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Le ragioni della crisi di Senza tregua

5) Reversibile e bipolare

La strategia delle armi è una lingua universale o un linguaggio ristretto, esoterico? Il suo codice scaturisce dall'oggettività politica o si forma nell'autocoscienza dell'avanguardia?464

Reversibile, spontaneista, bipolare, semi-clandestina: sono alcuni degli attributi di volta in volta accostati al paradigma di lotta armata teorizzato da Pl, che la rende un esempio peculiare a alternativo a quello delle Br. Si riferiscono ora alla sfera ideologica ora a quella organizzativa del gruppo e

462 Alle due tracce fa riferimento il Rapporto giudiziario della questura di Torino n. A.4.1977/UP, 22 febbraio 1977 in ACG FGS, che non a caso riconduce tutte le azioni appena citate a un'unica matrice. C'è da dire che la pista investigativa non viene percorsa con grande decisione come attesta la testimonianza dell'allora vicecapo dell'ufficio politico della questura in M. Ruggiero, Pronto, qui Prima linea cit., pp. 82-3 e 93-5. 463 Rapporto giudiziario della questura di Torino n. A/2-06237-77/UP, 31 maggio 1977 in ACG FGS. Il rapporto

è stilato dallo stesso Poli a diverso tempo dall'episodio quando ormai l'ufficio politico ha già operato alcuni arresti fra gli esponenti di Pl a Torino. Può essere utile citare ampi stralci della breve rivendicazione, «una squadra operaia combattente ha punito con il piombo e con la spranga Bruno Diotti nota carogna, capo reparto alle meccaniche di Mirafiori. Questo viscido cane da guardia ha dimostrato davvero uno zelo eccessivo nella sua funzione rompendo i coglioni a tutti gli operai con una quotidiana e sistematica pratica repressiva. Oggi gli abbiamo "consigliato" di moderarsi: avrà comunque tempo di riflettere sul nostro consiglio in ospedale. [...] L'azione di oggi non è che l'inizio: contro il comando e la gerarchia di fabbrica, organizziamo l'iniziativa operai combattente!», in Squadre armate operaie, Oggi 18 febbraio 1977 ..., 18 febbraio 1977 in ATT, Atti processo Pl Torino, b. 2, f. 2/E.

devono essere messi alla prova dei fatti, così come dei documenti, vista l'influenza che i percorsi successivi della memoria hanno ricoperto nella loro fortuna interpretativa465. Merita riservare, inoltre,

ulteriore attenzione allo scarto esistente fra teoria dell'organizzazione e sua effettiva realizzazione, così come alle trasformazioni conosciute nel corso del tempo che muteranno, se non trasfigureranno, il progetto originario.

Un buon punto di partenza può essere il congresso fondativo di Scandicci, nell'aprile del 1977, che fissa dei punti fermi rispetto alla struttura interna e si pone a provvisoria conclusione del lungo processo genetico dell'organizzazione. All'appuntamento, tenutosi in una colonica nella campagna toscana, partecipano una sessantina di militanti, in rappresentanza di Milano e Torino, sedi storiche, a cui si aggiungono anche Napoli e Firenze. Per Torino, il polo che in quel momento presenta, se non lo sviluppo, sicuramente la coerenza maggiore, si ha notizia di una precisa procedura di partecipazione, riservata a chi ricopre funzioni direttive e a un rappresentante per ogni squadra, a tutela della massima democraticità. Nel capoluogo piemontese è pure l'occasione per svolgere una specie di assemblea generale del gruppo, rischiosa dal punto di vista della sicurezza, ma che certifica il grado di consapevolezza raggiunto466.

Sempre la sede torinese prepara, in raccordo con la milanese, anche il documento di apertura dell'assemblea che ricapitola i principali temi in discussione, già anticipati nelle riunioni informali dei mesi precedenti, e che può fungere da canovaccio per delineare ideologia e struttura del gruppo. L'incontro di Scandicci è altresì il momento di formalizzazione dell'organizzazione: «dal congresso fu sancita l'unità formale di tutte le sedi, e fu eletta una direzione nazionale, i cui componenti furono

