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IL FINANZIAMENTO DELL’AZIENDA FAMILIARE

2 2 LE REGOLE DEL (BUON) GOVERNO FAMILIARE

2.6 IL FINANZIAMENTO DELL’AZIENDA FAMILIARE

Nell’ambito delle dinamiche di governance assumono significativa rilevanza le modalità di copertura del fabbisogno di finanziamento scelte dall’azienda.130

Le aziende di dimensioni minori sono generalmente in grado di far fronte al fabbisogno di risorse finanziarie facendo ricorso al patrimonio della famiglia, in aggiunta al finanziamento bancario ed alle risorse generate dalla gestione.

La gestione finanziaria delle aziende familiari di dimensioni minori si caratterizza per semplicità e per la prevalenza di esposizioni di breve termine. Il fabbisogno è legato in primis alla gestione della tesoreria e delle fonti di finanziamento dell’azienda, quindi, degli asset personali dell’imprenditore e della famiglia proprietaria.

Comunemente, però, la scarsa capacità di offrire garanzie adeguate agli istituti di credito limita la possibilità di reperimento delle risorse finanziarie per le aziende di piccole e medie dimensioni.131 Fondamentale per migliorare il rating attribuito dagli istituti di credito, e dunque per accelerare il processo di erogazione del credito ed ottenere tassi di interesse inferiori, risulta la trasparenza riguardo la correttezza e la veridicità del bilancio e la garanzia di un’adeguata separazione del patrimonio aziendale dal patrimonio della famiglia proprietaria.

Elemento considerato negativamente dagli istituti di credito è, inoltre, la mancata formalizzazione del sistema di governance propria delle aziende familiari di dimensioni minori, alla quale consegue una limitata trasparenza riguardo al sistema di amministrazione e controllo adottato e, dunque, una maggiore difficoltà nella valutazione delle performance aziendali.

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“In the literature of corporate governance, the financial structure is first and foremost considered to be a governance mechanism, where high levels of debt submit managers to a strong pressure to perform. In family firms, high levels of debt cannot be expected since it creates dependency

towards debt holders, and therefore put a threat to the autonomy of the family and the family’s control of the firm. Family firms would therefore, ceteris paribus, be expected to have lower leverage than comparable firms without family control.[…] In the case a long-term relationship between the family and the banks exists, it could purport that even higher levels of loans at a specific bank are not

considered as being a treat to the autonomy of the family. Thus, we could expect length of

relationship with a specific bank to increase the leverage of the family firm”. COLLIN S-O., AHLBERG J.,

Family Governance of Family Firms, Linnæus University, Sweden, 2012.

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“Le imprese di famiglia stanno sul mercato come le altre imprese e non hanno bisogno di favoritismi, così

come non dovrebbero subire penalizzazioni. Le banche, tuttavia, nella propria valutazione del rischio, dovrebbero considerare anche altri parametri, tipici dell’azienda di famiglia, quali il coinvolgimento totale in azienda, la determinazione e la coerenza di lungo termine”.

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All’aumentare delle dimensioni aziendali, invece, per far fronte al crescente fabbisogno di finanziamento diviene necessario attingere ad ulteriori fonti, in quanto il patrimonio della famiglia non risulta sufficiente rispetto alle emergenti esigenze legate allo sviluppo del business.

L’aumento della complessità delle esigenze finanziarie richiede il subentro di operatori specializzati, quali ad esempio banche estere o soggetti non finanziari, in grado, oltreché di apportare le risorse finanziarie necessarie, anche di svolgere un ruolo di consulenza nei confronti dell’azienda, supportando l’organizzazione negli eventuali processi di internazionalizzazione, nella gestione della finanza straordinaria e nel trasferimento del patrimonio aziendale nelle fasi di ricambio generazionale.

Oltre al problema del reperimento delle risorse finanziarie, possono emergere anche problematiche legate alla loro gestione, derivanti dall’implementazione di strutture finanziarie squilibrate dal punto di vista della correlazione fonti-impieghi, come dal punto di vista del rapporto tra capitale proprio e mezzi di terzi.132

La famiglia proprietaria sarà dunque chiamata a scegliere se limitare il processo di espansione, ad esempio tramite la cessione di rami di attività, oppure continuare nel processo di crescita, che dovrà essere finanziato attraverso aumenti del capitale di proprietà, tramite autofinanziamento, oppure aprendo il capitale sociale a soggetti esterni alla famiglia che apportino nuove risorse.

