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LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEL FAMILY BUSINESS

2 2 LE REGOLE DEL (BUON) GOVERNO FAMILIARE

2.5 LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEL FAMILY BUSINESS

Con il termine professionalizzazione125 si intende la delega di una serie di funzioni e compiti manageriali a professionisti esterni non appartenenti alla famiglia proprietaria, generando così una progressiva separazione tra la proprietà, rappresentata dai soci membri della famiglia proprietaria che detengono le quote del capitale sociale, ed i soggetti che esercitano l’attività di governo e direzione aziendale.

L’aumento delle dimensioni aziendali costituisce spesso uno stimolo per le family firms all’implementazione di logiche e strumenti manageriali.

La crescita dimensionale si accompagna, infatti, all’incremento della complessità aziendale, che richiede competenze specialistiche per la gestione della finanza, dei rapporti con gli istituti di credito, delle relazioni con gli altri soggetti operanti nei mercati di sbocco e di approvvigionamento ed in generale dei rapporti con la totalità degli stakeholder.

L’esigenza di professionalizzazione impone la revisione e l’adeguamento del rapporto tra la famiglia proprietaria ed il business, in seguito all’ingresso nella compagine manageriale di soggetti esterni ed all’implementazione di strumenti manageriali innovativi, realizzando una maggiore formalizzazione e spersonalizzazione dei processi, nonché assumendo un orientamento alla delega ed alla responsabilizzazione dei professionisti esterni.

E’ evidente come il processo di professionalizzazione possa generare una serie di problematiche di agenzia, derivanti dalla divergenza di obiettivi ed interessi tra proprietari e manager esterni, che dovrebbero essere fronteggiate attivando costosi meccanismi di controllo dell’attività dei manager, nonché meccanismi di incentivazione e ricompensa degli stessi.

Si sottolinea, però, come il processo di professionalizzazione possa intraprendersi mediante la realizzazione di una serie di pratiche ulteriori all’inserimento di manager esterni, quali

que se alcance una voz única como familia proprietaria de forma consensuada, organizada y clara que permita al Consejo de Administración conocer lo que la familia propietaria espera de la empresa”. CHINER A., op cit.

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“In un’accezione semplice, professionalizzare significa assumere persone non appartenenti alla famiglia con particolari deleghe al management; questo implica altre dimensioni come ad esempio che il personale abbia ricevuto un’educazione formale, che il criterio di selezione ed avanzamento sia il merito, che vi sia una struttura formale. I processi di managerializzazione delle aziende famigliari costituiscono fenomeni poliedrici, che rendono difficoltosa una loro definizione, la quale rischia di risultare parziale. Essi possono riguardare l’impostazione della gestione secondo logiche, tecniche e strumenti che siano consapevolmente e razionalmente ispirati ai principi delle pratiche manageriali”. DEL BENE L., La funzione imprenditoriale e

la funzione manageriale, in DEL BENE L., LATTANZI N., LIBERATORE G., Aziende famigliari e longevità economica, IPSOA, Milano, 2012, pag.79.

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l’introduzione di meccanismi e strumenti di supporto all’attività manageriale coerenti con le condizioni ambientali e con i principi ed i valori vigenti all’interno dell’organizzazione, la progettazione di meccanismi volti all’indirizzo ed al controllo dell’attività svolta dalla struttura manageriale stessa, l’acquisizione e lo sviluppo mediante corsi di formazione ed esperienze professionali di competenze manageriali da parte dei membri della famiglia proprietaria, la costruzione di network di condivisione delle competenze con i diversi stakeholder.

Considerata secondo quest’ultima accezione, che focalizza l’attenzione sull’acquisizione delle competenze necessarie e coerenti all’attivazione ed al miglioramento delle funzioni manageriali, indipendentemente dalla loro presenza o meno tra i membri della famiglia proprietaria, la professionalizzazione dell’azienda familiare può determinare un aumento della fiducia degli stakeholder ed in particolare dei finanziatori nei confronti del family business, oltre a favorire l’apporto e la condivisione di nuove competenze firm ed industry specific, capacità di identificare e sfruttare nuovi business, esperienze e network di contatti da parte dei manager esterni. L’implementazione di sistemi di pianificazione e controllo, oltreché di sistemi informativi adeguati alle dimensioni aziendali ed alla struttura organizzativa, può rivelarsi necessaria per sostenere il processo di crescita e sviluppo aziendale.

