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CAPITOLO 2 L’ATELIER DI RIUSO CREATIVO COME MEDIAZIONE ALL’AUTO IMPRESA

2.4 Fuori campo

L’etica della ricerca impone di rendere conto anche delle esperienze di laboratorio che, durante il percorso, ho scelto di non considerare e di esplicitarne i motivi.

Nel panorama nazionale, avevo individuato altri due atelier: le Malefatte a Venezia e il

Fareassieme a Trento. L’avvicinamento a questi ipotetici campi, era avvenuto in maniera

naturale, per segnalazione diretta da parte della mia rete personale che, con solerzia, mi rende manifeste possibili interazioni di campo.

A Verona, invece, la mia esperienza con i laboratori era partita in un altro contesto che, come verrà evidenziato nel capitolo che traccerà il percorso della ricerca, attraverso la lettura del diario, ho scelto di lasciare, con non poca sofferenza e difficoltà che, ne sono certa, hanno anche influito sull’andamento di questa ricerca, fino a metterla in discussione.

In questo punto della narrazione, dunque, mi limiterò a rendere conto degli altri due laboratori e alla motivazione del non considerarli ai fini della ricerca.

2.4.1 Rio Terà dei pensieri e Malefatte

Rio Terà dei pensieri62 è una cooperativa sociale, che si occupa di inserimento lavorativo

di persone in esecuzione penale, all’interno degli istituti penitenziari di Venezia e sul territorio, attraverso un laboratorio di cosmesi naturale, una sartoria e un’annessa serigrafia, che garantisce ai suoi prodotti un’elevata qualità di promozione e di presentazione, aspetto che caratterizza il progetto come originale e ben improntato da un punto di vista di marketing, non senza trascurare il focus sulla persona:

Giorno dopo giorno investiamo nelle persone, nel loro potenziale e nella loro voglia di riscatto perché crediamo che ognuno meriti una seconda opportunità per ricominciare. Ogni nostra produzione è speciale poiché porta con sé la storia delle mani che l'hanno lavorata, fatta di passati tortuosi, presenti di impegno e attese di futuri migliori. Le nostre produzioni raccontano di impegno, etica e cura per l'ambiente: coltiviamo un orto biologico, stampiamo in serigrafia t-shirts del Commercio Equo e Solidale, realizziamo borse e accessori con materiali riciclati, produciamo cosmetici, tra cui una linea biologica. (dalla presentazione sul sito web www.rioteradeipensieri.org)

Ho incontrato Liri Longo, attuale presidente della cooperativa, a fine 2013, in occasione di un festival sul commercio equo e solidale a Verona, che è stato l’opportunità di un primo scambio di pensieri:

62 Cfr. CARLOT I., Grazia del fare. Incontri con Raffaele Levorato intorno alla coop. Soc. Rio Terà dei Pensieri,

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Il laboratorio è gestito e organizzato da Sebastiano, educatore storico, presente anche agli albori, che ha sempre giocato anche con il ruolo di artigiano (prima lavoravano il cuoio). […]

All’inizio il laboratorio era solo in carcere, ma in un secondo momento è stato aperto anche fuori, per garantire una continuità/possibilità ai detenuti. Venezia ha una Casa Circondariale, quindi nel laboratorio interno c’è un turnover altissimo, problematica principale individuata da Liri.

Cooperativa di tipo B, con assunzione di chi partecipa. Quindi un’attività abbastanza avviata, la prima che incontro, ad oggi, così definita. Hanno anche un negozio/baracchino a S. Stefano, zona di passaggio per molti turisti. E usano l’e-commerce.

Liri, tra le altre cose, è interessata all’idea di una rete tra realtà simili. Ha una mente produttiva, mi pare, ma il suo rilancio a cercare di rendere accessibili i dati della ricerca è molto interessante. Mi chiede di mettere in rete le buone prassi, di creare dialogo. (dal diario di campo del 12 ottobre 2013)

Quando ho conosciuto Liri, ero all’inizio della mia ricerca e stavo ancora esplorando le possibili connessioni e reti che volevo mettere in evidenza. In quei mesi si stava delineando una collaborazione tra il nascente laboratorio di sartoria, che poi sarebbe stato nominato Common Ground, per le donne vittime di tratta e Lecce. Si trattava di una scelta – voluta e non casuale – di collaborare con un territorio distante, per non mettere le future sarte nella condizione di incontrare i loro possibili carnefici in carcere o nell’esecuzione penale esterna, dal momento che Venezia è la capofila del Veneto contro la tratta di esseri umani e molte delle persone indagate vengono processate e incarcerate a Venezia e molte donne di questo circuito vengono da quella provincia o dal territorio di Mestre.