La scelta di ricorrere al capitale di proprietà ed all’autofinanziamento deriva dalla volontà dell’imprenditore di preservare il controllo familiare dell’azienda e la posizione di rilevo ricoperta nel contesto sociale, nonché dalla sua naturale avversione all’apertura al capitale di rischio esterno.133

Oltre al forte senso della proprietà dell’imprenditore e della sua famiglia, l’elevata concentrazione proprietaria delle aziende familiari in molti casi può essere spiegata anche dalla limitata conoscenza delle modalità alternative di mantenimento del controllo con un minore investimento di capitale di rischio da parte della famiglia proprietaria.

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“The capital structure could also be influenced by the generational stage of the family firm. When

more generations have passed, the family is bigger and thereby puts higher pressure on dividends, and the characteristics of family firm will be reduced, thus reducing the tendency to preserve autonomy, with increasing leverage as a consequence. On the other hand, the trust relationship to the debt holders, for example specific banks, could be eroded since the founder and the subsequent generation is not present anymore and a more faceless big family is governing the firm, with reduced credibility as a consequence. This will counteract the pressure to increasing levels of leverage and put the firm closer to the risk of financial stress”. COLLIN S-O., AHLBERG J., op. cit.

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La Rosa parla di “costo emozionale del capitale” per indicare il costo del capitale di rischio che nelle aziende familiari risulta influenzato, oltreché dalle scelte di convenienza economica bastate sulla razionalità, anche da fattori emotivi e di irrazionalità tipici del family thinking delle aziende familiari. LA ROSA F., op.

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E’ infatti comune che le famiglie proprietarie italiane detengano una partecipazione al capitale sociale superiore al 50%. Gli studiosi hanno definito “sindrome del 51%” la convinzione propria degli imprenditori della necessità di detenere la maggioranza assoluta del capitale sociale per poter realizzare il pieno controllo sull’azienda.

Per quanto riguarda in particolare la politica di autofinanziamento si osserva come questa, affiancata da un basso livello di distribuzione dei dividendi, sia spesso supportata dai familiari che operano attivamente in azienda, i quali sono interessati alle opportunità di crescita dell’azienda, mentre venga ostacolata dai membri della famiglia che pur essendo soci non sono attivi in azienda e pertanto richiedono, nel loro interesse, la distribuzione di dividendi elevati.

Al fine di soddisfare esigenze finanziarie congiunturali è frequente che le aziende familiari attingano risorse dal patrimonio extra-aziendale della famiglia, impiegato anche come garanzia per gli istituti di credito.

La partecipazione al capitale di rischio di soggetti esterni può essere realizzata consentendo l’ingresso di investitori privati, oppure mediante il processo di quotazione in Borsa.

Si sottolinea in tal caso come, affinché possano essere mantenuti i caratteri di azienda familiare, sia necessario che la famiglia mantenga una quota del capitale sociale tale da consentirgli il controllo dell’azienda.134

La scelta di limitare i processi di espansione dell’azienda è solitamente effettuata dalle famiglie proprietarie le quali ritengono l’apertura al capitale di rischio di terzi come pregiudizievole del controllo sull’azienda e che non accettano di condividere il processo decisionale con altri soggetti, essendo dunque disposte a sacrificare le potenzialità della propria organizzazione pur di mantenerne il totale controllo. E’ frequente che le decisioni strategiche ed in materia di finanziamenti nelle aziende familiari siano influenzate da fattori soggettivi e di carattere emozionale.

Coloro che aprono il capitale di rischio ad altri soggetti credono invece nelle potenzialità del business e scelgono di raccogliere nuovi capitali necessari a finanziare la crescita e lo sviluppo. Il private equity consiste in una forma di investimento istituzionale nel capitale di rischio dell’azienda realizzato da un investitore specializzato, che consente alla famiglia proprietaria di condividere per un certo periodo di tempo il rischio d’impresa con l’investitore stesso. L’obiettivo

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“Conditio sine qua non per il successo delle operazioni finanziarie è che l’azienda abbia dapprima “fatto

ordine” al suo interno. Se i compiti assegnati sono chiari, se la struttura di corporate governance distingue nettamente il familiare azionista da quello manager, se la strategia è ben delineata, allora l’apertura ai soci esterni può effettivamente diventare condizione per un salto di qualità dell’azienda”. ZOCCHI W., Il family

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primario dell’operatore è quello di incrementare il valore aziendale, in un’ottica di lungo periodo, al fine di realizzare un capital gain al momento della cessione della partecipazione.