La professionalizzazione consente di tracciare in maniera maggiormente definita i confini tra sistema azienda e sistema famiglia, contribuendo ad evitare che i membri della famiglia proprietaria considerino l’azienda stessa come una fonte di posti di lavoro ad essi riservati indipendentemente dalle competenze possedute.

Attraverso il processo di professionalizzazione si realizza la “spersonalizzazione” delle funzioni aziendali. La formalizzazione delle funzioni e delle procedure aziendali le rende infatti assolvibili da soggetti diversi nel corso del tempo.

Effetti positivi possono emergere anche sul piano finanziario, dati, oltreché dalla già citata maggior fiducia accordata dagli istituti finanziari, anche dalla maggiore appetibilità dell’azienda per gli investitori in private equity.126

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Zuniga Vicente e Sacristan Navarro, a proposito della necessità della professionalizzazione: “se sugiere que la no profesionalización de la dirección puede constituir una de las principales razones del fracaso o la desaparición de un elevado porcentaje de estas empresas. Por tanto, podría afirmarse que la captación

y retención de los mejores profesionales, pertenezcan o no a la familia, es una cuestión crucial a considerar para la competitividad y supervivencia de las empresas familiares”. ZÚÑIGA VICENTE J.A., SACRISTAN NAVARRO M., Los directivos externos y la sucesion en empresa familiar: un caso de estudio, in “Universia Business Review”, cuarto trimestre 2011.

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E’ possibile individuare diverse motivazioni a sostegno della scelta delle aziende familiari di professionalizzare il proprio management.127

In primis tale esigenza deriva dalla mancanza di competenze manageriali interne alla famiglia proprietaria, nell’ambito del marketing, della finanza e della contabilità, che consentano di presidiare più efficacemente la complessità e la turbolenza ambientale.

Una seconda motivazione è data dalla volontà di modificare le norme ed i principi che regolano il business. In particolare, i manager esterni possono realizzare un controllo oggettivo sull’operato dei membri della famiglia attivi in azienda, andando a modificare le condotte inefficienti o dannose per le performance aziendali.

Infine, l’ingresso in azienda di manager esterni può rivelarsi utile per la pianificazione e la successiva realizzazione del processo di ricambio generazionale.

Di particolare importanza risulta la selezione di professionisti esterni che, oltre ad apportare le proprie competenze ed esperienze manageriali, siano in grado di comprendere e valorizzare le dinamiche familiari.

La managerializzazione del family business non deve essere percepita e realizzata come un processo di mera applicazione acritica di meccanismi e strumenti manageriali formalizzati, ma risulta piuttosto opportuno, al fine di ricavarne un contributo positivo allo sviluppo aziendale, che tale processo sia contestualizzato ed adeguato alle condizioni ed alle dinamiche interne all’azienda e d’ambiente, con particolare riferimento alle dimensioni aziendali, alle competenze presenti all’interno dell’organizzazione ed all’attuale grado di formalizzazione dei processi.

L’inserimento di processi di pianificazione e controllo è necessario al fine di garantire una maggiore razionalità nella gestione, ma risulta tuttavia fondamentale che ciò non comporti la rinuncia alle caratteristiche di creatività, rapidità nelle decisioni ed informalità nei rapporti che sono proprie della formula imprenditoriale delle aziende familiari.

Sul grado di professionalizzazione delle aziende familiari incidono diverse variabili, tra le quali il quadro normativo del paese di appartenenza, le dimensioni aziendali e la forma giuridica adottata, lo stadio generazionale e l’atteggiamento della famiglia verso il business.

Se l’imprenditore nutre un attaccamento profondo, o addirittura morboso, verso la propria azienda si rivelerà restio ad accettare il contributo di soggetti esterni ed a condividere con questi il processo decisionale.

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Si veda DYER W.G. Jr., Integrating professional management into a family owned business, in “Family Business Review”, 1989.

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Ancora i professionisti esterni possono contribuire ad apportare quella dinamicità e propensione al cambiamento organizzativo necessarie per competere negli odierni mercati caratterizzati da turbolenza e dinamicità. Cambiamenti organizzativi che difficilmente vengono promossi dai membri della famiglia proprietaria, per la loro tendenza a preservare lo status quo data dai vincoli emozionali che li legano all’azienda bene di famiglia.128

Accademici ed operatori hanno più volte evidenziato i contributi positivi alla crescita ed allo sviluppo derivanti dalla professionalizzazione delle aziende familiari.129

Non si può comunque non tenere in considerazione come il processo di professionalizzazione possa presentare anche risvolti negativi e difficoltà di attuazione, che devono essere valutate ed adeguatamente fronteggiate affinché tale processo possa apportare all’organizzazione un contributo positivo.

