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Incorporamento e dual system theories

Gianluca Consoli

Gianluca Consoli, University of Tor Vergata, Rome (e-mail: [email protected]).

Abstract— Incorporare la cognizione significa riconoscere che l'affetto non è solo un fenomeno di basso livello. Al

contrario, i dati sperimentali suggeriscono che l'informazione affettiva può ricoprire un ruolo indispensabile anche in processi come l'anticipazione, il ragionamento, il controllo. In questo quadro, il sistema deliberativo affect-free delle dual system theories si rivela un'astrazione fuorviante.

Index Terms— incorporamento, dual system theories, affetto, rifunzionalizzazione I. INTRODUZIONE

Un modo molto diffuso di concepire in generale la cognizione è quello delle cosiddette dual system theories, per le quali vi sono due sistemi cognitivi, cioè due tipologie di processi cognitivi. Un sistema è costituito dai processi automatici, rapidi, associativi, paralleli, spontanei, senza sforzo etc. L’altro dai processi controllati, lenti, seriali, intenzionali, con sforzo etc. Non solo le dual system theories sono state applicate in molti campi delle scienze cognitive, ma vi è un ampio consenso sulle caratteristiche generali dei due sistemi, dai primi modelli (1) ai più recenti (2).

Anche se non viene sempre esplicitato, per gli stessi sostenitori delle dual system theories la distinzione non ha uno statuto ontologico, ma ha il valore di una semplificazione euristica. Tuttavia questa distinzione, invece di aiutare a comprendere, spesso rischia di confondere. Tale rischio è evidente a proposito di una delle caratteristiche più rilevanti delle dual system theories e presente in tutti i modelli: il primo sistema sarebbe affect-driven, il secondo affect-free. Questa contrapposizione è troppo semplicistica. In particolare, un sistema affect-free rischia di essere una finzione fuorviante. Infatti, se è noto da tempo che l’informazione affettiva esercita una profonda influenza sin dalle prime fasi della percezione, i dati più recenti rivelano un ruolo sempre più ampio dell’affetto nei processi cognitivi alti.

A tale proposito, la tesi argomentata in questo contributo, e corroborata in riferimento ad alcuni dati sperimentali cruciali, è la seguente: per quanto il sistema affettivo sia anteriore allo sviluppo della mente linguistica e razionale, l’affetto non è solo un fenomeno di basso livello, che serve a fornire una valutazione immediata di stimoli esterni presenti qui e ora. Al contrario, rifunzionalizzato attraverso l’interazione con i processi cognitivi alti, contribuisce in modo decisivo alle prestazioni della mente più complesse.

II. AFFETTO COME INFORMAZIONE INCORPORATA

Come è noto, intorno al binomio “cognizione/affetto” è in corso una lunga disputa che dura da decenni. Per anni, in relazione agli esperimenti sull’affective priming, che rivelano preferenze senza inferenze, si è discusso se l’affetto preceda o meno la cognizione. Attualmente, in relazione agli esperimenti condotti con le tecniche di neuroimaging, che mostrano il sovrapporsi dei sostrati neurali, si discute se l’affetto sia distinguibile o meno dalla cognizione (3).

La disputa in corso è per larga parte esclusivamente semantica, ossia è prodotta dalle assunzioni sui termini in gioco. Va segnalato, inoltre, che nella comunità delle scienze cognitive vi è un ampio consenso nel concepire l’affetto come un tipo specifico di informazione, distinta tanto dall’informazione simbolica e proposizionale, quanto dalle altre forme di informazione subsimbolica, come quella percettiva e quella motoria. In particolare, nella sua forma prototipica l’affetto di base (core affect) mostra le seguenti proprietà (4).

7. È prodotto dal costante flusso di alterazioni nell’ambiente interno, lo stato neurofisiologico e somatoviscerale dell’organismo. L’affetto, perciò, è incorporato, ossia è fondato in un sostrato somatico.

8. Le alterazioni nell’ambiente interno sono innescate dal flusso degli eventi che si realizza nell’ambiente esterno. Per questo l’affetto è intenzionale: si riferisce allo e informa sullo stimolo ambientale, evento, oggetto, situazione, che lo ha attivato.

9. L’informazione relativa al mondo esterno è tradotta in uno stato interno che indica se lo stimolo ha un valore positivo o negativo (rinforzo/punizione) e se richiede una reazione di attrazione o repulsione.

10. Se accede alla coscienza, l’informazione affettiva produce un effetto soggettivo, ossia è fenomenicamente esperita come sentimento di piacere o dispiacere, più o meno attivante (arousing).

