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Capitolo 2: La lettera nella macchina del racconto

4) Firme fasulle (2a)

Nel romanzo del Seicento la menzogna volontaria è l’unica causa di equivoci riconducibili a lettere incamminate lungo un percorso regolare, mentre non è dato rilevare, nel campione osservato, esempi di malintesi nati accidentalmente da una decodificazione errata delle parole riportate nel testo.

Molto più ampio è invece l’inventario degli equivoci dovuti a un’alterazione della catena comunicativa, categoria cui appartengono gli incidenti citati da Tesauro come origine di peripezie. Il primo della triade è quello della falsa missiva, della lettera cioè che riporta informazioni false. Finché le menzogne appartengono al solo corpo della lettera, la situazione rientra nel tipo 1b. Compito del testo epistolare è però non solo trasmettere un messaggio ma anche informazioni sui partecipanti alla comunicazione, ovvero mittente e destinatario.

165 P.A. R

OSENMEYER, Ancient epistolary fictions, cit., pp. 27-28 e p. 47.

166 E

Se a essere falso non è o non è solamente il contenuto del messaggio ma l’indicazione del mittente, la situazione cessa di appartenere al tipo 1b per passare alla variante 2a, quella cioè in cui l’equivoco è dovuto alla sostituzione del mittente previsto.

Scopo della variante 2a è provocare il nodo dello scambio di persona, tanto comune nella narrativa barocca. La falsa missiva appartiene dunque alla famiglia di espedienti di cui fanno parte anche il travestimento, la miracolosa somiglianza e la complicità della notte, da cui si distingue tuttavia per la maggiore verosimiglianza. A favorire l’inganno sull’identità dell’interlocutore non sono infatti coincidenze meravigliose ma caratteristiche proprie del canale epistolare, molto più fragile in termini di sicurezza rispetto al dialogo. La necessità di ricorrere a un supporto materiale per superare l’ostacolo della distanza ha infatti due effetti collaterali: da una parte l’allentamento dei vincoli tra i partecipanti, dall’altra la maggiore autonomia del messaggio rispetto a chi ne deve inizialmente usufruire. L’utilità a fini narrativi di questi (s)vantaggi è stata ben riassunta da Janet Gurkin Altman:

Writer and reader share neither time nor space. The discontiguity of the space and time is reflected in the discontinuity of the exchange, a dialogue composed of more separate, monologuelike units than the component units of the oral dialogue. The written exchange not only introduces the time lag between message transmission and message reception; it also widens the interval between message reception and response. [...] Finally, letters are both permanent words and losable words. They can complicate communication by crossing each other in the mail or getting lost or stolen; they make the epistolary dialogue one that can be scrambled, so that the order in which words are read is not necessarily the order in which they were written.167

Perché i soggetti di un dialogo si ingannino sulla reciproca identità devono intervenire condizioni straordinarie, spesso rese accettabili in letteratura solo da una sospensione convenzionale dell’incredulità, mentre è perfettamente

167 J. G

verosimile che il destinatario di una lettera si lasci illudere da una firma o da peculiarità grafiche facilmente falsificabili.

Dietro allo scambio di mittenti vi è sempre una truffa deliberata, a scopi diversi. Spacciarsi per un altro può servire allo scrivente per dare una parvenza di autenticità a un messaggio ingannevole, come dimostra un episodio narrato da Giovan Francesco Loredano nel primo racconto della terza parte delle Cento

novelle amorose. Dopo aver atteso con impazienza una lettera dell’amato Don

Pietro, la sfortunata Giacinta riceve un biglietto di condoglianze firmato dal capitano Diego della Mara nel quale si annuncia la morte del giovane.

