• Non ci sono risultati.

La fondazione del Monte di Pietà di Verona e i primi Capitoli

Capitolo 1: Nascita del Monte di Pietà di Verona e quadro giuridico

2. La fondazione del Monte di Pietà di Verona e i primi Capitoli

L’onore della fondazione del Monte di Verona spetta a Fra Michele da Aqui, francescano dei minori osservanti. Bresciano di origine, nell’agosto del 1490 si trova a Verona, probabilmente in occasione delle feste di S. Lorenzo e dell’Assunta70; avendo egli esperienza in tema di monti di pietà, la reggenza cittadina gli consente addirittura la possibilità di scriverne i Capitoli e lo invita a partecipare alle sedute consiliari aventi attinenza con la nascente istituzione “caritatevole”71. I veronesi si dimostrano entusiasti della sua predicazione e chiedono, ottenendo, che Fra Michele resti in città per la Quaresima successiva, concedendogli poi la cittadinanza onoraria il 25 settembre 149072.

La decisione per far partire l’istituzione del Monte di Pietà venne presa in seno al Consiglio il 17 agosto 1490, in una seduta in cui Fra Michele infiammò i presenti e il Podestà, Gerolamo Leoni, patrocinò la causa come sua.

Il podestà, i provvisori di Comun, i Dodici, posero la questione a voti. Quasi tutti furono per il sì ed allora si decretò “quod ipse Mons fiat”.

Furono presi da tanta esultanza, dopo la lettura del decreto, dice Pietro Avogadro, con chiara esagerazione, che appena si poterono contenere. Il popolo corse alla Curia, prendeva e stringeva con gioia le mani dei Consiglieri chiamandoli veri padri, confessava che nessuno finché avesse un po’ di sostanza e un po’ di vita, avrebbe risparmiato e corpo e forze fisiche e vita per una Patria tanto munifica che aveva fatto un dono così grande, e tutti a gara promettevano di portar per il Monte ciò che potevano. Si corse quindi a casa per annunziare alle donne e ai bambini un tanto gaudio e la gioia cominciò a diffondersi per la città. Anche le matrone vedove e le vergini, consultatesi su tal offerta, all’unanimità promisero di dare a questo scopo gli ori e gli ornamenti73.

Al di là del colore delle cronache, che comunque testimonia il clima di accoglienza in cui il Monte nacque, evidentemente incontrando delle esigenze sentite, va assolutamente rimarcata l’ottima risposta delle istituzioni cittadine. Il Consiglio approvò i Capitoli proposti

69 BARBIERI, Il pensiero economico, p. 445.

70 D. ZAMPESE, Il Monte di Pietà di Verona dalla fondazione all’incendio del 1630, tesi di laurea, relatore prof.

Roberto Cessi, Università di Padova, A.A. 1938/39, p. 6.

71 Ivi, p. 6; V. MENEGHIN, Bernardino da Feltre e i Monti di Pietà, Vicenza, L.I.E.F., 1974, pp. 438-439. 72 ZAMPESE, Il Monte di Pietà di Verona, pp. 6-7.

da Fra Michele con 95 voti favorevoli e 3 contrari74 e nei giorni successivi al 17 agosto fu molto impegnato nell’attività di regolamento del nascituro banco di pegno. Lo stesso 17 agosto furono scelti i primi dodici governatori, rappresentanti delle diverse componenti sociali di Verona75: tre cavalieri (il Marchese Spineta Malaspina, Cristoforo Pellegrini, Nicolò Medici), tre giureconsulti (Vianino Miniscalchi, Cristoforo Lafranchini, Francesco Carminati), tre appartenenti all’ordine senatoriale (Verità Verità, Clemente Clemente, Bartolomeo Morandi di Rambaldo) e tre uomini della Casa dei Mercanti (Domenico da Prato, Domenico Avanzi, Gottardo Verzeri)76. Il 18 agosto, poi, Pietro Mona e Bernardino Poeta si

offrirono immediatamente per servire gratis il Monte in qualità rispettivamente di Massaro e Incantatore77; lo stesso giorno, il Consiglio dei XII e L approvava i Capitoli con 51 voti a favore e neanche un contrario78. Anche l’Arte della Lana volle intervenire a sostenere l’opera, deliberando il 23 agosto di cedere per un anno tre soldi per ogni pezza di stoffa e di portarli da sé mensilmente al pio luogo; i maggiorenti dell’Arte stabilirono anche che tutti i propri debitori, esclusi i più miseri, pagassero quanto dovuto non a loro ma al Monte79. A questa iniziativa dell’Arte della Lana, ne segue un’altra mirabile del Consiglio dei XII e L, che decise, il 24 agosto, di imporre una tassa (dadìa) di 10 soldi per ogni lira d’estimo, da far pagare alle famiglie del Consiglio a beneficio del Monte, per dare al popolo il buon esempio80; contemporaneamente venne indetta per il 29 dello stesso mese una grande processione, al fine di raccogliere da Arti e privati le offerte necessarie alla costituzione del capitale d’avvio della nuova banca.

