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Ordini generali per il funzionamento del Monte di Pietà

Capitolo 2: La struttura organizzativa

11. Ordini generali per il funzionamento del Monte di Pietà

Il nostro memoriale si conclude con alcune note di carattere generale circa l’amministrazione del Monte, intitolate “Ordini generali” e lunghe sei facciate, e il suo legame con il resto della vita cittadina. Anche in questo caso riteniamo opportuno riportare integralmente il capitolo.

Sotto pena di scomunica maggiore, da incorrersi ipso facto, è proibito al Priore, Presidenti, Governatori, e Ministri del Monte, et a qualunque altra persona, sia di che qualità, stato, e condizione esser si voglia, il violare le leggi et ordini della Città, e del Monte medesimo; cioè

prestando, o procurando che si presti denaro di detto Monte a Forastieri, o Ebrei, sotto falsi nomi, o ad altre persone di qualunque modo contro la disposizione de’ Capitoli;

che si presti denaro senza vera, e reale consegna di pegno cauto;

che siano restituiti pegni di qualsivoglia sorta, o prestati al proprio padrone; o a nome d’altri, senza l’intiero pagamento di tutto il denaro importato da quel pegno, o senza la consegna d’altra cosa equivalente;

che siano rimessi pegni de’ Forastieri in qualunque modo;

339 L. GIUSSANI, Perché la Chiesa, Milano, Rizzoli, 2003, pp. 43-51.

340 F. PETRARCA, «Vergine bella, che di sol vestita, vv. 131-137», in Canzoniere, CCCLXVI, Torino, Einaudi,

1992, p. 459.

con usare per se, o per altri in qualunque indebita maniera, il denaro del Monte contro le leggi del Monte medesimo, abbenché se ne paghi l’utile.

Li pegni, che fossero portati ad impegnare per oro, o per argento, dimandando prezzo come buoni, quando vigano trovati falsi, s’intendano perduti, et applicati metà al Massaro, e metà al Monte de’ Poveri.

Si faccia lo stesso in altra sorta de’ pegni, ne’ quali fosse conosciuta alcuna fraude.

Li denari portati per rascuotere, venendo trovati fasi, siano tagliati in due pezzi alla presenza de’ Governatori, o Prior; e la metà si restituisca al patrone, l’altra metà sia del Massaro.

È proibito a chiunque il contrattare bollettini di Monte. Venendo a rascuoter pegni con tali bollettini contrattati perde il denaro, che resta applicato metà al Massaro, e metà al Monte de’ Poveri.

La stessa pena è stabilita contro chiunque trovasse, o rubasse un bollettino da Monte, e venisse con quello a rascuoter pegni.

È proibito a cadauna persona, sia di che grado, e condizione essere si voglia, nessuna eccettuata, il prestar denaro in poca, o molta quantità sopra pegni de’ mobili, utensili, ori, argenti, o altro, ritraendone rendita, o civanzo, sotto le più rigorose pene corporali, e pecuniarie ad arbitrio degli Eccellentissimi Rettori342.

Li contrafattori dovranno principalmente perdere il dinaro da essi esborsato, che resterà a beneficio di chi lo averà ricevuto, e doveranno inoltre restituire gratis la robba, che sarà stata loro consegnata; al quale effetto ogni interessato potrà pretendere un tale beneficio.

Anche cadaun altro potrà notificare simili trasgressori, dovendo essere tenuto secreto, e conseguire il doppio di quello importeranno li pegni, che saranno da lui denunciati: al quale effetto si riceveranno denuncie secrete, e si procederà per via di esecuzione.

Pegni esistenti sul Monte non possono essere sequestrati in modo alcuno, ne’ venduti ad istanza di chi si sia, eccetto che per interesse del Monte. Ogni mandato degli Eccellentissimi Rettori, o di qualunque altro Giudici, che facesse effetto contrario, si abbia per nullo in modo, che non possa sortire effetto veruno.

