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A seguito dei forti progressi compiuti dall’ingegneria genetica, si era reputato necessario, in ambito europeo, adattare le vigenti norme in materia brevettuale alle moderne biotecnologie. L’adozione di uno strumento con cui garantire tutela alle invenzioni biotecnologie, si rendeva necessario per favorire le industrie europee in competizione con quelle americane e giapponesi, le quali già dagli anni Ottanta godevano di normative brevettuali assai liberali. Inoltre, lo stesso Ufficio Brevetti europeo sollecitava la rapida adozione di un simile strumento normativo.345

Il primo progetto relativo all’armonizzazione delle norme nazionali sulla brevettazione risale al 1988, e in tale occasione veniva sottolineato come differenze nelle disposizioni di proprietà intellettuale hanno un impatto diretto e negativo sul commercio comunitario. L’introduzione di un sistema armonizzato avrebbe, infatti, facilitato lo sviluppo dell’industria biotecnologica europea, consentendo a questa di raggiungere un livello competitivo a livello internazionale.346

Così, un primo progetto di direttiva venne presentato dalla Commissione, ma, a cause delle forti opposizioni, venne ben presto accantonato. La Commissione elaborò quindi una nuova proposta, presentata al Parlamento europeo nel 1992. La discussione che ne seguì fu incentrata quasi esclusivamente sulle questioni etiche, trascurando completamente gli aspetti tecnici. In particolare, si riteneva assolutamente

345 Cfr. MORELLI GRADI G., La direttiva sulla "Protezione giuridica delle invenzioni

biotecnologiche" e la normativa di recepimento nazionale (commento a Conversione in legge del , recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, definitivamente approvato dal Senato il 14 febbraio 2006), in Dir. Industriale, 1, 25, 2006.

346 Cfr. VALLETTA M., La disciplina delle biotecnologie agroalimentari, op. cit., pp. 89

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152 necessario introdurre dei limiti espressi alla brevettabilità del vivente, introducendo, fra l’altro, il privilegio dell’agricoltore. Queste resistenze che la proposta incontrò, ne sancirono il rigetto da parte del Parlamento. Seguì la procedura di conciliazione fra il Parlamento e il Consiglio, prevista nel caso di disaccordo fra le due istituzioni. Nonostante l’esito positivo, il 1˚ marzo 1995, il Parlamento europeo rigettò definitivamente la proposta di armonizzazione adottata in sede di conciliazione.347

Nonostante il rigetto dalla proposta, rimaneva, ed anzi si accresceva, la necessità di creare uno strumento per tutelare le invenzioni biotecnologiche. Così la Commissione presentò una nuova proposta, basata su quella precedente, ma con più attenzione agli aspetti etici. In questo modo la proposta ottenne l’approvazione del Parlamento con circa il 75% dei voti favorevole, ma previa approvazione di 66 emendamenti, successivamente approvati dalla Commissione. Infine il testo venne approvato dal Consiglio europeo, col solo voto contrario dell’Olanda e l’astensione di Belgio e Italia. Dopo quasi dieci anni di negoziati, fu così definitivamente approvata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.348

Gli argomenti sostenuti dagli oppositori, si richiamavano principalmente a ragioni di natura etica, secondo cui non sarebbero ammissibili brevetti sulla vita, che potrebbero aprire la strada anche alla clonazione. In ambito agricolo, si sosteneva che il brevetto su specie vegetali, metterebbe a rischio la diversità genetica e la sicurezza dell’ambiente.349

I fautori della proposta, viceversa, sostenevano l’importanze di una simile tutela su ragioni di efficienza economica. Infatti una simile tutela sarebbe indispensabile per incentivare la ricerca e quindi le imprese

347 Cfr. VALLETTA M., La disciplina delle biotecnologie agroalimentari, op. cit., pp. 89

ss.; cfr. D’ANTONIO V., Invenzione biotecnologiche, op. cit., pp. 71 ss..

