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L’esperienza reale e la tradizione letteraria

Capitolo 1: Origini e caratteri di un’alleanza

2) L’esperienza reale e la tradizione letteraria

Nella letteratura di ogni tempo, come in quella del Seicento, la rappresentazione di situazioni in cui i personaggi non potevano, non volevano o non dovevano eliminare la distanza tra loro ha favorito la comparsa di lettere, non soltanto come semplice elemento tematico ma anche come inserto testuale. La commistione con il genere epistolare era agevolata dalle numerose qualità tecniche del modello poiché, come scrive Luigi Matt:

60

B. MORANDO, La Rosalinda, cit., p. 227.

61 L

UIGI MATT, Teoria e prassi dell’epistolografia italiana tra Cinquecento e primo Seicento.

Ricerche linguistiche e retoriche (con particolare riguardo alle lettere di Giambattista Marino),

Forse nessun genere letterario mostra al primo sguardo quella varietà di argomenti e di atteggiamenti linguistico-stilistici così facilmente individuabile nell’epistolografia. La forma epistolare è molto duttile, e si presta con grande efficacia ad essere impiegata nei modi più disparati, senza per questo snaturarsi o perdere le proprie specificità.62

Il genere epistolare è un genere ‘infinito’63 e camaleontico, capace di assumere forme diverse a seconda dell’opportunità. Come strumento di informazione la lettera ha bisogno di potersi adattare all’imprevedibile varietà della vita: da cui una grande versatilità, che sempre ha ostacolato il cristallizzarsi di una casistica propria privilegiando, di volta in volta, l’adesione alle regole di altri generi codificati.64 Non c’è argomento che la lettera non possa trattare e non c’è tono che non possa assumere, da quello grave delle condoglianze a quello lieve delle facezie. Nelle mani dello scrittore la lettera si trasforma in una specie di atout spendibile nell’ambito di qualsiasi momento del racconto, facilmente utilizzabile tanto per creare interessanti sfasamenti nel modo di offrire spiegazioni al lettore quanto per introdurre una particolare sfumatura affettiva.

Vi è inoltre nella scrittura di lettere qualcosa di intrinsecamente fittizio che permette di stabilire sottili analogie con l’invenzione narrativa. Anche in una lettera scritta con l’intenzione di rappresentare fedelmente la realtà, l’autore riporta sempre una selezione di fatti interpretandoli in maniera personale e, soprattutto, crea di sé stesso un’immagine in funzione del destinatario.65 Il confine tra lettera autentica e lettera fittizia è quindi meno netto di quanto si potrebbe credere, persino da un punto di vista stilistico.

62Ivi, p. 99. 63 M

ARC FUMAROLI, Genèse de l’épistolographie classique : rhétorique humaniste de la lettre, de

Pétrarque à Juste Lipse in La lettre au XVIIe siècle, « Revue d’Histoire Littéraire de la France »,

78 (1978), 6, pp. 888-889

64 G

IORGIO BERNARDI PERINI, Alle origini della lettera familiare, in La lettera familiare, cit., p. 18.

65 P.A. R

The real letter can be stiff, or pretentious, or artificial, or insincere. The literary one may appear more spontaneous, or friendly, or even intimate. [...] The author of a real letter may be mirroring and shaping through the written word a particular version of himself, a particular moment of an interpersonal relationship, a particular aspect of his future – and of his correspondent’s. This coefficient of creativity and imagination is like an élan that the fictional letter needs only to extend and multiply, as obviously Rousseau and Richardson will in their epistolary novels.66

Per quel che riguarda il Seicento, una prima fonte di ispirazione per la rappresentazione di scambi epistolari fu il costume contemporaneo. La crescente alfabetizzazione e la graduale organizzazione di sistemi postali pubblici avevano promosso, a partire dal Rinascimento, l’estensione della pratica epistolare a segmenti della popolazione che precedentemente ne erano stati esclusi, mentre l’incremento delle occasioni di lontananza, come viaggi o guerre, aveva reso la comunicazione scritta una necessità sempre più sentita.67 Il romanzo, come specchio idealizzante della realtà seicentesca, non poteva che registrare e nobilitare un’attività diventata comune tra le persone educate dell’epoca.

