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CAPITOLO 2 L’ATELIER DI RIUSO CREATIVO COME MEDIAZIONE ALL’AUTO IMPRESA

2.5 Alcuni elementi cruciali: la sfida della sostenibilità e dell’innovazione per gli atelier

2.5.2 Uno sguardo all’innovazione sociale

Gli atelier di riuso creativo parlano di innovazione sociale? È possibile collegare l’innovazione sociale ai processi educativi?

Il lavoro di ricerca mi ha condotta a interrogarmi a lungo su questo concetto, per cercare di dargli una declinazione compatibile con il lavoro di educatrice e non solo con quello di imprenditrice sociale. Nella fase di start-up della mia associazione, dando per implicito che questa fosse, a tutti gli effetti, innovativa, abbiamo partecipato ad alcuni concorsi di idee, che premiavano l’innovazione. Con mia sorpresa (e disappunto), benché questa parola fosse sovente accompagnata dall’aggettivo “sociale”, in concorso quasi mai erano presenti imprese educative, fatta eccezione per alcune idee, connesse al mondo delle applicazioni tecnologiche. E quando anche qualche timido tentativo si affacciava sull’uscio, non veniva riconosciuto dalle regie. Nonostante questi poco fortunati incontri con il mondo dell’impresa sociale sembrino non considerare i processi educativi come innovativi, la strutturazione degli atelier di riuso creativo suggerisce, invece, che anche semplicemente visioni e posture, che poi creano impatto sociale, possano in realtà esserlo e vorrei portare una storia, tangente alle pratiche degli atelier a sostegno di questa ipotesi, che poi prenderà corpo anche nel capitolo di analisi delle interviste.

Il 26 settembre 2015 nel villaggio di Medoh, a circa 300 km da Abidijan, la città più importante della Costa d’Avorio è stata inaugurata una piccola fabbrica di sapone. Il fatto è di per sé straordinario, perché è avvenuto in un contesto rurale, ai margini della foresta equatoriale, dove il lavoro principale – e quasi esclusivo – è quello della coltivazione del cacao, produzione che in Costa d’Avorio rappresenta l’8% del PIL nazionale. Il fatto ancora più incredibile è che la fabbrica nasca dall’idea e dal lavoro di

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una donna e che alle donne sarà destinata, rompendo lo schema del villaggio, secondo cui il lavoro salariato è una prerogativa maschile.

L’idea nasce da Solange N’Guessan, donna ivoriana, diplomata all’Istituto Superiore Panafricano di Economia cooperativa, laureata sia in sociologia che in economia. Come? Durante il suo intervento in un incontro internazionale tra i produttori di cacao e cioccolato, a Davos, in Svizzera, ha presentato la sua idea di innovazione: in un momento e in un periodo storico in cui sempre più persone lasciano il contesto rurale per quello urbano, innovazione significa dare alle persone che vivono nel villaggio la percezione di una buona qualità della vita, dignitosa come quella che penserebbero di trovare in una grande città.

Scrive Solange N’Guessan, nel libro del fotografo Francesco Zizola, Le nuove donne del

cacao: «Lo avevo promesso a mia madre: mi sarei occupata delle donne come lei,

stremate da una vita durissima, per poter dar loro un riconoscimento sociale, economico e una diversa prospettiva per i loro figli e loro stesse»75.

L’intuizione di creare una fabbrica di sapone è nata interrogando i volti di donne invecchiate e indurite dalla fatica, dalla rassegnazione e dalla paura, agli sguardi delle quali non mancava mai, però, una «fiammella inestinguibile di dignità e fierezza interiore». Lavoravano già il sapone, utilizzando gli scarti del cacao, lo facevano in modo semplice. Solange, non nuova ad esperienze simili, ha pensato di cercare i fondi per permettere loro di lavorare in cooperativa, con macchinari che rendessero il lavoro meno faticoso e accessibile a un numero maggiore di donne. Per fare questo, il lavoro più difficile, più che reperire i fondi per i macchinari e per realizzare la fabbrica, è stato quello di rendere comprensibile l’impresa, a un gruppo di uomini da sempre abituati a pensare che le donne non dovessero possedere gli stessi loro diritti. Dunque si è fatta carico prima di realizzare dei training di formazione per il loro lavoro, fino a quando sono stati gli uomini stessi a chiederle di dirigere le loro cooperative, che sono state raccolte in una rete di 18 realtà, che ha preso il nome di UCAS. Solange accettò solo a patto che le venisse concesso di lavorare con le donne, con il progetto della fabbrica di sapone, concordando con i capi villaggio che tutti gli introiti sarebbero stati destinati esclusivamente alle donne stesse.

75 ZIZOLA F., Le nuove donne del cacao. Imprenditoria femminile in Costa d’Avorio, Silvana Editoriale, Milano

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Superato lo scoglio più grande, il Forum di Davos è stata l’occasione per trovare nella famiglia Zani (storico marchio italiano di cacao) i finanziatori per il progetto.

Dove sta l’innovazione in questa storia?

Nella formazione di questa donna straordinaria? Nella sua tempra?

Nell’accessibilità alla tecnologia?

Nelle intuizioni sul recupero degli scarti?

L’innovazione va oltre i macchinari e gli strumenti, richiede la sapienza di conciliare alta professionalità e progresso ma, senza le relazioni, senza la promessa fatta alla madre, senza il desiderio, senza la ricerca di un incontro reale con il villaggio, senza la rete… oggi la fabbrica di sapone non avrebbe generato più di 80 posti di lavoro e non rappresenterebbe il desiderio di un intero villaggio.

L’innovazione, in questo caso, è partita dunque da un movimento interno, perché il «cambiamento parte, se parte, da dentro la vita di ciascuna e ciascuno. Il pensiero che può cambiare la realtà, parte dai desideri e dagli interessi di donne e uomini in carne e ossa»76. Tale cambiamento, poi, si è tradotto in pratica tangibile, grazie alla relazione,

con chi ha saputo vedere e sostenere il progetto, ma anche con chi ha saputo promuoverlo, rendendolo pubblico: senza uno sguardo diverso, che sa vedere la bellezza di un progetto fra milioni di progetti, noi non sapremmo di questa storia ed è grazie alle foto di Francesco Zizola, che ne ha fatto una mostra per la Triennale di Milano e una pubblicazione, che gli sguardi delle artigiane del sapone possono accendere e ispirare i sogni di impresa e innovazione dell’economia sociale che non si uniforma allo status delle cose (come ha fatto Solange, negoziando con gli uomini del villaggio una quotidianità più sostenibile per le donne) e che chiede riconoscimento e cambiamento.

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PARTE SECONDA:

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CAPITOLO 3 – FILOSOFIA E PRESUPPOSTI