Come si evince dalla definizione proposta, l’intenzionalità dell’affetto è strettamente connessa con l’informazione proveniente dai pattern di cambiamento del corpo. Poiché questi sono causati da condizioni contestuali attivanti, la loro

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propriocezione rappresenta anche queste stesse condizioni contestuali, ovviamente senza impiegare concetti o descrizioni. La percezione del corpo, cioè, è al tempo stesso anche percezione attraverso il corpo. Si precisa meglio, allora, in che senso l’affetto è informazione incorporata non cognitiva. La sua elaborazione può non avere alcuna relazione con quelli che vengono considerati come processi cognitivi paradigmatici, quali per esempio i processi linguistici, inferenziali, deliberativi. Prodotta da un sistema che precede la ragione linguistica, l’informazione affettiva può operare senza essere sviluppata in una rappresentazione semantica estesa e precisa, senza avere referenti concettuali diretti, senza essere tradotta in contenuti astratti, in modo tale che sia contenuta in reazione somatoviscerali e sia codificata nell’esperienza soggettiva.

III. EARLY/LATE ACCESS

La funzione primaria dell’affetto come informazione incorporata è fornire una valutazione elementare dello stimolo. Questa tipologia di valutazione (affective appraisal) si distingue tanto dai riflessi, in cui l’input non viene apprezzato in termini valoriali (5), quanto dalla valutazione razionale (cognitive evaluation), costituita da credenze sui mezzi disponibili per raggiungere uno scopo (6).

A proposito delle prime fasi di elaborazione degli stimoli, i dati recenti, ottenuti soprattutto con le tecniche di neuroimaging, confermano i seguenti punti:

1. Gli stimoli affettivi sono elaborati in modo rapido e automatico, anche con una presentazione subliminale (ma vedi 7).

2. L’informazione affettiva modula l’attenzione, la categorizzazione e la memorizzazione, facilitando ciascuno di questi processi. Abbassa la soglia dell’attenzione, assicura una decodifica accurata grazie a un’attivazione maggiore delle cortecce sensoriali, garantisce un consolidamento della memoria, quantomeno nella quantità e nella vividezza del ricordo (8).

3. L’accesso all’informazione nella memoria è coerente con lo stato affettivo in corso (9).

Il punto centrale, però, che il presente contributo vuole mettere in luce è il seguente: un’evidenza empirica sempre più ampia mostra che l’informazione affettiva ha un ruolo importante anche nel late access, nell’elaborazione successiva degli stimoli, contribuendo all’implementazione di funzioni complesse come l’anticipazione, il ragionamento, il controllo.

4. Anticipazione. L’anticipazione delle risposte affettive costituisce una componente essenziale con cui viene realizzato il feedback simulativo, dispositivo con cui si sviluppa il ragionamento sugli scenari futuri e la presa di decisione. Un’ampia conferma proviene dagli studi sul rimpianto anticipato, che non solo ha un forte peso nel calcolo decisionale, ma costituisce addirittura un meccanismo generale attivato dai soggetti per assicurarsi dell'accuratezza della scelta (10).

5. Ragionamento. Il ruolo dell’affetto nel ragionamento euristico è stato riconosciuto da tempo e da diverse prospettive (tra le etichette più note: affect referral; choosing by liking; “how-do-I-feel-about-it” heuristic,

affective heuristic). Alcuni dati sperimentali suggeriscono che l’informazione affettiva interviene anche

nell’interpretazione di eventi sociali complessi, inusuali, atipici, che richiedono uno stile di ragionamento aperto e costruttivo, con un’ampia ricerca in memoria per conferire significato allo scenario. In questo senso, pensare di più può comportare una maggiore influenza dell’affetto (11).

6. Controllo. L’informazione affettiva interviene nei processi metacognitivi, come mostrano i dati sperimentali sui

noetic feelings (o anche knowing feelings, feelings-of-knowing). È noto che i processi di elaborazione sono

accompagnati da alcuni parametri interni, simili a quelli dell’euristica della disponibilità (accessibilità dell’informazione, rapidità con cui viene alla mente etc.). Questi parametri determinano la facilità (ease) e la fluidità (fluency) dell’elaborazione, marcate positivamente in quanto associate con i progressi nell’identificazione e nella categorizzazione dello stimolo. Questa esperienza soggettiva funziona come indizio/dato sullo stato della conoscenza dell’individuo e viene usata in alcune tipologie di metagiudizi relativi all’apprendimento, alla memoria, alla performance (12).

