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“Senza tregua”: il giornale e l'organizzazione nel contesto dell'autonomia operaia

Se la prima metà del 1975 era stata l'occasione per collettivi politici territoriali di varia provenienza di incontrarsi e porre le basi di un percorso comune, la seconda metà sarà il frangente in cui questo momento aggregativo troverà un suo primo, seppur precario, equilibrio. Vale la pena riepilogare brevemente i momenti fondamentali: le prime azioni armate poste in essere fra Milano e Torino, l'uscita di alcuni fogli di agitazione e di una vera e propria rivista in funzione di cornice teorica, l'innalzamento del livello di conflittualità sociale (nelle piazze come nelle fabbriche), la definitiva saldatura, al netto di chi decide di imboccare altre strade, fra chi ha lasciato Lc e una parte degli ex Potop.

199 Le citazioni sono in Comitato comunista Carlo Erba – Rodano, Magneti – Crescenzago, Telettra – Vimercate, Le caratteristiche del movimento di lotta e i nostri compiti cit.

Nasce dunque il giornale “Senza tregua”, organo di stampa dei Comitati comunisti per il potere operaio: la testata compare per la prima volta in un foglio di propaganda (un semplice volantone fronte retro), stampato a Firenze nella stessa tipografia dei numeri unici dei mesi precedenti, a firma "comitati comunisti di fabbrica". Nell'editoriale si ripropone la convinzione di vivere una fase espansiva delle lotte di fabbrica, a cui corrisponde anche il «processo discriminante che è in atto nel movimento» palesatosi nelle giornate d'aprile, ma soprattutto la volontà di superare la logica della "resistenza" alle politiche di ristrutturazione dettate dalla crisi economica e di marcare una distanza netta con le organizzazioni della sinistra storica: «la questione sta invece nel rompere ormai a livello teorico e pratico una unità che nel movimento non c'è più, e da tempo»201. Seguono nel resto del foglio

brevi approfondimenti su contesti di fabbrica posti a riscontro di questa tesi: si fa quindi riferimento alla Magneti Marelli di Crescenzago e alle lotte, già ricordate, in atto nello stabilimento Fiat di Rivalta. Queste paiono smentire la ritirata operaia, si sviluppano in autonomia dalle strutture sindacali e verranno a distanza di poche settimane affiancate dal ferimento di Fossat. Ci si trova di fronte alla testimonianza di un processo aggregativo non ancora stabilizzato, ma comunque in progressivo avanzamento; la stesura del volantone probabilmente non è ancora opera di una struttura compiutamente unitaria, ma di alcune delle anime che la costituiranno202.

La pubblicazione del giornale vero e proprio conosce il suo battesimo solo nell'autunno del 1975, più precisamente il 14 novembre. La testata, attualmente di non semplice reperibilità203, si impone fin da

subito come una delle principali della galassia autonoma, sebbene non acquisisca mai una regolarità, né nel formato né nella periodicità. I numeri strutturati si contano sulle dita delle mani, a cui vanno aggiunte le edizioni locali204 e alcuni fogli straordinari. Il corpus della rivista può essere scisso in due

serie ben distinte: la prima che arriva al numero del 27 luglio 1976, caratterizzata dalla presenza in redazione di Scalzone e Del Giudice, e una seconda, dopo il loro allontanamento, dall'autunno 1976 fino alla primavera del 1978 (quattro numeri in tutto e l'edizione locale di Torino), in cui il giornale diventa a tutti gli effetti l'organo di stampa legale della nascente Pl, pur mantenendo una certa autonomia.

Soltanto con l'ultimo numero della gestione di Scalzone e Del Giudice, quello del 27 luglio 1976 e che rappresenterà uno dei casus belli interni al gruppo, ci si trova di fronte a un giornale precisamente strutturato con un numero di pagine congruo e articoli veri e propri che spaziano su una pluralità di temi. Emerge in quell'occasione anche l'intento della redazione di chiudere «la serie “a-periodica” del

201 Comitati comunisti di fabbrica, Senza tregua, 11 giugno 1975 in ASESS, Fondo riviste, b. M5.

202 Rosso, animatore di una delle scissioni di Lc (la “corrente”), ricorda che «dopo aprile infatti si erano riaperti intensamente i contatti con gli ex Circoli Lenin usciti anche loro da Lc, i quali, in collaborazione con un gruppo di vecchi militanti di Potere operaio, avevano pubblicato un foglio di propaganda intitolato “Senza Tregua”», in D. Novelli – N. Tranfaglia, Vite sospese cit., p. 249.

