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Non trattandosi di un partito vero e proprio (nemmeno in miniatura), la struttura organizzativa del gruppo di Senza tregua presenta caratteri di notevole fluidità e si modella sulle esigenze dell'intervento politico. Detto questo al suo vertice agisce un “comando”, cioè una direzione collegiale non del tutto formalizzata, a cui spetta il compito, non sempre realizzato, di coordinare i diversi piani dell'organizzazione225. Da esso non si diparte una struttura gerarchica piramidale, ma una rete di

collegamenti che fanno capo a tre vertici fondamentali: da una parte la redazione della rivista, dall'altra l'apparato militare (denominato anche “Nucleo”), nel mezzo i “Comitati comunisti”226, cioè i collettivi

locali fedeli al gruppo (fossero di fabbrica, come a Milano, o di altra natura). Immaginarsi una struttura a compartimenti stagni con ruoli e funzioni chiaramente stabiliti rappresenta un passo più lungo della gamba, «non è che fosse una cosa tipo scatole cinesi in cui c'erano i Comitati in una veste

225 Non è semplice indicare precisamente la composizione di questa presunta “segreteria” (il termine è coniato da Libardi in una sua deposizione). Libardi, le cui dichiarazioni sono di norma estremamente precise fornisce in varie occasioni indicazioni leggermente differenti. Al processo romano del “7 aprile” afferma che «il gruppo dirigente della nostra organizzazione erano Andrea Leoni, Roberto Rosso, [Piero] Del Giudice; invece come dirigente delle strutture clandestine Guglielmi e, con una funzione che non sono mai riuscito a inquadrare precisamente c'era Oreste Scalzone, però mi sembrava che avesse più la funzione di portavoce pubblico dell'area di Senza Tregua», in Libardi “7 aprile”, p. 40. Nell'interrogatorio istruttorio, invece, Libardi sostiene che «esso era organizzato con una struttura di direzione “comando”, in cui inizialmente so che erano inseriti il Leoni e il Guglielmi, e nel quale poi entrarono prima Del Giudice e poi Rosso », in Libardi, 16 ottobre 1980, p. 7.

226 Li descrive così Costa, ex militante del Circolo Lenin e poi di Lc di Sesto San Giovanni, «questi Comitati Comunisti erano composti da gruppetti di questo tipo, presenti in alcune fabbriche, e in più da una serie di persone, che pure avevano lavorato in fabbrica, o ancora vi lavoravano, che però erano quelli che più esplicitamente portavano avanti il discorso delle armi», in Costa, p. 177.

pubblica, e un apparato clandestino militare»227; al tempo stesso questi tre riferimenti organizzativi

tendono col tempo a cristallizzarsi. E' un dato di fatto che una delle principali contraddizioni consiste proprio nella crescente autonomia che assumono questi tre poli, destinati a dialogare sempre meno e a guardare con un certo sospetto l'operato l'uno degli altri, fino all'inevitabile implosione. Il risultato è che l'area di Senza tregua non riuscì mai a raggiungere un'accettabile omogeneità interna, assumendo le forme di una incerta federazione di realtà locali e, su un altro piano, di contenitore di istanze variegate e non di rado in contraddizione, tenute insieme da flebili elementi di programma.

La struttura fin qui delineata non appare particolarmente innovativa ricalcando il classico “doppio livello”: al lavoro politico di massa, tendenzialmente legale e incarnato dall'esperienza dei Comitati, si affianca un apparato clandestino dedito all'autofinanziamento (le rapine) e alle azioni militari più gravi (in particolare i ferimenti), con un'opera di cucitura che, nella latitanza di strutture direttive formalizzate228, viene attuata, non senza recriminazioni, dalla redazione della rivista. Allo stesso modo

anche l'abbozzo di articolazione del settore illegale in funzioni specifiche (il nucleo militare in senso stretto, il supporto logistico e di raccolta di informazioni229), e la sua decisa torsione in senso

clandestino, presuppongono di certo una maggiore consapevolezza sul terreno della pianificazione della violenza, senza però fratture nette col recente passato. In una certa misura un tale assetto ricalca ancora quello che aveva caratterizzato ad esempio le strutture illegali di Potere operaio (da cui provengono non a caso anche la gran parte degli appartenenti a quello di Senza tregua, se si eccettua la figura atipica di Segio). La valenza strategica e militare della violenza è confinata nell'azione di supporto al gruppo in specifiche circostanze (il finanziamento, il reperimento di armi e le azioni più gravi) e non esaurisce certo in sé l'attività politica, svolta in massima parte ancora alla luce del sole. È radicale la differenza di questo modello di violenza politica da quello condotto dalle organizzazioni clandestine tout court. Una dinamica similare caratterizza l'area di Rosso che infatti dispone di un'efficiente struttura militare, ereditata dal defunto Potop e ristrutturata attorno alle indubbie capacità dell'ex brigatista Alunni. I modus operandi molto simili delle due correnti autonome originano gli analoghi esiti a lungo termine delle tensioni scaturite da questo gioco di specchi fra legale e illegale:

governare e riuscire a tenere insieme momenti di attività politica e momenti di organizzazione armata [...] in maniera rigidamente divisa è un grosso casino nel senso che si creano una serie di frizioni inevitabili che portano sostanzialmente al divaricarsi di queste cose, al fatto che i compagni del braccio armato si sentono per un verso legittimati a fare quello che vogliono e per altri versi frustratissimi dal fatto di essere fuori dalle sedi di dibattito politico230.