IV. CONCLUSIONE

In virtù dell’interazione con la mente linguistica, razionale e cosciente, i meccanismi associativi e automatici del sistema affettivo vengono condotti a operare sui livelli più elevati della cognizione (immagini, credenze simboliche, scopi, scenari ipotetici etc.) e nella metacognizione. In tal modo, rifunzionalizzato, il sistema affettivo concorre a garantire la flessibilità, la plasticità, la robustezza e la creatività che caratterizzano la mente dell’uomo pienamente sviluppata.

Da un punto di vista sperimentale, sostenere la tesi proposta non significa in nessun negare che (1) vi sono due sistemi di valutazione, il primo che valuta in modo eccessivamente positivo il presente, il secondo capace di scontare le opzioni in modo più coerente; (2) l’affetto possa innescare reazioni immediate (anche fuori controllo), possa produrre un’ampia quantità di biases (che distorcono il ragionamento tanto del senso comune quanto degli esperti), possa essere erroneamente attribuito (anche se vi si presta attenzione); le rappresentazioni simboliche, i processi inferenziali, la

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metacognizione svolgano un ruolo irriducibile nel monitoraggio e nel controllo dell’affetto.

Da un punto di vista metodologico, sostenere la tesi proposta non comporta introdurre distinzioni ontologiche, cioè divisioni reali e fondamentali, tra affetto e cognizione come se fossero due generi naturali. Piuttosto, consente di trattare in via euristica l’affetto come dominio autonomo, distinto dalla cognizione, ma anche dalla fisiologia e dalla coscienza. In tale quadro è possibile evidenziare le molteplici sovrapposizioni neurali tra affetto e cognizione senza ridurre il primo alla seconda. Soprattutto, senza identificare sommariamente la cognizione con qualsiasi processo di elaborazione di dati, così da dovervi includere tanto la riflessione simbolica, quanto i riflessi spinali e, perché no, anche la trasmissione del DNA (13).

Da un punto di vista teorico (se si vuole, filosofico), sostenere la tesi proposta vuol dire contribuire a reincorporare la mente attraverso una concezione biomorfa del sistema affettivo, basata sulla prospettiva per cui il cervello riutilizza i moduli preesistenti. In tal modo dovrebbe essere chiaro una volta per tutte che non esiste una ragione affect-free. Dovrebbe essere chiaro che, dopo l’anima, l’intelletto unico, l’io penso etc., l’ultima versione del pensiero disincarnato proposta dalle dual system theories, di sicuro quella più accreditata dal punto di vista scientifico, è soltanto un residuo pregiudiziale da cui sembra non ci si riesca proprio a liberare.

RIFERIMENTI

[1] S. Chaiken, Y. Trope (Eds.), 1999, Dual-process theories in social psychology, Guilford Press, New York.

[2] M.D. Lieberman, 2007, Social cognitive neuroscience: A review of core processes, in Annual Review of Psychology, 58.. [3] L. Feldman Barrett et al., 2007, The experience of emotion, in Annual Review of Psychology, 58.

[4] J.A. Russell, 2003, Core affect and the psychological construction of emotion, in Psychological Review, 110.

[5] P. Winkielman, K.C. Berridge, J.L. Wilbarger, 2005, Emotion, behavior, and conscious experience. Once more without feeling, in L.F. Barrett, P.M. Niedenthal, P. Winkielman, Emotion and consciousness, Guilford Press, New York.

[6] C. Castelfranchi, 2000, Affective appraisal vs. cognitive evaluation in social emotions and interactions, in A. Paiva (Ed.), Affective interaction, Springer, Heidelberg.

[7] L. Pessoa et al., 2005, Visual awareness and the detection of fearful faces, in Emotion, 5.

[8] E.A. Phelps, 2006, Emotion and cognition: Insight from studies of the human amygdala, in Annual Review of Psychology, 57.

[9] E.A. Kensinger, D.L. Schacter D.L., 2008, Memory and emotion, in M. Lewis, L.F. Barrett (Eds.), Handbook of emotion, Guilford, New York. [10] M. Zeelenberg, R. Pieters, 2009, On the consequences of mentally simulating future forgone outcomes, in K.D. Markman et al., The Handbook

of imagination and mental simulation, Psychology Press, New York.

[11] J. Forgas (Ed.), 2006, Affect, cognition and social behaviour, Psychology Press, New York.

[12] A. Koriat, 2007, Remembering: Metacognitive monitoring and control processes, in H.L. Roediger et al. (Eds.), Science of memory: Concepts, Oxford University Press, New York.

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