La struttura originaria come perichòresis tra fede e ragione
5. La fede come pensiero dell’eternità e la ragione eternalista. La perichòresis della struttura originaria
Colta la differenza tra fede ed ideologia, il nuovo problema che si pone essere questo: il cristianesimo è una fede o un’ideologia? E se i contenuti del cristianesimo fossero stati “presi in ostaggio” dall’ideologia metafisica nichilisticamente intesa, dando luogo a quello che indichiamo come “cristianesimo storico”?
Il problema della veridicità dei contenuti della fede cristiana non è un problema “estrinseco alla struttura originaria” (il rapporto estrinseco tra fede e ragione posto dalla teologia scolastica) ma appartiene al modo attraverso cui si ha l’avanzamento della struttura originaria pur rimanendo essa il fondamento:
La struttura originaria non accoglie nessuna questione dall’esterno, ma partendo dall’opposizione fondamentale dell’essere al non essere, mostra tutto quello che tale affermazione significa e porta con sé. In questa sua espressione (o analisi) si incontrano le posizioni filosofiche dell’occidente (la storia effettuale) non perché introdotte esternamente, ma perché costituiscono le negazioni della stessa struttura originaria, la quale, in quanto fondamento, consiste essenzialmente nel loro toglimento19.
La struttura originaria così viene a presentarsi come la struttura di ogni principialità che sottostà a qualsiasi contenuto che si presenta nell’apparire trascendentale anche a quel contenuto che chiamiamo rivelazione cristiana. In questo modo la struttura originaria è la “ragione autentica” se con ragione intendiamo la struttura che “regge” la Totalità dell’essere e dell’apparire.
Se la fede cristiana esprime il pensiero dell’eterno, essa non può che inscriversi all’interno della “ragione eternalista” le cui regole sono quelle della struttura originaria del destino.
18 ANTONIO STIZZI, Teologia ed eternalismo. Piste per una nuova teologia cristiana dell’originario, Aracne, Roma 2020, p. 30.
19 NICOLETTA CUSANO, Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, cit., p. 104.
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Nella rivelazione cristiana, le testimonianze della scrittura in cui appare la fede come pensiero dell’eterno sono molteplici e comprendono testi sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.
Nell’Antico Testamento e in particolar modo nel libro dei Salmi: «Ma la grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono» (Salmo 102,7). Lo troviamo espresso anche in alcuni testi del Nuovo Testamento:
- nella lettera agli Ebrei 13,8: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre»;
- nella lettera di Giacomo 1,17: «Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento»;
- nell’ Apocalisse 22,13: «Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine».
Dai testi appena citati emerge come la protologia, riflessione della rivelazione sull’origine della realtà, e l’escatologia, riflessione della rivelazione sul fondamento ultimo della realtà, coincidono. Questa identità tra protologia ed escatologia è l’eternità intesa come l’impossibilità di qualsiasi sviluppo lineare del tempo, di qualsiasi concezione storico-diveniente del mondo: «Perciò parlare di “storia della salvezza” è fuori luogo, dal momento che questa comporta una concezione lineare del tempo, mentre se si deve darne una definizione, bisognerebbe semmai dire che il tempo fu sperimentato da Gesù, dai suoi discepoli e dalle prime comunità come puntuale […] Altrimenti si separa e si disloca nel tempo ciò che inizialmente era stato vissuto come un unico evento dalla croce alla parusia»20.
L’allentamento della coscienza escatologica, prodotta dalla separazione tra crocifissione e parusia, ha condotto ad una dilazione indeterminata della parusia che trova la sua massima espressione sia nella teologia storicista che nella teologia esistenzialistica. Mentre nella prima si afferma che il tempo tra la crocifissione e la parusia è il tempo della Chiesa, la quale completa la protologia completando la creazione di Dio con la sua azione storica, nella seconda è il singolo individuo che con la sua decisione esistenziale escatologizza il proprio tempo.
L’Apocalisse invece, quando correttamente intesa come pensiero dell’eternità, mostra l’apertura della fede al Destino, inteso come lo stare autentico di ogni cosa. Alla luce dell’Apocalisse e di questo concetto di eternità si può leggere tutto il Nuovo Testamento.
In questi testi, e in particolare nel testo della lettera agli Ebrei (Eb 11,1), appare la fede come appartenente al timbro dell’inflessibile21.
Per ridefinire il rapporto tra fede come pensiero dell’eternità e ragione eternalista, dobbiamo ricorrere al concetto teologico e filosofico di perichòresis.
20 GIANCARLO GAETA, Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù, Quodlibet Edizioni, Fermo 2020, p. 93.
21 ANTONIO STIZZI, Teologia ed eternalismo, cit., pp. 26-30.
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La perichòresis è una figura del pensiero in cui due facce di una realtà si susseguono senza soluzione di continuità, in una processualità infinita; così Giovanni Damasceno utilizza il termine per indicare il rapporto tra le due nature in Cristo: «infatti esse sono senza intervallo e mutuamente inseparabili poiché posseggono la pericoresi di una nell’altra senza confusione, non in modo da saldarsi e confondersi, ma possedendosi l’una con l’altra»22.
Nella teologia trinitaria, la perichòresis, indica il rapporto tra le persone Trinitarie: Il Padre è la perichòresis tra Figlio e Spirito Santo.