348 Ibidem.

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153 europee. Questa ricerca sarebbe inoltre servita per combattere malattie particolarmente gravi.350

Lo strumento normativo della Direttiva, di per sé è capace di operare solamente sul piano dei diritti nazionali armonizzandoli. A livello sovranazionale la tutela delle invenzioni biotecnologiche, è stata completata dalla modifica del Regolamento di attuazione della Convenzione sul brevetto europeo avvenuta nel 1999. Sono infatti state inserite nuove previsioni, dichiaratamente ispirate dalla Direttiva 98/44/CE. In particolare, la regola 23(b) CBE prescrive che, nell’applicare ed interpretare la CBE, bisogna far ricorso, in via sussidiaria, alla Direttiva.351

Il legislatore comunitario, nell’adottare la direttiva, ha la dichiarata intenzione di sostenere e potenziare l’industria biotecnologica e la ricerca in materia di ingegneria genetica. Questo obiettivo viene innanzitutto realizzato eliminando l’incertezza circa i presupposti di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche: la disciplina comunitaria si limita, però, solo a fissare i presupposti per il riconoscimento dei relativi diritti di proprietà industriale, stabilendo in quali circostanze lo studio e la ricerca scientifica condotta su materiale vivente possa essere brevettata. Spetterà, invece, ai singoli Stati di regolamentare ed indirizzare l’attività di ricerca.352

La direttiva è stata inoltre oggetto di un ricorso contro il Parlamento europeo e il Consiglio per il suo annullamento.353 Il ricorso fu

presentato dai Paesi Bassi e sostenuto da Italia e Norvegia. La Corte di Giustizia europea, in data 9 ottobre 2001, respinse il ricorso. Da questo momento è iniziato la fase dell’enforcement dell’obbligo per gli Stati di recepire la direttiva nei propri ordinamenti.354

350 Ibidem. 351 Ibidem.

352Cfr. PIZZOFERRATO A., Brevetto per invenzione e biotecnologie, in GALGANO

F. (diretto da), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, XXVIII, CEDAM, Padova, 2002, pp. 136 ss..

353 Causa C-377/98.

354 Cfr. MORELLI GRADI G., La direttiva sulla "Protezione giuridica delle invenzioni

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154 Venendo ad analizzare i contenuti della direttiva, questa si compone di ben 56 ‘considerando’ a fronte di 18 articoli. Il grande numero dei considerando, esprime la necessità di inserire una serie di complesse esigenze, le quali poi non trovano voce nelle disposizione della direttiva. Così, i considerando (1),(2),(3) pongono fortemente l’attenzione sulla distinzione fra la disciplina dei brevetti e altre norme giuridiche che disciplinano l’attuazione pratica delle invenzioni, brevettate o non brevettate che siano. Di rilievo è il considerando (14), il quale dispone che ‘un brevetto di invenzione non autorizza il titolare ad attuare l’invenzione, ma si limita a conferirgli il diritto di vietare ai terzi di sfruttarla a fini industriali e commerciali (…).’ La direttiva rende, quindi, salva la possibilità degli Stati di porre eventuali divieti, limitazioni o controlli sulla ricerca, sull’utilizzazione o sulla commercializzazione di invenzioni biotecnologiche, con particolare riguardo a esigenze di sanità pubblica, sicurezza, tutela dell’ambiente e degli animali e conservazione della diversità genetica.355

Nel preambolo emergono anche preoccupazione circa la tutela della diversità biologica, in considerazione della notevole importanza da questa assunta nel quadro dello sviluppo sostenibile, a seguito della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992. In particolare il considerando (56) regola i rapporti fra la direttiva stessa e la Convenzione sulla Biodiversità, nonché con l’Accordo TRIPs. Il considerando in questione, si richiama esplicitamente alla terza Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Biodiversità (COP 3, Decisione III/17), secondo cui ‘è necessario continuare a lavorare per contribuire a sviluppare una valutazione comune della relazione tra i diritti di proprietà intellettuale e le disposizioni attinenti all’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPS) e della Convenzione sulla diversità biologica, in particolare in ordine alle questioni riguardanti i trasferimenti di tecnologie, la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica, nonché la giusta ed equa ripartizione dei vantaggi derivanti dall’uso di risorse genetiche, compresa la protezione delle conoscenze, delle innovazioni e

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155 delle prassi delle comunità indigene e locali che incarnano stili di vita tradizionali importanti ai fini della conservazione e dell’uso sostenibile della diversità biologica.’356