La festa fu preparata con grande cura e superò ogni aspettativa.

Sin dal primo mattino una grande moltitudine di popolo si riversò nelle vie e nelle piazze. In Piazza delle Erbe e nelle vie per cui doveva passare la processione si costruirono dei palchi. La gente gremiva le strade, i portici, le finestre delle case. Ci fu persino chi si portò sui tetti per vederne il passaggio. Il corteo era preceduto da schiere di bimbi biancovestiti; venivano poi simulacri religiosi e l’insegna del Monte. Seguivano le Arti con i loro stendardi e i loro doni, gli ordini religiosi, il collegio dei notai e degli avvocati, il Consiglio e i Pretori della

74 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, registro n. 522, 1490-1787, Raccolta di tutti li Capitoli, et Ordini,

spettanti al Governo, et Amministrazione del S. Monte di Pietà di Verona, c. 1v; (nonostante l’intestazione del

documento parli di una raccolta di provvedimenti dal 1490 al 1787, in realtà essa si ferma al 1512).

75 Come sottolinea Pullan, «poiché scopo dei Monti era di soccorrere i poveri e la gente comune e di servire la

comunità a tutti i livelli, i regolamenti stabilivano di solito che tutte le classi dovessero essere rappresentate nel Consiglio del Monte. Non scendevano in genere molto in basso nella gerarchia sociale, ed è probabile che a Verona, come a Bergamo, nessun partecipante al Consiglio fosse inferiore al rango di mercante. Di solito però gli statuti prevedevano che il Consiglio del Monte fosse un po’ più aperto, dal punto di vista sociale, del consiglio municipale»; B. PULLAN, La politica sociale della Repubblica di Venezia 1500-1620, Volume II: Gli ebrei veneziani e i monti di pietà, Roma, Il Veltro, 1982, pp. 644-645.

76 ZAMPESE, Il Monte di Pietà di Verona, p. 10. 77 Ivi, p. 10.

78 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, registro n. 522, 1490-1787, Raccolta di tutti li Capitoli, et Ordini,

spettanti al Governo, et Amministrazione del S. Monte di Pietà di Verona, c. 1v.

79 Ivi, c. 1v. 80 Ivi, c. 1v.

città, il Vescovo preceduto dai sacerdoti in bianche vesti. Veniva da ultimo una gran folla di popolo portando vari doni che si consegnavano a persone incaricate di riceverli e di metterli sull’altare81.

Il denaro raccolto fu contato di fronte al popolo: ammontava a duemila ducati in contanti, cui vanno aggiunti gli ori e l’argento82. La pratica della processione resterà importante nella vita del Monte, legandola al sentimento del popolo, e fu anzi spostata al periodo pasquale, al fine di renderla più agevole ai contadini, molto impegnati con il lavoro nei campi tra agosto e settembre. Come riferisce Pier Zagata:

In el dicto anno [1490] fu principiato, e facto il Monte de la Pietà, el qual subven e impresta a li poveri senza usura, & fu facto de elemosine in una Offerta facta adi 29 de Avosto in Domenega, la qual fece tutte le arte, le compagnie, le scole, Preti e Monasteri, e finalmente tutta Verona lì offerse, & fu la offerta, che se trovò doa milia & tre ducati & fu determinato che ogni anno el terzo dì de Pasqua fusse facto una processione, e che tutte le arte offerisse per acrescer il dicto Monte, & fu etiam principiato una Compagnia, e concesso de grandissime Indulgentie e quello che erano in dicta Compagnia, e pagano ogni mese uno marcheto per cadauno, e tutto questo fu facto come ho dicto per acrescer el dicto Monte, e fu inventor di quella Sancta Opera un Frate Michele de Aquis de l’Ordine de San Francesco, predicator Eccellentissimo83.

