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134 Il livello di frammentazione è quantificato rispetto a due indici: l’ef fective mesh size e l’effective mesh density (Jaeger, 2000); il primo indica la probabilità che due punti presi casualmente in una deter-

minata area non siano separati da elementi di frammentazione, mentre il secondo misura la densità del primo indice per unità di superficie. I parametri rispetto ai quali sono stati costruiti gli indici di frammentazione sono dati dalle varie tipologie di barriere sia di natura artificiale (strade, ferrovie, aree urbanizzate) che di tipo na- turale (grandi laghi, fiumi, aree di alta montagna).

I dati, letti rispetto al raggruppamento per paesi, mostrano come l’Italia abbia complessivamente dei livelli di frammentazione piutto- sto bassi se paragonati con i paesi nord-europei quali il Lussembur- go, il Belgio e l’Olanda. A livello di aggregazione per regioni, la Tosca- na si colloca, rispetto alle altre regioni italiane, in posizione media (i più alti valori sono ottenuti da Emilia Romagna e Puglia, i più bassi da Sardegna e Trentino-Alto Adige).

L’immagine della frammentazione letta rispetto ad una griglia quadrata di un chilometro quadrato (Fig. 8) illustra, invece, una si- tuazione più preoccupante; questa volta il dato relativo alla fram- mentazione mostra all’interno del territorio toscano delle situazioni piuttosto diversificate: accanto ad aree con frammentazione deci- samente bassa (sostanzialmente corrispondenti alle aree appenni- niche, alla regione apuana e alla Toscana centro meridionale), si ri- scontrano aree con livelli di frammentazione molto alti. Tra quest’ul- time si segnalano la pianura costiera versiliese e apuana, la Piana di Lucca, quella di Firenze-Prato-Pistoia, il Valdarno e un piccolo settore del fondovalle del Fiume Cecina. Tali valori, se paragonati a quelli riferibili alla scala nazionale, mostrano, inoltre, come il livello di frammentazione raggiunto dai territori toscani di pianura sia del tutto simile a quello che è possibile registrare nella Pianura Padana, nell’area metropolitana milanese o nell’area della campagna urba- nizzata del Nord-Est Italia.

5.4.2 Connessioni ecologiche e frammentazione

ambientale

Una delle strategie più efficaci volte alla mitigazione della frammentazione degli ambienti naturali è quella inerente al concetto di "corridoio ecologico"; con questo termine s’intende una pluralità di particolari elementi del territorio, con presenza di aspetti di naturalità più o meno integri, che consentono e/o

facilitano i processi di dispersione di specie animali e vegetali. L’esistenza di tali aree assicura quindi la possibilità che gli indi- vidui di determinate specie animali e vegetali non rimangano isolati e vadano progressivamente in corso a processi di estin- zione.

Il concetto di rete ecologica ha riscontrato negli ultimi decenni un notevole successo, spostando l’attenzione delle strategie a favore della biodiversità dalle tradizionali azioni di tutela e re- stauro ambientale verso un concetto più ampio di scala (Watts et. al, 2010; Baguette and Van Dyck, 2007). Nonostante la let- teratura scientifica non sia abbondante vi è comunque un ef- fettivo riscontro sul fatto che le connessioni ecologiche siano in grado di favorire il movimento delle specie tra frammenti di habitat (Gilbert-Norton, 2010).

Un ruolo decisivo nel disegno strategico delle reti ecologiche è giocato dalle aree protette, dai siti della Rete Natura 2000 e dalle altre aree con particolari vincoli di tutela naturalistica; tali ambiti, infatti, assumono il ruolo di serbatoi della biodiversità, configurandosi come isole inserite in una matrice di ambienti più o meno alterati da parte dell’uomo che fungono da siti di dispersione per le varie specie. La tutela e la protezione delle qualità di queste aree, rivestono, quindi, una funzione impor- tante, che, seppur non sufficiente a contrastare i processi di trasformazione antropica, rappresenta il punto di partenza in un disegno della rete ecologica. Due parametri importanti nella qualificazione di tali siti, sottolineati da una corposa letteratura scientifica (Diamond, 1975), riguardano la loro dimensione e il loro grado di isolamento: questi due indicatori, infatti, eviden- ziano come, in alcuni casi, anche regimi di tutela piuttosto fer- rei non permettano il mantenimento di determinate funzioni necessarie alla vitalità di popolazioni di determinate specie o comunità.

