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Pro-vocazioni: Occidente, Parola di Dio, giustizia della verità

Rifrazioni della verità dell’essere a partire dal crocevia filosofico-teologico

3. Pro-vocazioni: Occidente, Parola di Dio, giustizia della verità

Gli spunti provenienti da diverse fasi del pensiero severiniano ci conducono ad alcune riflessioni sintetiche che vogliono essere pro-vocazioni, cioè ulteriori chiamate alla fatica del concetto. Se il cristianesimo, nella lettura severiniana, condivide il destino nichilistico dell’Occidente e anzi ne è nominazioni fondamentale e radicale, è possibile leggere i sentieri del cristianesimo come sentieri che portano fino in fondo l’apparato nichilistico dell’Occidente e che, quindi, si pongono in maniera solidale con il pensiero della verità dell’essere nel superare il nichilismo stesso? È proprio vero, come sostiene

36 NICOLETTA CUSANO, Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, cit., p. 384.

37 Appaiono degni di nota anche due approfondimenti dell’ultimo Severino sul tema della resurrezione, più volte toccata anche negli scritti precedenti, e sul tema del peccato in EMANUELE SEVERINO, Dike, Adelphi, Milano 2015, pp. 289-291;

348-352 con un interessante parallelo tra il katà tò chreón anassimandreo e il passaggio paolino di 2 Cor 5,21: «Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio».

38 ID., Studi di filosofia della prassi, cit.

39 In questa direzione appare fondamentale recuperare un principio pneumatologico oltre che ontologico, capace di dar vita ad un logos altrimenti puramente combinatorio e ad una arché statica, così PIERANGELO SEQUERI, L’amore della ragione. Variazioni sinfoniche su un tema di Benedetto XVI, EDB, Bologna 2012, pp. 119-122. Si comprende come teologicamente vivificare l’arché e il logos nello pneuma significhi recuperare elementi precipuamente trinitari. Non mancano in questo senso punti di confronto tra il pensiero di Severino e il rinnovamento dell’ontologia trinitaria, come testimoniato anche nella presente raccolta dal contributo di Piero Coda (Se l’ontologia si gioca su un’altra scacchiera).

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Severino nella parte centrale della sua produzione, che il cristianesimo è irredimibile, fa tutt’uno con follia dell’Occidente ed è anzi parte attiva di tale erramento? L’alleanza del cristianesimo è paradossale ma rigorosa con le forme della morte di Dio. L’Occidente è nave che spensieratamente affonda e va quindi capito il vero senso della malattia e dell’alienazione che tocca l’Occidente stesso: «è una nave che affonda, dove tutti ignorano la falla e lavorano assiduamente per rendere sempre più comoda la navigazione, e dove, quindi, non si vuol discutere che di problemi immediati, e si riconosce un senso ai problemi solo se già si intravvedono le specifiche tecniche risolutorie. Ma la vera salute non sopraggiunge forse perché si è capaci di scoprire la vera malattia?»40. Non è forse la fede, in chiave cristiana e non solo, una risorsa radicalmente nuova per un Occidente che ne ha fatto a meno, riducendosi nei sentieri dell’aridità post-moderna? Qui non si vuole indicare tanto un eventuale “ritorno sociologico” alla fede, quanto la possibilità che pensieri altri, dal cristianesimo all’ebraismo fino alle contaminazioni con l’Oriente, siano strade percorribili e solidali con la filosofia secolare per battere nuovi sentieri. Se la comprensione della storia si acuisce in tempi di crisi, la crisi dell’Occidente che si manifesta senza veli nell’inizio travagliato del XXI secolo – 11 settembre 2001, ricorrenti crisi economiche, minaccia terroristica e risposta securitaria, pandemia – può essere paradossalmente momento di rinnovato interesse in chiave critico-propositiva rispetto al significato e al senso della storia e del pensiero nella storia41.