I Capitoli istitutivi e dettagliati, che dovevano regolare la vita del Monte, furono approvati dal Consiglio dei XII e L nelle sedute del 2 e 3 settembre 149084, mentre fu decretato che l’attività dovesse partire il 9 successivo85. Però, prima di analizzare nel dettaglio queste delibere, spendiamo solo una parola sulla collocazione fisica del Monte; l’esistenza ancora oggi in Verona di “Piazzetta Monte”, dove è collocata una sede di Unicredit, ci illumina sull’ubicazione originaria della banca di pegno. L’attività di prestito e raccolta dei pegni fu situata nei locali dell’Arte della Lana, le cosiddette “Sgarzerie”, e attualmente è ancora osservabile la struttura esterna di quello che fu il Monte di Pietà; per la precisione, esso era situato dietro la Torre del Gardello, tra Corso Portoni Borsari, Vicolo-Piazzetta-Volto Monte e Corte Sgarzerie86; i locali di base saranno ampliati solo nel 1759, in seguito all’accresciuto

movimento delle massarie ai mobili. Il Senato veneziano approvò infatti l’acquisto di alcune fabbriche e botteghe dei Conti Giusti, site nella contrada S. Maria in Organo, per il deposito dei pegni, a 3.000 ducati, con decreto del 7 giugno 1759; il contratto di acquisto è dell’11 agosto dello stesso anno1759 e contempla una bottega ad uso di formaggeria, una camera ad

81 ZAMPESE, Il Monte di Pietà di Verona, pp. 11-12. 82 Ivi, p. 12.

83 P. ZAGATA, Cronica della Città di Verona, Volume II, Bologna, Forni, 1967, p. 102.

84 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, registro n. 522, 1490-1787, Raccolta di tutti li Capitoli, et Ordini,

spettanti al Governo, et Amministrazione del S. Monte di Pietà di Verona, c. 2r.

85 ZAMPESE, Il Monte di Pietà di Verona, p. 14. 86 Cfr. Appendice fotografica.

uso di cucina, sovrapposta alla bottega, un’altra bottega ad uso di stagnar con sopra una camera adibita allo stesso scopo87.

Entriamo ora nel dettaglio della prima regolamentazione della vita del Monte, ricordando che non ci soffermeremo troppo sulla descrizione dei diversi ministri e salariati, oggetto questa della seconda parte del lavoro e trattata con una più intensa attenzione alla situazione settecentesca. In questa sede ci preme solo rammentare, attraverso l’analisi del quadro giuridico, il contesto socio-culturale che vide nascere questa istituzione anche a Verona, mentre la predicazione francescana la diffondeva su tutta la penisola, fomentando anche, come visto, un feroce dibattito in seno alla Chiesa per quel che riguarda il prestito ad interesse88. Nulla di più può essere chiesto a questa disamina, perché l’attività del Monte subì dei veri e propri sconvolgimenti nel corso dei secoli, portando il luogo pio ad essere ciò che verrà descritto nei prossimi capitoli, per certi versi una realtà parzialmente distante da quella inizialmente pensata da Fra Michele e da Bernardino da Feltre.

Nell’apertura dei Capitoli del 1490 leggiamo:

Considerando la Magnifica Città de Verona quanto sia grato al nostro Signor Iddio, e quanto comodo sia alli poveri, e bisognosi l’opera della Pietà, hà per Parte preso nel suo Consiglio cum la auctorità, e consentimento delli Magnifici Rectori, Vid.t del Magnifico Missier Marin Lion Podestà, e Missier Nicolò Trivisani dignissimo

Capitanio, che in essa Città sia ordinato e costituito uno Monte chiamato el Monte della Pietà de quella quantità, e summa de denari, che per via de imprestito, aut aliter gratis, et amore Dei se poterà recuperare da qualunche persona da essere dispensati alli poveri bisognosi per imprestido sopra Pegni e termine de sei mexi senza piliare costo, over’interesse alcuno a chi darà li Pegni per tale mutuazione, ded solum al proprio, e puro Capitale: alla gubernatione, e rezimento del quale Sancto Monte azioche cum ogni sinceritàm e fidelità sia gubernato hà al prelibato Conseglio electi XII Gubernatori cum alcuni altri Offitiali Deputati a questo, segondo la exigentia de epso Monte, cum le condictione, modi, et obligatione contenute particulari, e distinctamente nelli infrascripti Capitoli89.

