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Il modello di base (1a)

Capitolo 2: La lettera nella macchina del racconto

2) Il modello di base (1a)

Le lettere che seguono un percorso ottimale compaiono nei romanzi come canale, alternativo alla voce, di informazioni o di domande che modificano una situazione precedente, generando cambiamenti a partire dai personaggi che le ricevono. La lettura della missiva può spingere il destinatario all’azione, trasformare i suoi sentimenti, oppure metterlo a conoscenza di fatti a lui ignoti, gettando le basi per la creazione o lo scioglimento di nodi della trama. Poiché, come si è detto, l’andamento degli eventi è influenzato in questo caso unicamente dal contenuto del messaggio, il ricorso alla lettera piuttosto che al dialogo non è giustificato da esigenze strutturali, ma da ragioni di verosimiglianza, o dal bisogno di creare determinati effetti sul lettore, o da quello di introdurre un tema particolare.

Diversi sono i mezzi con cui la lettera può influenzare il destinatario, ma per il momento ne illustrerò solo due, quello dovuto alla trasmissione di istruzioni e quello legato alla comunicazione di notizie. La lettera di istruzioni propone al destinatario di compiere una o più azioni, con tono perentorio quando si tratta di un ordine, o più gentilmente tramite consigli e richieste di cortesie. L’autore può approfittarne per anticipare con ampiezza di particolari ciò che intraprenderà uno dei personaggi, trascrivendo integralmente il testo del messaggio. E’ per esempio molto comune nelle storie d’amore che l’eroe o l’eroina si servano di un biglietto per concertare le mosse di un incontro clandestino, come fa nel Cordimarte la regina di Circassia per invitare il protagonista nei suoi appartamenti:

Ho lasciato della camera, ove sto col mio consorte dormendo, libero l’ingresso; voi in ver’ la mezza notte potrete entrare e venirne alla sinistra parte del letto a ritruovarmi senza timore d’esser veduto, poiché riposiamo senza lume. Non lasciate preterir l’ora, se volete godermi, né fate che perdiate una tal ventura per non fare una resoluzione da un magnanimo vostro pari, a cui io prometto facilmente l’impresa con una occasione

ingannevole ordita contra il re questa notte. Leggete e ponete in esecuzione, né v’augurate alcun male, mentre si sottoscrive vostra fedelissima amante,

la Reina di Circassia.145

All’ordine costituente il movente narrativo fa corona una serie di dettagli che precisano il modo in cui Cordimarte dovrà giungere nella stanza e le misure prese dalla regina per agevolargli l’impresa. La lettera evidenzia le difficoltà che aspettano l’eroe e gli accorgimenti presi dall’amata per aiutarlo a superarle, aumentando il senso di partecipazione del lettore all’avventura e l’ammirazione per l’astuzia e il coraggio dei personaggi.

Nel romanzo del Seicento la lettera di istruzioni esaurisce generalmente la propria funzione nel momento in cui il destinatario esegue ciò che gli è stato domandato, senza dare adito a usi particolarmente originali. Tra i pochi ad averla sfruttata in maniera più ampia si segnala Ferrante Pallavicino, che nella Bersabee usa una lettera di re Davide al generale Ioab per incrementare l’ironia tragica della storia. Nel messaggio re Davide ordina al generale di porre Uria, sposo di Bersabee, in prima linea durante la battaglia perché venga ucciso in maniera apparentemente accidentale. L’invenzione beffarda consiste nell’aver affidato la lettera allo stesso Uria, che la recapita, ignaro del contenuto, personalmente al suo assassino. Davide

raccomandò questa lettera al medesmo Uria, permettendogli il ritorno al campo dove gli esercizi militari nutrivano la generosità del suo cuore. Partì dunque accarezzato singolarmente dal re, il quale accreditava maggiormente che i favori d’un grande sono musica di sirena e canto d’esequie. Godeva il misero, forse altiero di tante grazie, senza sapere che portava nelle mani la sentenza della propria morte.146

La migliore qualità di un messaggero è la sua onestà, e Davide sa che Uria è persona integerrima, tanto da potersene prendere crudelmente gioco. Per portare a

145 G

IUSEPPE ARTALE, Il Cordimarte, Napoli, Antonio Bulifon, 1679, p. 272.

146 F

termine l’inganno ai danni del suddito il tiranno non esita ad abusare dei sacri valori dell’obbedienza e del segreto epistolare, generosamente rispettati dal soldato. Il drammatico contrasto tra la statura morale dei due personaggi riesce così a rendere più urgente la condanna dell’ipocrisia dei potenti.

