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La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD)90 riflette la

politica e le raccomandazione scientifiche di numerosi gruppi ambientalisti. Il maggior contributo alla realizzazione di questa Convenzione, è stato però quello dell’UNEP che, nel 1987 convocò una serie di incontri fra esperti. I lavori cominciarono nel novembre del 1988 con la creazione di un Ad Hoc Working Group of Experts on Biological

Diversity. Successivamente, nel 1990, l’UNEP istituì un Ad Hoc Working Group of Legal and Technical Experts col compito di preparare uno strumento

internazionale, finalizzato alla conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica. Nel febbraio del 1991 iniziarono ufficialmente i negoziati che porteranno all’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica: un primo progetto del testo fu presentato, dall’allora Executive

Director Mostafa Tolba, ad una Intergovernmental Negotiating Committee (INC).

Il testo finale della Convenzione fu approvato al quarto incontro dell’INC, il 22 maggio 1992 a Nairobi.91 La convenzione è entrata in vigore il 23

dicembre 1993.

La Convenzione sulla biodiversità è stata aperta alla firma al termine della Conferenza di Rio de Janeiro. In termini di partecipazione, la Convenzione è stata un indubbio successo: ne sono infatti parte più di 190 Stati, con la vistosa eccezione degli Stati Uniti, i quali la firmarono solo nel 1994, senza poi però procedere alla ratifica. La Convenzione sulla biodiversità costituisce sia un punto d’arrivo che un punto di partenza per la tutela della biodiversità. È un punto di arrivo perché recepisce e ‘globalizza’ alcuni principi e tecniche di diritto ambientale già presenti in

90 Il testo completo della Convezione è consultabile sul sito

http://www.cbd.int/convention/text/ . La traduzione italiana della Convenzione è

reperibile in GARAGUSO G.C., MARCHISIO S.(a cura di), Rio 1992, op. cit., pp. 230 ss..

91Cfr. The Convention on Biological Diversity: from conception to implementation

consultabile sul sito http://www.cbd.int/doc/publications/CBD-10th-anniversary.pdf . Per un’analisi approfondita sui negoziati che portarono all’adozione della CBD si veda McCONNEL F., The Biodiversity Convention: a negotiating history, Kluwer Law International, London, UK, 1996.

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51 precedenti strumenti internazionali, come il principio di precauzione, le procedure di valutazione d’impatto ambientale e di riduzione degli effetti nocivi con obbligo, in caso di pericolo, di informare gli Stati che potrebbero essere danneggiati, l’uso sostenibile delle risorse, la valorizzazione del ruolo delle donne ed altri ancora. Punto di partenza perché, pur non essendo un trattato quadro in senso stretto, si presta ad essere specificata e attuata anche tramite strumenti di soft law che la Conferenza delle Parti (prevista dall’Article 23 – Conference of the Parties, COP)92 si può avvalere. La Convenzione può inoltre essere completata da

protocolli (possibilità prevista dall’Article 28 – Adoption of Protocols) come avvenuto col Protocollo di Cartagena.93

La Convenzione sulla Biodiversità è stato uno strumento fondamentale per la creazione di una struttura internazionale, finalizzata alla preservazione e utilizzazione delle risorse biologiche mondiali. La Convenzione costituisce una risposta alle forti pressioni internazionali degli Stati contro la costante perdita della biodiversità, soprattutto negli Stati del Sud, e contro l’iniqua ripartizione dei benefici derivanti dallo sfruttamento di questa biodiversità.94

Nel Preambolo della Convenzione viene affermato come la conservazione della diversità biologica è interesse comune dell’umanità (common concern of humankind)95, ma - in linea con quanto affermato nei

92 Quasi tutti i trattati internazionali, fra cui anche la CBD, prevedono la

creazione di un organo permanente e indipendente con compiti amministrativi, quasi sempre detto Segretariato, e di un organo composto dagli Stati parte del trattato, che si riunisce periodicamente, di solito chiamato Conferenza delle Parte, la quale può integrare, modificare o sviluppare il contenuto del trattato stesso, adottando provvedimenti vincolanti o di soft law. Cfr. FODELLA A., I soggetti, op.

cit., p. 48.

93Cfr. MAFFEI M.C., La protezione delle specie, degli habitat e delle biodiversità, op. cit.,

pp. 286-287.

94Cfr. CURCI J., The Protection of Biodiversity and Traditional Knowledge in International

Law of Intellectual Property, Cambridge University Press, New York, USA, 2010, p.

51.

95Per common concern s’intendono le questioni ambientali che sono senza dubbio

sottratte all’esclusiva gestione da parte di singoli Stati a prescindere da questioni di sovranità, perche sono considerate di interesse di tutta la comunità internazionale. Per common heritage s’intendono, invece, quelle aree o risorse sottratte, in tutto o in parte, alla sovranità e all’utilizzo dei singoli Stati, per essere amministrate dalla comunità internazionale nel suo insieme. Per approfondimenti

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52 principi della Dichiarazione di Rio - mai vengono identificate le risorse biologiche come ‘common heritage of humankind’.96 Il mancato riconoscimento della diversità biologica come ‘patrimonio comune dell’umanità’, comporta minori conseguenze sui diritti sovrani degli Stati relativamente alle proprio risorse biologiche, ma, al contempo, non permette più a nessuno di disinteressarsi della progressiva e inesorabile perdita della biodiversità.97

Prima di analizzare nel merito la Convenzione, è necessario capire che cosa esattamente si vuole indicare col termine ‘biodiversità’. A tal fine ci viene incontro la stessa Convenzione, che nell’articolo 2 definisce la diversità biologica (o biodiversità) come:

“[…] la variabilità tra gli organismi viventi di ogni origine, compresi, fra

gli altri, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; comprende la diversità nell’ambito di ciascuna specie, tra le specie e degli ecosistemi.”

Dalla definizione di biodiversità, emerge come questa riguardi l’essenza stessa della vita. La biodiversità è un valore che dovrebbe prevalere sull’analisi dell’efficienza economica, perché garantisce la tutela delle minoranza e il rispetto dei diritti fondamentali. Al giorno d’oggi, soprattutto a causa del proliferare delle biotecnologie moderne in campo agricolo e alimentare, sempre meno tutela viene accordata alle ragioni dei ‘Paesi del Sud’ del mondo, ricchi di biodiversità, e sempre più potere agli interessi dei ‘Paesi del Nord’, biotecnologicamente avanzati; sempre meno attenzione viene prestata alla biodiversità e vi è sempre più soggezione verso la monocultura indotta da un mercato che sta erodendo le risorse genetiche. Come la logica dei diritti è servita a ridurre la pretesa onnipotenza dello Stato moderno, la stessa logica dovrebbe svolgere la medesima funzione nei confronti di quel potenziale ‘distruttore onnipotente’ che è diventato il sistema ‘produzione-artificializzazione- progresso’, un sistema che così come strutturato non garantisce un diritto

su tali concetti si veda FODELLA A., I principi generali, op. cit., pp. 114 ss.. Si veda anche ANNIBALE S., La tutela ambientale, op. cit., pp. 329 ss..

96Come sottolineato da PAOLONI L., Diritto degli agricoltori e tutela della biodiversità,

Giappichelli, Torino, 2005, p. 13.

97MAFFEI M.C., La protezione delle specie, op. cit., p. 286.

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53 al futuro per tutte le potenzialità esistenziali. Bisogna arrivare ad accettare l’idea che non esiste democrazia senza tutela della biodiversità, così come abbiamo accettato l’idea che non esiste democrazia senza tutela dei diritti umani.98