203 La collezione pressoché completa, almeno nei suoi numeri principali, può essere consultata in alcuni “archivi di movimento” (ad esempio presso l'Archivio del Centro studi “Il Sessantotto” di Firenze); la digitalizzazione di alcuni numeri e di alcuni volantoni è stata effettuata dall'Archivio Primo Moroni e si può consultare all'indirizzo http://www.inventati.org/apm/archivio/320/2/SEN/TRE/senzatregua.php.

204 “Senza tregua Bergamo”, 9 aprile 1976; “Senza tregua Napoli”, 4 giugno 1976; “Chiamiamo Comunismo il movimento reale che distrugge e supera lo stato presente delle cose”, 16 giugno 1976 [che può essere ritenuto il numero locale di Firenze], “Senza tregua Torino”, s.d. [1977].

giornale. Da ottobre, infatti, renderemo stabile la periodicità di “Senza tregua”»205. Nei mesi precedenti

la testata, rispecchiando il percorso del gruppo, aveva manifestato profondi caratteri di provvisorietà, tipici più del materiale di propaganda da diffondere davanti alle fabbriche o in occasione di manifestazioni che non di un vero e proprio periodico. In alcuni casi lunghi editoriali a carattere generale esaurivano il limitato spazio del foglio, come nel caso del volantone diffuso a ridosso della scadenza elettorale del 20 giugno 1976206; in altri erano affiancati da finestre su vertenze locali in cui il

gruppo era presente e coinvolto. L'analisi dei contenuti del giornale può fungere da termometro dell'andamento territoriale della nuova aggregazione. Se, infatti, la stampa di edizioni locali per Napoli, Firenze e Bergamo testimonia comunque la presenza in queste città almeno di embrioni organizzativi, non può essere casuale la parallela assenza di qualcosa del genere per Roma e Torino. Sulle pagine di “Senza tregua” si fa riferimento a Roma solamente nel primo numero, quello del novembre 1975207, mentre a Torino la dicitura “Comitati comunisti per il potere operaio” comparirà,

sostituendo la firma “Potere operaio”, solo nei mesi centrali del 1976.

Quello che più conta è che, con la fine del 1975, possiamo presupporre la definitiva stabilizzazione del gruppo di “Senza tregua” su coordinate (geografiche, organizzative, teoriche) relativamente stabili, immutate fino alla rottura del progetto comune e alla nascita di Pl, cioè pressappoco fino all'estate dell'anno successivo. L'area politica che si raccoglie intorno al giornale diventa una delle più importanti correnti dell'autonomia, forte di ramificazioni in tutta Italia, ma soprattutto di un saldo radicamento nelle fabbriche del milanese. A fronte della crescente crisi dei “gruppi”, alle prese con l'emorragia di militanti e l'asfissia dei contenuti politici, tende a svilupparsi proprio l'autonomia. Al suo interno, nel sovrapporsi di piani, locale e nazionale, ma anche politico e culturale, si confrontano progetti politici legati da una base comune ma irriducibili a un'unica sintesi.

Ogni centro italiano, secondo una storica tendenza al particolarismo, presenta la sua peculiare sfumatura dell'autonomia, spesso rappresentata da quello che all'epoca era il privilegiato strumento di comunicazione, la pubblicazione periodica. Si crea un mosaico di posizioni politiche, gelose della propria identità, ma connesse da rapporti di intensa collaborazione. La dialettica interna all'autonomia

205 "Senza tregua", 27 luglio 1976, p. 8. In un supplemento al numero, diffuso una settimana prima, si ripeteva che «negli ultimi mesi abbiamo cominciato a intensificare l'uscita di una serie di fogli di SENZA TREGUA, privilegiando soprattutto i fogli locali (oltre ai fogli a diffusione nazionale, sono uscite le “edizioni” di Napoli, Bergamo, Firenze). A partire dall'autunno, abbiamo intenzione di dar vita a un'edizione periodica del giornale, in vendita nelle librerie e nelle edicole, che affianchi i fogli “straordinari” e “locali”», "Senza tregua", Gli operai e la giustizia, 21 luglio 1976, pag. 2. L'insistenza con cui si chiedono ai lettori contributi economici non sembra in contraddizione con la fondata convinzione che almeno una parte dei costi di gestione della giornale fossero coperti da rapine.