Tutti li depositi di denaro, che occorrono farsi, non possono essere effettuati in altro luogo, che sopra il Monte; in pena a chi depositasse diversamente di perdere il denaro, applicato la metà al denunciante, che sarà tenuto secreto, e metà al Monte343.

Li depositi senza utile siano corrisposti sempre con pontualità a caduano, cui spettano, e gli ricercasse. Nota. Siano restituiti nel termine di giorni quindeci da che saranno ricercato. Parte XII e L 22 Novembre 1543 confermata con Ducali 28 Decembre 1546.

Non può concedersi mandato a qualsisia persona per il lievo di qualsisia deposito senza previa citazione del depositante interessato avanti il Giudice, a cui s’aspetta.

Resta inoltre vietata la trasmissione di alcun deposito in forza di qualunque suffragio, e lettere de’ Magistrati della Dominante nessuno eccettuato, et anche di qualunque Reggimento della Terra Ferma. Rilasciati che fossero, tali suffragij non siano dal Cancelliere, et altri, a chi spetta del Monte, ubiditi.

Non si conceda estrazione di denari de’ SS. Giacomo, e Lazaro esistenti sul Monte, se non sarà citata la città, et ascoltate le di lei ragioni; dovendo la Parte esser posta colle solite formalità de i quattro quinti sempre sola nell’Eccellentissimo Senato.

Li denari, che saranno stati volontariamente depositati sul Monte tanto con utile, quanto senza non possano essere posti nell’estimo, né avuti in alcuna considerazione344.

Qualunque sorta di denaro, che fosse posto sopra il Monte, non possa esser sequestrato ad istanza di chi si sia, eccetto che per interesse del Monte.

Il denaro depositato ad utile sul Monte sia immune da qualunque gravezza, né li Preparatori dell’estimo possono alibrarlo.345

Avendo alcuno denari in pronto, quali avesse veramente determinato d’impiegare nell’acquisto di fondi stabili, mercanzie, o altro, di cui aveva pronta la occasione con speranza di eguale, o forse maggiore lecito guadagno, se questi mosso da carità verso i poveri, o invitato dalli Governatori; o altri pie persone, mutato

342 Qui troviamo una sorta di esclusiva per le operazioni di prestito ad interesse. Sappiamo che, alla fondazione

dei Monti di Pietà, cioè alla fine del Quattrocento, il dibattito sulla possibilità di prestito ad interesse fu molto forte; con questa norma si vuole tutelare il pubblico dall’usura o concedersi un inviolabile privilegio?

343 L’obbligo di effettuare depositi solo presso il Monte è introdotto da una disposizione del Senato del 7 maggio

1761; lo apprendiamo da una disposizione del Serenissimo Principe del 22 settembre 1761 (A.S.Vr, Storia di

Verona, b. 19, Santo Monte di Pietà), che intende ribadire l’utilità di questo provvedimento e introduce la pena

di 25 ducati, oltre alla sospensione della carica, per quei notai che producessero documenti contrastanti con lo spirito di questa norma.

344 Dunque, i depositi presso il Monte vengono considerati non imponibile dal punto di vista fiscale. 345 Vedi nota precedente.

consiglio voglia depositarli sul Monte col medesimo, o anche minore certo suo lucro, onde serva all’uso de’ poveri, potrà farlo senza pericolo di usura346.

Le sopraposte regole, o cauzioni siano esposste nel Monte di modo che possano leggersi da tutti; restando vivamente raccomandato alli Presidenti del Monte stesso il fare, che vengano osservate.

A chi vorrà depositar denaro ad utile siano venduti tanti beni stabili della Città, da essere poi condotti per il Monte coll’annua pensione di 5%: risservato al Monte stesso il patto perpetuo di affrancar, e libera detti beni347.

Qualunque volta li depositanti ad utile dimanderanno che siano ricuperati li beni della Città ad essi come sopra venduti, li Governatori del Monte siano tenuti a farne senza veruna dilazione di tempo la ricupera colla consegna del prezzo, e possano anche esservi astretti medio juris colla pensione nel fra’ tempo di quattro per %.

