Capitolo 1: Nascita del Monte di Pietà di Verona e quadro giuridico
4. La riforma del 1574
È all’interno di questo contesto di maturazione ed evoluzione strutturale che viene partorita la riforma degli Statuti varata dal Consiglio dei XII e L il 24 giugno 1574. Nel preambolo della delibera leggiamo:
Tutti gli ordeni, et capituli che sin hora sono stati fattj per il governo di questo Santo loco, et conosciuto che gran parte di quelli no esser in osservanza per esser tanto cresciuto esso Santo Monte, et di numero di partide, et de quantità di Ministri, et per altri diversi rispetti, et quelli pochi che se osservano esser cossì intricatj, et confusi nelli altri, che qualche volta si ha dificultà trovarli, et visto anche esserli in esso loco benedetto molte cose che hano bisogno di nova provisione, ha deliberato si habbi da far una nova riforma di tutti li ordeni et capitoli di esso S. loco, nelli quali si habbia da inserir tutte quelle provisioni et ordeni che al presente sono in osservanza, et sono necessarij per conservation et augumento de così santa pia opera, quale nostro Signore Iddio per Sua bontà si degni favorir accrescer et conservar à laude et honore Suo et utilità et beneficio et commodo di tutta questa città et suo teretorio180.
Dunque i nuovi provvedimenti nascono come tentativo di adeguare le norme ad una realtà che è decisamente mutata rispetto alle previsioni originarie: il piccolo banco su pegno, esposto per piccole somme e finanziato mediante processioni periodiche, pensato da fra Michele, si è andato trasformando in una banca che presta ad interesse, se pur modico, accogliendo depositi e addirittura remunerandoli. Prima della riforma, inoltre, si era introdotto un terzo ramo del Monte, il Monte mezzano, una sezione dedicata al prestito gratuito, con capitale maggiore del Monte piccolo181.
177 A.S.Vr, Santo Monte di Pietà, registro n. 11, 1596-1755, Conto generale del S. Monte dell’anno 1596.
Bilanzon del Monte de Poveri e Monte Grande dell’anno 1578, Stato del Monte 1674.
178 Ivi. 179 Ivi.
180 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, processo n. 654, b. 123, fascicolo 1722, 1574, Ordini e Capitoli per il
Governo del S. Monte, c. 5/.
181 A.S.V, Scansadori alle Spese Superflue, b. 115, Monti singoli – Verona – Capitolari, Informazione. Il Santo
È evidente che i semplici quattordici Capitoli del 1490 non sono più sufficienti a regolare la vita di un istituto che si è fatto decisamente complesso. Del resto, il periodo intorno alla metà del Cinquecento vedrà il giungere di modifiche costituzionali in più di un’istituzione religiosa, monti di pietà compresi. Mantova vi procede nel 1555182, seguendo di un anno Brescia183, mentre una sostanziale riforma nel senso dell’ampliamento di attività aveva coinvolto l’istituto di Pisa nel 1552184 e riguarderà Udine nel 1557185: in tutti i casi si procede
all’adeguamento regolamentare di situazioni che si sono complicate. Non solo: l’insufficienza legislativa lasciava spazio ad una rilassatezza dei costumi, contribuendo ad un allontanamento morale rispetto agli obiettivi primari di questi pia loca. Anche il Concilio di Trento prenderà posizione nell’intento di frenare le deviazioni sociali dei banchi di pegno, attribuendo ai vescovi forti competenze in materia di controllo su tutte le realtà assistenziali. È in questo clima riformatore, ad esempio, che prendono vita, nel 1576, i nuovi Capitoli del Monte di Pietà di Bologna, alla stesura dei quali ebbe gran parte il cardinale Gabriele Paleotti, non senza conflitti con il ceto dirigente locale186.