In questo contesto emerge la seconda provocazione; tra le parole veritative che richiamano la verità dell’essere, come non prendere sul serio le parole bibliche? Anch’esse, come molte parole della tradizione greco-classica, giacciono inascoltate, incomprese, insondate nella loro profondità più autentica, esattamente come i frammenti parmenidei da cui è scaturita in modo dirompente la forza del pensiero severiniano. La parola di Dio entro l’alienazione della terra è sorgente di nuovo ascolto,

«la “Parola di Dio” incomincia ad apparire come problema, quindi come possibilità che essa guidi al tramonto della solitudine della terra»42. Le parole della Parola divengono così sorgenti fondamentali per capire il pensiero futuro, ma anche per riscoprire il pensiero della tradizione (anche filosofica), troppo spesso limitatasi a recepire significati scontati del dettato biblico, letto attraverso strumenti inappropriati43. Del resto, nella stessa storia dell’Occidente anche attraverso la riscoperta biblica del pensiero protestante, si è squadernato uno dei periodi più ricchi dell’intera produzione filosofico-teologica epocale nel contesto germanofono maggiormente toccato dalla Riforma. Per altri versi, questa stagione ha segnato un’estraneità sempre maggiore tra Europa e cristianesimo per una ragione

40 EMANUELE SEVERINO, Sul significato della “morte di Dio”, in Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 1995, p. 263.

41 JÜRGEN MOLTMANN, Teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana, Queriniana, Brescia 19816, pp. 237-245.

42 EMANUELE SEVERINO, Alienazione e salvezza della verità, in Essenza del nichilismo, cit., p. 278.

43 Proprio il riferimento alla Parola permette di superare letture semplicistiche di opposizione tra sapere e fede, tra ragione ed esperienza credente. Così PIEARANGELO SEQUERI, Il Dio affidabile, cit., p. 459: «la parola/pensiero “Dio” si nomina certamente, e prende il suo significato, sullo sfondo del significato assoluto e totalizzante dell’essere. Ma certamente non coincide con questo significato».

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non tanto epistemologica ma politica – e poi di conseguenza anche accademico-disciplinare – a seguito dei conflitti di religione.

Il terzo elemento da ricordare nelle conclusioni/provocazioni è senza dubbio, sulla scia di quanto appena ricordato, il carattere problematico della fede. Se si supera una prospettiva tipicamente moderna in cui la fede è problematica nel senso che deve farsi da parte questa problematicità nella chiave di una trasparenza totale di pensiero44, tale problematicità diviene apertura infinita45. Allora la fede e la forma teologica del pensare portano di fronte al filosofare il pensiero come possibilità, il pensare come orizzonte originariamente aperto all’inaudito. La fede è qui momento di struttura originaria come struttura antropologica fondamentale46. In questa direzione cade ogni riferimento alla laicità, perché la forma più altamente laica di pensiero non sarà quella di una separazione sospettosa tra saperi della ragione e saperi della fede – con tutti gli annessi politici, epistemologici, accademici e di cultura di massa – quanto l’intreccio ragionevole tra fedi e pensieri, che non hanno bisogno di alcuna salvaguardia di laicità, perché in se stessi accomunati dall’obiettivo che è quello di non superare la fede in nome del pensiero, ma di combattere tramite il pensiero il più grande pericolo ricorrente cioè quello del non pensiero, che tocca in modo evidente le vite dei molti e i saperi filosofici, scientifici, teologici. I “mortali dalla doppia testa” rendono testimonianza a sempre nuove contraddizioni in forme finora inascoltate e sempre più raffinate nella loro portata globalizzante, nuove eresie che corrono con la velocità dei mezzi attuali contro le quali il pensiero cristiano deve ri-trovarsi in grado di fornire una risposta razionale, esistenziale e simbolica.