Il pericolo del fondo venduto corre per conto del compratore fino a che non ne sia stata fatta la ricupera dal Monte, il quale non può essere astretto a pratticarla se non doppo si mesi dal giorno della vendita.

A quelli che depositerrano sul Monte denari ad utile, e non gli lascino depositati almeno un mese, non sia pagato utile alcuno.

Il denaro depositato ad utile sia restituito ad ogni richiesta di chi ne farà l’investitura, et a piacere del Monte. È proibito a chiunque l’esercitare nel Monte l’officio d’impegnare, o rascuoter pegni, o far cercare bollettini, in pena a tali persone, volgarmente chiamate Pelagati, di T. 25 applicate metà all’accusatore, e metà Monte de’ Poveri; e di tre tratti di corda, bando, e prigione ad arbitrio dell’Eccellentissimo Podestà.

Sotto le più rigorose pene di bando, prigione, galera, et altre ad arbitrio delli Eccellentissimi Rettori siano banditi tutti li Pelagati; e giustificato sia il delitto non possa loro esser fatta grazia, ma debbano essere irremissibilmente castigati.

Ebrei non possano a modo alcuno venire nel Monte sotto pena di esser messi alla catena ogni volta, che vi saranno trovati.

Tutti li beni stabili, e mobili, che saranno lasciati al Monte, o gli perveniranno in qualunque maniera, siano venduti con quel modo, parerà migliore alli Governatori, et il prezzo ne sia applicato al Monte de’ Poveri; quando però dal Testatore, o primo Padrone non ne fosse proibita l’alienazione.

Li soprastanti al Registro sono obligati a dar notizia alli Governatori di tutti i legati, che verranno lasciati al Monte, in pena di T. 25 per ciascun legato non denunciato.

Sia data piena fede in giudicio, e fuori a i libri, e scritture del Cancelliere, Nodari, e Deputati del Monte. Ogni anno la 3° festa di Paqua di Resurezione si faccia una Processione generale per la consueta al Monte de’ Poveri, e l’apparato se ne farà sotto la loggia della Piazza secondo il costume348.

Qualunque lunga consuetudine in contrario non possa derogare in parte alcuna alli Capitoli, et ordini del Monte, quali dovranno restar sempre nel loro vigore.

Non s’intenderà derogato ad alcuno de’ vecchj Capitoli, benché non inseriti nelli presenti, il quale fosse ancora in osservanza, o fosse bene di osservare.

Li debitori del Monte sono esclusi da ogni officio della Città, e dal Consiglio.

L’esecuzione delle Parti della Città, che escludono li debitori del Monte da ogni officio, e dal Consiglio, è commessa all’Eccellentissimo Podestà pro tempore, il quale avanti il giorno di S. Tomaso, si farà presentare dal Cancelliere del Monte la nota de’ debitori, e nella sera di S. Tomaso la darà nel Conseglio della Città, perché li debitori antescritti siano esclusi dalla ballottazione, che dovrà farsi in tal sera.

Quelli, che vorranno essere ammessi al Conseglio, non possano essere ballottati, se prima non avranno dal Cancelliere del Monte fede autentica di non essere debitori.

Nessun creditore di prò potrà conseguire dalla Cassa il suo pagamento, senza la fede del Quadernier, che assicuri dell’esistenza del di lui credito349.

346 Anche in questo caso troviamo, crediamo, un’efficace fusione tra passione religiosa e realismo operativo; la

norma sembra quasi voler dire: “prima di tutto, i poveri”.

