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Sulla modularità e creatività della mente

Maurizio Cardaci

Dipartimento di Psicologia e Centro Interdipartimentale di Tecnologie della Conoscenza, Università di Palermo, Edificio 15, viale delle Scienze, Palermo (phone: +39-(0)91-23897707; e-mail: [email protected]).

Abstract— Il modello di modularità massiva, introdotto in psicologia e nelle scienze cognitive dai sostenitori del

paradigma adattazionista, postula l’esistenza di un articolato insieme di evolved innate mechanisms, frutto dell’evoluzione naturale, ciascuno dei quali controlla una specifica funzione della mente umana. Le pressioni selettive che per milioni di anni andarono gradualmente modellando i tratti fisici, cognitivi, comportamentali, sociali ecc. della specie Homo sapiens hanno imposto lo sviluppo di abilità ampiamente diversificate da un dominio all’altro. Pertanto, ognuno dei moduli emersi durante l’evoluzione per «risolvere» uno specifico «problema adattivo» (ricerca del cibo, riproduzione, cura della prole, scambio sociale, difesa dai nemici ecc.) è calibrato per operare proprio in quel particolare dominio e non in altri. Fra le molte controversie suscitate dall’assunzione di modularità massiva, di notevole rilievo è quella riguardante la sua compatibilità con l’innegabile dimensione creativa del pensiero umano. Un’architettura cognitiva articolata in moduli altamente specializzati nell’esecuzione di compiti diversificati sembra infatti lasciare poco spazio alla straordinaria duttilità della nostra mente: paradossalmente, essa sarebbe capace di molti singoli «adattamenti», ma di poca o nessuna «adattabilità»! Alla luce di tali difficoltà concettuali, il presente contributo prende in esame alcune interessanti e recenti proposte volte a conciliare modularità e creatività, attraverso la duplice possibilità di una «modularità creativa» o di una «creatività modulare». Sul fronte dei teorici della modularità, alcuni studiosi hanno infatti riconosciuto che la mente umana è capace di generare nuovi schemi d’azione o di funzionare creativamente come un sistema cognitivo dominio-generale, così da sganciarsi da specifici domini adattivi. Parallelamente, su quello dei teorici della creatività, l’idea che la creatività sia un’abilità globale dominio- generale è stata sostituita da una più articolata visione che ammette anche componenti dominio-specifiche.

Parole chiave - modularità, creatività, adattazionismo

I. LA MODULARITÀ DELLA MENTE

Se in biologia esistono solide prove dell’organizzazione in moduli di determinate strutture organiche, il concetto di modularità è invece ben più incerto all’interno della modellistica cognitivista [Brase 2002].

Il primo a teorizzare la «mente modulare» è stato, com’è noto, Fodor [1983]: nel suo modello un insieme di specifici «meccanismi di calcolo» opera sulle interfacce periferiche della percezione analizzando in modalità bottom-up l’input sensoriale.

Nella versione di Fodor, i moduli sono dotati di precise caratteristiche.

In primo luogo, essi sono hardwired, vale a dire geneticamente associati a un’architettura neurale fissa. Ciò significa che lo svolgimento di un compito complesso dipende dall’attivazione di differenti moduli (cui corrisponde un certo numero di delimitate regioni cerebrali), ciascuno dei quali fornisce il proprio tipico contributo alla prestazione cognitiva.

In secondo luogo, i moduli sono marcatamente specifici per dominio. Pertanto, le tradizionali e ovvie classificazioni

orizzontali delle «facoltà cognitive» (percezione, memoria, pensiero ecc.) devono essere rimpiazzate da distinzioni verticali all’interno della stessa facoltà. Per es. una suddivisione verticale della percezione tiene conto della distinzione

tra la percezione dei volti, quella dei colori, del movimento ecc.

In terzo luogo, sono incapsulati a livello computazionale (o «impenetrabili» a livello cognitivo), cioè non sono influenzati da fattori quali le conoscenze, le aspettative, le credenze del soggetto.

Secondo Fodor, il funzionamento automatico, immediato e specifico dei moduli riflette la generale necessità

biologica per l’organismo di vedere quel che effettivamente c’è, e non quel che esso vuole o che si attende.

La modularità fodoriana è circoscritta alle attività percettive, ma non al pensiero che può rappresentare (e modificare) in molti modi possibili i propri contenuti [Fodor 1983].

