Il ruolo politico del volontariato in Italia visto da 12 esperti nazional
2. Sintesi dei risultati delle interviste
2.7 Il progetto “implicito”
Emerge una sorta di ‘progetto’, di visione generale e di futuro verso cui muove il mondo del volontariato, che possiamo dedurre dalla ela- borazione di alcuni punti di convergenza tra le indicazioni ed opinioni fornite dal panel dei nostri esperti. Anche se non esiste una strategia o una visione unitaria e comune interna al mondo del volontariato circa il suo ruolo politico nella fase attuale di crisi economico–finan- ziaria, possiamo infatti individuare alcuni punti che possono caratte- rizzare una sorta di progetto ‘implicito’ nelle attività ed iniziative che esso sta portando avanti. Un ‘progetto’ che, con questa ricerca, ci sembra possiamo rendere più esplicito e che costituisce una sorta di riassunto di quanto indicato dai nostri esperti intervistati ed in parte già indicato nelle pagine precedenti.
Guardiamo quindi qui di seguito di evidenziare alcuni dei punti es- senziali emersi complessivamente dalle interviste suddividendoli, per semplicità espositiva, nelle quattro aree tematiche utilizzate sino ad ora: welfare, beni comuni, stili di vita, rapporti con le istituzioni e la politica.
a) Welfare:
• A livello nazionale, così come a livello europeo, s’intende utiliz- zare tutte le opportunità per incidere su alcune politiche di “svi- luppo inclusivo” sui territori a partire dai prossimi mesi (Fondi strutturali europei), sin dalla programmazione;
• Si sostiene e s’intende co–gestire l’applicazione del reddito di inclusione sociale inteso quale misura ‘universale’ per contra- stare la povertà assoluta;
• Si sostiene il micro–credito come anche i fondi specifici per persone in povertà relativa, che hanno dato già risultati positivi e possono integrarsi ed essere coordinati con tali misure ‘uni- versali’.
• I servizi di consulenza/formazione, ‘accompagnamento’ ed ac- coglienza, da attivare unitamente a tali misure di contrasto alla povertà ne sono parti integranti come politiche si sviluppo delle risorse attive delle persone (capability).
• Il volontariato promuove e sperimenta positivamente anche nuovi modelli di “secondo welfare”. Si ritiene infatti che nuove risorse economiche e umane, insieme a quelle del volontariato e del Ts, possano utilmente essere attivate da parte di varie componenti sociali per integrare il welfare pubblico, con servizi di ‘secondo welfare’. La sperimentazione tra l’altro di forme di mutue integrative, riedizioni di mutuo soccorso, servizi di pros- simità in rete, servizi sanitari ambulatoriali di diagnostica e di base, housing sociale, ecc., hanno condotto sino ad oggi a risultati considerati positivamente.
• Si ampliano anche forme di economia sociale e civile che si intrecciano con le iniziative del volontariato. Tra queste, per esempio, non vi sono solo servizi sociali, ma l’agricoltura so- ciale come importante aspetto del welfare rurale e di occupa- zione per lavoratori svantaggiati, come altre forme di concrete “alleanze” tra produttori e consumatori o tra utenti per servizi condivisi.
• Si sostiene il collaterale sviluppo di nuovi sistemi di governan-
servizi di welfare di comunità a dimensione locale.
• Si richiede quindi un ruolo effettivamente praticato, e non solo riconosciuto formalmente, del volontariato e del terzo settore nella gestione delle politiche di welfare, divenendo interlocuto- re stabile delle istituzioni, sin dalla fase di programmazione. • Si ritiene fondamentale che il volontariato svolga un ruolo sem-
pre più ‘culturale’. La cultura, l’educazione e formazione, così come le politiche per l’infanzia ed i giovani, sono inoltre una leva di cambiamento e di ‘investimento sociale’ sui territori che il volontariato intende sostenere sempre più nelle politiche di welfare.
• Si evidenzia che con il volontariato vi è un grande potenziale aggiuntivo di lavoro per il welfare: le ‘risorse’ non sono ‘date’, ma è possibile aggiungerne da parte del volontariato, con mol- te formule ancora tutte da esplorare e sperimentare, sia con gli enti locali, che anche con proposte a livello nazionale (per es: servizio civile, lavoro per persone in Cig, disoccupate, ecc.).
b) Beni comuni
• Il ruolo ‘culturale’ del volontariato e del Ts trova una nuova im- portante espressione nelle attività relative all’ambito dei beni comuni, promuovendo valori e interessi comuni e generali qua- li: tutela del territorio, salvaguardia del patrimonio demaniale e spazi urbani pubblici, gestione dei beni confiscati alle mafie, tutela paesaggio e beni culturali, ecc. Questo è un ruolo in par- te già ricoperto anche del volontariato della protezione civile. • Si promuovono iniziative di educazione alla gestione dei beni
comuni quali nuove forme di educazione civica (in scuole, quartieri, con immigrati, ecc.).
• Si promuovono forme diverse di partecipazione civica e citta- dinanza attiva per la gestione di spazi pubblici urbani anche come forma di sicurezza urbana (spazi per nuovi accordi tra istituzioni e volontariato che sperimentalmente sono già pre- senti su alcuni territori).
