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L'azione, politica e militare, dei Comitati comunisti segue da vicino il progredire della crisi economica e quel rivolo che velocemente diventa un fiume in piena rappresentato dalle vertenze aziendali sulle politiche di ristrutturazione. La seconda metà degli anni '70, fino allo snodo periodizzante rappresentato dalle lotte alla Fiat nel 1980, può essere letta come un'epocale resa dei conti fra operai e padronato, come l'inversione di tendenza, via via più netta, di quell'onda lunga di conquiste di diritti e salario che aveva caratterizzato i primi anni '70. Sono tendenze queste che operano a dimensione globale, ma che trovano nel contesto italiano una sua particolare recrudescenza. Gli anni che seguono “l'autunno caldo”239 vedono un costante miglioramento delle condizioni dei lavoratori e lo fanno in

misura tale da intaccare in profondità gli stessi margini di profitto del capitale: continui aumenti salariali, avanzamenti di qualifica automatici e parità di trattamento fra impiegati e operai, riduzione dei carichi di lavoro, assenteismo sono tendenze che interessano tutta la media e grande industria. Come abbiamo visto, il vento cambia col manifestarsi sempre più virulento della crisi economica che intacca le stesse basi materiali delle rivendicazioni operaie. Le innovazioni tecnologiche e l'automazione da possibile forma di emancipazione dell'uomo dalla soggezione al lavoro salariato si trasformano invece in strumenti della riscossa imprenditoriale; le catene di montaggio vuote da sogno dell'operaio diventeranno, al termine di una parabola gloriosa, il suo incubo. Tutto ciò appare molto

237 Libardi ha affermato che «funzione delle squadre era quello di intervento in piazza, nel corso delle manifestazioni, nonché di effettuare qualche azione di minore rilievo, tra cui quello di servizio d'ordine in occasione di alcuni “espropri” effettuati ai danni di supermercati. Inoltre la Squadra aveva compito politico di diffondere l'idea della lotta armata presso gli operai […]. Oltre alla squadra di Sesto furono create le squadre di Cormano e del Giambellino […]. Almeno un'altra squadra fu creata a Bergamo, ma credo più d'una. [...] Per quanto riguarda le azioni poste in essere dalle squadre, ed in particolare da quelle di Cormano e del Giambellino, ricordo alcuni attentati contro esercizi in cui si spacciava droga», in Libardi, 16 ottobre 1980, pp. 7-8. Da notare che nel periodo di Senza tregua l'unica squadra realmente operante fu quella di Sesto S. Giovanni, affiancata da quelle attive a Roma e a Bergamo; col passaggio a Pl ne diventeranno operative altre per giungere alla struttura che ho tratteggiato.

238 Il tema della disponibilità di armi è uno dei più dibattuti quando si affronta il tema della lotta armata. Per quanto riguarda il gruppo di Senza tregua si può ritenere che l'armamento provenisse prioritariamente da residuati bellici o da azioni di disarmo. Molto più tardo fu l'uso di rapinare armerie.

239 Si vedano i numeri monografici 1969 di “Parolechiave”, 1998, n. 18 e Diego Giachetti – Marco Scavino, La

chiaro col senno di poi, mentre lo era molto meno all'epoca quando le vertenze erano ancora vertenze dure, dai risultati incerti, come incerti erano gli orizzonti futuri del mondo del lavoro. Chi faceva politica nelle schegge più radicali della estrema sinistra non crede alla sconfitta operaia e critica duramente la tendenza del sindacato alla mera resistenza o, peggio ancora, all'accettazione dei sacrifici, come sembra richiedere il partito comunista. Le politiche di ristrutturazione aziendale agli occhi dei militanti di Senza tregua non si configurano come i prodromi di una sconfitta annunciata, ma al contrario come la possibile miccia per l'intensificazione dello scontro sociale. Restano in mezzo al guado gli esponenti della sinistra extraparlamentare, che pure godono di un certo seguito fra gli operai, oscillanti, in misura diversa a seconda del gruppo e del contesto, fra le posizioni dei sindacati e quelle degli aggregati autonomi.