L’investitore in private equity, dunque, non si limita a fornire all’azienda target un supporto di tipo finanziario, ma offre contributi di diversa natura, partecipando attivamente al governo dell’azienda, proponendo modifiche ed adattamenti del sistema di corporate governance ed apportando, oltre alle proprie competenze ed esperienze manageriali, anche un nutrito network di contatti con fornitori e finanziatori.135

La cessione della partecipazione da parte dell’investitore può essere realizzata attraverso diverse modalità. Il lancio di una Offerta pubblica di acquisto (Ipo) per l’ammissione al mercato borsistico della società costituisce la modalità di uscita dall’operazione di private equity maggiormente ambita, sia dagli investitori che dalle aziende oggetto di investimento. Ulteriori modalità di disinvestimento possono essere date dall’operazione di buy back, ovvero dal riacquisto della partecipazione da parte della originaria famiglia proprietaria, dalla vendita ad un nuovo socio finanziario, nell’ottica della continuità del processo di crescita e sviluppo intrapreso, dall’instaurarsi di una trattativa privata per la cessione della partecipazione ad un nuovo socio industriale, ed infine dalla fusione con un’altra società.

Si sottolinea come, nel panorama economico italiano, le aziende familiari rappresentino per gli operatori di private equity un target di primaria importanza. Secondo dati raccolti dal Private Equity Monitor- PEM le aziende familiari rappresentano infatti circa il 60% delle opportunità di investimento per gli investitori in capitale di rischio.136

Particolarmente diffusa è l’operazione di expansion financing, l’investimento effettuato dall’operatore di private equity finalizzato al finanziamento ed al supporto di programmi di sviluppo di aziende già operanti, realizzato mediante l’acquisizione da parte del finanziatore di una quota di minoranza del capitale sociale e la contestuale sottoscrizione di un aumento di capitale. Tra le due opzioni di apertura del capitale sociale a soggetti esterni che si sono evidenziate, il

private equity e la quotazione in Borsa, quest’ultima rappresenta sicuramente la soluzione percepita

come maggiormente rischiosa dagli imprenditori.

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“Podría resultar interesante promover la participación de socios financieros en la propiedad de la empresa.

Esta participación podría constituir, por sí misma, una opción aconsejable para aprovechar proyectos que posibiliten el crecimiento de la empresa. Pero su papel no debería ceñirse sólo a prestar financiación, ya que podrían contribuir también a lograr una mayor profesionalización de la empresa, y asegurar la credibilidad de los proyectos ante otros agentes económicos”. ZÚÑIGA VICENTE J.A., SACRISTAN NAVARRO M., op.

cit. 136

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Gli aspetti maggiormente critici sono dati dal timore della famiglia proprietaria della perdita di riservatezza e di privacy, conseguente agli stringenti obblighi informativi e di trasparenza ai quali sono sottoposte le società quotate, oltreché dal timore di scalate da parte di investitori esterni, che possano provocare la perdita del controllo dell’azienda da parte della famiglia stessa.

Necessario risulta anche un cambiamento nello stile gestionale dell’azienda che, a fronte degli obblighi di trasparenza informativa, deve essere capace di aprirsi al confronto ed alla supervisione di terzi.

La quotazione comporta, inoltre, la necessità di un maggiore grado di formalizzazione dei rapporti interni all’azienda e della composizione e del ruolo dei diversi organi di governo, con un conseguente aggravio di costi per l’organizzazione, che si vanno ad aggiungere ai costi per l’ammissione al mercato borsistico.

In generale, si può dunque osservare come la quotazione in Borsa possa provocare, se non adeguatamente gestita da parte della famiglia proprietaria, il rischio della perdita delle “tipicità” del

family business.

La quotazione non comporta, però, solamente rischi e criticità, ma presenta anche una serie di vantaggi, quali la possibilità di miglioramento della posizione finanziaria dell’azienda, la condivisione del rischio d’impresa con i soggetti apportatori di capitale, l’incremento della visibilità dell’azienda e della famiglia stessa, nonché del suo prestigio sui mercati, che comporta anche una maggiore facilità nel reperire risorse umane qualificate ed un maggior potere contrattuale nei confronti di fornitori e finanziatori.

