In chiusura del capitolo, si vuole proporre una breve analisi riguardante la regolamentazione circa la produzione e la commercializzazione degli OGM. Si analizzeranno, quindi, il sistema europeo e quello statunitense, ovvero due sistemi con diverso approccio in tema di organismi geneticamente modificati.
Il sistema giuridico europeo è storicamente incentrato sulla distinzione fra l’impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati220 (MOGM) e l’emissione nell’ambiente e immissione nel
219 Per approfondimenti sulla sentenza della Corte di Cassazione di veda
CORBETTA S., Coltivazione non autorizzata di colture geneticamente modificate, in Dir.
Pen. e Processo, 2012, 5, 548 (nota a sentenza).
220 ‘Si intende per microorganismo geneticamente modificato (MOGM) si intende
un’entità microbiologica cellulare o non cellulare, compresi virus, viroidi, cellule animali e vegetali in coltura, il materiale genetico è stato modificato in un modo
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104 mercato degli OGM. La disciplina dei MOGM riguarda esclusivamente la fase di laboratorio, mentre quella degli OGM riguarda l’emissione in campo aperto e l’immissione in commercio. Proprio la diversa destinazione giustifica un regime giuridico separato. L’impiego confinato degli MOGM è stato oggetto della direttiva 90/219/CEE, poi modificata dalla direttiva 98/81/CE. Questa disciplina mira a garantire la protezione della salute e dell’ambiente, con specifico riferimento alla prevenzione degli incidenti e al controllo dei rifiuti. A tal fine è prevista, fra le altre cose, una valutazione del rischio. Questa deve riguardare gli effetti nocivi per l’ambiente e per l’uomo. Per quest’ultimi è necessario considerare la capacità del MOGM di alterare lo spettro di resistenze agli antibiotici, all’allergenicità, alla tossinogenicità e alla disponibilità di terapie e misure profilattiche adeguate. Per l’ambiente è invece da considerare l’impatto con gli ecosistemi in caso di rilascio accidentale, nonché l’interazione con gli altri microorganismi.221
L’emissione deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio è stata invece disciplinata dalla direttiva 90/220/CEE, poi modificata dalla direttiva 2001/18/CE. Innanzitutto per emissione deliberata nell’ambiente ‘si intende qualsiasi introduzione intenzionale nell’ambiente di un OGM per la quale non sono adottate specifiche misure di contenimento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l’ambiente e assicurare un elevato livello di sicurezza, mentre immissione sul mercato viene definita la messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente’. La necessità di una disciplina ad hoc per l’emissione deliberata nell’ambiente, deriva dalla capacità degli OGM di riprodursi e diffondersi nell’ambiente, producendo effetti che potrebbero risultare irreversibili. La direttiva 2001/18/CE, richiamandosi implicitamente al Protocollo di Cartagena
che non avviene in natura per incrocio o attraverso ricombinazione naturale; mentre si considera impiego confinato ogni attività nella quale i MOGM vengono modificati o nella quale vengono messi in coltura, conservati, utilizzati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati attraverso l’apprestamento di misure specifiche di contenimento, al fine di limitare il contatto con gli stessi con la popolazione e l’ambiente’, MASINI S., Corso di diritto alimentare, Giuffrè, Milano, 2011, p. 327.
221 Cfr. GALASSO G., Il principio di precauzione nella disciplina degli OGM,
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105 sulla Biosicurezza adottato nel 2000, intende regolare qualsiasi materiale genetico capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico. Per poter svolgere un’attività di emissione deliberata nell’ambiente o di immissione in commercio di organismi geneticamente modificati, è necessario un atto autorizzatorio, da adottare a seguito di una procedura comunitaria che garantisca l’effettiva partecipazione di tutti gli Stati membri. Un’altra novità rispetto alla direttiva 90/220/CEE è l’affermazione, all’articolo 1, del principio di precauzione, il quale funge da base per la politica di tutela della salute e dell’ambiente. 222
La direttiva 2001/18/CE conferma il ‘principio di graduazione’ con riferimento alla fase di emissione deliberata nell’ambiente: in base a questa regola si può aumentare progressivamente la dimensione dell’emissione, solo se a seguito della valutazione degli effetti sulla salute umana e sull’ambiente compiuti nel grado precedente, risulta possibile passare al grado successivo. Prima dell’emissione deliberata o dell’immissione in commercio, sarà necessario compiere, caso per caso, una valutazione del rischio ambientale. L’obiettivo è quello di individuare eventuali effetti negativi, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono verificarsi sulla salute umana, animale o sull’ambiente. Questa valutazione deve tener conto di una serie di elementi riguardanti l’organismo ricevente, le modificazioni genetiche e le informazioni relative al vettore e al donatore, l’emissione o l’uso previsto e l’ambiente a cui l’OGM è potenzialmente destinato.223 La valutazione del rischio, si noti,
non è incentrata sui possibili danni, ma bensì sui possibili rischi. Il legislatore (e il giurista) dovrà quindi stabilire le soglie di accettazione del rischio. In ossequio al principio di precauzione, di cui all’articolo 1 della direttiva, potranno giustificarsi vincoli e divieti per talune attività che, non producendo necessariamente un danno dimostrabile, producono un inaccettabile rischio. Queste limitazioni potranno essere rimosse solo a