Non bisogna dimenticare che la partecipazione della massa operaia allo scontro sociale assume modalità in parte sotterranee e apparentemente silenziose, contraddistinte più da una opaca e benevola neutralità che non dall'appoggio esplicito:

per un lungo periodo, bruciare le macchine ai capi reparto era un fatto significativo su cui qualsiasi operaio era d'accordo, perché non succedeva chissà che cosa. Il capo reparto […] smetteva di avere un certo atteggiamento nella fabbrica e con questa cosa ci guadagnavano tutti. Non c'è mai stata un'adesione di massa alla lotta armata, come adesione a un programma, a un progetto o a una forma […]. C'è stata una sorta di grande neutralità, e in certi periodi è stata estremamente benevola240.

Il sostegno operaio alimenta in minima misura una vera e propria militanza: all'interno di uno stabilimento di medie dimensioni una decina di lavoratori riconducibili alla temperie autonoma rappresenta un grande risultato. Più spesso chi invoca il potere operaio deve accontentarsi di svolgere l'intervento fuori dalle fabbriche alla ricerca anche solo di un pugno di lavoratori sensibili alle proprie tesi.

E' su questi binari che si incanala il programma rivoluzionario di Senza tregua a cui abbiamo appena accennato; scandito dalla partecipazione alle lotte operaie, dal diffondersi di comportamenti illegali fuori e dentro la fabbrica, viene allo stesso tempo affiancato da quella campagna di ferimenti di cui Giunta e Fossat erano stati gli esordi. Nei mesi a seguire, sempre dal nucleo militare dell'organizzazione vengono portati a termine altri tre attentati: due a Milano e uno a Bergamo. L'11 novembre 1975 è colpito Valerio Di Marco, direttore del personale dell'azienda automobilistica milanese Innocenti, sotto il controllo della compagnia inglese Leyland. Il ferimento non avviene a caso, ma prova a inserirsi in una vertenza che dura da mesi e che contrappone la proprietà inglese ai lavoratori, a rischio di cassa integrazione e licenziamenti. Le lotte alla Innocenti rappresentano un paradigmatico «banco di prova per tutto il movimento»241, il simbolo di dispositivi all'opera fuori e

240 Galmozzi, p. 835.

241 Coordinamento operaio Innocenti, Innocenti – Leyland banco di prova di tutto il movimento, 19 novembre 1975 in ASESS, Fondo numeri unici, b. Q-4-15. Cfr. anche Il dottor Jeckyll e Mister Plant, “Rosso”, 12

dentro le fabbriche (licenziamenti, decentramento produttivo, straordinari) che tentano di rompere le rigidità, e le tutele, del mercato del lavoro. Mentre forti tensioni dividono lo stesso corpo della sinistra extraparlamentare (Ao durante l'occupazione della stazione milanese di Lambrate a conclusione di un corteo sindacale il 29 ottobre 1975 si scontra con esponenti dell'autonomia e di Lc), il gruppo di Senza tregua decide di spendere la carta del ferimento del dirigente d'azienda. Sulle pagine del giornale, che riserva molto spazio al confronto in atto alla Innocenti, il ferimento viene, come da prassi, comunicato senza prese di posizione esplicite:

al momento della chiusura di questo giornale, i quotidiani della sera danno notizia del ferimento del capo del personale della Leyland Innocenti e pubblicano il testo del volantino dell'organizzazione che rivendica e spiega l'azione [… Segue breve rivendicazione]. I tempi tecnici purtroppo non ci consentono di pubblicare un commento di questo episodio […]. Diciamo solo che agli operai comunisti […] sembrerebbe più opportuno analizzare energie e capacità di lotta per mettere con le spalle al muro i padroni […] piuttosto che strillare a favore della legalità del dominio capitalistico. […] Quando a una forza di “sinistra” stanno più a cuore le gambe degli sfruttatori e il buon nome della Repubblica Italiana (fondata sul lavoro) piuttosto che lo stomaco di migliaia di operai e il bisogno di potere e di comunismo del proletariato cosciente, la parabola dell'opportunismo è compiuta242.

