Per quanto sia impossibile separare in modo netto le istanze, che si trovano vicever- sa intrecciate nei discorsi e negli statuti dei medesimi soggetti, sembra tuttavia di poter riconoscere un filo che percorre molti degli interventi e che contribuisce a delineare, accanto alla forma della tutela, un altro tipo di sguardo sul tema della CT. Il riferimento è a quei contributi che promuovono il tema del coviewing, insistendo sul ruolo di so- stegno dei genitori nel processo di educazione e di crescita dei bambini. In questi casi, il minore non è soltanto un soggetto da tutelare, ma da sostenere nel suo percorso di maturazione che non può che essere partecipativo e collaborativo. Anche i media assu- mono in questi contributi un ruolo diverso, diventando risorse per l’apprendimento e, in generale, per lo sviluppo cognitivo e psico-sociale dei bambini.
In questo senso, si veda la presentazione delle finalità dell’AIART, Associazio- ne Italiana Ascoltatori Radio e Televisione, ONLUS fondata nel 1954 per iniziativa dell’Azione Cattolica:
1. Curare la formazione degli utenti dei mezzi di comunicazione sociale.
2. Contribuire allo sviluppo dei valori di libertà e di giustizia, all’affermazione della 18 http://csa.fr/csajeunesse/Espace-jeunesse/Les-conseils-du-CSA/Les-programmes-jeunesse
dignità della persona, dei diritti della famiglia, della scuola e del mondo del lavoro. 3. Tutelare i minori nel campo della comunicazione.
4. Promuovere la lettura critica dei mezzi di comunicazione sociale e la presa di coscienza. Elaborare e diffondere una cultura per i media.
5. Formare alla comunicazione gli educatori nella scuola, nella famiglia e nelle as- sociazioni culturali.
6. Contribuire a sviluppare il senso e le capacità critiche di ogni persona, dotandole di tutte le conoscenze indispensabili a dominare e a educare a sua volta all’uso raziona- le e responsabile dei mezzi audiovisivi.
7. Operare in ogni sede – in spirito di gratuità, di collaborazione e dialogo – come struttura di servizio delle persone di ogni fede, convinzione, razza o religione e, in par- ticolare, delle famiglie, dei deboli e delle categorie svantaggiate.
8. Contribuire a creare il rispetto da parte dei “media” della persona umana, della sua dignità e dei valori civili, umani e religiosi, tramite la tutela della correttezza, com- pletezza e veridicità dell’informazione20.
Un altro esempio nella medesima direzione è il già citato CSA, Conseil Supérieur de l’Audiovisuel. Sul sito dell’organizzazione, la sezione denominata “Soyons tous re- sponsables face aux écrans”21 è dedicata alla sensibilizzazione dei genitori nei confronti
di un uso responsabile della televisione.
L’unità dedicata al controllo parentale invita i genitori a parlare con i propri figli rispetto al consumo televisivo, evitando di lasciarli soli e per troppo tempo davanti allo schermo. Tra le raccomandazioni: evitare la televisione prima dei tre anni, dai 3 ai 6 prevedere sessioni di non più di dieci minuti, razionare il consumo di televisione evitando ogni forma di abuso (zapping, televisore in camera, posizione troppo vicina), favorire momenti di scambio familiare senza tv.
La britannica Common Sense Media propone un decalogo da cui si evince la con- sapevolezza della centralità del sistema mediale nella vita quotidiana. Da qui discende la necessità di considerare i media una risorsa, da affrontare con strumenti opportuni (il sistema di rating proposto da CSM stesso), con la partecipazione di genitori e in- segnanti, con azioni che puntino non solo alla normatività, ma anche al cambiamento del sistema mediale, nella direzione della presa in carico delle istanze di sostegno alla crescita mentale, psicologica e sociale dei bambini.
Common Sense Media
Dalla sezione About us del sito:
1. We believe in media sanity, not censorship.
2. We believe that media has truly become “the other parent” in our kids’ lives, powerfully affecting their mental, physical, and social development.
3. We believe in teaching our kids to be savvy, respectful and responsible media in- terpreters, creators, and communicators. We can’t cover their eyes but we can teach them to see.