465 Si insiste, spesso, sia nella memorialistica successiva che in alcuni testi a carattere storico-giornalistico, sulla carica vitalistica del gruppo e sulla sua natura eretica rispetto alla mitologia comunista tradizionale. Proseguendo su questo binario, il rischio di deragliare diventa molto consistente. È esemplare il modo con cui Giuliano Boraso tratteggia, con tratti arditi e suggestivi, l'esperienza di Pl: «quel background culturale pieno zeppo di miti e suggestioni che, come abbiamo visto, affondano le loro radici proprio nella mitologia comunista meno ortodossa, più scapestrata e bohémien. È il gesto simbolico a prevalere sull'analisi razionale, il gusto dell'azione sull'elaborazione teorica, il fatto eclatante sulla parola (che ormai è vuota). Non a caso parecchi ex militanti del gruppo individuano oggi, tra i loro modelli di riferimento storico-politici, le milizie anarchiche spagnole della guerra civile antifranchista, e non le Brigate Comuniste diretta emanazione del Partito. O le organizzazioni armate di matrice leninista, con le loro gerarchie insopportabili e i loro noiosi dogmi», in G. Boraso, Mucchio selvaggio cit., p. 135. È un'immagine molto accattivante, ma che contrasta con il documento di apertura del congresso fondativo di Pl, laddove si legge «siamo partiti dal recupero teorico e politico della concezione leniniana del partito, inteso prima di tutto come partito di quadri (direzione del movimento, non sua “fotografia acritica”), e poi come macchina che vive di una continua dialettica con le espressioni organizzative di lotta o di potere che la classe esprime», in Aprendo formalmente cit, p. 8. Senza cadere nell'errore di leggere acriticamente i documenti, prima di tutto forme di autorappresentazione, bisogna però anche avere cautela nell'attualizzare o nel romanzare l'esperienza di Pl. 466 Da altri ex militanti (testimonianza di Marco Scavino, 3 ottobre 2016) ho avuto conferma del racconto

giudiziario di Donat Cattin che ricorda: «si decide che per ciascuna squadra dovrà esservi un responsabile ed un vice […]. Alla vigilia del congresso di Firenze vi fu una riunione dei responsabili e dei vice di ogni squadra; fummo presenti io e Sandalo per S. Paolo; Fagiano e Borgogno per la squadra Barriera Milano; Milanesi e Manina (su Manina non sono sicuro) per la squadra del Pininfarina e Val di Susa; Scavino e Maresca per la squadra operaia; erano presenti per il gruppo di fuoco la Ronconi e Iemulo e per la direzione di Torino Galmozzi e la Borelli […]. La riunione si svolse nella soffitta di via Giulia di Barolo affittata dalla Cora; vi arrivammo alla spicciolata per non dare troppo nell'occhio. Ciascuna squadra designò il proprio rappresentante per Firenze. […] Preciso che la nomina all'interno di ciascuna squadra era in relazione al ruolo di responsabile e da ciò automaticamente discendeva la partecipazione al convegno di Firenze come rappresentante della squadra», in Donat Cattin, 15 aprile 1981 in CM, vol. XCIII, pp. 490-91.

scelti secondo un criterio politico, e non rappresentativo di sede: essi erano Galmozzi, Scavino, R. Rosso, Baglioni e Solimano»467. Diventa l'occasione per presentare lo statuto dell'organizzazione e un

complesso di regole di comportamento a cui i singoli militanti debbono attenersi468.

È lecito dubitare dell'effettiva applicazione di queste rigide norme di sicurezza e altrettanto si può dire rispetto allo statuto, da vedersi più come tributo nei confronti della mitologia internazionalista, «frutto di una koinè letteraria rivoluzionaria»469 e riflesso di aspetti di rappresentazione della lotta armata al

limite della parodia. Su questo le testimonianze successive confermano i dubbi. Se Galmozzi stenta a nascondere il suo imbarazzo rispetto a quei dogmi morali da lui stesso formulati, «sarà motivo di sanzione […] la vita dissoluta, il “fumo”, l'alcoolismo e altri vizi»470, che rasentano una vita monastica

poco compatibile con i giovani di Pl, Laronga così si esprime rispetto all'autorità dello statuto:

quello statuto è una cosa quasi ridicola, noi lo prendiamo quasi letteralmente, copiandolo quasi perfettamente da un libretto di un gruppo spagnolo […] e un'altra parte è presa dal libro della Feltrinelli sui Tupamaros […]. Noi lo portiamo come elemento di dibattito a Firenze ma non verrà mai approvato, non verrà mai discusso, né, tanto meno, verrà mai applicato471.