Non dissimile, seppure con le dovute proporzioni, è il caso della ditta bergamasca Philco. La crisi aziendale inizia già nel 1974, quando la proprietà, anche in questo caso straniera (la Bosch), annuncia l'intenzione di licenziare centosessanta operai. Alla chiara intenzione di ridimensionare gli organici e tagliare il costo del lavoro si oppone la strenua resistenza delle maestranze. E' però con la primavera del 1975 che la vertenza entra nel vivo, allorché gli operai, nel quadro di modalità di azione particolarmente innovative (come il blocco del giro d'Italia o il presidio fisso con una tenda nel centro di Bergamo)243, decidono di occupare lo stabilimento. Alla Philco, come alla Innocenti e in altri

contesti industriali, si assiste a un confronto durissimo interno alla stessa classe operaia con scambi di accuse fra sindacato e comitati autonomi: il primo viene tacciato di attendismo e di svendere il destino dei lavoratori, mentre ai secondi si addebita l'avventurismo di alcune forme di lotta. Durante i lunghi mesi dell'occupazione della fabbrica, conclusa con un accordo al ribasso e la sostanziale conferma dei licenziamenti, l'area di Senza tregua non lesina sforzi; lo dimostra l'assidua presenza a Bergamo del

gotha dell'intervento operaio del gruppo, da Baglioni, uno dei principali animatori del collettivo

autonomo della Magneti Marelli, a Rosso, figura di raccordo a livello teorico e organizzativo. A vertenza ormai conclusa, il 26 marzo 1976, esponenti del nucleo militare del gruppo feriscono alle gambe uno dei dirigenti dello stabilimento, l'ingegnere tedesco Herker: un atto particolarmente grave

novembre 1975, p.3. Sulla vertenza della Innocenti cfr. Nino De Amicis, La difficile utopia del possibile: la

Federazione Lavoratori Metalmeccanici nel “decennio operaio” (1968-1984), Ediesse, Roma 2010, pp. 120-

26.

242 Le condizioni dell'offensiva operaia, “Senza tregua”, 14 novembre 1975, p. 2. Velate critiche al ferimento sono espresse in Lotta armata, lotta di massa, “Rosso”, 29 novembre 1975, p. 2.

243 E. Mentasti, Bergamo cit., p. 301. Cfr. anche Philco: esperienza di una lotta, “Il Giornale degli organismi autonomi di Bergamo”, n. 1, gennaio '76 in ASESS, Fondo numeri unici, b. Q-4-12.

se si pensa anche al contesto di provincia dove avviene e che ne amplifica la risonanza pubblica244.

Accanto alle lotte operaie, campo d'azione privilegiato dell'autonomia sono gli appuntamenti di piazza, nel tentativo, costante a partire dalle giornate dell'aprile 1975, di sedimentare pratiche conflittuali più radicali. Senza che questo comporti ancora un utilizzo continuativo delle armi da fuoco (per cui bisognerà aspettare il movimento del Settantasette) si consolida la prassi dei cosiddetti “cortei armati”. Una delle manifestazioni più evidenti del rafforzamento dell'autonomia è la sua crescente capacità di scendere in piazza con modalità e tempistiche indipendenti dal resto della sinistra, extraparlamentare e non. In precedenza, era invalsa l'abitudine di partecipare alle manifestazioni organizzate dai sindacati o dai gruppi, con un proprio spezzone che, spesso, a marcare una distanza, si poneva in fondo al corteo. Da un certo momento in poi, invece, furono lanciati autonomi appuntamenti oppure, nel caso di scadenze comuni come scioperi generali o simili, deviazioni di percorso durante o alla fine della manifestazione. Erano queste occasioni per saggiare la propria organizzazione, anche militare, e per contarsi, in un momento di rapido dilatamento quantitativo dell'area autonoma: «nell'area milanese i componenti dell'organizzazione [Senza tregua] in senso ampio diventano circa 250-300, ma non tutti erano consapevoli di partecipare a una struttura militare»245.