222 MASINI S., Corso di diritto alimentare, Giuffrè, Milano, 2011, p. 329.
223 Particolare attenzione è prestata ai geni capaci di esprimere una resistenza agli
antibiotici, per le possibili ripercussioni negative sui trattamenti profilattici o terapeutici.
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106 seguito della dimostrazione della non dannosità dell’attività, o quando il rischio rientri nelle soglie accettabili.224
Con lo strumento legislativo del Regolamento sono, invece stati disciplinati gli alimenti geneticamente modificati destinati al consumo umano. Tale disciplina è contenuta nei regolamenti 1829 e 1830 del 2003. Questi regolamenti sono finalizzati, da un lato, a predisporre regole uniformi che agevolino la circolazione degli alimenti geneticamente modificati, dall’altro, a tutelare la salute dei cittadini a fronte dei potenziali rischi derivanti da questi alimenti. Prima del 2003, il tema in questione era regolato dal regolamento 258/1997, il quale tutt’ora regola i c.d. novel foods. Il regolamento 1829/2003 distingue fra alimenti geneticamente modificati, ossia ‘alimenti che contengono, sono costituiti o prodotti a partire da OGM’ (art. 2.6), e alimenti prodotti a partire da organismi geneticamente modificati cioè ‘derivati, in tutto o in parte, ma che non li contiene e non ne è costituito’ (art. 2.10). Diversamente da quanto avviene per altri alimenti, per cui non è di regola prescritta alcuna autorizzazione, gli alimenti geneticamente modificati non possono essere immessi in commercio senza la previa autorizzazione.
Per essere autorizzato, l’OGM non deve avere effetti nocivi sulla salute umana, animale e sull’ambiente, non deve trarre in inganno i consumatori e inoltre non deve differire, sul piano nutrizionale, dagli alimenti che intendono sostituire.225 Il complesso procedimento per
ottenere l’autorizzazione è descritto all’articolo 5: chi chiede l’autorizzazione deve presentare una domanda all’autorità competente di uno Stato membro, la quale dovrà informare l’European Food Safety
Authority (EFSA) dell’avvenuta richiesta. L’EFSA dovrà a sua volta
informare la Commissione e gli altri Stati membri. Nella domanda di autorizzazione, il richiedente dovrà, fra le altre cose, illustrare una serie di dati relativi agli aspetti scientifici dell’OGM, allegando una copia degli
224 Cfr. GALASSO G., Il principio di precauzione, op. cit., pp. 23 ss.; cfr. MASINI S.,
Corso di diritto alimentare,op. cit., pp. 326 ss.. Per approfondimenti sulla direttiva
2001/18/CE si veda COTTONE F., I caratteri innovativi della direttiva sugli OGM, in
Ambiente e Sviluppo, 2001, 10, 967 (commento alla normativa).
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107 studi effettuati (e di eventuali studi indipendenti), un analisi comprovante che le caratteristiche dell’alimento non differiscono da quelle della sua versione tradizionale e, se necessario, informazioni relative al rispetto dei principi in materia di biosicurezza previsti nell’Allegato II del protocollo di Cartagena.