Diversamente da Fodor, i sostenitori del paradigma adattazionista in psicologia e nelle scienze cognitive (Buss, Cosmides, Tooby, Pinker e altri) hanno optato per la cosiddetta «assunzione modularità massiva», che attribuisce tale proprietà non più alla sola percezione, ma all’intera architettura cognitiva della mente umana.

Secondo il loro punto di vista, le pressioni selettive che per milioni di anni andarono gradualmente modellando i tratti fisici, cognitivi, comportamentali e sociali della specie Homo sapiens hanno imposto lo sviluppo di abilità ampiamente diversificate da un dominio all’altro.

Durate l’evoluzione della specie è così emersa una pluralità di evolved innate mechanisms, ognuno dei quali è automaticamente («istintivamente») calibrato per operare proprio in quel particolare dominio e non in altri.

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Contrapponendosi alla spiegazione tradizionale, ricorrente in tutte le scienze sociali, secondo cui gli eterogenei e difficili compiti adattivi svolti con successo dalla nostra specie (per es. ricerca del cibo, scelta del partner, cura e protezione della prole, scambio sociale, formazione di alleanze, ecc.) sono controllati da poche elementari abilità computazionali dominio-generali (per es. apprendimento, imitazione, ragionamento ecc.), la mente massivamente modulare delineata dagli adattazionisti richiama metaforicamente la struttura di un «coltellino svizzero», contenente diversi strumenti (coltello, apribottiglie, forbici, giravite ecc.), ognuno dei quali è destinato a uno specifico compito [Cosmides e Tooby 1994].

II. MODULARITÀ O CREATIVITÀ?

Fra le profonde controversie suscitate dall’assunzione di modularità massiva, di notevole rilievo è quella riguardante la sua compatibilità con l’innegabile dimensione creativa del pensiero umano. Un’architettura cognitiva articolata in moduli altamente specializzati nell’esecuzione di compiti molto diversificati sembra infatti lasciare poco spazio alla straordinaria duttilità della mente: paradossalmente, essa sarebbe capace di molti singoli «adattamenti», ma di poca o nessuna «adattabilità»!

Oltre ai processi creativi, un sistema massivamente modulare non riuscirebbe a gestire neppure operazioni cognitive apparentemente ben più facili. In proposito, Machery [2008] ritiene addirittura che per un simile sistema sarebbe impossibile stabilire anche semplici collegamenti fra le credenze elaborate da due distinti moduli. Perfino un giudizio in apparenza non particolarmente complicato – per es. «mio fratello John è un truffatore» – non sarebbe spiegabile in termini strettamente modulari. Esso contiene infatti due specifiche informazioni («John è mio fratello»; «John è un truffatore») elaborate separatamente da due moduli specializzati in domini per nulla correlati tra loro.

«John è mio fratello» è una credenza prodotta dal modulo preposto al «riconoscimento di parentela» (kinship-

detection module), attivo nel dominio della fitness inclusiva, dell’altruismo ecc. «John è un truffatore» è invece una

credenza espressa dal modulo «cerca-truffatori» (cheater-detection module), attivo nel dominio degli scambi sociali strutturati secondo trade-off costi-benefici. Non è quindi chiaro come un’organizzazione cognitiva basata su una così netta suddivisione dei compiti svolti dai vari moduli, possa consentire ai due «pezzi» d’informazione riportati nell’esempio di combinarsi in un’unica rappresentazione [Machery 2008].

Nondimeno, vari approcci hanno tentato di conciliare la modularità massiva con la flessibilità e la generazione di novità proprie del pensiero umano.

Secondo Carruthers [2006], il ruolo di «trasmissione» e integrazione delle informazioni provenienti dai moduli è svolto dal sistema di produzione linguistica (funzionante anche tramite il linguaggio interiore). Per tornare all’esempio, sarebbe dunque il sistema linguistico a connettere vicendevolmente le mie due disgiunte rappresentazioni modulari di John. Il modello di Carruthers include altresì il pensiero creativo, i cui «cicli di ripetizione mentale» (cycles of mental

rehearsal) sono avviati dalla comparsa di nuovi schemi d’azione. Grazie a tali meccanismi di «ripetizione creativa» il

pensiero ha potuto conquistare l’indipendenza da specifici domini o contenuti.