L’ultimo elemento da sottolineare è il necessario recupero della dimensione pratica e patica, esattamente quella dimensione la cui perdita si avvertiva nelle conclusioni degli Studi47. La responsabilità del pensiero non è una sdolcinata aggettivazione dell’essere, ma un carattere strutturalmente pratico nel riconoscere la profondità del pensiero per la vita. Proprio il recupero severiniano della giustizia48 permette di risvegliare il pensiero, anche quello cristiano. La fede nella deontologia affettiva del fondamento è parola originaria49. È dike come responsabilità della verità e

44 In fondo lo stesso Severino rischia di cadere in questo equivoco quando legge nel cristianesimo un semplice mezzo,

«un grande evento, ma non l’unico, e che sopra ogni grandezza stava la verità della grandezza, la verità che soltanto il pensiero filosofico avrebbe potuto mostrare», EMANUELE SEVERINO, Il mio ricordo degli eterni, cit., p. 70.

45 La stessa lettura degli eventi della rivelazione come eventi solamente storici e quindi problematici, apre la prospettiva in realtà di un’immersione del cristianesimo nella storia. EMANUELE SEVERINO, Il dito e la luna. Riflessioni su filosofia, fede e politica, Corriere della Sera, Milano 2021, p. 166: «chi ammette le “verità storiche” – la “verità storica” della risurrezione di Cristo – non si appoggia sulla pura roccia dell’indiscutibile, ma rimane all’interno della fede – e dell’incertezza che accompagna ogni fede». Così anche GIULIO GOGGI, Ragione e fede. Studio sul rapporto tra la ragione epistemica e la coscienza credente, Marcianum Press, Venezia 2009, p. 85.

46 Per chi volesse cimentarsi in un tentativo di “fantastoria delle idee” sarebbe in questo senso interessante ipotizzare le conclusioni dell’ipotetico confronto tra Karl Rahner e Severino rispetto all’avvenuto confronto con Cornelio Fabro.

47 EMANUELE SEVERINO, Studi di filosofia della prassi, cit., pp. 109-115.

48 Peraltro lo stesso Sequeri già in tempi non sospetti denunciava, accanto ad alcune innovazioni del quadrante teorico severiniano, la scollatura tra evidenza della ragione e una fede che si limita a registrare quanto definito e ottenuto dalla ragione, PIERANGELO SEQUERI, Il Dio affidabile, cit., pp. 445 sgg.

49 Si veda nel presente volume l’intervento di Pierangelo Sequeri (Ethos e Destino. La decisione dell’Origine).

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del logos. Severino pratica questo linguaggio, specie nella sua fase più avanzata, ma non giunge ad esplicitare la responsabilità come intrinsecamente connessa al logos. La verità appare ma rischia di schiacciare l’elemento etico e della giustizia, o di farne solo strumento – scisso dalla verità dell’essere – di risoluzione di controversie “pratiche”50. In questa apertura della giustizia si riassumono anche i punti precedenti: la fede come problema diviene risorsa per la verità dell’essere e non problematico quanto indistinto campo separato, stimolo per i sentieri stanchi di un Occidente svuotato ed ingabbiato in procedure lente e senza slancio, oramai semplicemente meccanismo nichilistico necessitato della/dalla civiltà della tecnica; questa parola di giustizia trova i suoi elementi pregnanti nelle pagine bibliche della predicazione profetica e della presenza di Dio tra il popolo, ma anche lungo le strade del Nuovo Testamento in cui la giustizia di Dio si rivela in Cristo Gesù e nel cammino dei discepoli nella storia animati dallo Spirito.

Il rigore della verità filosofica e la dissonanza teologica dicono forse di una disimmetria feconda tra l’orizzonte della terra e il sopraggiungere della gioia. Il teologico può permettere non di sciogliere definitivamente l’enigma della verità ma di vedere altrimenti lo spettacolo degli eterni: la chiarezza delle idee è rovesciata, ma non negata, dall’enigma speculare/speculativo51 del teologico, parola di Dio in cui conosceremo e saremo conosciuti nella nostra libertà. La sapienza nascosta52 non è arcano da sciogliere o mistero da svelare, ma dono da risolvere e verità da testimoniare, con la rectitudo del pensiero, nella giustizia (del Dio) della vita; tale verità, del pensare vivo e della fede testimoniale, può pretendere di salvare, oltre il sacro53.

Bibliografia

La Bibbia da studio TOB, Elledici, Leumann (To) 1998

− CUSANO NICOLETTA, Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, Morcelliana, Brescia 2011.

