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Capitolo terzo La forza incontra la piazza: Prima linea e il movimento del Settantasette (1977)

2) Alla prima linea di un movimento

La questione del potere è all'ordine del giorno e lo sbocco della guerra civile si sta avvicinando560

Il documento che apre il congresso fondativo di Pl viene messo a punto dalla sede torinese nel marzo del 1977, in contemporanea quindi con l'acuirsi dello scontro politico nelle piazze italiane, ma probabilmente pensato nei mesi precedenti. Perciò gli accenni al movimento del '77 non si sprecano, ma sono comunque sufficienti per un primo inquadramento dei rapporti con la neonata organizzazione. Trapela la soddisfazione perché «gli elementi di analisi e di previsione politica sulla crisi e i tempi della ristrutturazione […] sono oggi verificati dalla realtà dello scontro, dal suo evolversi ineguale, contraddittorio, ma impetuoso». Dalla soddisfazione all'entusiasmo il passo è relativamente breve, visto che «non possiamo non leggere questa fase che si sta aprendo come una fenomenale avvisaglia della guerra civile, come una fase in cui maturano tutti gli elementi della guerra civile», sebbene «la precipitazione di questo processo, di questo passaggio alla guerra civile, non può esser visto che come un percorso graduale, di lungo periodo».

Accanto al compiacimento per l'impennata della conflittualità si pone però anche l'urgenza di un chiarimento per così dire ideologico su ciò che sta avvenendo, visto che la natura del movimento sembra cozzare con la centralità della fabbrica, vera e propria pietra miliare del progetto di Pl. Il rischio è «la sottovalutazione della classe operaia della grande fabbrica come motore di un progetto di ricomposizione politica di classe»; evidente il disaccordo con

quella area dell'autonomia che assume schematicamente come base del progetto la nuova composizione proletaria, annegando in un tutto indistinto l'operaio di fabbrica, il giovane operaio mobile del lavoro marginale, il disoccupato, lo studente proletario; ci rifiutiamo di fare, oggi, del discorso sull'operaio sociale una teoria cialtrona del tipo “siamo tutti operai e proletari” con quel che ne segue come prassi politica e come passaggi di organizzazione. Oggi si tratta invece, per noi, di contrapporre a questo neo- movimentismo, a questa esaltazione del carattere eversivo delle lotte per come esse sono un progetto di ricomposizione politica della classe guidato dai settori organizzati (e armati) della classe, un progetto di egemonia della fabbrica sui nuovi strati emergenti di proletariato561.

A partire da questo si può affermare che il programma seguito da Pl all'inizio del '77 è la risultante di due elementi: accompagnare e stimolare dall'interno la vocazione conflittuale del movimento e ancorare la conflittualità per quanto possibile alla centralità della contraddizione capitale-lavoro. L'immagine successiva di una banda armata “movimentista” e “anarchica” rischia di portare fuori strada, sebbene, come in ogni luogo comune, un fondo di verità esista, basti pensare agli atteggiamenti guasconi in cui indulgono suoi esponenti nei cortei del periodo562. Al netto di questa estetica, però Pl si

pone a una delle estremità della contestazione in corso, non quella più astrattamente violenta, ma quella più ancorata a un impianto tradizionale – operaista per la composizione di classe, marxista- leninista per il modello organizzativo – senza le punte di acritica esaltazione per il ribellismo giovanile che invece caratterizzano l'area di Rosso563.

Se ne ha conferma scorrendo le pagine della nuova serie di “Senza Tregua” e di altri fogli di agitazione prodotti nei primi mesi del '77564. L'editoriale del numero di maggio afferma chiaramente che «nel

561 Tutte le citazioni sono tratte da Aprendo formalmente … cit.

562 I verbali di interrogatorio, le interviste e le testimonianze di ex militanti sono ricche di aneddotica a riguardo. Per un caso specifico si pensi comunque alla fotografia che viene scattata in contemporanea all'assalto della sede milanese della Magneti Marelli, il 18 marzo, in cui militanti di Pl si fanno ritrarre in posa e mostrando le pistole a cintola. Dell'episodio parla Michele Ruggiero, Pronto, qui Prima Linea cit., p. 125. Una fonte di prima mano è Libardi, 16 ottobre 1980, p. 2, così come quello di Barbieri che ricorda come «Galmozzi e i suoi uomini erano tutti armati e [...] "facevano del cinema" in mezzo alla via, nel senso che [...] ostentavano le armi», in Barbieri, 13 dicembre 1980, p. 5. La fotografia viene pubblicata dal settimanale "L'Europeo", anno XXXIII, n. 13, 1 aprile 1977 e in seguito, artificialmente sfocata, anche da "Senza tregua", s.d. [maggio 1977], p. 9. Il settimanale e l'originale della fotografia sono conservati nel fascicolo processuale inerente gli scontri del 18 marzo in ASM, Processo “Rosso-Tobagi”, b. 17, f. 5.