Questa scelta operativa di uno dei campi sperimentali della ricerca, ha influito anche sulle scelte dei contesti da indagare, nonostante all’incontro con Liri io debba alcuni passi in avanti nella mia progettazione, in tema di auto-impresa. In particolare, le sue riflessioni hanno posto l’accento su due aspetti fondamentali: in primis, la necessità di immettere nei laboratori figure professionali miste, con competenze educative e, anche, artigianali, per dare valore sia agli aspetti formativi, sia a quelli lavorativi ed economici, promuovendo un’attività formativa professionalizzante e realizzando prodotti dignitosi, che non alimentino lo stereotipo della pietà e di quelli che Alberto Grizzo ha definito «mercatini della misericordia»63. In secondo luogo, l’importanza che

63 Grizzo A., Seminario Lavori sociali e di cura. Re-invenzioni possibili nei territori e nelle comunità, Mag, 6 dicembre

2013.

Alberto Grizzo è esperto in sistemi innovativi di Welfare integrato, competente nella ri-progettazione di servizi sociali, prevalentemente rivolti alla famiglia e ai minori, per meglio rispondere alla qualità della vita delle persone utenti dei servizi.

Devo ai ravvicinati incontri con lui e Liri Longo una concettualizzazione da subito dell’inserimento lavorativo come una dignità da ricercare non solo nella postura di rispetto da tenere nei confronti delle persone in formazione, ma anche in quella da tenere nei confronti dei materiali, dei prodotti e della comunità, che non può essere considerata come una platea da impietosire, in nome del guadagno economico.

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la ricerca si metta al servizio della pratica e che possa essere uno strumento di creazione di reti.

Inoltre, l’osservazione di contesti interni a strutture carcerarie risulta complessa, a causa della necessità di una procedura, non sempre semplice e accessibile, per l’ingresso negli istituti, ulteriore motivo che mi ha fatto accantonare questo campo di ricerca.

2.4.2 Fareassieme e Border Bag

Fareassieme è una cooperativa sociale di Trento nata nel 1999 per persone con disagio

psichico, con la convinzione che dare voce a utenti e familiari avrebbe dato più sapere e salute a loro e alla comunità, ma anche più qualità al sistema e alle sue prestazioni. In quest’ottica, nel tempo, ha dato vita al marchio Border-Bag:

Le Border Bag nascono nel Reparto psichiatrico dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. Sonia, un’educatrice appassionata e tanti ospiti delReparto, combattono la sofferenza e colorano il tempo facendo assieme queste borse. La materia prima sono i sacchetti vuoti del caffè ancora pieni del suo profumo, raccolti nei bar della città. […] Oggi le Border-Bag sono realizzate anche nei circuiti lavorativi del Fareassieme, bellissima realtà dove si sperimentano tante forme di collaborazione tra utenti, familiari e operatori della salute mentale per la creazione di nuovi contesti di cura, per imparare dalla esperienza reciproca, per riscoprire le proprie risorse, per avere fiducia e speranza in se stessi e nel cambiamento.

Perché dalla malattia mentale si guarisce meglio facendo assieme e liberandosi dai pregiudizi. (dalla cartolina di presentazione del marchio “Border Bag”)

Nel 2014 ho fatto una visita alla Casa del Sole di Trento, dove il laboratorio Fareassieme è attivo per tre giorni alla settimana, grazie al contributo di una volontaria. Ho rilevato che il laboratorio era in linea con la mia domanda di ricerca e con le caratteristiche che avevo individuato per le realtà coinvolte, Tuttavia, aveva delle caratteristiche molto simili a quelle di un altro atelier considerato dalla ricerca:

Approfitto della mia presenza a Trento per visitare il laboratorio del fareassieme, dove vengono create borse con le bobine scartate degli imballaggi del caffè, chiamate border-bag.

Conosco Sonia ed entro nel laboratorio. Più che un’impresa che punta a stare sul mercato, mi appare come un laboratorio che ha l’obiettivo di dare significato alla permanenza di persone con disagio psichico all’interno del centro diurno o della struttura residenziale.

Sonia è una volontaria. È in pensione e mi dice che, finalmente, può dedicarsi a questa passione: cucire e farlo con gli altri.

Il laboratorio funziona il lunedì, il mercoledì e il venerdì mattina.

È molto interessante e mi sembra molto simile e in una linea di continuità con Depression is

Fashion. (dal diario di campo del 29 maggio 2014)

In un primo momento mi sono mantenuta neutra, ravvisando semplicemente la continuità con Depression is Fashion di Mantova, sia nelle finalità, sia nell’operato. Con il tempo ho realizzato che la mia particolare condizione di ricerca non mi permetteva

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di estendere il campo a un’altra realtà fuori Verona che, probabilmente, mi avrebbe richiesto un’osservazione intensiva, come nel caso di Lecce e di Roma.

2.5 Alcuni elementi cruciali: la sfida della sostenibilità e