206 Compagni, "Senza tregua", 17 giugno 1976. Da notare che pur nella riaffermazione del principio della inutilità delle scadenze elettorali, «il potere non nasce dall'urna, ma dalla lotta, dal programma, dalla “canna del fucile”, e che “democrazia è il fucile in spalla agli operai”», è da segnalare una chiara indicazione di voto nei confronti di «quei candidati che – nelle liste di Democrazia Proletaria – appaiono comunque legati alla storia delle lotte operaie e proletarie autonome di questi anni, meno organicamente imprigionati e impantanati nella misera subalternità al disegno normalizzatore del PCI e del sindacato. Non abbiamo difficoltà ad affermare che si tratta per lo più dei candidati di Lotta Continua», in ibidem.

spicca per una litigiosità diffusa, specie a livello di strutture dirigenti, e per la continua ricerca dell'espansione organizzativa e territoriale abbinata a rapporti di collaborazione più o meno transitori su specifiche piattaforme. La spinta all'armamento, che pure esiste, non si risolve direttamente in un univoco passaggio alla lotta armata208, meno che mai nelle rigide forme del “partito combattente”

teorizzato dalle Br, e si intreccia a un latente ribellismo sociale e generazionale, non di rado venato da influenze controculturali, e a quel rifiuto della mediazione politica che stava esaurendo dall'interno, come un tarlo, l'esperienza delle formazioni extraparlamentari. Lo ricorda bene un militante di Senza tregua:

nel 1974 la situazione che io ritrovo a Sesto è l'esplosione, la crisi dei gruppi extra-parlamentari. E' in crisi Lc, è in crisi Avanguardia operaia, è in crisi quello spazio politico che aveva permesso di far vivere i gruppi extra-parlamentari. Sta succedendo che i soggetti che compongono questi gruppi (studenti, operai, le donne, le femministe) mettono in profonda crisi quella che poteva sembrare una maniera di fare politica diversa. I gruppi extraparlamentari si presentano come possibilità di esprimersi oltre i partiti tradizionali e finiscono per essere la brutta copia dei partiti tradizionali. Verranno messi in crisi dai servizi d'ordine che diventano soggetto politico, che chiedono spazio all'interno dei gruppi, che chiedono di non essere usati come braccio militare delle segreterie politiche; verranno messi in crisi dalle donne, che rivendicano un ruolo più attivo dentro la politica209.

Ne deriva una crescente spinta all'illegalità, lo strano connubio fra rinnovata attenzione agli aspetti del personale, portato dell'irruzione del femminismo, e accondiscendenza all'uso di armi più o meno improprie che avrebbe raggiunto l'apoteosi nel movimento del Settantasette. Molte delle testimonianze postume, su cui andrebbe esercitato lo strumento della decostruzione, hanno sottolineato come venisse auspicato un continuo allargamento di simili comportamenti sovversivi piuttosto che una rottura insurrezionale di tipo classico.

In questo quadro l'area di Senza tregua spicca per l'operaismo dei riferimenti ideologici, e la radicalità delle posizioni, specie in merito alla militarizzazione delle lotte di fabbrica e al livello di scontro ricercato, tanto da attirare critiche da parte della stessa area autonoma. A questo riguardo, un opuscolo (databile alla seconda metà del 1976) dal titolo Crisi del capitale ed esperienza autonoma di classe, stampato a Milano presso la storica libreria Calusca, riserva un certo spazio anche all'esperienza di Senza tregua sotto l'eloquente titolo “Senza Tregua” o senza prospettive?: dall'ironica affermazione, «vorremmo che i compagni ci dimostrassero che oggi la classe operaia è già autonoma per se con fatti

208 In questo senso sintomatico è il caso romano, dove la principale aggregazione, i Comitati autonomi operai di via dei Volsci, nonostante siano avvezzi all'uso della violenza e anche di armi da fuoco (come dimostreranno le giornate della primavera del 1977), rifiuteranno nettamente ogni progetto di lotta armata in senso stretto. Su questo nodo, oltre che sul rigido leninismo dei romani, fallirà anche l'iniziale rapporto politico con l'area del giornale “Rosso” che fino all'autunno del 1976 avrà una redazione romana. Circa il divorzio fra romani e milanesi si vedano le reciproche accuse di “giornalismo d'assalto” e “operaismo da strapazzo” contenute nello scambio di missive Le dimissioni della redazione romana e ...La riposta della redazione milanese in “Rosso”, 12 dicembre 1976, p. 13.

un po' più consistenti dei loro desideri»210, traspare una critica profonda delle velleità rivoluzionarie

del gruppo.