Era questo capitano amico sviscerato di Don Pietro, col quale aveva concertato il viaggio di Fiandra. La lettera però era stata finta da Don Garzia,168 non solo per trionfare delle lagrime di Giacinta, ma per divertire la corrispondenza con Don Pietro, e gli riuscì. Perché arrivando Don Pietro in Napoli e non vedendo lettere né di Giacinta né del padre, conforme avevano concertato, concepì tanto sdegno che senza attender ad altro prese l’imbarco per Fiandra.169

Ovviamente Don Garzia non poteva apporre la propria firma in calce alla lettera, mentre quella fasulla del capitano era perfettamente adeguata all’inganno.

Diverso è il caso della falsa lettera all’origine dei contrasti tra Almidero e Assarilda nel romanzo di Antonio Santacroce, la cui mendace sottoscrizione serve a attribuire alla fanciulla un testo

composto con gl’effetti dello sdegno maggiore che produce l’ira d’una arrabbiata femmina; lo accusava di traditore e ribelle e dopo molti rimproveri gli protestava sotto gravissime pene che mai capitasse nell’Inghilterra. A così fatta lettera egli non avria per certo creduto se oltre a’ sigilli reali non adoprati, né veduti che dal gran cancelliere, un picciolo anello che Assarilda solea portare incluso nella lettera in contrassegno non l’avesse perfettamente accertato. Arse di longo, poi gelò.170

168 Padre di Giacinta. 169 G.F. L

OREDANO, Novella prima, nella terza parte delle Cento Novelle Amorose, cit., p. 6.

170 A. S

L’uso da parte del falsificatore delle misure di sicurezza normalmente adottate da Assarilda è indizio di perfida astuzia e quasi un segnale dell’impossibilità di arginare del tutto i pericoli della contraffazione postale. Alla richiesta di spiegazioni di Assarilda sulla sua malattia, Almidero parla delle accuse ricevute e,

cavata la lettera che teneva sotto l’origliere, gliela dié in mano dimandandole se conosceva quei caratteri, quei sigilli e quell’anello. Ella, lettala con un’alterazione fra ’l pianto e il riso, «Doh?» esclamò, «povera me: così bene giuoca la fortuna fra’ mortali».171

Nonostante l’imitazione e i sigilli, Assarilda non ha dubbi nell’indicare come vero autore della lettera il re di Macedonia, di cui conosce la gelosia e le crudeli intenzioni.

Un’altra funzione della firma falsa è quella di abbassare le difese del destinatario e convincerlo a seguire una serie di istruzioni apparentemente inoffensive. Il destinatario, tratto in inganno dal nome di una persona fidata, obbedisce al messaggio per scoprire troppo tardi che si trattava di un tranello. Una situazione ricorrente è quella del falso appuntamento fissato per cogliere qualcuno alla sprovvista: invece del socio o dell’amante, il malcapitato trova nel luogo indicato il nemico che lo stava aspettando. Un esempio tratto dalla Dianea è quello del falso convegno organizzato da Prodirto per catturare Floridea, dopo che quest’ultima aveva chiesto soccorso all’amato duca di Filena.

In dieci giorni ritornò la risposta, ma non il messo. Ingannata dal finto carattere attendevo la venuta del duca di Filena con quell’ansietà che può desiderare un’amante, conforme mi veniva promesso da quelle lettere più nere del solito per l’oscurità del tradimento che preparavano. Venuta la notte concertata, credendo d’aprire al duca di Filena, mi ritrovai fra le braccia di Prodirto, che avendo fermato il messo m’ingannò col simular la mano del duca, non avendo ingegno né virtù per imitarlo in altro che nei caratteri.172

171Ivi, p. 246. 172 G.F. L

Lo stesso stratagemma aveva permesso a Miralto, nelle Donne guerriere, di trarre in inganno Cretaneo e di ridurlo, come già visto, in fin di vita. Era bastato far credere al re che Onfalia fosse in pericolo e consegnargli un biglietto con la richiesta di aiuto della donna.

