Le associazioni si propongono come stakeholder dal volto complesso. Il quadro che risulta dalla nostra analisi è molto composito, animato da intenzioni diverse: da una parte è rintracciabile una forte istituzionalità, che fa sì che questi soggetti si definiscano a partire dal loro ruolo nella società civile, qualificandosi come interlocutori privilegiati sul tavolo delle trattative governative, proponendo anche interventi normativi e di tute- la. Dall’altra parte, ciò che viene messo in primo piano è il senso di appartenenza e di riconoscimento intorno a valori su cui si fonda una comunità. Si tratta di associazioni, in questo caso, che danno voce a soggetti (in primis i genitori) che individualmente farebbero fatica a farsi ascoltare nella sfera pubblica. La forma istituzionale di questi gruppi è – per così dire – una conseguenza secondaria rispetto all’affermazione e all’a- desione ai principi che li animano. Soprattutto in questo secondo caso è importante il legame con il territorio, che si configura anche come catalizzatore di network.
Il contributo sul tema della CT dell’universo associazionistico può essere declinato innanzitutto sul piano della ricostruzione dello scenario: le associazioni si impegnano anche sul fronte delle grandi ricognizioni, a volte in collaborazione con centri di ricerca e università, per ricerche di sfondo, raccolta di materiali e risorse volte a comprende- re il mondo dell’infanzia, le problematiche emergenti, le tendenze in atto e le aree di maggior criticità.
La loro azione è aggregabile secondo tre dimensioni, che, come accade spesso quan- do si cerca di sistematizzare una realtà complessa, sono spesso intrecciate e sovrappo- ste.
La prima dimensione concerne la tutela: vi rientrano a pieno titolo le proposte di rating e di parental control, di cui si è parlato prima. La tutela si esplica anche rispetto ai contenuti, laddove vengono indicati i temi da evitare (violenza, sesso, droghe…). Nelle sue forme propositive, essa valorizza il contesto di fruizione e quindi il ruolo della figu- ra genitoriale come guida nei processi, non solo di selezione ma anche di comprensione dei testi televisivi. Da qui discende l’importanza della Media Education e le iniziative riconducibili a questo ambito.
La seconda dimensione è quella dell’accompagnamento, ossia di quegli interventi in cui il minore è un soggetto attivo, anche se richiede il sostegno della figura genito- riale. Si trova in una fase evolutiva, dal punto di vista cognitivo e psicologico: i media, con il dovuto aiuto dei genitori, possono offrirgli risorse per lo sviluppo e la crescita. Esiste allora una “televisione appropriata” che rispetta lo stadio di maturazione in cui il bambino si trova, le sue capacità e le sue incapacità di interpretazione del reale, e definisce i temi da cui deve essere protetto e i contenuti che sono in sintonia con il suo momento evolutivo.
La terza dimensione riguarda l’ambito delle provision: le associazioni si qualifica- no all’interno del dibattito pubblico anche come soggetti in grado di dare indicazioni proattive, tracciando i contorni di una televisione di valore da un osservatorio privile- giato, che si avvale del suo statuto super partes rispetto ai produttori e agli operatori
dei media. Anche a questo proposito si possono riconoscere diverse declinazioni del valore della televisione. Esso risiede innanzitutto nella proposta di prodotti e di forme di consumo “appropriate all’età”; si intende con ciò che i contenuti devono essere adatti alla fase di crescita, alle competenze e allo stadio di sviluppo psicosociale del bambino. I produttori devono quindi – in base a modelli psicopedagogici più o meno espliciti- garantire prodotti che rispecchino e rispettino il momento evolutivo del bambino, come si anticipava al punto precedente. D’altro canto, il concetto di appropriatezza sembra rintracciabile, per quanto in misura meno esplicita, anche laddove si fa riferimento a una televisione “a misura di bambino”, intendendo che la televisione deve stimolare la partecipazione del bambino, anche prevedendone forme di coinvolgimento a livello progettuale e realizzativo, in modo che la Tv restituisca lo sguardo e la voce dei più piccoli, che solo in questo modo possono riconoscersi nelle storie messe in scena. Si tratta di un radicale cambiamento di prospettiva, dove l’adulto non sceglie e modella a partire dal proprio punto di vista, ma accoglie e sostiene la partecipazione diretta dei ragazzi alla costruzione del testo.
Il valore della CT risiede inoltre nella proposta di modelli positivi, con storie che tematizzino i punti di forza più che quelli di debolezza, che mostrino la soluzione delle situazioni di conflitto, in una parola che contribuiscano alla crescita del bambino, raf- forzandolo. Su questa linea, la CT può contribuire a formare il bambino come cittadino di domani, proponendo una valorizzazione positiva del gender e dei ruoli e un modello di cultura inclusiva, che rispetti e accolga la diversità, coltivando al tempo stesso la dimensione della cultura nazionale e locale.
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