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Futuro Avis: una buona prassi di rete

Per un laboratorio di buone prassi toscane

2. Futuro Avis: una buona prassi di rete

Breve storia dell’esperienza

L’Avis Toscana ha promosso nel 2011 una raccolta di buone prassi al proprio interno. Il sistema trasfusionale toscano aveva allora necessi- tà di sviluppare maggiore consapevolezza del ruolo che ognuno svol- ge all’interno del ‘sistema’ Avis, per raggiungere risultati complessivi sempre migliori. In altre parole, l’obiettivo era innanzitutto, attraverso l’identificazione delle buone prassi, rafforzare l’identità associativa della rete regionale Avis, promuovendo la conoscenza reciproca e lo scambio di esperienze, ma anche la comunicazione non solo interna, ma anche esterna. Così l’interscambio di conoscenze ed esperienze per integrare e migliorare tutto il sistema regionale, attraverso mo- menti di formazione e di valutazione congiunta, ha potuto rafforzare la stessa “rete” associativa.

Descrizione

Il percorso formativo che ha preso avvio con questo progetto ha avu- to come obiettivo quello di far acquisire ai partecipanti le competenze utili a svolgere un’azione comunicativa, ma anche formativa nei diver- si ambiti associativi, trasferendo esempi di buone pratiche da una re- altà all’altra o valorizzando e facendo emergere eccellenze locali. Per buona prassi s’intende l’attività, o insieme di attività, che è giudicata positivamente da tutti coloro che ne sono coinvolti in Avis (volontari, associati, donatori, istituzioni pubbliche, utenti/pazienti). Tutto ciò ha poi portato alla creazione di un nuovo strumento: il Book delle Buone

Prassi, ossia un vero e proprio manuale che i volontari hanno costruito

loro stessi, con il supporto di alcuni “facilitatori”. È risultato così una sorta di vademecum con gli indicatori utili ad individuare le buone pratiche, e il perché di tali indicatori, le tecniche per la valutazione delle stesse, gli strumenti per la gestione dei gruppi e molto altro. Questo percorso ha visto impegnate più di sessanta sedi di associazioni comunali di donatori di Avis in Toscana e si è concluso con l’individua- zione di alcune linee condivise circa il tema della donazione, utili per tutti coloro che in Avis aspirano ad un volontariato non solo buono, ma anche di qualità e consapevole del ruolo sociale e culturale che svolge.

Elementi /indicatori che ne fanno una buona prassi

Gli elementi che caratterizzano questa esperienza di sviluppo/raffor- zamento di rete associativa Avis sono essenzialmente quattro: 1) l’in-

novazione, poiché il metodo adottato per individuare le buone prassi

all’interno di questo progetto Avis è fondato sulla partecipazione tra “pari” (peer review). La scelta di questa metodologia nasce innan- zitutto dalla volontà di valorizzare la partecipazione all’interno della rete Avis: il concetto di fondo della peer review è che nessuna valu- tazione può essere più accurata di chi ha le tue stesse competenze e svolge i tuoi stessi compiti, ossia un tuo ‘pari’. In questo caso si è trattato di appartenenti alle diverse associazioni comunali che si sono scambiate alcune ‘visite valutative’ per poter vedere e sviluppa- re le migliori prassi riconosciute tali da loro stessi, partecipando così alla valutazione e diffusione dei possibili miglioramenti. 2) Sviluppa la

comunità: tra partecipanti al progetto stesso, i quali attraverso la for-

mazione, l’individuazione degli indicatori, le visite associative, hanno valorizzato una maggiore rispondenza tra il loro operato alle necessi- tà/bisogni delle comunità locali e della rete Avis, senza pensare solo al servizio in quanto tale. 3) Il progetto rafforza inoltre la rete regionale rendendola più omogenea rispetto alle diverse pratiche ritenute mi- gliori, diffondendo la pratica di imitare gli aspetti migliori, ma anche valorizzando le diversità dei territori e gli apporti di ognuno, dandogli visibilità e sviluppando quindi una sorta di approccio di empower-

ment degli aderenti. 4) La democrazia interna, ossia la partecipazio-

ne e lo sviluppo dei rapporti tra “pari” comporta anche una rete di fatto orizzontale che è stata favorita anche successivamente a questo progetto con la creazione di una App per conoscere e intervenire prontamente nei fabbisogni di sangue su tutto il territorio regionale, sviluppando quindi rapporti orizzontali on line.

Aspetti relativi alla visione/ ruolo futuro del volontariato (ruolo politico)

Vi è una visione di futuro a cui tende tutto il progetto (e non a caso si intitola Futuro Avis): innanzitutto tende a valorizzare la dimensione di rete organizzativa del volontariato per favorire lo sviluppo di visio- ni generali e condivise, attraverso le buone prassi, ma anche prassi

più adeguate rispetto ad alcuni cambiamenti futuri. Cambiamenti che sono intesi non solo come miglioramento dei servizi (gestione dell’or- ganizzazione, dei punti di accoglienza o dei punti prelievo), quanto soprattutto nell’ottica della promozione della cultura del dono, nella capacità di diffonderla sui territori, di comunicarla e di rafforzarla, an- che come identità Avis, sia per chi già ne fa parte che per coloro che possono venirne a contatto. La ‘rete’ quindi risulta ‘visibilmente’ utile a chi ha partecipato a questo progetto, proprio per favorire una visio- ne più ‘alta’ della dimensione specifica e locale, che collega territori (anche di più regioni o nazioni, come quelle europee), talora svilup- pando sinergie e alleanze con altre associazioni, istituzioni e soprat- tutto cittadini. Da questo punto di vista il progetto “Futuro Avis” tende a sviluppare un ruolo politico del volontariato: rispetto ad un’azione pragmatica del fare e del gestire, viene accentuata la dimensione del cambiamento culturale e della promozione della cultura del dono A questo proposito vi è anche da tener presente come proprio tale cultura del dono ha permesso sino ad oggi di sviluppare un sistema di donazione del sangue ‘autosufficiente’ a livello nazionale italiano, mentre in altri contesti nazionali esteri i bisogni di organi o di sangue sono soddisfatti ‘a pagamento’, ossia non fondati sulla offerta gratui- ta dei cittadini/volontari. Questa particolarità italiana permette di non creare un mercato degli emo–servizi, con tutti gli aspetti negativi, sia per l’offerta che per la domanda.