563 Si veda ad esempio "Rosso", marzo 1977, n. 17/18 con una celebre foto in prima pagina e con l'ancora più celebre slogan "Avete pagato caro ... Non avete pagato tutto!". Per un'antologia di testi dell'area autonoma per il 1977 cfr. Nino Recupero, 1977: autonomia/organizzazione. Documenti da Milano, Roma, Torino, Napoli,

Padova, Palermo, Bologna, Cosenza, Pellicano libri, Catania 1978 e S. Bianchi – L. Caminiti, Gli autonomi

cit., vol. II, pp. 237-288.

564 Il giornale, come espressione legale dell'area di Pl, continuerà ad uscire (tre numeri in tutto) fino al sequestro Moro e significativo sarà che l'ultima pagina dell'ultimo numero sarà occupata da un articolo molto critico dell'azione brigatista. L'organizzazione tenterà a più riprese di imbastire ulteriori fatiche editoriali, senza però garantire una continuità accettabile. Alcuni di questi fogli saranno in libera vendita nelle librerie, come nel caso del giornale "Potere Contropotere. Giornale d'intervento comunista dell'Emilia Romagna e della Toscana", il cui unico numero 0, del marzo 1978, sarà frutto delle sedi pielline di Bologna e Firenze in ACDL, Fondo riviste. Che lo si comprasse tranquillamente alla Feltrinelli lo sappiamo grazie a documentazione della questura di Firenze consultabile in ACTS, Subfondo 7 "Eversione di destra", XI-XIII legislatura, 4.2.7. inserto 2, allegato 1, carta 914. Altri invece saranno materiale clandestino, come il ciclostilato della sede fiorentina Squadre proletarie di Combattimento. Giornale autorizzato dal tribunale del

dibattito politico di questi giorni si salta allegramente sul cadavere della direzione politica della classe operaia». L'ottica che muove i militanti di Pl non nasconde i debiti verso il concetto di avanguardia, la necessità di una ipotesi di direzione del movimento che faccia leva su punti di programma ben definiti. La rinnovata disponibilità all'uso della forza che alberga in ampi settori della contestazione infatti deve essere piegata alle esigenze di una strategia coerente; è una carenza questa che viene evidenziata come un mantra da tutta l'autonomia. Lo stesso editoriale evidenzia la

contraddizione fra il potenziale del livello dello scontro oggi, da una parte, e il fatto che questa maturità non si è espressa e coagulata in momenti in cui l'iniziativa comunista abbia introdotto elementi di programma e di organizzazione adeguati. Proprio perché non siamo “quelli della P.38” non crediamo che oggi la linea politica stia sul mirino della pistola, così come pensiamo che la lotta armata sia pur sempre una forma di lotta e non di per sé un programma565.

Fra le righe si avverte la consapevolezza di un rischio poi avveratosi: che la saldatura generazionale fra “vecchi” (si parla comunque di ventenni o poco più) con una certa esperienza nei gruppi o nell'autonomia e giovanissimi appena svezzati alla militanza566 si giochi sul piano dell'uso della forza

spicciolo e che l'azione esemplare si imponga sulla lotta politica. Di fronte alla «domanda politica enorme, ma accompagnata da un dibattito politico insufficiente, dei giovani di 16 e 17 anni», la proposta lanciata sulle pagine di “Senza Tregua” sembra riecheggiare il dibattito degli anni precedenti, i fasti dei comitati autonomi di fabbrica e della loro capacità di esercitare il contropotere:

la nascente organizzazione proletaria […] organizza i giovani non più in piazza a sfogare la propria rabbia contro la Scala, ma contro i mille centri del lavoro nero […] imponendo non più i temi della “gioia di vivere” e dell'astratto rifiuto del lavoro, ma della lotta contro il lavoro per la liberazione567.

Si tratta di un abbozzo di agenda politica che l'area di Senza Tregua condivide in tutto o in parte con le altre anime dell'autonomia; la si può rintracciare ad esempio in un manifesto che afferma la necessità di governare in qualche modo una “critica delle armi” potenzialmente autoreferenziale e vitalistica:

è reale il problema dello sfasamento di lotta tra il movimento degli strati proletari non stabilmente

popolo, luglio 1978 in ASFI, Fondo Questura, Gabinetto, versamento 1992, b. 1978 64 bis, categoria E2, f.

