Fisica ingenua: Tra teoria e pratica
II. L A FISICA INGENUA IN TEORIA E PRATICA
Il nostro esperimento si propone di testare questa attitudine dell’essere umano che, nonostante un’educazione scientifica, seppure di base, torna sempre a risolvere i torna sempre a risolvere i problemi esposti con carta e penna nei termini di fisica ingenua; tranne poi ricorrere a conoscenze sensomotorie che migliorano sensibilmente la sua prestazione davanti ad un compito pratico che istanzia una situazione analoga a quella presentata in forma cartacea, e non denota un miglioramento nella prestazione teorica nonostante la positiva esperienza empirica.
A. Descrizione della procedura: parte teorica
Per corroborare empiricamente quanto detto sopra abbiamo sottoposto ad un campione di 50 soggetti8 un breve questionario contenente 15 piccoli problemi di fisica; tra gli altri, anche il seguente esempio che chiama in causa le stesse nozioni da applicare nell’eseguire la seconda parte dell’esperimento all’atto pratico :
Un uomo gira su se stesso con in mano un filo alla cui estremità è attaccata una palla di ferro. Nel punto P il filo si spezza.
Quale direzione seguirà la palla di ferro? ( A , B , C , D , E )
8
47
Figura 1: Le direzioni possibili che una palla d’acciaio lasciata nel punto P può seguire in seguito ad un moto circolare
Chiunque conosca un po’ di fisica saprà dire subito che la risposta esatta è la B, poiché è la traiettoria che corrisponde alla tangente alla circonferenza formata dal movimento della palla. Riportiamo nel grafico la percentuale per ciascuna risposta alla domanda illustrata dalla figura 1.
Figura 2: percentuale di risposte alla domanda citata sopra. La percentuale di risposte corrette B è stata del 28%
La percentuale media di risposte corrette a tutti e 15 i quesiti presenti nel questionario tra tutti i 50 soggetti è stata invece del 26%. Tenendo presenta che la media delle risposte corrette ai 15 quesiti è del 26% e che la prestazione alla domanda sulla traiettoria della palla di ferro è del 28% possiamo affermare che in media i soggetti hanno presentato una scarsa conoscenza delle leggi della fisica e che tale situazione è valida anche per il lancio della palla
.
B. Descrizione della procedura: parte pratica
Una volta riempito il questionario, è stato chiesto ai soggetti coinvolti di eseguire un compito pratico che presenta una situazione isomorfa a quella in figura 1 ed illustrata nelle figure 3, 4, 6, 7. Ai soggetti è stata consegnata una palla, legata ad un piccolo spago ed è stato loro richiesto di colpire una bottiglia posta dinnanzi a loro, come in figura 3.
Ogni partecipante aveva a disposizione tre lanci in ognuno dei quali doveva cercare di colpire la bottiglia:
Figura 3: La modlità secondo la quale si svolge l’esperimento: il soggetto deve roteare la palla e lasciare lo spago in modo che questa colpisca la bottiglia. Ogni soggetto aveva tre tentativi a disposizione.
48
L’attività dei soggetti durante lo svolgimento di questa prova era videoregistrata da una posizione fissa, ed è stato quindi possibile osservare il punto in cui essi lasciavano andare la palla e dunque risalire al tipo di principio che stanno
applicando e confrontarlo con quello espresso prima e, come vedremo in seguito, dopo l’esperimento. Adattando le
possibilità descritte in figura 1 al compito che i soggetti hanno svolto nella pratica è stato possibile individuare cinque possibili modi corrispondenti. Le possibilità A, B, C, D ed E della prova teorica quindi diventano nella prova pratica pratica A’, B’. C’. D’, E’ illustrate nella figura 4.
Figura 4: i vari punti in cui è necessario lasciar andare la palla a seconda del principio che si tenta di applicare.
Nella figura 5 viene riportata la distribuzione dei lanci secondo l’applicazione di ciascun principio espresso nella figura 4. I lanci considerati sono riportati in percentuale.
Figure 5: Distribuzione dei lanci in percentuale a seconda del punto nel quale lo spago è stato lasciato. Abbiamo considerato tutti e tre i lanci compiuti da 50 soggetti.
C. Descrizione della procedura: confronto tra la parte teorica prima e dopo il lancio
Dopo l’esecuzione pratica è stato chiesto nuovamente al soggetto di rispondere alla domanda precedentemente illustrata e corrispondente al compito pratico appena portato a termine e a cui aveva già dato una risposta nella compilazione del questionario nella fase 1. La domanda veniva posta ripresentando lo stesso schema e testo che il partecipante aveva già incontrato. I risultati sono riportati nella figura 6.