227 Ivi, p. 180. Si vedano anche le allusioni contenute in Valerio Morucci, La peggio gioventù. Una vita nella

lotta armata, Rizzoli, Milano 2004, p. 86.

228 Galmozzi, forse la figura che più si avvicina al “padre fondatore” di Prima Linea, rispetto all'informalità delle strutture di direzione ha detto «se facevo una riunione con quattro persone, a mio avviso quello era un comando. […] Tre persone che decidevano una cosa era un comando» in interrogatorio dibattimentale Galmozzi processo Pl/Cocori Milano, 2 febbraio 1984 (d'ora in poi Galmozzi), p. 835 in APM, scatola 23. 229 Interrogatorio dibattimentale Sergio Segio processo appello Pl/Cocori Milano, 6 dicembre 1985 (d'ora in poi

Segio), p. 602 in ACG, FGS.

Se dalla disgregazione di Senza tregua si origina Pl, dalla crescente insofferenza del livello militare di Rosso verso le direttive di coloro che assumono giocoforza il ruolo degli “intellettuali” nascono formazioni armate analoghe (le Brigate comuniste divenute poi Fcc). In entrambi i casi diviene proverbiale la richiesta dei militari ai politici di “sporcarsi le mani”, di sperimentare sulla loro pelle i rischi delle azioni illegali senza nascondersi dietro paraventi organizzativi231. I pericoli insiti nella

ghettizzazione delle pratiche illegali in un ambito distinto dall'attività politica restano comunque dietro l'angolo, riflettendo ipocrisie di lungo corso e ammiccamenti velati al fascino delle armi. D'altra parte un simile assetto rappresenta forse l'unico compromesso possibile fra l'esigenza di disporre di un know

how militare e la volontà di radicarsi nei fermenti dei movimenti sociali senza preclusioni di sorta:

come ha ricordato Galmozzi «prima, nel vecchio Senza tregua, si poteva stare con militanti delle Acli, perché bastava che fosse d'accordo con alcune lotte operaie e sociali e conviveva sia lui che uno che pensava di sparare come un matto»232.

In altre parole, la segretezza delle azioni militari, su cui all'interno delle organizzazioni, ad eccezione presumibilmente dei vertici, vigeva una certa riservatezza, garantiva ovvie rendite di posizione. Fra queste spiccava una notevole opacità nei confronti degli apparati statali di sicurezza che, già poco avvezzi per conto proprio alla comprensione delle dinamiche dell'estrema sinistra, risultavano incapaci di completare il puzzle organizzativo e di risalire alle catene di comando. Nel caso di arresti in flagranza rimaneva sempre il dubbio che ci trovasse di fronte a criminalità comune233 o a episodi

isolati. A lungo andare, però, l'esistenza di settori coperti divenne sempre più un segreto di Pulcinella tanto che la mano pesante della giustizia emergenziale non esiterà a ricondurre molte azioni armate alla indicazione delle strutture dirigenti legali234.

Parallelamente all'uso delle armi nelle rapine di autofinanziamento o nei primi ferimenti, dentro Senza tregua (ma lo stesso discorso lo si può fare per Rosso) si fece strada anche un'altra accezione di

231 Alunni, capo del braccio militare di “Rosso”, impone ai redattori della rivista di partecipare alle rapine: «chiesi ad Alunni se era stato matto a fare delle rapine con tipi come Pozzi [redattore della rivista]. Lui mi rispose che effettivamente era stato rischioso, ma che era stato anche necessario perché gli “intellettuali” che continuavano a chiedere soldi per la rivista si rendessero direttamente conto dei rischi dell'azione militare», in interrogatorio istruttorio Marco Barbone, 8 ottobre 1980, p. 58 in ASM, Processo “Rosso-Tobagi”, b. 6, f. 5. Cfr. il romanzo del diretto interessato: Paolo Pozzi, Insurrezione, DeriveApprodi, Milano 2007.

232 Galmozzi, p. 837.

233 Cfr. il racconto di Segio del suo primo arresto, avvenuto il 10 maggio 1976, per possesso di armi in S. Segio,

Una vita in Prima Linea cit. pp. 93-95. Cfr. anche il Rapporto giudiziario della questura di Milano, 11

maggio 1976 in ASM, Processo Rosso Tobagi, b. 23, f. 10.