La spinta più forte all’inserimento di lettere nel racconto giunse però, più che dall’osservazione della vita quotidiana, dall’imitazione della narrativa del passato e dall’esempio di altre letterature europee. Tre diverse esperienze, il romanzo ellenistico, la novellistica italiana e il romanzo eroico-galante francese, influenzarono lo sviluppo del romanzo italiano barocco e fornirono agli autori italiani un modello di impiego delle lettere nell’ambito del racconto.

La riscoperta della narrativa alessandrina era avvenuta nel Cinquecento. Storie come le Etiopiche di Eliodoro, oltre a godere di un enorme successo, divennero punti di riferimento essenziali e furono saccheggiate da stuoli di imitatori, che se

66 G

UILLÉN CLAUDIO, Notes toward the Study of the Renaissance Letter, in Renaissance Genres.

Essays on theory, history, and interpretation, a cura di Barbara Kiefer Lewalski, Cambridge,

Massachusetts and London, Harvard University Press, 1986, p. 85.

67

TIZIANA PLEBANI, Il “genere” dei libri. Storie e rappresentazioni della lettura al femminile e al

maschile tra Medioevo ed età moderna, Milano, Franco Angeli, 2001, pp. 188-191; ANTONIO

CASTILLO GÓMEZ, Entre la pluma y la pared. Una historia social de la escritura en los siglos de

ne servirono come fonte inesauribile di situazioni e meccanismi di sicura efficacia.68 La diffusione di nuove traduzioni degli Amori di Leucippe e Clitofonte e di quelli di Dafni e Cloe favorì l’associazione della forma romanzo ad alcune situazioni topiche quali l’amore ostacolato di due giovani innocenti, l’improvviso rovescio di fortuna, la tempesta inattesa e l’agnizione risolutiva, riprese nel romanzo barocco.69 Il modello alessandrino incoraggiò anche l’inserimento di lettere nella trama, su imitazione di tante traduzioni comprendenti brani epistolari di non secondaria rilevanza: se ne trovano nelle Babyloniaca di Giambico, in

Cherea e Calliroe di Caritone, nella Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio e in

molti altri.70 Nel suo ammirevole saggio sulla narrativa epistolare antica, Patricia Rosenmeyer ha condotto un’analisi esauriente delle diverse funzioni delle lettere all’interno del romanzo antico, giungendo a dimostrare in che modo gli scrittori se ne servissero sia in qualità di motore della trama, sia per rappresentare in maniera incisiva le emozioni dei protagonisti.71 Molte delle funzioni identificate dalla studiosa furono applicate senza sostanziali variazioni anche nella narrativa seicentesca: lettere persuasive e lettere ingannevoli, lettere perdute oppure intercettate dalla persona sbagliata, lettere d’addio o di riconciliazione furono un elemento familiare sia ai lettori dell’antichità che a quelli del XVII secolo.

Altro stimolo importante per gli autori barocchi provenne dalla tradizione narrativa italiana, sia in prosa che in versi, del Medioevo e del Rinascimento, che si affiancò a quella alessandrina nell’indicare la strada della commistione con l’epistolografia.

68 G

IOVANNI RAGONE, Leggere un romanzo barocco. Scritto e seriale, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa – Classe di Lettere e Filosofia”, Serie III, vol. XXIII, 2, 1993, p. 497.

69

A.N. MANCINI, Romanzi e romanzieri del Seicento, Napoli, Società editrice napoletana, 1981, p. 130.

70 C.E. K

ANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., pp. 8-9.

71 P.A. R

L’Italia medievale fu un luogo propizio tanto allo sviluppo della novellistica quanto a quello dell’epistolografia. Italiana fu la prima ars dictaminis in lingua volgare, compilata da Guido Faba: l’operazione era ancora priva di interessi artistici e mirava esclusivamente a fornire un manuale d’uso, non un libro di lettura,72 ma si rivelò fondamentale per l’istituzione di quell’epistolografia italiana che alcuni secoli più tardi avrebbe influenzato la cultura di tutta Europa. Molti tentativi di commistione avvennero nell’ambito della novellistica, altra specialità italiana, e condussero a modalità diverse di interazione tra lettera e testo. Oltre al tipo della lettera incastonata nella narrazione, furono prodotti esempi opposti di novelle inserite dentro a un componimento epistolare, come nel caso delle Novelle (1424) di Gentile Sermini da Siena, incorniciate da una lettera dell’autore indirizzata al fratello. Variante di questa opzione fu quella proposta da Masuccio Salernitano nel Novellino (1476), caratterizzata da brani epistolari a commento delle singole novelle e ripresa nel Cinquecento da Matteo Bandello.73 L’Elegia di