Rispetto ad altri periodici, “Senza tregua” non presenta certo una grafica particolarmente accattivante così come minimi sono i riferimenti a questioni che esulino dall'antagonismo di classe; che la fabbrica sia il terreno d'elezione per quest'area politica non stupisce se si pensa alla fitta rete di avanguardie operaie che caratterizza il gruppo. Un certo imbarazzo nell'affrontare tematiche “di costume” emerge, ad esempio, nel commento che la rivista riserva alle vicende del festival del proletariato giovanile al parco Lambro nel giugno del 1976, organizzato, fra gli altri, dalla rivista di controcultura “Re Nudo”211. Nell'evento, risoltosi in una specie di rave ante litteram, convergono sogni e incubi di una

generazione politica (quella del “proletariato giovanile”) morta ancora prima di nascere. Nell'ingessata analisi di “Senza tregua” alla malcelata soddisfazione per l'irrompere di comportamenti illegali ed antagonistici si unisce l'ammissione che «gli spunti di lotta di parco Lambro sono una cosa spuria a tratti incomprensibile e anche – immediatamente – così lontana dal nostro modo di ragionare» nonché il disprezzo per «tutta la merda nonviolenta e floreale»212.

Sorge spontaneo il raffronto con l'area autonoma che fa riferimento alle teorie di Negri e alla rivista “Rosso”: raffronto che si risolve in un gioco complesso di rimandi comuni e divaricazioni ideologiche. Molto in sintesi a quella data l'area di Senza Tregua e quella di Rosso sono fra le più importanti (se non le più importanti) della galassia autonoma (la rivista “Rosso” tende, pur fra mille contraddizioni, a costituirsi come rappresentativa dell'intera area). Entrambe presentano una rete di contatti che comprende più città italiane (Rosso ad esempio è presente organicamente a Milano, Bologna e Varese213, Senza tregua invece a Torino, Firenze e Napoli), così come dispongono di un giornale dalla

210 Centro comunista di ricerche sull'Autonomia operaia (a cura di), Crisi del capitale ed esperienza autonoma

di classe, s.d. [1976], pp. 25-27 in AFISEC, Fondo Mls, b. 50, f. 3. Pare di capire che l'area che produce

l'opuscolo sia quella della rivista “Collegamenti”, riconducibile all'autonomia, ma esterna alle sue principali correnti e molto critica delle posizioni più radicali. Cfr. A. Mangano, Le riviste degli anni Settanta cit., p. 117.

211 Alessandro Bertante, Re Nudo: underground e rivoluzione nelle pagine di una rivista, NDA Press, Rimini 2005. In prospettiva più ampia si veda anche Pablo Echaurren – Claudia Salaris, Controcultura in Italia

1967-1977. Viaggio nell'underground, Bollati Boringhieri, Torino 1999. Per un primo inquadramento

storiografico delle radici prossime della controcultura negli anni '70 cfr. Diego Giachetti, Anni Sessanta

comincia la danza: giovani, capelloni, studenti ed estremisti negli anni della contestazione, BFS Edizioni,

Pisa 2002 e Silvia Casilio, Una generazione d'emergenza: l'Italia della controcultura (1965-1969), Le Monnier, Firenze 2013.

212 Dibattito su Parco Lambro, “Senza tregua”, 27 luglio 1976, p. 6. Per un altro punto di vista, ben più a suo agio nell'affrontare simili temi, cfr. Rosso: il festival è morto, facciamo la festa alla metropoli, luglio 1976 (supplemento a “Rosso”, n. 10-11).

213 Tommaso De Lorenzis – Valerio Guizzardi – Massimiliano Mita, Avete pagato caro non avete pagato tutto:

la rivista “Rosso” (1973-1979), DeriveApprodi, Roma 2008 e Chicco Funaro, “Il comunismo è giovane e nuovo”: Rosso e l'Autonomia operaia milanese in S. Bianchi – L. Caminiti, Gli autonomi cit., vol. I, pp. 158-

202. Per un saggio della consapevolezza (e del lessico) degli apparati di sicurezza nei confronti della rivista si veda l'appunto anonimo indirizzato al capo della polizia, datato 31 luglio 1975, in cui si afferma che «il periodico “Rosso” è una delle tante pubblicazioni di avanguardia, tipo undergrund, venute alla luce negli ultimi anni ad iniziativa dei gruppi della sinistra extra-parlamentare. […] La pubblicazione tende, in polemica con il PCI e con Lotta Continua, all'esaltazione della lotta rivoluzionaria nelle carceri, nelle scuole, nelle fabbriche e per la casa; dibatte, inoltre, i principali problemi d'attualità, tra cui l'aborto, l'omosessualità e rivendica il diritto alla partecipazione gratuita agli spettacoli sportivi, musicali e teatrali. In uno dei suoi numeri ha esaminata, anche, la questione dei furti nei grandi magazzini, tentando una giustificazione socio- politica del fenomeno», in ASM, Processo “Rosso-Tobagi”, b. 3, f. 6 bis.