Subito dopo questo preambolo, il Capitolo primo si preoccupa di regolare l’attività dei Governatori, ovvero dei reggenti del Monte, che devono essere dodici, tre per ogni classe come sopra descritto, e scelti dal Consiglio dei XII e L; la Sessione90, resta in carica un anno, ma agisce divisa in tre mute; compito fondamentale attribuito originariamente ai Governatori è sovrintendere ad una buona gestione del Monte di Pietà91.

Nel secondo capitolo è prevista l’elezione di due Notai, al fine di tenere un’ordinata contabilità, ancorché rudimentale. Essi, detti anche Scrivani, devono tenere tre libri: su uno di

87 A.S.V, Scansadori alle Spese Superflue, b. 112, 1787-, Monti singoli – Verona – Atteggio Giusti Zazzaron.

Instrumenti.

88 Per una trattazione esauriente della materia cfr. BARBIERI, Ideali economici degli italiani.

89 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, registro n. 522, 1490-1787, Raccolta di tutti li Capitoli, et Ordini,

spettanti al Governo, et Amministrazione del S. Monte di Pietà di Verona, cc. 2v-3r.

90 Così è chiamata l’assemblea dei Governatori.

91 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, registro n. 522, 1490-1787, Raccolta di tutti li Capitoli, et Ordini,

essi registreranno i denari ricevuti gratuitamente dal Monte e ogni altra sorta di donazione, sul secondo vengono registrate le somme prestate con l’indicazione della scadenza, mentre il terzo serve all’annotazione dei pegni ricevuti, unitamente al nome dell’impegnante e alla somma ad esso concessa92. Per essi è prevista anche la possibilità di un salario, cosa assolutamente esclusa, invece, per i Governatori.

Nella gestione operativa, però, il ruolo centrale è rivestito dalla figura del Massaro, che subirà nel tempo una profonda evoluzione sia qualitativa sia nel numero dei ricoprenti in ogni momento questo incarico. Tale ministro, “croce e delizia” del Monte, è colui che sovrintende all’attività di prestito, svolgendo un ruolo di primo piano, ma ponendosi anche come un potenziale “truffatore”, ricevendo dalla cassa i soldi per prestare e dai clienti le restituzioni; avremo modo di vedere, infatti, come gli intacchi dei massari abbiano giocato un ruolo non secondario nelle difficoltà gestionali del luogo pio. Nel 1490 questo non si poteva prevedere, tant’è che le laute somme ricevute da questi funzionari per il proprio lavoro giungeranno solo in un periodo successivo, al fine di disincentivare pratiche fraudolente, mentre, come osservato, il primo Massaro si offrì di lavorare gratis. Il Capitolo terzo della Parte consiliare afferma:

Se eleza per il Consilio uno Massaro, overo Officiale, il quale non possa haver’altro Officio, et habia a governare li Pegni serano deputati nel loco deputato al dicto Monte cum quello salario parerà al Consilio se altramente gratis no se poterà haver: il qual Massaro sia tenuto dare idonea, et sufficiente, segurtà generale de conservazion di Pegni, e de li denari, i quali receverà. Et sia quello, che habia a recever, e governar li Pegni nella Camera, e loco deputato: et sia obligato dicto Massaro haver bona custodia de dicti Pegni, i quali in caso, se smarissaro per colpa, e negligentia soa sia obligato lui a pagarli. Si vero per divino, et fortuito pericolo, overo senza sua colpa, e negligentia vada a danno di chi fusse dicti Pegni: et tamen quelli havessero recevuto imprestito dal Monte siano obligati a restituir al dicto Monte la quantità de’ denari havessero habuto imprestito: et sia tenuto esso Massaro compito el tempo suo consignar li Pegni serano nell’Officio al suo successore: et render fidel rasone, et bon computo alli Governadori delle cosse per lui administrate. Et possa esser confirmato dicto Massaro per molti anni secondo parerà al Consilio: dummodo ogni anno renda rasone de la administratione sua: cum la sercurtà generaliter de la observation de tutto quello se contiene in esso Capitulo. Se eleza simelmente uno estimatore de li Pegni cum el salario parerà ut supra, se altramente gratis non se poterà havere93.

Dunque, osserviamo come il principio base rispetto alla ricompensa dei ministri sia quello del servizio gratuito, da sostituire con un eventuale stipendio solo nel caso in cui non sia possibile reclutare funzionari che servano senza richiesta di somme di denaro. Ancora, è previsto che il Massaro sia coadiuvato da uno Stimatore, con l’incombenza di valutare i pegni; la normativa riguardo a questi e a molti altri dipendenti del Monte si farà sempre più complessa e quanto riportato al proposito nel secondo capitolo è il risultato finale di trecento anni di elaborazioni giuridiche e di esperienza.