Il comma 1 dell’articolo 1, impone agli Stati membri di proteggere le invenzioni biotecnologiche tramite il diritto nazionale dei brevetti. L’invenzione biotecnologica, ai sensi dell’articolo 3.1, è quell’invenzione avente ad oggetto ‘un prodotto consistente in materiale biologico o che lo contiene, o un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico’ o avente ad oggetto ‘un procedimento microbiologico o altri procedimenti tecnici ovvero un prodotto ottenuto direttamente attraverso siffatti procedimenti’ (art. 4.3). L’articolo 2 espressamente definisce i procedimenti microbiologici come ‘qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale biologico’, quest’ultimo definito come ‘ un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico.’357

Interessante è la definizione del procedimento essenzialmente biologico, contenuto all’articolo 2.2: un procedimento è considerato essenzialmente biologico ‘quando consiste integralmente in fenomeni naturali quali l’incrocio o la selezione.’ Per questo genere di procedimenti – come già previsto nella CBE – è vietata la brevettabilità. Con la direttiva questo divieto viene, però, ridotto, in quanto si riferisce a quei procedimenti che consistono integralmente in fenomeni naturali. Si assiste quindi ad un allargamento della materia brevettabile che di fatto copre

356 Cfr. MORELLI GRADI G., La direttiva sulla "Protezione giuridica delle invenzioni

biotecnologiche", op. cit.; cfr. VALLETTA M., La disciplina delle biotecnologie agroalimentari, op. cit., pp. 96-97. In questo senso l’articolo 1.2 della direttiva,

stabilisce che la stessa non deve pregiudicare gli obblighi derivanti da

convenzione internazionali, quali l’Accordo

TRIPs e la Convenzione sulla biodiversità.

357 Cfr. PIZZOFERRATO A., Brevetto per invenzione e biotecnologie, op. cit., pp. 137-

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156 qualsiasi intervento che non si limiti alla ‘semplice sovraintendenza del naturale atto della riproduzione.’358

L’articolo 3 comincia a delimitare l’oggetto delle invenzioni biotecnologiche. È possibile brevettare le invenzioni di prodotto o di procedimento, se rispondono ai requisiti normalmente richiesti. È infatti stabilito che ‘sono brevettabili le invenzioni nuove che comportino un’attività inventiva e siano suscettibili di applicazione industriale, anche se hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale biologico o che lo contiene, o un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico.’ Viene quindi sancita la brevettabilità del materiale biologico che costituisce un’invenzione ai sensi del diritto industriale, secondo le forme dell’articolo 27.1 dell’Accordo TRIPs e dell’articolo 52.1 della CBE.359

Se per invenzione, come già detto, si intende la soluzione di un problema tecnico, si potrà affermare che l’invenzione di prodotto ha per oggetto un prodotto materiale quale una macchina, un prodotto chimico, e risolvono il problema di cosa produrre e del relativo perché. Questo brevetto tutela un determinato risultato a prescindere dal metodo utilizzato per ottenerlo, vietando ai terzi di realizzarlo anche se con tecniche o procedimenti diversi. Le invenzioni di procedimento, viceversa, risolvono il problema di come produrre qualcosa, consistendo quindi in una tecnica o metodo di produzione di un bene o di realizzazione di un servizio.360

Il secondo paragrafo dell’articolo 3 prevede esplicitamente la brevettabilità del materiale biologico ‘che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un procedimento tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se preesisteva allo stato naturale.’ Da questo e da altri articoli presenti nella direttiva, si può cogliere l’evanescenza della distinzione fra scoperta ed invenzioni, basata sulla tradizionale

358 Cfr. VALLETTA M., La disciplina delle biotecnologie agroalimentari, op. cit., p. 115. 359 Cfr. D’ANTONIO V., Invenzione biotecnologiche, op. cit., p. 90.

360 Cfr. BENUSSI F., Organismi geneticamente modificati, in Dig.(disc.pubbl.),

Aggiornamento, Torino, 2005, 521. Per approfondimenti sul tema si veda. PIZZOFERRATO A., Brevetto per invenzione e biotecnologie, op. cit., pp. 143 ss..