− GOGGI GIULIO, Ragione e fede. Studio sul rapporto tra la ragione epistemica e la coscienza credente, Marcianum Press, Venezia 2009.

50 L’etico in questa dinamica viene di fatto ormai “rottamato/surrogato” dal (bio)giuridico che, con il suo asettico formalismo, disegna abiti su misura per ogni evento del vivere proceduralizzato.

51 Si veda la citazione iniziale di 1 Cor 13,12.

52 Parimenti rimando alla citazione iniziale di 2 Cor 5,21.

53 EMANUELE SEVERINO, Studi di filosofia della prassi, cit., prefazione alla ristampa (corsivo mio): «il senso autentico della salvezza, e cioè la verità della salvezza, è ormai affidato alla salvezza della verità. […] La storia dell’Occidente è invece l’inabissarsi della verità dell’essere, ossia è la storia della dominazione della metafisica. L’incontro con il Sacro è così avvenuto all’interno dell’alienazione del senso dell’essere. In quanto dominato dall’alienazione metafisica, il Sacro non può salvare la verità, cioè non può salvare»; PIERANGELO SEQUERI, La prossimità di Gesù e i limiti del sacro, in Gesù nostro contemporaneo, Convegno (Roma, 9-11 febbraio 2012) a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, Cantagalli, Siena 2012, p. 142: «l’inclusione dell’amore di Dio per la creatura nella sfera della giustizia di Dio – questo è agape – è una rottura epistemologica determinante per la gestione religiosa del sacro.

Dio vuole essere amato, non subito: ecco il punto chiave per l’emancipazione dell’obbedienza della fede dal dispotismo del sacro».

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− MOLTMANN JÜRGEN, Teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana, Queriniana, Brescia 19816.

− SALMANN ELMAR, Contro Severino. Incanto e incubo del credere, Piemme, Casale Monferrato 1996.

− SEQUERI PIERANGELO, Il Dio affidabile. Saggio di teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 1996.

− SEQUERI PIERANGELO, L’amore della ragione. Variazioni sinfoniche su un tema di Benedetto XVI, EDB, Bologna 2012.

− SEQUERI PIERANGELO, La prossimità di Gesù e i limiti del sacro, in Gesù nostro contemporaneo, Convegno (Roma, 9-11 febbraio 2012) a cura del Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, Cantagalli, Siena 2012.

− SEVERINO EMANUELE, Cosa arcana e stupenda. L’Occidente e Leopardi, Rizzoli, Milano 1997.

− SEVERINO EMANUELE, Destino della necessità. Katà tò chreon, Adelphi, Milano 1980.

− SEVERINO EMANUELE, Dike, Adelphi, Milano 2015.

− SEVERINO EMANUELE, Il dito e la luna. Riflessioni su filosofia, fede e politica, Corriere della Sera, Milano 2021.

− SEVERINO EMANUELE, Il mio ricordo degli eterni. Autobiografia, Rizzoli, Milano 20113.

− SEVERINO EMANUELE, Il mio scontro con la Chiesa, Rizzoli, Milano 2001.

− SEVERINO EMANUELE, La Gloria. ἅσσα οὐκ ἔλπονται: risoluzione di “Destino della necessità”, Adelphi, Milano 2001.

− SEVERINO EMANUELE, Oltrepassare, Adelphi, Milano 2007.

− SEVERINO EMANUELE, Pensieri sul cristianesimo, Rizzoli, Milano 1995.

− SEVERINO EMANUELE, Studi di filosofia della prassi, Vita e Pensiero, Milano 1967.

− SEVERINO EMANUELE, Sul significato della “morte di Dio”, in Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 1995.

− VALENT ITALO (a cura di), Cura e salvezza. Saggi dedicati a Emanuele Severino, Moretti &

Vitali, Bergamo 2000.

VON BALTHASAR H.U., Escatologia nel nostro tempo. Le cose ultime dell’uomo e il cristianesimo, Queriniana, Brescia 2017.

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Capitolo quarto Pierangelo Sequeri1

Ethos e Destino