L’amaro sarcasmo di Pallavicino può essere letto come una risposta all’idealismo di autori come Francesco Maria Santinelli, che nelle Donne

guerriere si fa portavoce di una più ingenua istanza didattica. Tra gli eventi

raccontati nel corso del romanzo uno se ne distingue per la somiglianza tra la situazione in cui pone la protagonista e quella in cui si trova Uria, salvo la conclusione simmetricamente opposta. Anche Onfalia è stata infatti incaricata di recapitare un messaggio segreto, ma il sovrano che glielo ha chiesto non è il corrotto Davide, bensì l’eroico re di Francia Cretaneo, di lei innamorato. Prima di morire per mano di un traditore, Cretaneo ha trovato la forza di scrivere un biglietto e di affidarlo all’amata con l’ordine espresso di recapitarlo ai suoi consiglieri. La tentazione di leggere il foglio misterioso è forte, ma la donna resiste.

Indi affissando gli occhi nel foglio del mio diletto estinto cominciai di nuovo ad opprimere la mente con pensieri; esaminando qual sì grave negozio potesse in sé restringere che fosse sofficiente a far contenta un’anima spirante. La curiosità, che nel sesso femminile vanagloriosa impera, non mancò d’oprare in me ogni suo potere per farmela aprire, promettendomi felicità col rallegrarmi il core tanto più dolente quanto più mancante di spiriti, estinti allo spirare della mia vita. E certo n’avrebbe ottenuta la palma se la ragione non avesse fortemente ripugnato a questo desio. Dove signoreggia la ragione, è impossibile che si erri.147

Ciò che accadrà in seguito confermerà la saggezza della risoluzione di Onfalia, ma Santinelli non vuole rinunciare troppo presto alla tensione narrativa creata dall’enigma della lettera. Ritardare la rivelazione del suo contenuto è un ottimo

147 F

RANCESCO MARIA SANTINELLI, Le donne guerriere, Pesaro, Giovanni Paolo Gotti, 1647, pp. 231-232.

sistema per aumentare la suspence del racconto e per dare risalto alla virtù dell’eroina, tanto più grande quanto più incerto è il senso del biglietto. La scelta di rispettare il segreto epistolare apparirebbe addirittura eroica, se le ultime parole di Cretaneo fossero di condanna, come si è portati a credere nell’assistere all’arresto di Onfalia una volta giunta a Parigi. Bastano tuttavia pochi giorni per rovesciare la sorte della fanciulla.

Nel quinto giorno della mia prigionia fui necessitata a riconoscere fra gli orrori ogni contento dalla chiarezza di questa corona, poiché sull’alba spalancando le porte della prigione, i primi baroni di questo regno mi si gettarono genuflessi ai piedi e mi riverirono regina di Francia, dandomi parte qualmente il morto Cretaneo in quella lettera da me ricapitata dicea loro, pregandogli, anzi comandandogli a non collocare in altra testa che nella mia la sua portata corona, già che in altro seno che nel mio egli in vita non avea collocati i suoi affetti.148

Come nelle più belle fiabe la bontà dell’eroina è finalmente compensata da scettro e corona, insegne del trionfo della virtù sul vizio.

Nella storia di Onfalia la lettera rappresenta al tempo stesso una prova iniziatica e un pretesto per l’agnizione, spettando al biglietto il compito di rivelare le ultime volontà di Cretaneo. Santinelli non è però il solo a scegliere questo sistema per potenziare il colpo di scena legato alla scoperta dell’identità di qualcuno. Persino Pace Pasini ricorre all’espediente della missiva risolutrice nella scena di agnizione forse più attesa di tutta la narrativa barocca, quella cioè con cui si conclude l’avventurosa inchiesta del Cavaliere perduto. Teatro dell’episodio è la corte dei duchi di Mundilla, presso i quali il Perduto è stato accolto. La scoperta dell’identità dell’eroe avviene per gradi, con un crescendo di tensione che culmina nella rivelazione finale: Pasini tiene a centellinare gli indizi che permettono di indovinare il sopraggiungere della svolta. I primi ad avere qualche sospetto su chi sia in realtà il cavaliere sono i padroni di casa, che notano la somiglianza tra

alcuni suoi oggetti personali e quelli appartenuti al figlio. Ma anche il Perduto ha buone ragioni per credere di essere vicino alla soluzione del mistero sulle proprie origini, poiché da poco è giunta una lettera di Ghergonico nella quale sono descritte le circostanze del suo ritrovamento. Per il Perduto la storia raccontata nella lettera è solo un’ulteriore traccia da inseguire, ma per i duchi di Mundilla è la prova definitiva che quello davanti a loro è veramente l’infante Adoino, il figlio da loro perduto e ritenuto ormai morto.

Non poté appena sofferire la duchessa che si finisse questa lettura, perché vedendo nel duca qualche segno di tenerezza, lasciandosi ella in abbondanza cader lagrime dagli occhi, si gettò al Cavalier che giaceva, e senza poter far parola cominciò a baciarlo.149

La lettera, giunta nel luogo e al momento giusto, ha un effetto sensazionale tanto sui protagonisti quanto sul lettore, finalmente messo a parte dell’agognata verità.