Peraltro, proprio sul versante degli studi sulla creatività, l’idea che si tratti di una dimensione generale e unitaria sembra ormai sostituita da una concezione pluralistica, o addirittura modulare, sia dei processi che concorrono a determinarla, sia dei domini nei quali essa si manifesta.

Per es. Sternberg [2005] ha suddiviso l’insight creativo in tre tipi: la «codifica selettiva» (selective encoding) che si basa sulla capacità di separare l’informazione rilevante da quella irrilevante; la «combinazione selettiva» (selective

combination) che combina in modi nuovi l’informazione codificata come rilevante; il «confronto selettivo» (selective comparison) che mette in relazione la nuova con la vecchia informazione. Inoltre, sulla falsariga della concezione

modulare sottostante alla teoria delle intelligenze multiple di Gardner [1993], Sternberg sostiene, da un lato, che differenti forme di creatività possono riflettere contenuti o domini simbolici differenti; dall’altro, che le menti genuinamente creative spesso sfruttano contemporaneamente vari tipi di intelligenza.

In sostanza, parallelamente al dibattito fra i teorici della modularità – i quali ormai riconoscono l’importanza di facoltà dominio-generali a fianco degli adattamenti modulari [Buss 2012] – gli studiosi di creatività hanno esplorato le possibilità alternative che essa sia un’abilità fondamentalmente dominio-generale, oppure dominio-specifica, e sembra siano per lo più approdati a una visione «intermedia» che ammette entrambe le componenti [Sternberg 2005].

III. CONCLUSIONI

Ad uno sguardo d’insieme, un buon modello di «modularità creativa» potrebbe essere quello di Varvatsoulias [2010], che descrive la mente come un sistema cognitivo dominio-generale, eppure scomponibile in elementi modulari senza i quali essa non potrebbe funzionare adeguatamente. Infatti, da un lato, funzioni cognitive orientate verso finalità generali sono indispensabili per guidare la regolazione modulare delle azioni; dall’altro, solo meccanismi altamente specializzati come i moduli possono affrontare efficacemente problemi adattivi che si siano rivelati di vitale importanza per la sopravvivenza della specie.

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I moduli sarebbero altresì «massivamente componibili», così da poter operare sia come parti di moduli più ampi che confluiscono in una sorta di «struttura oceanica» (oceanic structure), sia come unità circoscritte e reciprocamente separate.

La «creatività modulare» (o «modularità creativa»?) potrebbe allora consistere proprio nella continua e dinamica scomposizione e ricomposizione «oceanica» dei compositi apparati della nostra mente, secondo gli scopi, i contesti e le circostanze in cui essa manifesta le proprie multiformi abilità.

RIFERIMENTI

[1] Brase, G.L. [2002], Mental modularity, metaphors, and the marriage of evolutionary and cognitive sciences, in «Cognitive Processing», 3-4, pp. 3-17.

[2] Buss, D.M. [2012], Evolutionary psychology: The new science of the mind, Fourth Edition, Boston, Allyn & Bacon.

[3] Carruthers, P. [2006], The Architecture of the Mind: Massive Modularity and the Flexibility of Thought, Oxford, Oxford University Press. [4] Cosmides, l. e Tooby, J. [1994], Beyond intuition and instinct blindness. Toward an evolutionary rigorous cognitive science, in «Cognition»,

50, pp. 41-77; tr. it. Oltre l’intuizione e la cecità degli istinti: verso una scienza cognitiva rigorosamente evoluzionistica, in M. Adenzato, C. Meini (a cura di), Psicologia Evoluzionistica, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2006.

[5] Fodor, J.A. [1983], The modularity of mind. An essay on faculty psychology, Cam-bridge, MA, The MIT Press; trad. it. La mente modulare, Bologna, Il Mulino, 1988.

[6] Gardner, H. [1993], Creating Minds. Basic Books, New York.

[7] Machery, E. [2008], Massive Modularity and the Flexibility of Human Cognition, in « Mind & Language», 23 (3), pp. 263–272. [8] Sternberg, R.S. [2005], Creativity or creativities?, in «Internationl Journal of Human-Computer Studies», 63, pp. 370–382.

[9] Varvatsoulias, G. [2010], Massive modularity? The relationship between context-relevance, information encapsulation and functional

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Il progetto BLOCK MAGIC: una tecnologia cognitiva per

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