Madonna Fiammetta (1343-1344) di Giovanni Boccaccio adottò la forma della

lettera/lamento per raccontare la triste vicenda della protagonista, recuperando in parte la forma e la tematica delle Heroides ovidiane e declinando in chiave elegiaca alcuni schemi drammatici della narrativa cortese.74

L’intersezione più comune era però quella costituita dalla presenza di lettere attribuite ai personaggi e inserite nella narrazione, come se ne trovano di frequente nelle opere del Boccaccio – Teseida, Filostrato e Filocolo in testa,75 ma stranamente non il Decameron. Raffaele Morabito nota che, accanto a temi di carattere politico, la lettera si specializzò in questo periodo nella rappresentazione

72 L. M

ATT, Teoria e prassi dell’epistolografia italiana, cit., p. 11.

73

S.S. NIGRO, La narrativa in prosa, cit., pp. 415-416.

74 L

UIGI SURDICH, Boccaccio, Roma-Bari, Editori Laterza, 2001, pp. 76-80.

75 G

IUSEPPE CHIECCHI, Narrativa, «amor de lohn», epistolografia in Boccaccio, «Studi sul Boccaccio», XII, 1980, pp. 175-195.

delle diverse fasi dell’amore, concentrandosi soprattutto sul momento iniziale della seduzione. Le carte scambiate tra gli innamorati erano un banco di prova importante per gli autori, che consentiva loro al tempo stesso di esibire le propria abilità, introdurre svolte nella trama e delineare le sfumature psicologiche legate ai diversi sentimenti coinvolti.76 Con l’Historia de duobus amantibus (1444), prototipo della storia di seduzione per via epistolare,77 Enea Silvio Piccolomini diede una sistemazione organica agli sparsi tentativi degli autori precedenti e consegnò alla storia della letteratura un archetipo capace di esercitare il proprio ascendente anche a secoli di distanza. L’intuizione del futuro papa Pio II fu quella di riunire in un’unica vicenda alcuni topoi della narrativa e della trattatistica erotica cortese, legandoli per mezzo di un massiccio ricorso agli inserti epistolari. La scelta del soggetto dipese, a detta dell’autore, dall’intento edificante dell’opera, che era quello di distogliere i giovani dai pericoli dell’amore passionale. Piccolomini spiegò di avere preferito alle materie antiche una storia moderna, realmente accaduta nella città di Siena, per rendere più facile l’identificazione dei lettori nelle vicende di Eurialo e Lucrezia e aumentare così l’efficacia del proprio messaggio.78 Gli obiettivi di Piccolomini andavano però ben oltre l’educazione morale del pubblico, talvolta persino in direzione opposta. L’amore tragico di Eurialo e Lucrezia, «incredibile e meraviglioso», più che mettere in guardia sui rischi della passione, invitava i lettori a simpatizzare con i protagonisti e a imparare da loro come diventare perfetti amanti. La scelta di un soggetto contemporaneo può essere perciò interpretata anche come un modo per indicare l’effettiva utilità delle soluzioni proposte, conformi ai costumi del tempo e alla portata di persone reali. Attraverso l’esempio di Eurialo, Piccolomini forniva

76 R. M

ORABITO, Lettere e letteratura, cit., pp. 51-58.

77 L. V

ERSINI, Le roman épistolaire, cit., p. 13.

78 E

indicazioni pratiche, mostrando come superare gli ostacoli che verosimilmente avrebbe potuto incontrare un cavaliere di città: spiegava come recapitare una lettera, come reagire a un iniziale rifiuto, come respingere gli argomenti della prudenza e come dissuadere da reazioni eccessivamente eclatanti. Lucrezia era invece il modello di comportamento offerto alle donne, cui illustrava cosa fare nelle diverse situazioni che potrebbero presentarsi nel corso di una storia d’amore. Una parte considerevole dell’apprendistato era affidata alle lettere dei personaggi, il che faceva dell’Historia, come suggerito dall’autore, un trattato79 travestito da racconto, al cui interno si nascondeva una specie di manuale di corrispondenza amorosa.