• Si promuovono processi decisionali in cui, accanto alle istitu- zioni, si sviluppino forme di democrazia deliberativa.
• Si richiede di giungere, con le istituzioni (locali e nazionali), ad accordi per la gestione dei beni comuni con il mondo del vo- lontariato.
• Si sostiene al riguardo l’Amministrazione condivisa di beni co- muni in cui la gestione possa prevedere la partecipazione di- retta dei cittadini e delle organizzazioni di volontariato, accanto alle istituzioni; si sostiene la cura e restauro di opere pubbliche impedendo il degrado di ambienti di convivenza (scuole, edi- fici pubblici, ecc.), favorendo sia il lavoro che varie forme di cittadinanza attiva (riferimenti al regolamento del Comune di Bologna per la cura dei beni comuni o a pratiche per la riquali- ficazione urbanistica partecipata di Firenze).
• Si propone, a partire dal territorio della Toscana, una macro– rete di tutte le Odv che operano per i territori e la loro gestio- ne, accanto a quel volontariato che si occupa di welfare, per promuovere azioni più integrate e sinergie sui territori ed un dialogo comune con le istituzioni.
c) Stili di vita
• Il volontariato ha sostenuto in passato e intende proporre come punto di riferimento anche economico, non il Pil, bensì il Bes (Benessere Equo e Sostenibile) con cui si ridefinisce e si misu- ra il benessere delle persone;
• Si propone uno stile di vita improntato alla sostenibilità, alla le- galità ed etica politica, all’importanza del dare tempo e qualità alle relazioni umane. Il volontariato intende essere promotore di questa ‘cultura’ e stile di vita. Ecco alcune indicazioni concrete fornite dai nostri esperti intervistati:
Sostenibilità:
• favorire la riconversione delle produzioni dal locale al sosteni- bile, sviluppando accordi diretti tra produttori e consumatori, sviluppando co–produzioni, innanzitutto nell’ambito dell’agri- coltura, alimentazione ed attività connesse (sicurezza ed edu- cazione alimentare) e delle energie rinnovabili;
retto uso, riuso e riciclo dell’usato, anche favorendo le buone pratiche di raccolta differenziata dei rifiuti e sostenendo le ini- ziative di difesa per la salute dei cittadini connesse allo smalti- mento dei rifiuti e alla salute dei territori (per es: coordinamento delle terre dei fuochi);
• sensibilizzazione all’importanza di orientare i mercati attraverso un uso responsabile dei consumi (per es: Gas, forme di “votare con il portafoglio”, ecc.) che favorisca anche lo sviluppo locale.
Legalità:
• promuovere forme di educazione e di cultura per stili di vita orientati alla legalità, di contrasto alla corruzione, alle logiche mafiose, di consapevolezza che la corruzione “costa” agli ita- liani e non rende ai singoli individui;
• contrasto ai comportamenti “a rischio”, come quelli riferibili ai giochi d’azzardo;
Diversi tempi di vita:
• vivere anche con meno, riscoprendo l’importanza delle rela- zioni e dei rapporti di comunità, di ciò che è gratuito e donato, dando tempo e più qualità alle relazioni umane (conciliazione tempi di lavoro, volontariato, famiglia, ecc.). Interesse per una decrescita meno infelice di quella attuale.
• sviluppo della “lentezza” del vivere come opposizione al con- sumismo.
d) Rapporti con le istituzioni e la politica
• elaborare e promuovere ‘patti’ e accordi con le istituzioni, con l’obiettivo comune di sviluppare partecipazione e cittadinanza: non tanto quindi accordi per la gestione dei servizi, quanto per lo sviluppo della partecipazione civica come metodo in diversi ambiti di collaborazioni con le istituzioni;
• Ruolo delle istituzioni di ‘regia’ per coordinare a livelli territo- riali sempre più ampi questi tipi di esperienze, sostenendo la sperimentazione democratica dei territori anche come forma di programmazione dal basso, favorendo lo scambio e la cono- scenza reciproca, ri–generando le comunità.
base per un nuovo paradigma di sviluppo, valorizzando la gra- tuità del volontariato per il welfare;
• salvaguardare l’autonomia del volontariato dai partiti e rispet- tare la incompatibilità tra cariche di rappresentanza politica e di volontariato, soprattutto per le cariche nelle amministrazioni locali;
• sostenere nuove forme di democrazia deliberativa, che posso- no andare ad integrare la democrazia rappresentativa, ma che muovono da un diverso concetto di sussidiarietà affermatosi negli anni 2000.
e) Per affrontare una nuova fase futura del ruolo politico del volonta- riato può essere opportuno:
• sviluppare processi di formazione politica dei volontari, fornen- do un linguaggio comune e lavorando sui punti di convergenza delle loro azioni e visioni di futuro;
• creare laboratori territoriali di raccolta, diffusione e promozione di esperienze tra loro in sinergia sui territori, valorizzando l’in- formazione e la comunicazione per cambiare la “cultura” indi- vidualista;
• diffondere la consapevolezza che è necessario creare una nuova classe dirigente per il Paese, non solo per il volontariato.