Come già anticipato in altra parte del presente lavoro, è opportuno sottolineare come le aziende familiari possano incontrare difficoltà nel reperimento di risorse umane qualificate. I professionisti esterni, infatti, percepiranno maggiori possibilità di crescita professionale in categorie aziendali diverse da quelle familiari, nelle quali i percorsi di carriera non siano condizionati dall’appartenenza o meno al nucleo familiare.

Ulteriore elemento di criticità che si presenta alle aziende familiari che intraprendono un processo di professionalizzazione è dato dall’esigenza di integrazione tra i manager familiari ed i professionisti esterni. Questi ultimi possono infatti incontrare difficoltà nell’inserirsi nella rete di relazioni fiduciarie che legano i membri della famiglia, basate su vincoli di tipo affettivo.

Nei manager esterni, inoltre, può essere riscontrato un orientamento al breve termine, dovuto alla limitata durata del contratto che li lega all’azienda. Interesse primario dei professionisti esterni, proprio in virtù della temporaneità del loro rapporto con l’azienda, potrebbe essere quello di dare segnali al mercato nel più breve tempo possibile del raggiungimento di performance positive, sacrificando gli obiettivi di lungo periodo ed il raggiungimento di un equilibrio durevole.

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“Ciò che differenzia le imprese familiari italiane da quelle degli altri paesi è soprattutto la bassa

propensione a ricorrere a dirigenti di provenienza esterna: secondo gli stessi dati, le imprese familiari in cui tutto il management è espressione della famiglia proprietaria sono due terzi in Italia, contro un terzo in Spagna, circa un quarto in Francia e in Germania, soltanto il 10 per cento nel Regno Unito”.

Fonte: BANCA D’ITALIA, Questioni di Economia e Finanza. Il sistema industriale italiano tra

globalizzazione e crisi, n.193, Luglio 2013.

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“La progressiva professionalizzazione dell’azienda costituisce elemento imprescindibile per rendere

durature le condizioni su cui si basa lo sviluppo del complesso aziendale.” DEL BENE L., op. cit.

“Aumentando il livello di managerialità si ottengono riflessi positivi anche sull’imprenditorialità, rendendo più nitido il confine tra famiglia ed azienda e ponendo le basi per un adeguato trasferimento delle competenze necessarie alle generazioni successive”. ANSELMI L., op. cit.

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L’azienda può comunque intervenire per evitare che l’inserimento di manager esterni possa generare un problema di agenzia, ed evitare dunque un eccessivo dispendio di risorse necessario ad implementare sistemi di controllo dell’operato del management.

In primis l’instaurazione di rapporti di tipo personale e caratterizzati da un certo grado di informalità favoriscono l’identificazione del manager non solo con l’azienda, ma anche con la famiglia proprietaria, e la costruzione di un legame duraturo basato sulla fiducia reciproca. L’instaurarsi di una tale relazione favorisce il realizzarsi dell’allineamento di obiettivi ed interessi tra proprietari e manager, ed incentiva quest’ultimi al raggiungimento di performance positive, nella consapevolezza che dal miglioramento dei risultati aziendali possa derivare un’evoluzione del proprio percorso di carriera. L’ingresso nel management di soggetti esterni alla famiglia proprietaria non deve andare a modificare o stemperare i valori e le caratteristiche proprie delle formule imprenditoriali delle realtà familiari, quali la condivisione delle informazioni e della conoscenza, la collaborazione ed il clima di informalità.

Una maggiore convergenza di obiettivi tra manager esterni ed azionisti di riferimento può essere realizzata anche stimolando la partecipazione al capitale proprio da parte dei professionisti esterni, che contribuisce inoltre a prolungare i tempi di permanenza all’interno dell’organizzazione dei manager stessi, oltre a far sì che quest’ultimi adottino nel processo decisionale un orientamento al medio-lungo termine.

Al professionista esterno dovrà essere attribuita una certa autonomia e responsabilizzazione, che sollecitino la dimostrazione delle competenze manageriali di cui dispone.

Al contrario, una mancanza di fiducia da parte dei componenti della famiglia nei confronti del manager esterno, la creazione di una netta divisione tra manager familiari e non, e la previsione di un sistema di remunerazione iniquo renderà frustrante il compito del manager esterno, che, non riuscendo ad integrarsi all’interno dell’organizzazione, non potrà dunque apportare il proprio contributo alle performance aziendali.

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