Il potenziale aumento del valore delle azioni della società, ed in particolare la loro negoziabilità e trasferibilità derivante dalla quotazione, comporta una maggiore flessibilità nelle modalità di soddisfacimento del fabbisogno di nuovi capitali.

L’ammissione al mercato borsistico consente dunque l’accesso ad un nuovo canale di finanziamento che, congiuntamente a quelli già utilizzati, permette di ottimizzare, sia in termini qualitativi che qualitativi, la struttura finanziaria aziendale. Consente inoltre la riduzione del costo medio ponderato delle risorse finanziarie, ottenibile grazie alla combinazione di strumenti finanziari differenziati ed alla diminuzione della rischiosità dell’azienda, conseguente alla maggiore capitalizzazione della stessa.

Ma, al di là dei vantaggi e degli svantaggi che la scelta della quotazione è in grado di produrre per l’azienda, essa sconta nella maggior parte dei casi l’avversione di fondo dei familiari all’apertura del capitale sociale alla presenza di terzi.

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E’ comunque opportuno sottolineare come l’accesso al mercato borsistico per il reperimento di risorse a titolo di capitale di rischio rappresenti uno strumento a disposizione delle sole aziende che per complessità organizzativa ed entità economica superano le soglie dimensionali previste dai regolamenti di Borsa.

La quotazione si configura dunque come il “coronamento”137 del consolidato processo di crescita dell’azienda, mentre non risulta indicata per le aziende di piccole e medie dimensioni che non versino in condizioni di economicità tali da garantire la tutela del risparmio e del mercato.138

Studi empirici hanno dimostrato come la presenza di un investitore in private equity all’interno della compagine sociale al momento del lancio dell’Offerta pubblica di acquisto consenta l’ottenimento di un livello di under-performance di medio-lungo periodo inferiore o addirittura, in alcuni casi, il registrarsi di una leggera over-performance.139

E’ possibile inoltre osservare come la finanza rivesta un ruolo fondamentale anche nell’ambito del processo di ricambio generazionale, fase critica della vita dell’azienda familiare che determina l’aumento dei rischi finanziari.

Squilibri finanziari possono derivare, in particolare, dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie a liquidare gli eredi non interessati al mantenimento delle quote di capitale sociale, oltre al pagamento degli ingenti oneri successori.

Sono spesso le esigenze finanziarie legate al passaggio generazionale a convincere la famiglia proprietaria della necessità di aprire il capitale sociale a soggetti esterni per il reperimento di risorse. Un più agevole trasferimento del controllo al momento della transizione generazionale potrebbe infatti essere realizzato attraverso la quotazione della società.

Da tenere in considerazione sono anche le predette modifiche ai rapporti con gli istituti di credito che possono derivare dal passaggio generazionale. Il venir meno del fondatore potrebbe intaccare i rapporti di fiducia che lui stesso intratteneva con il sistema bancario, o potrebbe determinare l’insufficienza delle garanzie personali offerte ai finanziatori.

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Si veda ANGIOLA N, op. cit., pag. 129.

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L'ammissione a quotazione sul Mercato Telematico Azionario (MTA) è disposta da Borsa Italiana sulla base di requisiti sia formali che sostanziali. Tra gli altri requisiti formali, sono richiesti una capitalizzazione minima di 40 milioni di euro e un flottante di almeno il 25% (35% nel caso del segmento STAR). I requisiti sostanziali riguardano principalmente una chiara visione strategica, un buon posizionamento competitivo, la sostenibilità finanziaria, l’autonomia gestionale e tutti gli aspetti che concorrono ad aumentare la capacità della società di creare valore per gli azionisti. Per tutte le società quotate su MTA è consigliata l’adozione del Codice di Autodisciplina, la cui applicazione è in parte obbligatoria per le società del segmento STAR. Fonte: http://www.borsaitaliana.it/azioni/mercati/mta/mta-mercato-telematico-azionario.htm

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Si veda CASELLI S., La performance delle aziende familiari quotate: quale ruolo per i fondi di private

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Si osserva, infine, come il passaggio generazionale possa rappresentare un’occasione per rafforzare il rapporto tra l’azienda e gli istituti di credito, nel caso in cui questi ultimi assumano il ruolo di coordinatore nella pianificazione e dunque nella realizzazione del processo successorio, offrendo alla famiglia proprietaria consulenza oltreché strumenti finanziari ad hoc.