A; oppure un altro ciclostilato, diffuso nel febbraio 1979 in contemporanea con il processo ai primi militanti torinesi arrestati nel 1977, Squadre armate proletarie per l'esercito di liberazione comunista, Processo ai

comunisti di Torino in ACG, FGS, dall'eloquente epigrafe (propria della stampa clandestina), «se te lo

trovano in tasca dì che te lo hanno dato per strada. Leggere. Fare circolare». Un tentativo più strutturato di creare un vero e proprio giornale clandestino è testimoniato in uno dei primi (e pochi) documenti firmati da Pl, databile pressapoco estate del 1977, privo di un titolo, ma che inizia con la frase "L'antagonismo totale fra il sistema dei bisogni ...", in cui si fa riferimento a «questo numero zero del giornale di Pl», in Le parole

scritte cit., pp. 263-69.

565 Editoriale, "Senza tregua", s.d. [maggio 1977], p. 15.

566 In molte testimonianze si indica il Settantasette come momento di saldatura delle due generazioni politiche. Fra le tante si veda intervista a N.S. cit., p. 29 in AIP, Fondo DOTE.

occupati […] e i grandi reparti produttivi […] tra forme e contenuti delle lotte, tra opportunismo contrattualistico e separazione militarista, tra precarietà dei livelli di organizzazione e livello dello scontro che il nemico ci vuole imporre […]. Lo Stato, la sua ristrutturazione e la sua riorganizzazione non si cacciano come fantasmi con qualche colpo a fuoco568.

Non è semplice decodificare il linguaggio dell'autonomia, involuto e retorico al tempo stesso569, né

individuare l'effettivo obiettivo della ricorrente critica al “militarismo” di soggetti politici non ben identificati. Anche perché alla prova dei fatti l'autonomia tutto fa tranne che porre un freno alla degenerazione degli scontri di piazza. Marginalizzare i contenuti controculturali presenti nel movimento diventa un passaggio obbligato per riversare la conflittualità addosso agli avversari politici. Fra questi è entrato a pieno titolo anche il Pci, garante della solidarietà nazionale, con cui gli scontri fisici diventano sempre più frequenti. Il peso specifico dell'autonomia tende ad accrescersi proporzionalmente all'intensità del conflitto di piazza e alle dinamiche di reazione delle forze dell'ordine che, come vedremo, oscillano fra lassismo e pugno duro in una sostanziale incapacità di contenere la piazza570. Non si capisce altrimenti come mai in alcuni frangenti si subisca passivamente

le scorribande di manifestanti armati mentre in altri, come a Bologna l'11 marzo o a Roma il 12 maggio, disordini tutto sommato leggeri vengano affrontati con la deliberata volontà di uccidere. Ne fanno le spese, in circostanze mai chiarite del tutto, rispettivamente Francesco Lorusso e Giorgiana Masi571.

568 Comitati comunisti per il potere operaio (e altri), Capire subito, ricominciare, maggio 1977 in ABNB, Fondo volantini. Si veda anche il manifesto affisso in occasione del 1° maggio 1977, anche questo comune a tutte le correnti dell'autonomia milanese, 1° maggio dell'Autonomia operaia organizzata delle organizzazioni

comuniste rivoluzionarie, s.d. in AMP, Fondo Pezzi, b. 275.

569 Come ha affermato un ex militante: «c'è un linguaggio abbastanza criptico, cioè visto da uno che non ha vissuto queste cose molte volte sembrano incomprensibili, ma era un linguaggio a noi chiarissimo », in interrogatorio dibattimentale Mario Ferrandi processo “7 aprile” Roma, 18 gennaio 1984, p. 4 in AFF, Fondo Rossanda, b. 33. Manca una compiuta analisi, magari a carattere interdisciplinare, sul linguaggio della sinistra rivoluzionaria; dalla storiografia, nonostante titoli incoraggianti ma ingannevoli, il tema sembra essere stato soltanto sfiorato, come in G. Battelli – A.M. Vinci, Parole e violenza politica cit. oppure nel numero monografico Violenza politica, comunicazione, linguaggi, "Storia e problemi contemporanei", 2010, n. 55. Diventa allora inevitabile rivolgersi a testi contemporanei come Patrizia Violi, I giornali dell'estrema

sinistra, Garzanti, Milano 1977; Michele Cortelazzo, Il linguaggio dei movimenti di contestazione, Giunti,

Firenze 1979; Vittorio Dini – Luigi Manconi, Il discorso delle armi: l'ideologia terroristica nel linguaggio

delle Brigate Rosse e di Prima Linea, Savelli, Roma 1981. In chiave semiseria cfr. Paolo Flores d'Arcais –

Giampiero Mughini, Il piccolo sinistrese illustrato, Sugarco, Milano 1977.