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157 contrapposizione fra conoscenza di un’entità preesistente del mondo fisico e ideazione di un dispositivo, quindi di un’entità nuova.361 La non brevettabilità delle scoperte è, infatti, una regola nata per le tecnologie meccaniche, e non si adatta al settore biotecnologico, ‘dove spesso scoperta ed invenzione si compenetrano in un tutto inscindibile sicché il divieto di brevettazione della scoperta si risolve in un divieto della brevettazione anche della consequenziale invenzione.’362

La direttiva ammette, quindi, la brevettazione, come invenzioni di prodotto, di ciò che preesiste, ma non ancora conosciuto perché non ancora scoperto. Ciò che in senso stretto non è nuovo in quanto esistente in natura, viene comunque considerato nuovo, quindi brevettabile, e questo perché prima della sua scoperta non appartiene al patrimonio scientifico dell’umanità.363

Proseguendo l’analisi del contenuto della direttiva, l’articolo 4 si occupa della brevettabilità delle varietà vegetali e delle razze animali, ottenute attraverso tecniche di ingegneria genetica, affermandone la non brevettabilità. Il primo e terzo paragrafo dell’articolo 4364, ripropongono

testualmente le esclusioni brevettuali già presenti all’articolo 53(b) CBE. Anche la direttiva pone, quindi, il divieto di brevettazione delle varietà vegetali, ma rimane ferma la loro tutela tramite forme di protezioni sui

generis previste dalla Convenzione UPOV e tramite la privativa varietale

361 Cfr. PIZZOFERRATO A., Brevetto per invenzione e biotecnologie, op. cit., p. 145. 362 Cfr. FLORIDA G., Le invenzioni universitarie, in Dir. Ind., 3, 213, 2001. 363 Cfr. GERMANÒ A., Biotecnologie in agricoltura, in IV Dig. Civ., Aggiornamento,

Torino, 2003, I, 182. A questo proposito vi sono però posizioni critiche in dottrina, come quella sostenuta da RICOLFI M., La brevettazione delle invenzioni, op.

cit., il quale afferma il sapore artificioso di una disciplina così costruita. L’autore si

domanda, fra le altre cose, se la brevettabilità di materiali biologici preesistenti in natura si da considerare una fictio iuris oppure una presunzione (eventualmente superabile).

364Articolo 4: 1. Non sono brevettabili: a) le varietà vegetali e le razze

animali, b) i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di vegetali o di animali. 2. Le invenzioni che hanno quale oggetto piante o animali sono brevettabili se l'eseguibilità tecnica dell'invenzione non è limitata ad una determinata varietà vegetale o razza animale. 3. Il paragrafo 1, lettera b), non riguarda la brevettabilità di invenzioni che abbiano ad oggetto un procedimento microbiologico o altri procedimenti tecnici ovvero un prodotto ottenuto direttamente attraverso siffatti procedimenti.

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158 comunitaria di cui al regolamento 2100/94/CE. Il divieto di brevettazione non riguarda invece le invenzioni aventi ad oggetto un procedimento microbiologico.365

Di centrale importanza è il secondo paragrafo dell’articolo 4. Questa rappresenta, per la prima volta, la normativizzazione della cosiddetta teoria di ‘più di una varietà’. Tale teoria, elaborata dall’Ufficio Brevetti europeo, afferma la possibilità di brevettare invenzioni aventi ad oggetto piante ed animali in quanto tali, se la loro applicazione non si limita alla sola varietà vegetale o razza animale. Questa teoria viene già presa in considerazione nel preambolo, in particolare il considerando (30) afferma che ‘la nozione di varietà vegetale è definita dalla legislazione sulla tutela dei ritrovati vegetali, in base alla quale una varietà è caratterizzata dal suo intero genoma e ha pertanto una sua individualità che la rende chiaramente distinguibile da altre varietà’, mentre il considerando (31) precisa che ‘un insieme vegetale, caratterizzato da un determinato gene (e non dal suo intero genoma), non rientra nella tutela delle varietà e non è pertanto escluso dalla brevettabilità, anche se comprende varietà vegetali’. Da queste premesse discende la regola presente al secondo paragrafo dell’articolo 4 secondo cui ‘le invenzioni che hanno quale oggetto piante o animali sono brevettabili se l'eseguibilità tecnica dell'invenzione non è limitata ad una determinata varietà vegetale o razza animale.’ In definitiva, quindi, si può ottenere un brevetto su vegetali, se questo non riguarda l’intero genoma di un insieme di piante sotto la forma geneticamente fissata della varietà vegetale. Così, può essere concesso il brevetto su un insieme di vegetali, se questo riguarda la presenza di un determinato gene in questi vegetali. Il brevetto può, in questo, caso essere concesso anche se riguarda varietà vegetali, ma non si potrà comunque riferire al loro intero