347 Ecco un interessante escamotage per oltrepassare la normativa anti-usura. Nell’ordinamento della Chiesa ogni

prestito ad interesse costituisce usura e ciò fu causa di vivo dibattito per l’istituzione dei Monti di Pietà; una volta superato il problema dei prestiti, la questione si ripresentò ai Monti quando decisero di accogliere depositi privati e di remunerarli. L’istituto scaligero escogitò la soluzione sintetizzata nella norma citata: il deposito viene configurato come acquisto di una porzione di demanio pubblico (un pezzo di Arena, di Scala della Ragione, ecc.), che poi il Monte prende in affitto dall’acquirente, pagando un prezzo (l’interesse) per l’affitto. Cfr. anche CONTE, Il Monte di Pietà. Tali espedienti giuridici non iniziano con l’esperienza dei monti di pietà, ma hanno

origini medievali.

348 Si tratta di una consuetudine che ricorda l’inizio di attività del Monte di Pietà, il suo gesto fondante. La prima

processione, che servì a raccogliere i capitali per l’erezione del luogo pio, si svolse il 29 agosto 1490. Sulle caratteristiche dei momenti istitutivi dei Monti, con la loro simbologia, si può consultare utilmente anche MUZZARELLI, Il denaro e la salvezza, pp. 87-143.

349 Queste note sono identiche a quelle per la riscossione degli stipendi, e con esse conservate in A.S.Vr, Santo

Li salarij a’ Ministri siano pagati tutti indistintamente dal Cassiere, sempre con mandato del Prior, e di uno almeno de’ Governatori; e previa la fede del Quaderniere, che assicuri dell’esistenza del di lui credito350.

Come si può vedere, si tratta di norme semplici e sulle quali, in alcuni casi, abbiamo già avuto modo di soffermarci; tuttavia, vengono introdotte nuove notizie, come la partecipazione all’amministrazione della città e il tema dei depositi. Riteniamo utile tornare su questi argomenti solo nelle apposite sezioni di questo lavoro ad essi dedicate.

12. Conclusioni

Siamo finalmente giunti al termine di questo lungo capitolo, che ci ha introdotti, crediamo, molto all’interno della vita del Monte di Pietà di Verona; è vero, non siamo ancora entrati nel dettaglio dell’attività gestionale, ma alcuni assaggi hanno di certo già suggerito l’importanza quantitativa assunta dall’istituto all’interno della realtà economico-finanziaria veronese del tardo Settecento, fatto peraltro già indicato da Zalin in diverse occasioni351.

Crediamo che il dato cruciale, che emerge dalla nostra disamina, consista nell’esserci imbattuti in una realtà estremamente complessa dal punto di vista funzionale, dove ogni dettaglio organizzativo è studiato e regolamentato. Anche il principio della divisione del lavoro, sottolineato con vigore da Adam Smith solo nel 1776, trova in questo istituto di credito profonda e convinta applicazione, in particolare se guardiamo alle mansioni estremamente specializzate svolte da figure quali il Bidello e il Facchino, o il Cucitore delle Cartoline, i cui compiti sono svolti separatamente da quelli dello Scrittore delle Cartoline. La complessità organizzativa, non riscontrabile con facilità in organizzazioni analoghe, porta il Monte di Pietà ad impiegare presso di se’ circa 35 persone, cui vanno sommati i Governatori, giungendo ad avere contemporaneamente oltre 50 individui al servizio del luogo pio, che viene dunque ad essere “un’impresa” di dimensioni più che ragguardevoli, anzi, decisamente abbondanti, se consideriamo che non svolge attività industriale, ma semplicemente di intermediazione. Tale ente di credito si trova dunque ad essere un fitto intreccio di interessi diversi, che coinvolgono tutti gli strati sociali: abbiamo i poveri che accorrono al Monte per poter “giungere a fine mese”, ma persone umili sono anche impiegate in attività secondarie; i

350 A.S.Vr, Storia di Verona, b. 20, Santo Monte di Pietà, memoriale cit., cc. 67-72/.

351 G. ZALIN, L’economia veronese in età napoleonica. Forze di lavoro, dinamica fondiaria e attività agricolo-

commerciali, Milano, Giuffrè, 1973, pp. 175-181; ID., Linee commerciali, nuovi assetti fondiari, piani

territoriali e industrializzazione in età contemporanea, in Una rete di città. Verona e l’area metropolitana Adige-Garda, a cura di M. CARBOGNIN, E. TURRI, G.M. VARANINI, Verona, Cierre, 2004, pp. 76-77.