49
Soggetto n. RP RD Soggetto 1 C C Soggetto 2 B C Soggetto 3 E E Soggetto 4 D D Soggetto 5 B B Soggetto 6 A A Soggetto 7 B B Soggetto 8 B B Soggetto 9 C C Soggetto 10 A B Soggetto 11 C C Soggetto 12 C C Soggetto 13 B B Soggetto 14 A A Soggetto 15 D D Soggetto 16 B B Soggetto 17 A A Soggetto 18 E E Soggetto 19 B B Soggetto 20 C C Soggetto 21 A A Soggetto 22 A A Soggetto 23 C C Soggetto 24 C A Soggetto 25 E E Soggetto 26 D D Soggetto 27 C C Soggetto 28 A A Soggetto 29 B B Soggetto 30 C C Soggetto 31 B B Soggetto 32 E E Soggetto 33 A A Soggetto 34 C C Soggetto 35 B B Soggetto 36 E E Soggetto 37 D D Soggetto 38 B B Soggetto 39 A A Soggetto 40 E E Soggetto 41 B B Soggetto 42 C C Soggetto 43 A A Soggetto 44 E B Soggetto 45 C C Soggetto 46 B B50
Soggetto 47 E E Soggetto 48 D D Soggetto 49 B C Soggetto 50 E E
Figura 6 I dati illustrano la differenza tra le risposte alla domanda illustrata in figura 1 prima della prova pratica (RP) e le risposte alla stessa domanda in seguito allo svolgimento della prova pratica stessa (RD).
Lo scopo è quello di vedere se esiste una contraddizione tra il tipo di leggi che i soggetti “conoscono” e quelle che applicano. Riproporre la stessa domanda dopo l’esperimento serve a capire se i soggetti hanno una reale percezione di
quello che fanno, ovvero se riescono ad utilizzare il comportamento che hanno tenuto come strumento per rispondere
correttamente alla domanda.
III. DISCUSSIONE
I risultati ottenuti nelle tre prove, le due risposte alle stesso quesito sul comportamento della palla e la prova di lancio della palla in condizioni analoghe a quelle del quesito, sono state confrontate per mezzo di una Contingency Table per confrontare le frequenze attese con quelle reali.
L’analisi statistica ha evidenziato una differenza significativa tra le tre condizioni (test di Chi Quadro, df 8; p <=0.0426). Una differenza dovuta alla diversa distribuzione delle risposte tra la condizione Teorica e quella Pratica considerato che nei test successivi non risulta significativo il confronto fra le due prove Teoriche (test di Chi Quadro, df 4; p <=0.9954), essendo le distribuzioni di risposte sostanzialmente identiche. Mentre risultano significative entrambi i confronti tra la situazione pratica e quelle teoriche (Pratica vs Prima Teorica: test di Chi Quadro, df 4; p <=0.0185; Pratica vs Seconda Teorica: test di Chi Quadro, df 4; p <=0.0177).
E’ inoltre interessante notare come tra le due prove “carta e penna” intervallate dalla prova pratica inerente una istanza concreta del problema di fisica proposto non avvenga una variazione delle risposte correlata positivamente con la scelta B, ovvero la scelta che rappresenta la risposta corretta.
onfrontiamo adesso tre aspetti: 1) la risposta data al problema poi affrontato nella prova pratica; 2) il comportamento tenuto durante la prova; 3) la risposta data alla medesima domanda dopo la prova.
Benché solo il 28% abbia risposto correttamente alla domanda nel questionario, oltre il 49% dei lanci sono avvenuti applicando il giusto principio. Ciò mostra come le persone siano propense ad applicare principi corretti ma apparentemente non in grado di esprimerli di fronte ad una domanda teorica Avendo l’opportunità di rispondere nuovamente alla domanda solo il 10% dei partecipanti ha modificato la propria risposta, ma l’aspetto più notevole è che tale cambiamento e non in funzione del principio che essi hanno applicato durante l’esperimento. E’ inoltre interessante notare che nel corso della prova pratica lanci eseguiti applicando il giusto principio B sono gli unici che hanno portato i soggetti a colpire la bottiglietta, ma che per mancanza di forza o mira ciò è avvenuto solo raramente 20% e che il principio B è stato applicato almeno una volta dall’80% dei soggetti in uno dei tre lanci a loro disposizione. Nonostante la scarsa conoscenza della fisica quindi quasi tutti hanno dimostrato di saper applicare il principio corretto. Da notare che quello più utilizzato dopo il B è stato il principio C: è possibile immaginare che i soggetti lanciassero da questa posizione perché sovrastimavano l’azione dell’attrito dell’aria e del peso della palla e si aspettassero che questa avrebbe assunto una traiettoria parabolica ben prima di quanto ciò avvenisse in realtà.