L’aumento, e in alcuni casi il ripristino di connessioni ecologiche, può però rappresentare un’utile strategia in grado di ridurre la frammentazione ambientale e di mettere in relazione aree e siti di particolare rilevanza naturalistica.

Al termine di corridoio ecologico, il mondo scientifico ha pro- gressivamente preferito quello di connessione ecologica concet- to più ampio che consente, con maggiore elasticità, di dar conto della complessità territoriale e dei fenomeni eco-sistemici.

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5.4.3 Metriche di connettività ecologica

In letteratura (Battisti, 2004; Kindlmann and Burel, 2008) esisto- no due principali gruppi di definizioni di connettività: strutturale (Metzger, 1997), dove la connettività è intesa rispetto a parametri di tipo fisico, quali l’adiacenza e la geometria degli elementi paesi- stici (Fig. 9), e funzionale (Doack, 1992; Schumaker, 1996) nei qua- li la connettività è determinata da parametri legati alle esigenze ecologiche e comportamentali delle specie animali.

Rispetto alla definizione di connettività ecologica adottata, in letteratura esistono altrettante metriche atte a misurare il livello di tali connessioni (Calabrese and Fagan, 2004); le metriche sono fortemente dipendenti sia dal livello di scala a cui si analizza il fe- nomeno sia dalla disponibilità e dalla qualità dei dati di partenza. Una prima categoria di metriche di connettività è data da quelle di tipo strutturale e basata su attributi fisici del paesaggio quali la grandezza, la forma, e localizzazione delle patch (Fig. 10). Una delle metriche più usate è quella di Nearest Neighbor Distance, che misura la capacità di dispersione in base alla distanza di una patch dalla prossima più vicina (Bender et al. 2003); tale metrica risulta poco efficace sia perché ignora il contributo alla connettività dato dalle patch diverse da quella più vicina, sia perché non tiene conto della consistenza delle popolazioni, sia perché non vi è nessun pa- rametro circa l’ecologia delle singole specie. Un insieme di metri- che di tipo strutturale molto usato è quello derivato dall’ecologia del paesaggio: tra queste sono spesso usate il numero di patch, l’a- rea delle patch, il rapporto area/perimetro delle patches, la dimen-

sione frattale. Tra queste metriche, molto usate in virtù della loro relativa semplicità di elaborazione, l’indice di forma e compattezza delle patch si è dimostrato abbastanza soddisfacente nel predire la reale capacità di dispersione delle specie.

Una seconda categoria di metriche è data da quelle di tipo po- tenziale; tra queste le più conosciute sono quelle che discendono dalla teoria dei grafi planari (Urban e Keitt, 2001) e quelle cost-di- stance (Joly, 2003; Verbeylen, 2003); il primo approccio quantifica e descrive in maniera sintetica le relazioni spaziali esistenti tra le patch (esemplificate in nodi), mentre il secondo (Fig. 10), frequen- temente usato negli studi di connettività, si basa sul concetto di costo del movimento, in altre parole il costo che una determinata specie spende per spostarsi da un habitat a un altro. Quest’ultimo approccio valuta il costo del movimento non solo attraverso para- metri di distanza geometrica ma anche in termini di resistenza al movimento della matrice in cui sono immersi gli habitat; tra i para- metri che determinano la resistenza (impedenza) figurano costi fi- siologici (dispendio di energia, scarsità di cibo, ecc.) e rischi di mor- talità (difesa dai predatori, incidentalità da infrastrutture lineari). Una terza categoria di metriche discende dall’osservazione reale dei movimenti delle singole specie (Calabrese and Fagan, 2004); per ottenere questi dati esistono molte tecniche che vanno dal monitoraggio attraverso tecniche di GPS telemetry (Sokolov, 2010) (Fig. 11), a quello tramite studi di marcatura-ricattura di specie animali o catture massive. Questa terza categoria di metriche, nonostante la sua notevole precisione nel determinare i reali spo-

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stamenti di specie animali, presenta degli oggettivi problemi di utilizzazione sia per gli elevati costi di raccolta dati sia per i tempi lunghi nell’elaborazione delle informazioni.

L’utilizzo di metriche legate all’effettiva presenza di specie in de- terminati luoghi e allo studio dei loro movimenti risulta comunque uno strumento di grande utilità nel testare l’efficacia degli ele- menti e delle aree delle reti ecologiche (Dixon et. al., 2006).

5.5 Indicatori per il monitoraggio della

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