Nel procedimento autorizzativo, centrale è il ruolo dell’EFSA che, da consulente scientifico super partes, fornisce un fondamentale supporto scientifico alla Commissione. Entro sei mesi dall’inoltro della domanda, l’EFSA deve rilasciare il proprio parere motivato, da inoltrare alla Commissione, agli Stati membri e al richiedente. La decisione finale circa l’autorizzazione o meno dell’OGM spetta alla Commissione che dovrà tener conto del parere rilasciato dall’EFSA; nel caso intenda discostarsi da tale parere, la Commissione deve giustificare tale scelta. L’autorizzazione della Commissione ha una durata di dieci anni, allo scadere dei quali deve essere rinnovata ai sensi dell’articolo 11. L’articolo 34 prevede il meccanismo di sospensione o di modifica dell’autorizzazione, qualora risulti che un OGM, debitamente autorizzato, comporti un rischio per la salute umana, degli animali o per l’ambiente.226
L’articolo 12 del regolamento 1829/2003 prevede un obbligo di etichettatura, sia per gli alimenti che contengono o sono costituiti da OGM, sia per quelli prodotti a partire da, o contenenti ingredienti prodotti a partire da OGM. Lo stesso articolo stabilisce, però, un’importante limitazione: l’obbligo infatti ‘non si applica agli alimenti che contengono materiale che contiene, è costituito o prodotto a partire da OGM presenti in proporzione non superiore allo 0,9 % degli ingredienti alimentari considerati individualmente o degli alimenti costituiti da un unico ingrediente, purché tale presenza sia accidentale o tecnicamente inevitabile’ (art. 12.2). L’articolo 13.1 prevede che gli OGM debbano indicare espressamente in etichetta se contengono ingredienti geneticamente
226 Cfr. FERRARI M., IZZO U., Diritto alimentare comparato, op. cit., pp. 169 ss.; cfr.
SOMSEN H., The Regulatory Challenge of Biotechnology: Human Genetics, Food and
Patents, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, UK – Northampton, MA, USA,
2007, pp. 139 ss.. Per approfondimenti sul ruolo dell’EFSA, si veda VALLETTA M., La disciplina delle biotecnologie agroalimentari: il modello europeo nel contesto globale, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 216 ss..
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108 modificati; si tratta quindi di un’informazione integrativa rispetto alle indicazioni obbligatorie da inserire in etichetta, prevista nel regolamento 1169/2011. Il sistema di etichettatura obbligatoria è integrato con un sistema di tracciabilità, previsto dal regolamento 1830/2003. Si prevede che gli operatori predispongano sistemi e procedure atte ad identificare a chi è destinato un prodotto e da chi stato messo in circolazione e a trasmettere informazioni sulla natura dei singoli organismi geneticamente modificati. La prescrizioni di misure finalizzate alla rintracciabilità, ‘dovrebbe facilitare sia il ritiro di prodotti dal mercato, qualora si constatino imprevisti effetti nocivi per la salute umana o degli animali oppure per l'ambiente, compresi gli ecosistemi, sia il monitoraggio inteso ad esaminare i potenziali effetti soprattutto sull'ambiente. La tracciabilità dovrebbe agevolare anche l'attuazione di misure di gestione del rischio, conformemente al principio di precauzione’ (terzo considerando del reg. 1830/2003). L’obiettivo è quello – non di individuare il pericolo lungo la catena produttiva – ma, bensì, di individuare il prodotto lungo la catena commerciale.227
A differenza del sistema europeo, nel sistema statunitense non vi è alcuna norma specifica riguardante gli organismi geneticamente modificati. ‘Il legislatore americano ha ritenuto che, per evitare confusioni e dubbi sulla ‘bontà’ dei prodotti della bioingegneria, fosse più conveniente adattare direttamente la normativa in vigore, senza esporre i cittadini alle pressioni collegate all’emanazione di una nuova legge’.228
Già l’assenza di disposizioni ad hoc è indice del diverso approccio esistente negli Stati Uniti. Storicamente, il persistente silenzio del legislatore americano sul tema della commercializzazione delle biotecnologie alimentari, e la conseguente incertezza derivante da tale vuoto legislativo, ha stimolato l’Amministrazione Reagan, che, nel 1984,
227 Cfr. FERRARI M., IZZO U., Diritto alimentare comparato, op. cit., pp. 169 ss.;
cfr. MASINI S., Corso di diritto alimentare,op. cit., pp. 337 ss.; cfr. SOMSEN H., The Regulatory Challenge of Biotechnology, op. cit., pp. 145 ss..