Nel XVII secolo i filosofi Biesterfeld e Leibniz scorgono la possibilità di estendere l’uso del termine perichòresis all’intera sfera del reale (essere finito ed essere infinito) partendo proprio dalla riflessione teologica patristico-scolastica sull’uso del termine nella teologia trinitaria:
Tale trasposizione dalla teologia all’ontologia non implica un disconoscimento della περιχώρησις, come relazione inerente la trinità divina, che al contrario nel pensiero di Biesterfeld assume il ruolo di paradigma e di fondamento per ogni altra possibile relazione, sia essa di natura ontologica ovvero logica.[…]Tuttavia la stupefacente molteplicità delle relazioni è bilanciata dalla loro riconducibilità a trama, a concorso di rapporti; la varietas relationum si esplica nel quadro della loro societas e tale societas è ancora una volta περιχώρησις, immeatio, concetto mediante il quale Biesterfeld sulla scorta di una millenaria tradizione teologica cerca la conciliazione di unità e molteplicità23.
Il filosofo Leibniz, sulla scorta di quanto espresso da Biesterfeld, estende e consolida la nozione di περιχώρησις a tutto l’universo conoscibile, attraverso l’utilizzo della nozione di περιχώρησις rerum:
La περιχώρησις rerum non indica solo il sussistere di un numero infinito di relazioni che connettono tra di loro le singole parti dell’universo, ma ne specifica la natura come di relazioni che pongono in corrispondenza ciascuna di quelle parti con l’insieme delle altre. La struttura relazionale che pervade l’universo leibniziano associa, ai vari livelli della realtà, i singoli elementi all’insieme totale di cui fanno parte; l’interpretazione che la περιχώρησις rerum denota in Leibniz è quella tra il tutto e le parti che lo compongono24.
L’estensione proposta da Leibniz, del concetto ontologico di perichòresis all’universo conoscibile, ci induce a ipotizzare che nell’apparire finito, la perichòresis rerum tra finito e infinito possa mostrarsi nella struttura originaria in riferimento al rapporto tra fede e ragione: la struttura originaria è la perichòresis tra fede come pensiero dell’eternità e ragione eternalista come ragione del fondamento.
La fede quindi come pensiero dell’eterno è la faccia della struttura originaria rivolta alla Totalità dell’essere eterno mentre la “ragione eternalista” è la faccia rivolta all’apparire processuale dello stesso essere eterno.
22 GIOVANNI DAMASCENO, Expositio fidei, 14,11-18: Bonifaz Kotter 1973, p. 42.
23 ANTONIO LAMARRA, Leibniz e la ΠΕΡΙΧΏΡΗΣΙΣ, Lexicon Philosophicum, I, 1985, p. 76.
24 Ibid., pp. 92-93.
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Questo spiega il perché le categorie teologiche e filosofiche sono interscambiabili nel linguaggio che testimonia il Destino: basti pensare alle categorie di Gloria, Venerdì Santo, Sabato Santo utilizzate da Severino nella “trilogia della Gloria” o le stesse categorie di logos, hypòstasis, élenchos, utilizzate nella Rivelazione Cristiana e nella sua esposizione teologica. Filosofia e Teologia si compenetrano perichoreticamente, rimanendo in una relazione strutturale originaria.
Conclusioni
Cercare di ricondurre fede e ragione sul “Sentiero del Giorno” è stato uno degli obiettivi che questo lavoro, sulla scia di una importante riflessione avviata per riconsiderare il rapporto tra Cristianesimo e pensiero di Emanuele Severino, ha inteso perseguire. Si è cercato di mostrare come l’annuncio del Sacro, decostruito delle categorie concettuali nichilistiche prodotte dalla riflessione della teologia razionale di stampo metafisico, può diventare problema per il linguaggio che testimonia il destino.
La storia del cristianesimo è la storia della dominazione della metafisica sul Sacro. Il cristianesimo ha fatto pace con la filosofia, poi con la scienza e oggi con la tecnica, ossia con le varie forme in cui è andata storicamente realizzandosi la metafisica. Ed è naturale che il cristianesimo stia al passo con i tempi: sin dal suo inizio si è lasciato prendere per mano dalla guida che avrebbe portato avanti la storia dell’Occidente. Ma anche i critici del cristianesimo stanno attaccati alla stessa mano.
Lungo il sentiero del Giorno può ripetersi l’incontro col Sacro. Ma già avviene nell’atto in cui il pensiero invita l’Occidente a ritornare sui propri passi, al bivio25.
Questo incontro, come ebbe a dire lo stesso Severino, è già iniziato ad apparire essendo egli stesso un’eterna necessità.
Bibliografia
− CODA PIERO, Teo-logia, Lateran University Press, Roma 20172.
− COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Interpretazione dei dogmi.
− CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Decreto di Riforma degli studi ecclesiastici di filosofia, IV.
− CUSANO NICOLETTA, Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, Morcelliana, Brescia 2011.
− DAMASCENO GIOVANNI, Expositio fidei, 14,11-18: Bonifaz Kotter 1973.
− GAETA GIANCARLO, Il tempo della fine. Prossimità e distanza della figura di Gesù, Quodlibet Edizioni, Fermo 2020.
− LAMARRA ANTONIO, Leibniz e la ΠΕΡΙΧΏΡΗΣΙΣ, Lexicon Philosophicum, I, 1985.
25 EMANUELE SEVERINO, Essenza del nichilismo, cit., pp. 156-157.
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− RATZINGER J.A. – Benedetto XVI, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, Editrice Queriniana, Brescia 2005.
− SEVERINO EMANUELE, Destino della necessità, Adelphi, Milano 1980.
− SEVERINO EMANUELE, Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 20103.
− SEVERINO EMANUELE, La struttura originaria, La Scuola Editrice, Brescia 1981.
− STIZZI ANTONIO, Teologia ed eternalismo. Piste per una nuova teologia cristiana dell’originario, Aracne, Roma 2020.
− TESTONI INES,STIZZI ANTONIO, Founding a new theology that affirms the eternity of being redressing Emanuele Severino’s inquisition trial, «European Journal of Science and Theology», 2020, XVI.
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Capitolo sesto
Roberto Tommasi1