La sensibilità giudiziaria dei primi anni '80, in netta discontinuità con la prassi precedente di trattare ogni scontro di piazza come un caso isolato attenuandone la sua sanzione penale, ha spesso inglobato i conflitti di strada nei reati riconducibili all'opera di sovversione delle formazioni armate. È un fatto che l'appiattimento delle dinamiche di piazza – dinamiche pubbliche e che coinvolgevano centinaia di persone – su un presunto disegno organizzato comporti il rischio di profonde forzature soltanto in parte giustificate dall'effettiva presenza di una pianificazione a tavolino degli scontri. Ne è un esempio limite il “maxi-processo” di Bergamo – svoltosi nei primi anni '80 - che in realtà inquisendo Pl e altre sigle del “terrorismo diffuso” processò un'intera stagione di movimenti sociali. L'assimilazione di ogni forma di conflitto antagonistico a episodi di “terrorismo” si accompagnò a un uso disinvolto delle deposizioni di ex-militanti pentiti, anche quando essi non brillavano certo per credibilità e per senso della misura nelle proprie affermazioni246.

244 Per la breve notizia del fatto e le numerose reazioni di condanna del ferimento da parte della direzione “Bosch” e del presidente di Confindustria Gianni Agnelli cfr. la documentazione conservata in ACS MI GAB, Fascicoli correnti 1976-80 (d'ora in poi 1976-80), b. 21, f. 11001/13. Nella requisitoria del Pm di Bergamo si ricorda che «detto ultimo attentato produceva conseguenze di notevole nocumento per l'economia bergamasca con la perdita di centinaia di posti di lavoro a seguito della ristrutturazione dell'azienda ceduta dal capitale tedesco a quello iraniano. Lo stesso Herker, interrogato come testimone, dichiarava che i dirigenti tedeschi si erano determinati alla cessione dell'azienda proprio a causa dell'attentato in suo danno. Emergeva la continua osmosi tra la provocazione e la direzione da parte dei C.P.A. [Collettivi Politici Autonomi, dicitura dei gruppi bergamaschi riconducibili a Senza Tregua] nei disordini di piazza e gli attentati effettuati dalla sua struttura occulta secondo il preciso piano eversivo indicato nelle tesi della rivista Senza Tregua», in Requisitoria Avella, pp. 314-15 in CM, vol. LXXXIII.

245 Libardi, 16 ottobre 1980, p. 8.

246 Nei verbali di interrogatorio di Sergio Martinelli, fonte principe dell'accusa al processo bergamasco, si possono leggere dichiarazioni quantomeno azzardate, spesso riportate per sentito dire, come, «[rispetto all'omicidio Calabresi] gli autori erano da ricercarsi nell'ambito di esponenti di Potere Operaio, tra i quali fece il nome di Corrado Alunni. Per quanto riguarda Lotta Continua, preciso che era noto al nostro interno (io ero di L.C.) che tale giornale era finanziato dalle Brigate Rosse», interrogatorio istruttorio Sergio Martinelli