365 Cfr. D’ANTONIO V., Invenzione biotecnologiche, op. cit., pp. 92-93. Secondo

l’autore la soluzione più coraggiosa e più coerente con i principi generali sarebbe stata di estendere la tutela brevettuale anche al campo delle varietà vegetali. In tal modo procedimenti e prodotti, ottenuti con tecniche di ingegneria genetica, sarebbero brevettabili anche se relativi a varietà vegetali.

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159 genoma. L’applicazione di questo principio rimane tuttavia incerto e legato a labili criteri di distinzione.366

Il legislatore comunitario, dopo aver legittimato la brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, pone alcuni limiti allo stesso, per esigenze di tutela della dignità e dell’integrità della persona umana, introducendo eccezioni e deroghe al regime generale. In particolare la direttiva pone il divieto di brevettazione del ‘corpo umano, neri vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene di cui non sia stata identificata un’utilità concreta.’367 È fatto inoltre divieto di brevettare ‘le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine pubblico o al buon costume.’368 In quest’ultima

categoria rientrano, per esplicita previsione dello stesso articolo, i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica dell’essere umano, l’utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali, così come i procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l’uomo o l’animale. Negli articolo 5 e 6 si realizza il bilanciamento di interessi sociali, economici e tecnologici che costituiscono il fondamento della direttiva, esprimendo irrinunciabili forme di tutela a sfondo etico. Di fondamentale importanza, risulta l’ultimo comma dell’articolo 5, che prevede che ‘l’applicazione industriale di una sequenza o di una sequenza parziale di un gene deve essere concretamente indicata nella richiesta di brevetto.’369

Gli articoli 8 e 9, i quali riguardano l’estensione brevettuale delle invenzione biotecnologiche verranno esaminate nel capitolo successivo. Anche l’articolo 11 che prevede il farmer exemption sarà preso in considerazione nel capitolo seguente.

366 Ibidem. 367 Art. 5.1. 368 Art. 6.1.

369 Cfr. PIZZOFERRATO A., Brevetto per invenzione e biotecnologie, op. cit., p. 138;

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160 Come visto, l’articolo 1 della direttiva stabilisce che ciascuno Stato membro dovrà proteggere le invenzioni biotecnologiche secondo il proprio diritto nazionale dei brevetti. Per questo motivo la legge 22 febbraio 2006, n. 78 ha dato attuazione alla direttiva 98/44/CE, introducendo la Sezione IV bis del Capo II del Codice della Proprietà Industriale (CPI), introdotto con decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Il CPI prevede anche i requisiti necessari affinché un’invenzione possa ricevere tutela brevettuale.370 I requisiti di proteggibilità previsti dal CPI

sono:

- la novità, prevista dall’articolo 46 CPI con una disposizione parallela a quella dell’articolo 54 CBE. In base a queste disposizione, un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica, da intendere come tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico prima della data di deposito della domanda di brevetto. Il caso principe in cui manca il requisito della novità riguarda la predivulgazione, ossia quella situazione in cui è lo stesso inventore a rendere nota ed accessibile l’invenzione di cui si richiede la protezione. Essendo l’invenzione predivulgata, mancherà del requisito della novità in quanto ormai appartenente allo stato della tecnica.371

Con riferimento alle biotecnologie, come visto, possono costituire oggetto di brevetto sia il materiale biologico chi sia stato geneticamente modificato, sia quello che viene isolato dal suo ambiente naturale e