4. We believe parents should have a choice and a voice about the media our kids
20 http://www.aiart.org/ita/web/item.asp?nav=1 21 http://csa.fr/csajeunesse
consume and create. Every family is different but all need information.
5. We believe that the price for free and open media is a bit of extra homework for families. Parents need to know about the media their kids use and need to teach re- sponsible, ethical behavior as well as manage overall media use.
6. We believe that through informed decision making, we can improve the media landscape one decision at a time.
7. We believe appropriate regulations about right time, right place, and right manner exist. They need to be upheld by our elected and appointed leaders.
8. We believe in age-appropriate media and that the media industry needs to act re- sponsibly as it creates and markets content for each audience.
9. We believe ratings systems should be independent and transparent for all media. 10. We believe in diversity of programming and media ownership.
Common Sense Media, inoltre, orienta la sua azione nella messa a punto di criteri di rating applicati alla review di prodotti, in modo da offrire a genitori ed educatori uno strumento per scegliere i prodotti più adatti ai propri figli/alunni.
È questa l’azione di “rate” (classificare, valutare), a cui segue quella di “educate” (educare, insegnare), particolarmente tesa a coniugare oggetto e metodo, offrendo sul sito dell’associazione numerosi strumenti digitali per costruire in modo cooperativo una nuova forma di media literacy. Una iniziativa degna di nota è il digital passport, un set di strumenti digitali interattivi per accompagnare lo studente nel processo di ac- quisizione della cittadinanza digitale e delle norme di sicurezza. CSM interviene anche come advocacy, sostenendo e tutelando famiglie e giovani utenti soprattutto rispetto ai problemi del cyberbullismo e della violazione della privacy. L’associazione sottolinea l’importanza di un’azione concreta, che si esplica nella diffusione dei propri protocolli di rating e review, delle iniziative di formazione, in attività di promozione. L’azione passa anche attraverso il coinvolgimento dei membri e simpatizzanti attraverso l’uso dei social media, per rafforzare la partecipazione e la condivisione di esperienze e ri- sorse.
La Children Media Foundation (che deriva dalla fusione di Save Kids’ Tv e Chil- dren’s Film and Television Foundation) insiste sul coinvolgimento dei genitori come soggetti educanti. La newsletter mensile è un ulteriore strumento per la divulgazione e l’aggiornamento, con un livello di profondità che va ben oltre le indicazioni generali sui media. Per esempio, nel numero di aprile 2013, David Kleeman mette in guardia i genitori contro le formulazioni generalizzanti di molta pubblicistica sui media, spesso ammantate come esiti di ricerche scientifiche. Viene sottolineato come le correlazioni tra eventi diversi non siano tout court dei nessi causali, come obesità infantile/consumo di televisione, uno dei temi che destano preoccupazione nel dibattito recente. Ancora nella direzione dell’aiuto concreto offerto ai genitori è da segnalare il Parent Portal22,
che, tramite la collaborazione con l’Università di Edimburgo, propone una sintesi delle più recenti ricerche in materia di consumo infantile di televisione, nella forma di rispo- sta a FAQ proposte da consumatori.
Unicef promuove in Comunicating with children , (su cui si tornerà più diffusa- mente in seguito) una forma di tutela giocata sull’esortazione anziché sul divieto. Ri- volgendosi agli operatori dei media (produttori e autori in primo luogo) si offrono in- dicazioni sui temi da includere nei prodotti anziché su quelli da evitare. Da ciò emerge anche una visione particolare dell’infanzia: i bambini sono rappresentati come soggetti senza dubbio da accompagnare nel loro processo di crescita, ma non soltanto protetti. Essi devono piuttosto essere condotti verso un approccio multiculturale, che abbracci la diversità, alieno da stereotipi e preconcetti24. In questo modo, i bambini sono pensati
non tanto come “minori da tutelare”, quanto come soggetti attivi, educati a partecipare in prima persona alla costruzione del proprio domani e del proprio posto nel mondo25.
In sinergia con gli assunti di Unicef, le due autrici ricordano i “diritti comunicativi del bambino”: diritto di essere ascoltato e preso sul serio; diritto alla libertà di parola e in- formazione; diritto al mantenimento della privacy; allo sviluppo della propria identità culturale; al rispetto e all’orgoglio della propria identità culturale.