nobili, come vedremo, ricorrono spesso al nostro istituto in qualità di depositanti, ma abbiamo visto che nobili sono anche gli individui che ricoprono le funzioni più importanti, e maggiormente remunerate; fortemente impegnata nella gestione è anche la classe notarile. Del resto, la Avallone ha avuto modo di sottolineare una complessità analoga per la situazione napoletana proprio nella seconda metà del Settecento352, rilevando una specializzazione gestionale che presenta diverse affinità con il caso veronese; basti pensare che il Monte di Pietà di Napoli nel 1780 registra l’impiego di 53 ufficiali353. Inoltre, proprio nell’intervallo di

tempo 1775-1785, diversi Banchi Pubblici del regno borbonico si trovano implicati in discussioni sull’entità degli stipendi, optando per un adeguamento che renda giustizia di un incrementato carico di lavoro354.

Il lettore sarà senz’altro rimasto colpito dai nomi coinvolti nella vita del Monte di Pietà, potendo notare, attraverso le tabelle riportate, la fitta ricorrenza di importanti famiglie della città; ma anche per quel che riguarda le mansioni non ricoperte da nobili si nota una trasmissione familiare. In ogni caso, si possono trovare tutti quei nomi di quella composita

élite cittadina che si andò costituendo sin dal medioevo: le famiglie di antica tradizione

militare (i Dalla Torre e i Da Lisca) e nobiliare (Nogarola); le famiglie di immigrati entrate a Verona con Mastino I della Scala, come i Bevilacqua; ancora, cognomi locali di giudici e notai, da secoli impegnati in attività commerciali e manifatturiere, come i Maffei, gli Spolverini, i Fracastoro, i Cavalli, i Montagna355. Provenienti da attività produttive impiantate nei secoli precedenti sono anche gli Sparavieri, i Pindemonte, i Marogna, i Verità356.

In merito al legame di alcune famiglie con determinati ruoli abbiamo già accennato al “dominio” dei Bernardi soprattutto nell’ambito delle funzioni giuridiche, ma non solo: Bernardo è Cancelliere per cinque volte, mentre Giovanni svolge l’incarico di Archivista quattro volte, ma lo troviamo anche Notaio per un mandato e Sottomassaro in ben sei occasioni; Ignazio è due volte massaro, mentre Salvatore, occasionalmente Sottomassaro, è Cancelliere in sei mandati; il caso di Bernardo Bernardi è emblematico e su di lui abbiamo qualche informazione in più, che ci consente di sottolineare ulteriormente il rapporto stretto tra alcune famiglie ed il Monte di Pietà. La Sessione del banco, infatti, si riunisce venerdì 20 luglio 1787 per decidere se concedere al più volte Cancelliere la possibilità del pensionamento, richiesto da Bernardi in particolare per motivi di salute, a causa dei quali è

352 AVALLONE, Il personale, pp. 489-546. 353 Ivi, p. 534.

354 Ivi, pp. 525-528.

355 E. DEMO, Dalla dedizione a Venezia alla fine del Cinquecento, in Storia di Verona. Caratteri, aspetti,

momenti, a cura di G. ZALIN, Vicenza, Neri Pozza, 2001, pp. 157-158.