51
Figure 7 Lancio effettuato secondo il principio C
IV. CONCLUSIONI
Le nozioni che sono parte della fisica ingenua non hanno validità scientifica, eppure esse sono radicate negli esseri umani molto prima che la scienza sia studiata, sia dal punto di vista teorico che da quello fenomenologico. Come è stato mostrato recentemente, fin dall’età infantile gli esseri umani riescono ad attribuire agli oggetti che si muovono per effetto della forza la presenza di un agente esterno (Saxe, Tenenbaum, & Carey, 2005). Questo significa possedere la capacità di distinguere tra moti intenzionali e moti naturali, apprendendo attraverso l’esperienza. Ciò conferma alcune delle tesi di Bozzi, infatti “una teoria del moto come “impeto”, se incorporata nel nostro sistema visivo, ci permette di cogliere in modo più immediato la distinzione tra moti naturali ed intenzionali (e quindi provenienti da una fonte potenzialmente ostile). Queste capacità non vengono innescate dall’apprendimento, cioè dalla progressivo controllo di come vanno le cose nel mondo esterno. Al contrario si tratta di un modulo innato ed, in chiave evoluzionistica, […] di strumenti alla base di modi di interpretare il mondo esterno che un tempo erano più adattivi” (Legrenzi, 2007). Queste posizioni sono però oltre lo scopo del nostro esperimento dato che se davvero la fisica ingenua deve essere interpretata come un portato dell’evoluzione culturale è difficile conciliare l’idea che le discrepanze con la scienza fisica siano maggiori sul piano teorico che su quello pratico.
Ciò che di certo la fisica ingenua può fare, invece, è dare un contributo fondamentale nell’educazione scientifica. Infatti, se studiare significa introdurre nuove informazioni in grado di distruggere gradualmente la coerenza interna dei saperi ingenui fino a farli diventare compatibili con le teorie scientifiche, più sarà chiaro il rapporto tra le due forme di conoscenza più semplice sarà l’apprendimento.
La gran parte degli studi sulla fisica ingenua è avvenuta nell’ambito di una psicologia cognitiva che ammetteva una via finale comune a tutte le di forme conoscenza potenzialmente producibili dall’attività umana. Tale posizione era una diretta conseguenza dell’assunto che l’attività cognitiva passava necessariamente dalla traduzione delle esperienze sensomotorie in rappresentazioni “mentali” separate dalle componenti psicologiche più periferiche. A quest’ultime era tuttalpiù riconosciuto un ruolo come conoscenze procedurali, con allegata tutta la sterile diatriba tra conoscenze implicite ed esplicite, dove per esplicite, per molti, erano considerate solo quelle verbalizzabili. Sarebbe molto più utile riconoscere la natura situata della cognizione umana dove le diverse modalità e opportunità di interazione con l’ambiente e la differente mediazione degli artefatti producono esperienze psicologiche diverse. L’irrudicibilità reciproca di tali esperienze non sarebbe un limite bensì il modo per favorire il conceptual change (Nersessian, 2008) e quindi la crescita della conoscenza.
RIFERIMENTI [1] Bozzi, P. (1990). Fisica ingenua. Garzanti.
[2] Bruner, J. (1986). Actual minds, possible worlds. Harvard Univ Pr.
[3] Lave, J. (1988). Cognition in practice: Mind, mathematics, and culture in everyday life. Cambridge Univ Pr. [4] Legrenzi, P. (2007). Paolo Bozzi: una biografia intellettuale (ed il tema dei saperi ingenui).
[5] McBeath, M. K., Brimhall, S. E., Miller, T. S., & Holloway, S. R. (2010). The Na\ïve Physics Curvilinear Impetus Bias does not Occur for Locomotion. Journal of Vision, 10(7), 1021.
[6] Nersessian, N. J. (2008). Mental modeling in conceptual change. International handbook of research on conceptual change, 391–416. [7] Saxe, R., Tenenbaum, J. B., & Carey, S. (2005). Secret Agents. Psychological Science, 16(12), 995.
[8] Vosniadou, S. (2002). On the nature of naïve physics. Reconsidering conceptual change: Issues in theory and practice, 61–76. [9] Vygotsky, L. (1978). Mind in society. Harvard University Press.