discreta diffusione (su questo piano “Rosso” godeva di un netto primato). Tutte e due, infine, presentano una struttura organizzativa a doppio livello214, con un apparato riservato dedito all'esercizio

delle armi. Si contendono quindi un'ipotetica funzione di primato sulla “piazza” autonoma, milanese e non solo, con una competizione, in taluni casi esasperata, che mira ad attrarre nella propria orbita il maggior numero possibile di “situazioni di lotta”. Emerge quella latente tendenza al minoritarismo e al settarismo che accompagna spesso le esperienze di politica radicale e che si concentra in modo particolare ai vertici. Tutto ciò non esclude, peraltro, l'esistenza di fattive forme di collaborazione, con un andamento altalenante nel tempo, tanto in vista di scadenze comuni quanto su specifiche piattaforme politiche215.

Sarebbe semplicistico liquidare le differenze fra le due aree a personali giochi di potere, frutto avvelenato di antichi dualismi caratteriali e politici, come quello che aveva contrapposto Negri e Piperno ai tempi di Potop. Infatti, erano anche le specificità di carattere ideologico a segnare un profondo discrimine. L'area di Rosso, che pure era nata a partire dalle assemblee autonome di alcune grandi fabbriche del nord Italia, concentrava la sua attenzione sulla teorizzata figura dell'“operaio sociale”, con una particolare attenzione ai flussi metropolitani e alla centralità della merce (da qui la predilezione per espropri, sabotaggi e distruzione di materiale finito), senza disdegnare incursioni su terreni “postmoderni”. “Senza tregua”, al contrario, manteneva saldo il riferimento alla centralità operaia, seppure declinata in forme più al passo con i tempi e con un allargamento di prospettiva alle dinamiche di interazione della fabbrica con il territorio. In questo senso, era indicativo che Rosso seguisse

un programma politico che non partiva direttamente dalla fabbrica, ma piuttosto dal territorio; e infatti, mentre la nostra organizzazione [Senza tregua] era centrata sui poli operai, e quindi faceva necessariamente capo alle grandi fabbriche, quella di Rosso si articolava nei collettivi autonomi216.

L'ideologia

Questi pochi accenni non possono certo esaurire l'analisi ideologica dell'area di Senza tregua che tanta influenza ha avuto sulle successive vicende di Pl e senza la cui comprensione si rischia di ricadere in una visione superficiale, sebbene seducente, del gruppo terroristico anarchico e guascone217. Al giorno

d'oggi, le parole d'ordine di quegli anni paiono ormai del tutto anacronistiche, se non addirittura farneticanti, e questo ha contribuito a porre sullo sfondo, fra le altre cose, la comprensione

214 Libardi “7 aprile”, p. 31.

215 La collaborazione raggiunse il suo apice durante il 1977. Sui rapporti fra queste due aree cfr. l'articolo

Autonomia e centralizzazione, “Rosso”, 18-10-1975, p. 4. Per un esempio di mobilitazione comune cfr. il

volantone Comitati comunisti per il potere operaio (e altri) 29 aprile – 1° maggio: l'Autonomia in piazza a

Milano, 22 aprile 1976 in ABNB, Fondo volantini.

216 Libardi, 19 ottobre 1980, p. 14.

217 Si veda lo scarso spazio riservato alla pre-Prima Linea in M. Ruggiero, Pronto, qui Prima Linea cit. e la superficialità di espressioni come «un gruppo di incazzati sempre più numeroso», in G. Boraso, Mucchio

dell'intelaiatura teorica da cui scaturiva la scelta della violenza. Senza ricadere nel rischio opposto di fare storia delle idee inseguendo la sintassi involuta e allusiva delle pagine di “Senza tregua”, il suo lessico intriso dall'immaginario novecentesco218 o di astrarsi in processi alle parole e sulle parole,

conviene però prendere sul serio ciò che veniva scritto sui giornali o sui documenti di quegli anni. Conviene, quindi, partire dal concetto centrale nella proposta di Senza Tregua – quello di contropotere – che allude peraltro alla funzione demiurgica della violenza e al suo inscindibile rapporto con la politica, fondante di quel tipo di militanza. Non si fatica a individuare in un simile termine, patrimonio comune all'intera temperie autonoma, il frutto delle esperienze storiche del '900, in particolare modo le reminiscenze rivoluzionarie, passate e presenti, che affollavano l'immaginario di fette consistenti della società italiana, alle prese però con l'esaurimento di quei riferimenti nel crepuscolo di un'epoca. Alcune linee di tendenza degli anni '70, con esse il significato di alcune parole, si prestano a numerosi equivoci interpretativi se non si calano nel contesto che le ha originate, così come il continuo rimando