La novella di Eurialo e Lucrezia conobbe un enorme successo sia in Italia che all’estero: alla prima stampa del 147780 seguirono per tutto il Cinquecento una quarantina di edizioni dell’originale latino e innumerevoli volgarizzamenti.81 Diversi fattori concorsero a consolidare la fortuna dell’opera presso il pubblico, tra cui non ultimi l’identità dell’autore e l’argomento lascivamente patetico.82 Centrale nel catalizzare l’interesse dei lettori fu però la presenza, in funzione polivalente, delle lettere. Che fosse questa una delle attrattive del testo lo dimostra la scelta, presto imitata da stampe italiane e straniere, di aggiungere al titolo latino voluto dall’autore l’indicazione Cum multis epistolis amatoriis.83 Evidentemente i librai sapevano che la precisazione avrebbe aumentato le loro vendite, al punto da spingere uno stampatore veneziano a intitolare Epistole di due amanti l’edizione 1521: la storia aveva finito per identificarsi con la sola corrispondenza tra i due

79Ivi, p. 12. 80 C.E.

KANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., p. 39.

81

A. QUONDAM, Dal “formulario” al “formulario”, cit., p. 118.

82 M

ARIA LUISA DOGLIO, L’arte delle lettere. Idea e pratica della scrittura epistolare tra Quattro e

Seicento, Bologna, Il Mulino 2000, p. 13.

protagonisti.84 Il fenomeno Piccolomini in Italia cominciò a scemare intorno agli anni Trenta del Seicento, mentre nel resto d’Europa, specialmente in Germania e Inghilterra, ristampe e nuove traduzioni continuarono a susseguirsi fino a tutto il Settecento.85

Gli autori dei romanzi in prosa composti nel Cinquecento proseguirono lungo la scia lasciata da Piccolomini inserendo nelle loro opera quantità variabili di lettere. Charles Kany cita come esempi di narrativa semiepistolare italiana del XVI secolo il Peregrino di Iacopo Caviceo, scritto nel 1508 ma pubblicato nel 1533, e La Pazzesca pazzia degli uomini e donne di corte innamorati ovvero il

Cortigiano disperato di Gabriele Pascoli dato alle stampe nel 1592,86 testi in cui le lettere contribuiscono sia alla creazione della trama che alla rappresentazione dei sentimenti dei personaggi. La vera novità del Cinquecento fu quella di tentare per la prima volta di organizzare i libri di lettere secondo una logica narrativa, con risultati strutturalmente non dissimili da quelli del romanzo epistolare moderno. Precursori in questo campo furono gli spagnoli, che nel 1548 diedero alle stampe il Processo de cartas de amores que entre dos amantes pasaron di Juan de Segura (1548), ritenuto dagli studiosi il primo romanzo epistolare della storia della letteratura.87 Gli italiani seguirono pochi anni dopo, pubblicando nel 1563 le

Lettere amorose di Alvise Pasqualigo, il cui titolo completo - Delle Lettere amorose libri due ne’ quali leggendosi una istoria continuata d’uno amor fervente di molti anni tra due nobilissimi amanti, si contien ciò che può in questa materia a qualunque persona avvenire - poneva l’accento sulla novità della

84 C.E.

KANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., p. 40.

85

M.L. DOGLIO, L’arte delle lettere, cit., p. 28 n. 8.

86 C.E.

KANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., pp. 64-68.

87 F. J

OST, L’evolution d’un genre, cit., p. 120. Il Processo de cartas fu pubblicato in Italia nel 1553, a Venezia.

disposizione narrativa, inedita per un manuale di corrispondenza galante.88 In realtà qualche precedente c’era stato: l’Opera amorosa ovvero Rifugio d’amanti di Giovanni Antonio Tagliente (1527), le Lettere amorose di Girolamo Parabosco (1545) e quelle di Madonna Celia (1562) sono tutte raccolte nelle quali è possibile riconoscere la presenza di brevi nuclei narrativi derivati dall’accostamento di due o più lettere.89 Nonostante le somiglianze con opere più tarde, né Pasqualigo né Juan de Segura influenzarono direttamente la narrativa della loro epoca o quella di epoche successive.90

Il terzo fattore che influenzò la formazione di una narrativa semiepistolare in Italia fu l’esempio delle letterature straniere. Gli storici hanno osservato che i primi vent’anni del Seicento furono caratterizzati da un atteggiamento ricettivo da parte dell’editoria locale nei confronti della produzione estera. Si pubblicava poco, ma si traduceva moltissimo, specialmente dal francese e dallo spagnolo.91 Dalla Francia arrivarono i romanzi del padre Camus, destinati a influenzare in particolar modo l’area ligure,92 ma anche l’Astrea di D’Urfé, l’Argenide di Barclay e la Caritea di Gomberville.93 Il contributo spagnolo riguardò prevalentemente l’area della novella, nella versione rinnovata da Cervantes della

novela ejemplar.94 Gli scrittori italiani studiarono, adattarono, emularono.