92 Ivi, c. 3v. 93 Ivi, c. 4r.

Anche dal quarto Capitolo si intuisce che non si prevedeva che l’ente sarebbe diventato molto complesso e appaiono piuttosto semplici le regole per la gestione del denaro; è prevista la costruzione di una cassa “bona, forte, e ferrata”, in cui custodire i contanti, con quattro chiavi diverse, consegnate ai quattro governatori pro tempore. Tuttavia, la cassa viene consegnata per la custodia alle monache di Santa Chiara di Verona; il Monastero è considerato senz’altro un luogo al riparo da incendio e furto94. All’interno di detta cassa

vanno riposte due cassette, denominate A e B, una per contenere l’oro e l’altra per l’argento, dotate sempre di quattro chiavi diverse poste nelle mani dei Governatori. Quando si presentasse la necessità di contante, i reggenti in carica si recano dalle monache, consegnano le chiavi e chiedono che dalle cassette venga prelevato un importo che non può essere superiore ai duecento ducati, che verranno poi consegnati al Massaro per le attività di prestito. Inoltre

… tengasi in dicta cassa uno Libro cum li scontri de li denari dati gratis, et imprestati: qual Libro no se habi a cavare de la cassa se non quando fossero donati danari o prestato: o’ver se convenisse restituire a chi li avesse accomodati al Monte: per fare le partite: o’ver quando paresse a li Governadori vedere i conti de dicto Libro: Item che appresso l’Officio de li Governadori se tenga uno Libro per incontro de quello serà in la Cassa: in lo qual siano notati tutti li denari donati, e prestati a dicto Monte: su el qual Libro se abbia a notare de zorno in zorno tutti li denari sarano donati, o prestati al dicto Monte: et in capo de ogni septimana siano obligati dicti Governadori a tuor dicto Libro a Sancta Chiara, e notare tutti li denari haveranno habuti in quella septimana sul dicto Libro: et statim ritornar el dicto Libro autentico in dicta Cassa: et sia similiter messo la copia, et tenore de questi Capitoli: l’altro veramente Libro da li pegni cum il suo inscontro se tegna ne l’Officio: o dove parerà a li Governadori95.

In sintesi, tutte le operazioni di gestione, ovvero il maneggio di denaro e la tenuta della contabilità, vengono fatte passare attraverso una cassetta conservata da alcune monache di clausura. La semplicità e linearità di questi movimenti ci colpiscono, ma ci inducono a ribadire anche che, evidentemente, gli “ideologi” del Monte non credevano di erigere quello che nei secoli sarebbe diventato uno dei maggiori enti finanziatori non solo della Città di Verona, ma anche della Serenissima stessa.

Il quinto dei Capitoli invita a cercare un luogo adatto per l’esecuzione delle operazioni di prestito e conservazione dei pegni96, trovato, come detto, nelle Sgarzarie, mentre cruciale, per le finalità eminentemente sociali che il Monte si prefiggeva, risulta il Capitolo sesto, riguardante la regolamentazione delle attività di prestito.

Ch’el se presti solamente ad persone bisognose, et habitante ne la Città di Verona, e a quelli di Borghi, e Sottoborghi: che fanno cum la Città, et non ad altri, pur che non siano filioli di Famiglia: e questo sotto pena de

94 Ivi, cc. 4r-4v. 95 Ivi, c. 4v. 96 Ivi, c. 5r.

uno Ducato per cadauno, e per cadauna volta a chi contrafarà: et sia applicada dicta pena al Monte: ne se possa prestare se non fino alla summa de uno Ducato al più per Familia per questi primi sei mesi: et deinde inanzi per tanto mazor summa se prestarà, quanto se augumenterà el Capital del Monte cum la reception non di meno de’ Pegni sufficienti: che valgino al mancho il terzo più ch’al dinaro prestato: pur che’l Pegno non sia cossa sacra: Zurando li predicti, ch’impegnaranno esser bisognosi: et per suo uso necessario voler quelli denari, over per altra persona bisognosa: zurando in anima de quel tale, per chi se tole: e dichiarano el nome a uno de li Governadori per chi domanda dicti denari: aziò dicti Governadori possa inquirir se cossì serà ch’el se tolga per la persona nominata, et non per altro, ne per alchuna cossa deshonesta. E se alchuno tolesse denari per zugare, o fare altra