570 A parte alcuni episodi di dura repressione sembra di poter affermare che sia dominante un atteggiamento cauto da parte delle forze dell'ordine; lo riconoscono spesso anche militanti di Pl come Rosso per cui «non è lo Stato che vuole mettere in piazza la sua forza in quel periodo (non ha alcun interesse, nessun bisogno e nessuna voglia). Io sono convinto che rispetto alla piazza delle giornate di marzo lo Stato trattenga le proprie forze, perché altrimenti ne sarebbe derivato un macello terribile», in Rosso “appello”, p 720. Barbieri, militante pentito milanese, ricorda che «la piazza, in quei giorni, era completamente in mano ai manifestanti, in quanto le forze di Polizia non intervenivano mai», in Barbieri, 15 dicembre 1980, p. 15. Per un primo inquadramento storiografico della questione del contrasto istituzionale al movimento del Settantasette cfr. Luca Falciola, Gli apparati di polizia di fronte al movimento del 1977: organizzazione e dinamiche interne, "Ricerche di storia politica", 2013, n. 2 e, in un prospettiva più ampia, Vladimiro Satta, Il contributo delle

forze di Polizia alla repressione del terrorismo in Italia, "Annali dell'istituto storico italo-germanico in

Trento, 2008, n. 34.

571 Rispetto ai due episodi cfr. rispettivamente Franca Menneas, Omicidio Francesco Lorusso, Pendragon, Bologna 2015 e Concetto Vecchio, Giorgiana Masi: indagine su un mistero italiano, Feltrinelli, Milano 2017.

La spirale repressione-risposta alla repressione avvalora la tesi dell'autonomia circa l'inevitabilità di uno scontro sempre più duro e mette alle corde i gruppi della sinistra extraparlamentare, a parziale eccezione di ciò che rimane di Lc. Incapaci di entrare in sintonia con lo spirito di un movimento allergico alla mediazione politica ed emarginati nei momenti assembleari, i gruppi continuano a dibattersi nella loro crisi, diventando l'obiettivo privilegiato degli attacchi dell'autonomia verso

l'ala legalitaria e pacifista dei gruppi fiancheggiatori del Pci portatori di pregiudizi controrivoluzionari rispetto alle forme di lotta. La “questione militare” vive dentro lo scontro di classe e non saranno certo questi opportunisti ad esorcizzarla con i loro melensi distinguo e loro miserevoli delazioni, i loro risibili mezzucci572.

Caso limite è Milano dove, a seguito della morte di Custra, i rapporti fra gruppi, in particolare il Movimento lavoratori per il socialismo (Mls), e l'autonomia raggiungono l'apice della tensione573. In

questo clima all'interno di Pl si farà strada la possibilità di aggredire fisicamente uno dei responsabili del servizio d'ordine del Mls, William Sisti574.

Il gioco al rilancio che coinvolge anche Pl impone margini di manovra esigui, visto che non è contemplata l'autosufficienza dell'organizzazione (come nelle Br)575 e perché tempi e contenuti del

movimento – tanto quelli della sua crescita quanto quelli, come vedremo, della sua crisi – impongono un primato assoluto della pratica sulla teoria. Sempre su “Senza Tregua” si scrive che

la questione militare è vissuta allora concretamente nel movimento, è un processo reale nella rete dei quadri comunisti che si va allargando rapidamente, un processo largamente non centralizzato. […] Non esiste quindi oggi nello scontro spazio per un'iniziativa che pensi di dare indicazioni non presenti nello scontro, di rivendicare terreni di lotta ad una singola espressione organizzativa576.

L'operato di Pl fra primavera e inizio dell'estate '77 (i mesi di apice del movimento) cerca di attenersi alle linee programmatiche esposte sulle pagine di “Senza Tregua”, ma, alla prova dei fatti, non è esente da contraddizioni e forzature. Ne deriva la convivenza di piani diversi, fra partecipazione alle scadenze di massa e operazioni clandestine, senza nette distinzioni né dal punto di vista materiale né da quello ideologico. In una certa misura non potrebbe essere altrimenti – vista la supposta appartenenza dell'organizzazione al movimento, e vista una composizione che, mediante le squadre, si

572 Comitati comunisti per il potere operaio (e altri), Roma, Bologna, Milano: per la crescita della forza

proletaria, 24 marzo 1977 in AINSMLI, Fondo Bolis, b. 1, f. 8.