La nuova costituzione del Monte di Verona è composta da dodici articoli riguardanti esclusivamente le funzioni dei ministri, cui si aggiungono trentadue disposizioni di carattere generale. Non le elencheremo nel dettaglio, limitandoci ad osservare le principali innovazioni introdotte, anche e soprattutto perché esse trovano riscontro nella descrizione da noi delineata nel capitolo successivo. Prima, però, sono necessari alcuni chiarimenti sulle fonti usate. La normativa del 1574 è disponibile in due versioni; un fascicolo manoscritto, rilegato a spago e contenente annotazioni e correzioni, è disponibile presso l’Archivio di Stato di Verona nel fondo Antico Archivio del Comune187, mentre una edizione successiva, redatta crediamo per la divulgazione (vista la rilegatura in velluto rosso, l’ottima scrittura, la stesura elegante, l’uso di colori diversi), è conservata nella Biblioteca Civica della città188, nella sezione manoscritti. In questa raccolta si trovano anche altri provvedimenti che abbiamo citato, come si può
182 MONTANARI, Il credito e la carità, I, pp. 220-221. 183 Ivi, pp. 254-256.
184 Fino al 1552 il Monte di Pietà di Pisa funzionava procedendo alla raccolta dei pegni per un anno e alle
operazioni di riscossione e incanto nel successivo, dunque interrompendo di fatto per 12 mesi il sostegno ai poveri. In quell’anno, invece, viene istituto il regime cosiddetto dei “due Monti”, che vedeva il fiancheggiarsi contemporaneo di un istituto dedicato continuativamente all’erogazione dei prestiti e di un altro rivolto alla
rifinitura o asciugatura; M. BERTI, Note sull’organizzazione e sull’amministrazione del Monte di Pietà di Pisa
(secoli XVI-XVIII), in Credito e sviluppo economico in Italia dal Medio Evo all’Età Contemporanea, a cura di G.
ZALIN, Verona, Società italiana degli storici dell’economia, Atti del primo convegno nazionale 4-6 giugno 1987,
1988, p. 311.
185 TAGLIAFERRI, Struttura e politica sociale, pp. 138-142. 186 FORNASARI, Il “Thesoro” della città, pp. 170-172.
187 A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, processo n. 654, b. 123, fascicolo 1722, 1574, Ordini e Capitoli per il
Governo del S. Monte.
osservare dalla note, ma per la riforma ci siamo basati sul testo d’archivio, nonostante il contenuto sia identico.
Nei novelli Capitoli non troviamo novità sostanziali attinenti i Governatori, mentre ci imbattiamo in una regolamentazione piuttosto significativa per il Priore; del tutto nuove sono l’istituzione, con annessa descrizione delle funzioni, di un Cancelliere189, di un Cassiere190, del Sottocassiere (aiutante del Cassiere), di un Cogitore generale agli Utili191 e di uno per gli
Incanti192, così come quella del Bidello193, responsabile della divulgazione della notizia di
convocazione della Sessione e della pulizia dei locali adibiti allo svolgimento di essa; non ci soffermiamo, come detto, su queste nuove figure, in quanto il lettore troverà nel capitolo 2 tutte le necessarie spiegazioni sulle loro mansioni, la cui regolamentazione settecentesca affonda proprio nei passi di codesta riforma. Più significativa ci appare, invece, la dettagliata illustrazione del funzionamento delle massarie, mancante nei Capitoli istitutivi, dividendo chiaramente fra il Monte dei Poveri, detto Monte Piccolo, e quello che presta con utile, detto Monte Grande. Il Capitolo nono si preoccupa di regolare l’elezione e i compiti del Massaro al Monte Piccolo, imponendogli di prestare garanzia, ma soprattutto di farsi affiancare, oltre che dal solito Stimatore, da un “bono et sofficiente” Sottomassaro, da un Cogitore ai prestiti «il quale habbi à scriver in zornal tutte le partite de pegni che si faranno de giorno in giorno», da un Cattapegni (adibito ad andare ad «acattar li pegni che si scaderanno de tempo in tempo») e da due “putti”, che scrivano e cuciano le cartoline dei pegni, contenenti le indicazioni degli oggetti e degli impegnanti, per rendere più agevoli ed efficaci le operazioni di recupero quando si presentino i clienti per rimettere il loro debito194. Di seguito troviamo un norma che regola le funzioni del Notaio, prevedendo la scelta di un Coadiutore del Notaio stesso195, mentre gli ultimi due Capitoli disegnano la struttura della massaria al Monte Grande,
189 «qual habbia da notar sopra libri tutti li instrumenti di depositi cossì necessarij come volontarij à utile, et
senza, insieme co le restitutioni de essi depositi, et ogn’altro instrumento de legasi […] spettante al detto S. Monte»; A.S.Vr, Antico Archivio del Comune, processo n. 654, b. 123, fascicolo 1722, 1574, Ordini e Capitoli
per il Governo del S. Monte, cc. 9-10/.