Rispetto i comportamenti dell'autonomia in piazza può essere utile soffermarsi sue due casi specifici: l'occupazione della stazione centrale di Milano il 6 febbraio 1976247, al termine di una manifestazione

sindacale unitaria in occasione di uno sciopero generale di quattro ore, e gli scontri a Bergamo il 25 marzo in concomitanza con uno sciopero generale nazionale, a cui farà da corollario il giorno successivo il ferimento Herker. Nell'intervallo fra le due date il governo democristiano aveva deciso una serie di provvedimenti a livello economico (aumento dell'IVA, delle tariffe e del tasso di sconto) noti anche come “decretone” con l'intento, abbastanza illusorio, di frenare la spirale inflattiva che attanagliava il paese, ma con l'effetto di una transitoria ripresa dello scontro sociale. E' l'occasione per Senza tregua di reiterare il suo invito alla classe operaia a rifiutare le politiche di austerità e a scendere sul terreno della riappropriazione dei beni (quindi autoriduzioni, espropri, imposizione di prezzi politici):

solo l'organizzazione politica combattente, l'organizzazione che centralizza e moltiplica la nostra forza contro la macchina politica del comando dei padroni, solo la prassi rivoluzionaria dell'organizzazione comunista potrà far valere i nostri interessi. […] O apriamo una fase lunga di lotte sul terreno del potere, che affermino non più la nostra forza di chiedere, di rivendicare – ma il nostro diritto, il nostro potere di decidere, o andiamo a una crisi sempre più acuta e distruttiva. […] Solo una cosa possiamo fare: farci la legge da noi. Cominciare a decretare, cominciare ad applicare le nostre leggi248.

A Milano, al termine del corteo sindacale e dopo la contestazione da parte di tutta la sinistra extraparlamentare del comizio conclusivo del segretario generale della Cisl249, uno spezzone nutrito di

operai estremisti e militanti autonomi si dirige in corteo verso la stazione centrale. Forte di una precisa organizzazione la occupa per qualche minuto consentendo a Scalzone di improvvisare un'arringa attraverso gli altoparlanti. L'azione si svolge senza particolari incidenti e agli occhi dei militanti di Senza tregua rappresenta, nella sua mimesi della conquista della posizione nemica, una conferma del progetto di realizzare reti e momenti di contropotere effettivo.

Il secondo caso, inscenato durante una successiva giornata di sciopero generale, presenta caratteri meno simbolici e più concreti risolvendosi in un assalto alla prefettura di Bergamo da parte di un migliaio di manifestanti e nel successivo diffondersi degli scontri nel centro cittadino ai danni di altri obiettivi (sedi della Dc, negozi, etc). In quest'occasione, peraltro, alla deliberata volontà dell'autonomia bergamasca (rafforzati da elementi provenienti dalla vicina Milano) di scatenare una

17 giugno 1980, p. 13 in ASM, “Processo Rosso-Tobagi”, b. 22, f. 8.

247 Rapporto giudiziario della questura di Milano n. E3/76/UP, 18 febbraio 1976 in ASM, Processo “Rosso- Tobagi”, b. 16, f. 2.

248 Compagni operai, “Senza tregua”, 25 marzo 1976, p. 2.

249 Per una cronaca enfatica della giornata cfr. Milano operaia nega la parola al democristiano Storti , “Lotta Continua”, 07 febbraio 1976. Da notare il compiacimento con cui anche Lc guarda a strumenti di lotta adottati dall'autonomia a dimostrazione di una circolarità di pratiche e di teorie che nessun senno del poi può negare e della difficoltà a scindere la violenza politica organizzata da quella sociale: «sono arrivati un po' tardi gli operai della Marelli che si erano precedentemente recati a “spazzolare” una piccola fabbrica». Altrettanto indicativa è l'assenza di ogni riferimento all'occupazione della stazione.

vera e propria guerriglia urbana,

tutte le forze “democratiche” hanno parlato di “furti e saccheggi”, ma chi sono realmente i ladri, i saccheggiatori, i criminali? […] I proletari che si prendono la roba affermano un diritto fondamentale, quello alla vita e lo affermano con l'unico linguaggio recepito dai padroni e dallo Stato: quello della forza. NOI DECRETIAMO, NOI DECIDIAMO! […] Da qui la necessità di prendersi con la forza ciò che serve (alimenti, vestiario e tutto il resto) fino a costruire la possibilità in alcuni quartieri, a partire dall'organizzazione operaia, di imporre i propri prezzi politici, secondo un calmiere la cui formulazione e applicazione deve essere attuata e garantita dal controllo politico-militare dei proletari della zona250.