Era questa una lettera finta con imitare i miei caratteri da questo perfido che ben si promulgava per un traditore non avendo ingegno né virtù che per ordir tradimenti, e veramente per dare la perfezione alla negrezza delle sue perfidie non dovea che ricorrere all’oscurità degl’inchiostri. In ogni carattere di quella veniva accertato Cretaneo della perdita del suo core, affermandogli il traditore me rapita amorosamente dal duca di Cardona, il primo e il più crudele principe di Catalogna, e portata a’ suoi stati dove, se in termine d’un mese non incontrava io i suoi desideri, erami destinata e giurata da lui crudelissima morte, onde lo pregava in quella per l’amore che professavami portare a liberarmi da sciagure così infelici, con la scorta di Miralto, servo mio fidelissimo.173

Cretaneo e Miralto erano partiti alla ricerca del duca di Cardona, ma quando avevano raggiunto una radura isolata il traditore aveva approfittato della solitudine per aggredire il compagno. L’inversione dei ruoli non impedisce di riconoscere la somiglianza tra la situazione raccontata da Santinelli e quella descritta nella Dianea, la cui influenza sembrerebbe confermata anche da echi di carattere testuale.

La lettera fittizia è uno degli espedienti preferiti dal Loredano, dalla cui

Dianea traggo ancora un esempio di agguato, questa volta non fisico ma

psicologico, atto a rivelare la disposizione interiore del destinatario. A tenderlo è Doricia, personaggio secondario del romanzo, ossessionata dal timore che Ossirdo possa esserle infedele. Per capire le vere intenzioni del fidanzato, la donna compone una falsa dichiarazione d’amore a nome di Dianea e la fa avere al giovane tramite un messo. Il biglietto mette Ossirdo in grave imbarazzo: da una parte non se la sente di respingere le profferte della presunta Dianea, per non ferire i suoi sentimenti e soprattutto non venir meno ai propri obblighi di

173 F.M. S

subordinato; dall’altra, lo spinge a dare una risposta positiva un inaspettato sentimento di noia per la fidanzata e di attrazione nei confronti di Dianea, suscitato proprio dalla lettera. Preso coraggio, Ossirdo risponde alla principessa promettendole affetto e servitù, ma si pente subito dopo di quanto fatto. E’ troppo tardi però per riparare all’errore ed evitare di cadere nella trappola di Doricia che, intercettata la lettera, ne ricava conferma ai propri sospetti.

Il litigio che segue culmina quando Ossirdo minaccia di uccidersi per provare la sua onestà; solo allora Doricia cambia atteggiamento e rivela la propria impostura:

«Voglio che tu riconosca la superiorità che tengo sopra di te nell’amare, che eziandio che quelle siano impressioni finte, le voglio credere ed impedire come vere. Io non meritava però una mortificazione così grande amandovi con eccesso. Vedute le lodi di Dianea decantate con tanta parzialità dalla vostra bocca, ho isperimentata la vostra infedeltà con tanta passione che vorrei prima esser morta che averla tentata. La lettera capitatavi sotto il nome di Dianea è stata dettata da me per confermarvi fedele. Gli dei per felicitarmi m’hanno posto questo pensiero acciò ch’io non provassi la tirannide nell’incostanze dei vostri affetti.»

Non volli che usasse maggior querele, ma le dissi che ’l tentare la fedeltà d’un uomo conosciuto fedele era uno sdegnare gli dei, che la mia lettera era un segno di gratitudine, non testimonio d’amore, ch’ella medesima non avrebbe scritto diversamente a qualche prencipe grande che avesse usato con lei termini così cortesi.174

Fortunatamente Doricia crede alle scuse di Ossirdo e la vicenda si ricompone senza esiti drammatici, offrendo anche a Loredano un’opportunità per impartire ai lettori una lezione di prudenza: mai sottoporre a tentazione la virtù di qualcuno su cui non esistano reali motivi di dubbio.