234 Al termine della lunga vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto Negri come presunto ideatore di una strategia unitaria di eversione armata in Italia, seppure molte accuse siano cadute, una delle più gravi che ha comportato la condanna del professore padovano è stata la tentata rapina di Argelato del 1974 a seguito della quale rimase ucciso un carabiniere. Più in generale, cfr. la recente autobiografia Toni Negri, Storia di un

comunista, Ponte alle Grazie, Milano 2015. Per punti di vista diversi sulla querelle giudiziaria Giovanni

Palombarini, Il processo 7 aprile nei ricordi del giudice istruttore, Il Poligrafo, Padova 2014 e P. Calogero – C. Fumian – M. Sartori, Terrore rosso cit. Si tenga conto anche della riflessione in presa diretta di Giancarlo Scarpari, La vicenda del “7 aprile” in Magistratura democratica (cura), La magistratura di fronte al

terrorismo e all'eversione di sinistra, Franco Angeli, Milano 1982, utilissimo anche per altri aspetti del nostro

lavoro. Di recente è tornato sull'argomento anche Ermanno Taviani, Gli intellettuali di sinistra, il Pci e il

caso “7 aprile” in Ermanno Taviani – Giuseppe Vacca (cura), Gli intellettuali nella crisi della Repubblica 1968-80, Viella, Roma 2017.

violenza, che si innestò poi in forma diretta nella nascente Pl. Ciò che caratterizza l'esperienza di Senza tregua, in particolar modo la sua anima milanese, è infatti il tentativo di costituire strutture leggere che sapessero muoversi ai confini della legalità, dosando attivismo politico e utilizzo della forza. Si tratta di quelle che vennero definite squadre: piccoli gruppi non formalizzati che sviluppavano l'idea dei servizi d'ordine e configuravano un esercizio molecolare della forza, a supporto di scadenze di lotta o di specifiche parole d'ordine235. In merito al rapporto contraddittorio

fra violenza delle squadre e del nucleo militare vero e proprio conviene far parlare direttamente chi l'ha vissuto:

andiamo a strutturarci in maniera clandestina, dentro l'area di Senza tregua: si forma questo tipo di struttura estremamente ristretta, al cui interno c'è anche una differenziazione di funzioni, da un punto di vista di teoria dell'organizzazione illegale; si struttura in termini di nucleo militare e in termini di strutture di supporto logistico e servizio logistico. D'altra parte, all'interno dell'area di S.T., vi è poi un lavoro pubblico che possiamo definire di “ronda” – e forse anche di squadra […]: erano strutture di intervento operaio e territoriale su determinate tematiche che certo portavano avanti anche un discorso, visto da oggi, certamente estremista all'interno delle situazioni di massa […], quindi anche embrioni di organizzazione semi-legali a ridosso delle lotte e delle situazioni di massa. […] Questa struttura estremamente ristretta che si muove effettivamente in logica già militare, e questo lavoro di ronde territoriali, non sono la stessa cosa, anzi sono separate sia da un punto di vista materiale, sia da un punto di vista di logica politica. In effetti vi erano comunque in quell'area, in quel corpo di compagni, visioni differenti e spesso contrastanti su quale dovesse essere lo sviluppo da un punto di vista politico- organizzativo, di questo tipo di dibattito236.

In sostanza sono le squadre a fungere da propulsore della violenza agita in piazza o in altre occasioni pubbliche, a guidarla e organizzarla. Tenerne conto significa anche contestualizzare, rispetto ai movimenti degli anni '70 e non solo, la presunta esistenza di una violenza totalmente spontanea da opporre alla violenza organizzata a tavolino da ristretti nuclei. In realtà, basta avere una minima esperienza di dinamiche di piazza per sapere che ogni atto, specie se non puramente reattivo, necessita di una soggettività che lo organizzi in modo cosciente e non può essere responsabilità di una sorta di

general intellect di movimento. Durante tutti i cortei degli anni '70, ma analogo discorso può essere

fatto anche per le fabbriche, sono esistite reti di militanti, variamente organizzate, che hanno indicato obbiettivi e gestito concretamente le situazioni di maggiore tensione inoculando i germi dello scontro. Ovviamente ciò che è cambiato di volta in volta è l'atteggiamento che il resto dei partecipanti alle mobilitazioni ha nutrito verso simili atti: reazioni che spaziavano dal disconoscimento all'indifferenza, all'accondiscendenza fino al sostegno aperto.

Le squadre peraltro intervengono anche in contesti semi-pubblici ogniqualvolta ci sia bisogno di un addestramento specifico all'uso di certi strumenti. Ad esempio, si occupano di irruzioni o

235 Requisitoria Spataro, p. 121. 236 Segio, pp. 602-03.

danneggiamenti ai danni di sedi o simboli degli avversari politici e sociali, effettuano incursioni nei supermercati o nei negozi, praticano forme di rudimentale controllo del territorio rispetto a problematiche come il lavoro nero o lo spaccio di eroina237. Più raramente, si dedicano anche a

recuperare pistole disarmando guardie private o appartenenti alle forze dell'ordine238. Già nella fase di

Senza tregua, ma con un'accelerazione sensibile in quella di transizione verso Pl, le squadre si originano, specie a Milano, all'interno di ogni contesto, fosse una fabbrica, un quartiere o una facoltà universitaria, in cui il gruppo disponga di un minimo radicamento. Le squadre sono l'esperienza che segna maggiormente il processo fondativo di Pl, molto più del vero e proprio “nucleo militare” dei cui appartenenti il solo Segio, e secondo percorsi non lineari, aderirà alla nuova organizzazione.