573 Organismi autonomi operai e proletari, Con la rivoluzione, o contro, s.d. [ottobre '77] in ABNB, Fondo volantini.

574 Barbieri, 15 ottobre 1980, pp. 21-23.

575 Valgano le parole utilizzate a metà degli anni '80 dalla Ronconi, che ha militato sia nelle Br che in Pl, per cui «lo slogan di fondazione di Pl era "Pl si fonda per preparare la sua estinzione", cioè era un'idea di aggregazione [...] come "prima linea", come "reparto avanzato", si diceva all'epoca, però di un movimento, non come era stato il discorso delle Br, che era un discorso di rapporto avanguardia/massa», in intervista di Luisa Passerini a Susanna Ronconi cit., p. 61 in AFN, Fondo Passerini, b. 29.

apre verso l'esterno – ma ciò non elimina le ambiguità del duplice suo ruolo, di avanguardia politica esterna e di struttura di servizio. In una prima fase le conseguenze sono ancora latenti, ma rappresentano il primo embrione di punti di rottura del movimento stesso e dell'esperienza di Pl, amplificati poi dal fisiologico nesso fra calo della partecipazione di massa e aumento dei repertori di azione violenti.

Può essere utile un linguaggio figurato. L'autoproclamata “prima linea” di un movimento fatica a rendersi conto di quello che succede alle sue spalle e spesso interpreta i sentimenti della massa più alla luce delle sue intime convinzioni e aspirazioni che non di una valutazione oggettiva. Così facendo ipoteca il corso degli avvenimenti e il rapporto col movimento rischia di diventare una camicia di forza per chi ha appena imboccato la strada della lotta armata. L'entusiasmo per la spinta che percepisce alle sue spalle può essere foriero di sostanziali “fughe in avanti” che una volta realizzate lasciano la prima linea isolata e priva di riferimenti, mentre alle sue spalle prende campo un “rompete le righe” generalizzato. Una volta in mezzo al guado si può essere tentati di non tornare indietro, ma di supplire con l'ottimismo della volontà al mutare delle condizioni e quando si agisce a cavallo della clandestinità, il rischio di cadere nell'autoreferenzialità è amplificato.

Un sillogismo, questo? Può essere, però sono le stesse parole dei protagonisti, alle prese certo con l'invadenza del senno di poi, a veicolare contenuti simili, come nel caso di Galmozzi per cui

noi non apriamo una sorta di “distretto militare” occulto per reclutare “soldati”, ma introduciamo nel movimento la “formazione progressiva all'illegalità”, alla ricerca di una rottura del quadro sociale. […] A complicare la situazione è il nostro stesso successo che altera i propositi di reversibilità, di rientro nella legalità politica, ma non ce ne rendiamo conto. Le avanguardie che si presentano per aggregarsi alle squadre o farne parte, dietro di sé non hanno nessuno, sono avanguardie nude, ed è questo l'aspetto demoniaco. Nessuno di noi in quel momento distingue e riflette su questa contraddizione che, all'opposto, è il motivo di fondo su cui si è formata Prima linea: le avanguardie come classe dirigente per trascinare le masse alla rivoluzione. Andiamo avanti come se nulla fosse ed entriamo in una spirale devastante, in cui la lotta armata diventa strategia, azzerando la politica che è la vera strategia577.

Il primo scatto militare della traiettoria di Pl arriva quindi molto prima della dichiarazione di guerra allo stato (e, indirettamente, ai movimenti di sinistra) operata dalle Br col sequestro Moro e rimanda al nodo irrisolto del rapporto con le tentazioni insurrezionali del Settantasette. Con due precisazioni indispensabili. In prima battuta, non ci troviamo di fronte a una strategia indipendente dal contesto (come potrebbe essere, per intendersi, quella delle Br), ma a valutazioni contingenti e il più delle volte empiriche. Prova ne sia che in questa fase Pl mette in campo pratiche molto variabili, dalle azioni a margine dei cortei fino al vero e proprio omicidio politico.

Inoltre, senza per questo proiettare la natura di Pl sull'intera galassia autonoma, non si può tacere come alcune operazioni siano il frutto di una elaborazione comune, in una sostanziale permeabilità fra aree

politiche. Per essere ancora più chiari, la scelta di caratterizzare i cortei del marzo con le armi da