Il diluvio di romanzi e novelle straniere piovuto in Italia nel corso degli anni Venti fu anche un diluvio di lettere e biglietti incastonati nei testi. Nell’Astrea, ad esempio, se ne contano ben 129, inserite con il duplice intento di movimentare la

88 C.E.

KANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., pp. 73-75.

89 R. M

ORABITO, Lettere e letteratura, cit., pp. 109-119.

90 F. J

OST, L’evolution d’un genre, cit., p. 120.

91

MARTINO CAPUCCI, Introduzione a Romanzieri del Seicento, Torino, UTET, 1974, p. 13; DONATELLA CAPALDI e G. RAGONE, La novella barocca: un percorso europeo, in La novella

barocca, con un repertorio bibliografico, a cura di Lucinda Spera, Napoli, Liguori, 2001, pp. 205-

209.

92

S.S. NIGRO, La narrativa in prosa, cit., p. 433.

93 M

ARCO FANTUZZI, Meccanismi narrativi nel romanzo barocco, Padova, Editrice Antenore, 1975, pp. 14-15.

94 D. C

storia con elementi patetici e svolte inattese,95 e di insegnare i segreti dell’arte epistolare;96 numerose anche le lettere contenute in romanzi più tardi come il

Grand Cyrus (117) e la Clélie (121).97 La chiave del successo di queste forme miste fu, come nell’Historia di Piccolomini, la capacità di istruire attraverso un piacevole intrattenimento. Scrive Kany:

In the first part of the XVIIth century, the letters served as models of epistolary gallantry in the furtherance of love suits. If one wished to pay a pretty compliment, to pen a reproach, to propose according to the best usage, the letters in the Astrée were excellent guides.98

Con il passare del tempo l’impiego di lettere nel romanzo francese assunse proporzioni sempre maggiori, diventando qualitativamente sempre più raffinato e capace di fondere con maggiore armonia i brani epistolari nel contesto narrativo.99 L’interesse seicentesco verso le forme miste di lettere e racconto spinse imitatori e traduttori italiani a rivolgere la propria attenzione verso l’opera di autori non solo francesi ma anche spagnoli, come i contemporanei Tirso da Molina e Castillo Solórzano100 o altri vissuti nei secoli passati. Il quattrocentesco

Tractado de amores de Arnalte y Lucenda fu rielaborato da Girolamo Brusoni e

stampato nel 1654 col titolo de L’Amante maltrattato, mentre la traduzione di Lelio Manfredi della Carcel de amor di Diego de San Pedro conobbe una ristampa nel 1621.

Benché cresciuto all’ombra di esperienze straniere, l’intreccio tra epistolografia e narrativa nell’Italia del Seicento non può essere considerato un semplice fenomeno di importazione, trattandosi da una parte della rielaborazione

95 L. V

ERSINI, Laclos et la tradition, cit., p. 246.

96 L. V

ERSINI, Le roman épistolaire, cit., p. 23.

97

H. COULET, Le style imitatif, cit., p. 3.

98 C.E.

KANY, The Beginnings of the Epistolary Novel, cit., p. 84.

99Ivi, pp. 84-91. 100Ivi, p. 91.

di tradizioni autoctone e dall’altra di un’emulazione attiva di formule provenienti da altri Paesi. Adottando l’ottica della convergenza al posto di quella della dipendenza,101 giustificata dall’autonomia della nostra cultura e dal suo rapporto di parità con quelle straniere, lo sviluppo di una narrativa semiepistolare può essere interpretato come partecipazione dell’Italia a un movimento paneuropeo di esplorazione delle potenzialità retoriche della lettera,102 avvenuto principalmente in ambito letterario, ma aperto anche ad altre forme di espressione artistica.103