Sui pericoli di un’improvvida volontà di saggiare l’integrità altrui si sofferma pure Ferrante Pallavicino nell’Ambasciatore invidiato, con un racconto esemplare dal finale tragico inserito come intermezzo alla vicenda principale. Durante il viaggio di ritorno da Ganspa a Ensima Albisio e i compagni naufragano sull’isola

174 G.F. L

di Corsica, dove incontrano una dama spagnola che porta con sé il cuore dell’amato, macabra reliquia di colui che aveva voluto incautamente metterla alla prova. La dama aveva assicurato più volte al suo Eumirto di non voler ricambiare la corte del Capitano, ma per mettere definitivamente a tacere i propri sospetti il fidanzato geloso aveva deciso di sottoporla a un terribile esame. Firmandosi con il nome del Capitano, le aveva inviato un cuore umano insieme con una lettera, nella quale spiegava di aver ucciso Eumirto per liberarsi del rivale. Sconvolta dal biglietto la dama aveva finto di gradire il dono, per ricevere il Capitano nella propria casa e avere così la possibilità di ucciderlo. Confusa dall’oscurità della notte, la dama non aveva capito che l’uomo davanti a lei non era il Capitano, ma Eumirto in persona, e lo aveva colpito a morte con una lama. Prima di esalare l’ultimo respiro, Eumirto ebbe solo il tempo di esclamare:

Ah! che purtroppo [...] son Eumirto, il qual, altro fingendomi coll’indizio di quel cuore per esperimentar la vostra fede, contrassegnai quella morte ch’avverata ora scorgo in vigore de’ propri inganni, per violenza però d’un’empia fortuna.175

Come nel racconto di Loredano, la storia è un monito contro l’indiscreta volontà di conferme incarnata nel personaggio di Eumirto, vittima dei propri fantasmi e artefice del proprio assassinio.

La novella è l’unica digressione presente nell’Ambasciatore invidiato, da cui si distanzia per una stridente diversità di atmosfere, tanto da lasciar supporre che abbia avuto genesi autonoma e che solo in un secondo momento sia stata inclusa nel romanzo. L’integrazione sarebbe avvenuta in vista di un aumento di consistenza del testo, ma forse anche in virtù di analogie tematiche – sono entrambe storie di innocenti ingiustamente sospettati – e somiglianze nell’uso della lettera come movente narrativo.

175 F. P

La varietà di funzioni cui questo tipo di lettera soggiace confermano quanto detto a proposito della lettera falsa in generale, ovvero che l’associazione tra lettera e impostura non implica una connotazione negativa. Gli effetti dello scambio di mittenti sono talvolta benigni, come nella novella ventesima di Sebastiano Bonadies pubblicata nella terza parte delle Cento novelle amorose. Dorambe e Lanea, originariamente fidanzati, sono stati costretti dalla sorte a separarsi: Dorambe si è unito a un gruppo di masnadieri, Lanea si è nuovamente fidanzata con Bonimero. Un evento fortuito, ispirato probabilmente alla cornice del Corriero svaligiato, ha permesso però agli amanti di ritrovarsi.

Tra le scelleraggini che [Dorambe] commise, die’ compimento a’ suoi falli l’assassinamento del corriere della provincia. Dopo levatagli la mercanzia, mentre ne’ valigi s’affaccendava per novo bottino, offertogli avanti gli occhi la sorte il foglio della già perduta Lanea, conobbe tosto i caratteri del suo bene e dallo soprascritto argomentò veri segni d’infedeltà.176

La lettera è infatti indirizzata al rivale Bonimero, ma Dorambe non si dà per vinto e approfitta dell’occasione per riconquistare la ragazza. Invece di far proseguire la lettera, scrive una risposta a nome del fidanzato in carica, dando a Lanea un appuntamento. Quando la giovane si presenta scopre con molta sorpresa che ad attenderla non c’è Bonimero ma Dorambe, pronto a perdonare la sua incostanza e a convolare a nozze con lei. La contraffazione della firma ha avuto in questo caso uno scopo benevolo e ha aiutato a sciogliere il nodo che impediva alla vicenda di giungere al lieto fine.

176 S

EBASTIAN BONADIES, Novella vigesimasesta, nella terza parte delle Cento Novelle Amorose, cit., p. 190.