irregolarità che venga riscontrata nella gestione delle singole entità del gruppo potrebbe essere ad essi imputata, al limite anche per l’assunta violazione del dovere di vigilanza che in una visione rigidamente totalizzante del fenomeno, potrebbe ritenersi ricompresso nella funzione tipica della “direzione unitaria” (PAVONE LA ROSA, Nuovi profili della disciplina dei gruppi societari, in
Il contrasto interpretativo, qualunque sia la corretta soluzione civilistica, assume un certo rilievo per quella penalistica, dato il diverso peso che il diritto penale attribuisce al principio di legalità. Che la responsabilità, nella fattispecie in analisi, nasca da un “fatto”pare trovare riscontri nei testi:671 sì che assenza di
obblighi giuridici di vigilanza sull’operato della controllata, da un lato, e le incertezze, quantomeno, circa l’esistenza di poteri giuridici di intervento nei confronti degli amministratori delle medesime (incertezze accentuate dalla tesi della responsabilità extracontrattuale), dall’altro, rendono estremamente impervia la strada verso l’art. 40/2 c.p..
L’unica suggestione recepibile dal sistema penale sarebbe una responsabilità omissiva da ingerenza: categoria, da noi, dogmaticamente negletta,672 e, in questo
caso, per di più calata in un contesto di base estremamente instabile, poiché affetto dalle incertezze ermeneutiche sul limite di liceità della direzione unitaria.673
E’ vero, però, che ad profilo di “Schutzrecht”, cioè di tutela di talune categorie da un danno derivante dall’attività della capogruppo, negli artt. 2497 ss. c.c. è connesso un profilo di “Organisationsrecht”, ossia una regolamentazione su taluni momenti organizzativi di quella attività che è eventuale fonte di danno.674
Regolamentazione che, in materia di governance, si manifesta in modo frammentario, in una serie di norme che, per lo più, vertono sui rapporti
Riv.soc., 2003, 765 ss. 774).
671 Come ammette lo stesso SACCHI, Responsabilità, loc.ult.cit., che pure è sostenitore della tesi contrattuale. Dalla lettura dell’art. 2497, segnala in tono critico GUIZZI, La responsabilità della
controllante per non corretto esercizio del potere di direzione e coordinamento, in Profili e problemi dell’amministrazione nella riforma delle società, cit., 211, si ricava come “l’esercizio del potere di
direzione è assunto come mero fatto, risultando estranea al legislatore della riforma qualsiasi preoccupazione di una preventiva qualificazione della stessa come lecita e/o doverosa”.
672 Discussa già da ANTOLISEI, L’obbligo di impedire l’evento, cit., 138; più di recente da LEONCINI, Obbligo di attivarsi, cit., 103 ss..
673 Critiche alla formula adottata dall’art. 2497 c.c., per la sua vaghezza, giungono da diversi autori: v. RORDORF, I gruppi nella recente riforma, cit., 539 ss.; SACCHI, Sulla responsabilità, cit., 3715 ss.. La giudica, invece, “sufficientemente esplicita” JORIO, Profili della responsabilità della società
capogruppo, in AA.VV., Il nuovo diritto societario, a cura di Ambrosiani, Torino, II, 2005, 60.
Critiche alla teoria dell’ingerenza, applicata al gruppo di società, giungono anche da PISANI,
Controlli sindacali, cit., 324 ss..
674 Utilizza siffatti concetti TOMBARI, Riforma del diritto societario e gruppi di imprese, in
Giur.comm., 2004, I, 61 ss. Si pensi, in particolare, alla disciplina della pubblicità dell'attività di
informativi.675 Ma è un tratto, questo, pur sempre recessivo nell’economia della
nuova disciplina.676
Non vi è dato inferire alcun obbligo generale di organizzazione. Semmai la trama informativa che innerva le relazioni di tali organi aggrava la vigilanza di cui questi sono debitori nei confronti della società di appartenenza: non sino al punto da imporre di impedire illeciti commessi in altre società; quanto, piuttosto, in modo tale da obbligare a tener conto di ciò che vi accade, al fine di evitare, tra l’altro, che la società di appartenenza realizzi quelle condotte da cui derivi una responsabilità ex art. 2497 c.c..677
Una responsabilità omissiva degli amministratori della holding, infine, non può ergersi nemmeno sulla costruzione dell’“amministratore di fatto”. E’ vero che, secondo recenti impostazioni,678 è questa la qualifica confacente ai vertici di quelle
organizzazioni di gruppo le cui singole componenti appaiono essere altrettante unità decentralizzate di un’unica impresa; ma è altrettanto evidente, sul piano penale, l’attrito con il principio di legalità che l’individuazione di garanti “di fatto” genererebbe.679
675 Cfr. gli artt. 2381 comma 5 c.c. e 150 Tuf sulla relazione dei delegati al CdA, che comprende anche operazioni effettuate dalle società controllate, e l’art. 2403-bis c.c., che munisce il collegio sindacale del potere di chiedere informazioni “anche con riferimento a società controllate”, nonché di scambiare informazioni con l’organo di controllo di queste ultime. Un commento in NIUTTA, La nuova
disciplina delle società controllate: aspetti normativi dell’organizzazione del gruppo di società, in Riv.soc., 2003, 780 ss., e, di recente, nella Circolare Assonime n. 44/2006, Direzione e coordinamento di società. Profili di organizzazione e responsabilità del fenomeno del gruppo, in Riv.soc., 2006, 1097
ss.
676 Cfr. SGUBBI, Gruppo, cit., 9.
677 Cfr. CAVALLI, Artt. 148-154, cit., 1243, il quale, commentando l’art. 149 nella parte in cui prevede l’obbligo di vigilare sulle informazioni ai sensi dell’art. 114, comma 2 Tuf, scrive: “E’ da ammettere, naturalmente che nel caso di inerzia degli amministratori delle controllate e di quelli della capogruppo, i sindaci possano, e, anzi, debbano attivarsi presso questi ultimi affinchè siano adottate le opportune iniziative “sanzionatorie” (…). Riterrei di escludere, invece, che la norma conferisca al collegio della controllante una qualche indiretta ingerenza sulle società controllate, la cui gestione resta assoggettata alla vigilanza degli organi o dei soggetti preposti in ciascuna di esse”. Indicazioni in tal senso si rinvenivano anche nello studio di TOMBARI, Il controllo sindacale sugli amministratori
in una società per azioni dominante e dipendente, in Riv.soc., 1997, 938 ss. (945 ss.).
678 Cfr. ABRIANI, Gli amministratori di fatto delle società di capitali, Milano, 1998, 90 ss. 679 ALESSANDRI, Parte generale, cit., 67.