costretto a dedicare molto tempo alle cure357. Nella supplica inviata al Monte, il Cancelliere specifica come la sua famiglia sia al servizio del luogo pio ormai da un secolo, mentre egli stesso si è prodigato in diverse mansioni sin dal 1739, il che vuol dire che si trova a chiedere il pensionamento, per età e malattia, dopo ben 47 anni di servizio358! Per quel che riguarda la mansione di Notaio, poi, ci imbattiamo in un membro della famiglia Donisi ben quattordici volte. Colpisce a nostro avviso il fatto che i Nobili sono presenti spesso non solo nel ruolo di Governatori, ma paiono gradire molto l’incombenza di una Massaria359, come del resto

osservato anche dal Montanari per il caso dei monti lombardi360: il conte Antonio Cipolla si

trova a servire agli Ori tre volte, così come Angelo Maffei, ma spiccano i cinque mandati del conte Galeotto Nogarola. Questo forte coinvolgimento della nobiltà, con il rischio di una gestione a proprio vantaggio, fu spesso motivo di preoccupazione in seno ai Rettori veneziani presenti a Verona361; ad esempio, il 2 ottobre 1787 Giovanni Alvise Mocenigo II, Capitano e Vicepodestà di Verona, proponeva a Venezia di eliminare la possibilità di scegliere Massari nobili, al fine di evitare pregiudizi nel servizio reso ai poveri362. Per quanto riguarda i non nobili, ricordiamo, a mo’ di esempio, la forte presenza (9 mandati) dei Corsin quali Cattapegni, o degli Scolari (7 presenze) e di Pietro Fiume (6) nel ruolo di Cucitori delle Cartoline.

Non v’è altro da aggiungere; la cornice del quadro è ormai delineata, i confini del tracciato sono stati stesi: all’interno di essi pulsa la vita di un mondo complesso e variegato, ancora tutto da dipingere.

357 A.S.Vr, Santo Monte di Pietà, registro n. 1, 1782-1796, Libro Sessioni, Seduta del 20 luglio 1787. 358 Ivi, Seduta del 20 luglio 1787.

359 Sul ruolo della nobiltà nella gestione del Monte di Pietà si può utilmente consultare P. LANARO SARTORI,

Un’oligarchia urbana nel Cinquecento Veneto, Torino, Giappichelli, 1992, pp. 90-97.

360 MONTANARI, Il credito e la carità, I, p. 26; l’Autore ha modo di sottolineare anche l’importanza finanziaria di

questi incarichi, come da noi evidenziato nel paragrafo precedente.

361 Relazioni dei Rettori, IX, p. LI. 362 Ivi, p. 587.

Appendice: Tabelle

Tabella 1: Governatori del S. Monte di Pietà di Verona, 1756-1797

1756 Giovanni Gallizioli

1757 Giovanni Gallizioli, Girolamo Giugliani, Claudio Marchenti, Giorgio Spolverini 1758 Gio Antonio Guglielmoni, Francesco Nichesola

1759 Attilio di Montituci Monti, Conte Aventino Fracastoro, Marchese Lodovico Medici, Francesco Nichesola

1760 Girolamo Bongiovanni, Giovanni Gallizioli, Francesco Lando, Conte Ubaldo Lavagnoli, Gio Francesco Murari, Dr. Conte Zeno

Rizzi, Giulio Signorini, Dr. Francesco Sparavier

1761 Antonio Berganzo, Bernardo Bernardi, Conte Federico Bevilacqua, Conte Gio Luca Carminati, Dr. Francesco Cartolari, Conte

Aventino Fracastoro, Giovanni Gallizioli, Francesco Lando, Conte Ubaldo Lavagnoli, Marchese Lodovico Medici, Girolamo Meschini, Conte Benassù Montanari, Francesco Nichesola, Conte Gio Girolamo Orti Manara, Dr. Francesco Sparavier

1762 Bernardo Bernardi, Conte Gio Luca Carminati, Dr. Francesco Cartolari, Conte Giulio Cesare da Lisca, Conte Aventino

Fracastoro, Orazio Marchenti, Marchese Lodovico Medici, Girolamo Meschini, Conte Benassù Montanari, Alessandro Maria Nogarola, Ferdinando Nogarola, Girolamo Rambaldo, Giovanni Rapetti, Giulio Signorini, Giorgio Spolverini Dal Verme,