190 Adibito alle operazioni di maneggio dei contanti: consegna del necessario al Massaro per prestare, riscossione
degli utili e dei rimborsi, pagamento dei salari; Ivi, cc. 10-12/.
191 «il cargo suo sia di estender in vachetta tutti li bolletini che saranno scossi di giorno in giorno dalli massari
del Monte grande nottando prima il numero delli predetti bollettini et poi destindendo fuori per abbaco il cavedal et utili di quelli, qual utile sarà segnato su cadauno de essi bolletinij da ciascaduno massar»; Ivi, cc. 13-14/.
192 «l’officio suo sarà quando alcun delli massari così del un, come del’altro Monte vorà far incanto scriver sùl
libro delli incanti del Massar […] tutte le partide di pegni che si haveranno da vender cavandole giù dalli zornali del predetto Massar et etiam habbi da esser sempre presente a tutti li incanti che si faranno, havendo da nottar sùl libro delli incanti del detto Massar, sotto le partide dei pegni che saranno venduti il nome, cognome et contrà del comprador, et il giorno, mese, et anno et prezio che saranno venduti»; Ivi, cc. 14-15/.
193 Ivi, c. 15/. 194 Ivi, cc. 16-22/. 195 Ivi, cc. 22-25/.
comprese le attività notarili, istituendo le stesse figure di supporto previste per il Monte dei Poveri.
Le disposizioni finali sono norme miranti soprattutto a regolamentare l’attività di prestito, il trattamento e il rifiuto dei pegni, la responsabilità per gli errori nella gestione. Lo scopo pare quello di fornire una cornice non solo tecnica, ma anche ideale, alla vita operativa della sacra istituzione; in questa chiave leggiamo il divieto, imposto dal Capitolo primo, di prestare accettando in pegno cose sacre, oggetti di ebrei (Capitolo secondo) o di forestieri (Capitolo terzo)196. Come accennato, questa nuove cornice si inserisce anche all’interno dei
provvedimenti deliberati durante il Concilio di Trento al fine di assicurare la funzione sociale degli enti assistenziali nati in seno all’esperienza della Chiesa cattolica, ma soprattutto di riaffermare il carattere strumentale della ricchezza197. Nel corso della ventiduesima sessione del Concilio tridentino, infatti, svoltasi il 17 settembre 1562, venne approvato un Decretum de
reformatione contenente due canoni in base ai quali al vescovo competevano sia il diritto di
visitare e controllare gli ospedali, i collegi e qualunque altra istituzione, sia il diritto di inchiesta su elemosine, monti di pietà e altri luoghi pii, anche gestiti da laici198; come sottolinea Fornasari:
Soggette a contrastate applicazioni, le norme tridentine in materia di luoghi pii testimoniavano il rilevante interesse delle gerarchie ecclesiastiche verso la multiforme sfera del «sociale», in concorrenza con le coeve realizzazioni promosse in ambito assistenziale dalle élites patrizie cittadine199.
Significativo in questo contesto appare lo scontro milanese tra Carlo Borromeo e il patriziato cittadino, che si opponeva alla pretesa del vescovo di controllare la gestione del Monte di Pietà anche attraverso la lettura dei libri contabili200. In sintesi: la vivacità dell’istituto si accresce, le tecniche si perfezionano, ma contemporaneamente crescono anche i rischi; la riforma sradica i vecchi paletti per porne di nuovi in un cerchio dal diametro più ampio.
196 Ivi, c. 38/.
197 BARBIERI, Ideali economici degli italiani, p. 29. 198 FORNASARI, Il “Thesoro” della città, p. 169. 199 Ivi, p. 169.