si accompagnano le ambiguità delle formazioni extraparlamentari251, che sembrano condividere

l'obiettivo della prefettura, e una gestione fallimentare della piazza da parte delle forze dell'ordine. All'incapacità di contenere gli intenti offensivi dei manifestanti segue l'utilizzo di armi da fuoco da parte degli agenti, di cui fa le spese una ignara passante. Del fatto sarà accusato un manifestante, ma la stessa magistratura bergamasca, a distanza di mesi dovrà ribaltare le responsabilità, incriminando un esponente delle forze dell'ordine252.

I mesi di marzo e aprile 1976 rappresentano quindi per l'area di Senza Tregua l'apogeo del proprio attivismo politico e militare. Anche per l'avvicinarsi di una scadenza elettorale cruciale come quella del 20 giugno 1976, momento di verifica delle strategie messe in campo dalle formazioni extraparlamentari così come dal partito comunista, si assiste a un'intensificazione dell'azione del gruppo, a tutti i suoi livelli. Basti pensare, per restare nella realtà milanese, al ferimento di Matteo Palmieri, capo della sorveglianza della Magneti Marelli, avvenuto il 2 aprile, oppure a quello, che rompe con il monopolio della fabbrica, del ginecologo Fulvio Nori (l'11 marzo). Negli stessi mesi si assiste anche al proliferare di atti di illegalità di massa – il gruppo si rende responsabile dell'organizzazione di due espropri in supermercati della periferia milanese in meno di quindici giorni – così come al tentativo di effettuare un deciso salto di qualità nella dotazione logistica con la prima

250 Compagni, “Senza tregua – Bergamo”, 9 aprile 1976, p. 1.

251 La rabbia proletaria apre i cancelli della prefettura, “Lotta continua”, 26 marzo 1976.

252 Nella corrispondenza fra prefettura e ministero, a distanza di mesi, si deve ammettere che «sulla base delle risultanze dell'istruttoria il Giudice Istruttore del Tribunale di Bergamo ha inviato alla guardia di P.S. Bacchi Stefano comunicazione giudiziaria ritenendolo responsabile di lesioni personali volontarie in danno della stessa Toffetti Luisa e di calunnia nei confronti del Frigeni Sergio», in Raccomandata del 29 novembre 1976 in ACS MI GAB, 1976-80, b. 21, f. 11001/13. Nel fascicolo si veda anche il verbale del consiglio comunale che esprime dura condanna nei confronti dei comportamenti dei gruppi extraparlamentari e il telex della prefettura del 25 marzo in cui si fa la cronaca degli scontri: «at ore 11 et minuti 15 gruppo circa mille extraparlamentari sinistra staccatisi da manifestazione sindacale hanno attaccato questa prefettura con lancio numerose bombe molotof, pietre, biglie, bulloni, etc. Sono stati respinti da forze dell'ordine con uso gas lacrimogeni senza che riuscissero superare cancelli prefettura. Manifestanti si riversavano nel centro cittadino dandosi at atti vandalismo et saccheggio et tentando costituire barricate con autovetture». Una dinamica dei fatti ben diversa viene avanzata fin nell'immediato dalla sinistra extraparlamentare, forte anche delle dichiarazioni della donna ferita, A Bergamo di nuovo in piazza, “Lotta Continua”, 27 marzo 1976, in cui peraltro si condannano i danneggiamenti ai danni di negozi del centro cittadino mentre il ferimento Herker viene appena riportato.

fallita rapina in un'armeria. Non ci si trova di fronte, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, al decisivo decollo del programma di Senza tregua, ma ai sintomi della crisi del progetto organizzativo