228 BENOZZO M.M., La disciplina statunitense delle biotecnologie in agricoltura,
in GERMANÒ A.(a cura di), La disciplina giuridica dell’agricoltura
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109 ha conferito mandato al White Office of Science and Technology Policy di ricostruire il complesso sistema di regolamentazione; il lavoro si concluse nel 1986, con la pubblicazione di un documento intitolato Coordinated
Framework for Regulation of Biotechnology.229
Nel documento vengono affermati tre principi generali, i quali devono guidare l’attività delle autorità federali che si occupano di OGM. In primo luogo, l’attenzione dovrebbe essere concentrata sul prodotto finale e non sul processo attraverso cui si ottiene il prodotto. In secondo luogo è affermato che normalmente gli OGM non differiscono dai prodotti tradizionali a questi assimilabili. Questo principio si pone come conseguenza logica del primo: comparando le caratteristiche finali degli alimenti – senza tenere in considerazione il processo di produzione – si dovrà giungere alla loro sostanziale equivalenza (regulation of product, not
process). In terzo luogo le leggi federali esistenti, anche se non
espressamente dedicate agli OGM, sono state ritenute idonee a risolvere eventuali problematiche derivanti dalla commercializzazione di alimenti geneticamente modificati.230
Nella materia alimentare, la legislazione statunitense, prevede una ripartizione delle funzioni fra diverse agenzie federali. Questa ripartizione verrà quindi seguita anche per quanto riguarda gli alimenti geneticamente modificati. Le principali agenzie federali coinvolte in tema di OGM sono l’USDA (United States Department of Agriculture) relativamente alla fase della loro coltivazione, l’EPA (Environmental Protection Agency) con riguardo ai possibili rischi ambientali e infine la FDA (Food and Drug Administration) relativamente al loro consumo da parte dei consumatori.231
Negli Stati Uniti, a differenza che nell’Unione Europea, l’immissione in commercio, e quindi il consumo di OGM da parte degli esseri umani, non necessita di alcuna autorizzazione. Negli Stati Uniti il
Food, Drug and Cosmetic Act (FDCA) del 1938, considera adulterati, e quindi
vietati, gli alimenti a cui siano state aggiunte sostanze che possano rendere
229 Cfr. BENOZZO M.M., La disciplina statunitense, op. cit., p. 282.
230 Cfr. FERRARI M., IZZO U., Diritto alimentare comparato, op. cit., pp. 178 ss.. 231 Ibidem.
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110 i medesimi pericolosi per la salute, ossia i food additives. Gli alimenti così trattati possono essere immessi in commercio solo a seguito di un pre-
market approval. La modificazione genetica degli alimenti è stata fatta
rientrare – grazie allo Statement of Policy: Food Derived from New Plant Varieties adottato dal’FDA nel 1992 – in questa ipotesi. Le tecniche di modificazione genetica vengono equiparate alle tecniche tradizionali di lavorazione e produzione di alimenti: l’organismo geneticamente modificato non è altro che un organismo a cui è stata aggiunta una sostanza esogena, ossia la sequenza di DNA, equiparabile a qualsiasi altro additivo alimentare. Da ciò discenderebbe l’obbligatorietà di un pre-market
approval. Sennonché il legislatore ha previsto una categoria di sostanze Generally Recognized as Safe (GRAS) che, non ponendo dubbi circa la loro
sicurezza, non richiedono alcun controllo preventivo. Nello Statement of
Policy 1992, l’FDA riconosce che gli OGM si debbano riconoscere come
GRAS, sottraendo gli organismi geneticamente modificati da qualunque tipo di controllo preventivo. Sempre nello Statement of Policy si afferma, inoltre, la sostanziale equivalenza degli OGM ai prodotti tradizionali e viene ribadito la necessità di concentrare l’attenzione sulle caratteristiche del prodotto finale piuttosto che sul procedimento per giungere ad esso. Nella maggior parte dei casi la sostanziale equivalenza degli OGM agli alimenti tradizionali analoghi viene presunta, rendendo non necessaria alcun pre-market approval.232
Coerentemente con l’approccio che prevede la sostanziale equivalenza degli alimenti transgenici a quelli convenzionali, l’FDA esclude l’obbligo per i produttori di etichettare l’alimento come contenente o consistente in sostanze geneticamente modificate. Data la sostanziale equivalenza, l’eventuale differenzazione di etichettatura non avrebbe ragion d’essere. Un etichettatura in tal senso, potrebbe far trasparire che gli alimenti non geneticamente modificati siano più sicuri di quelli geneticamente modificati. Ma tale conclusione, secondo l’FDA, non
232 Cfr. FERRARI M., IZZO U., Diritto alimentare comparato, op. cit., pp. 178 ss.; cfr.
BENOZZO M.M., La disciplina statunitense, op. cit., p. 307 ss.; cfr.
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111 essendo basata su considerazioni scientifiche valide, finirebbe per alterare la concorrenza. Così, espressioni quali GM-free o not genetically modified sono state ritenute ingannevoli. Un obbligo di etichettatura, sussiste solo per sostanze che possono causare problemi particolari ai consumatori. Da ultimo va rilevato come non sia prevista alcuna norma ad hoc per la rintracciabilità degli OGM.233
I pilastri su cui si fonda la legislazione europea in tema di organismi geneticamente modificati – ossia l’obbligo di autorizzazione per l’emissione nell’ambiente e l’immissione in commercio, l’obbligo di etichettatura e il sistema di rintracciabilità –, sono completamente ribaltati nel sistema statunitense. Il legislatore europeo ha voluto dar attuazione al principio di precauzione, limitando, almeno per ora, la coltivazione e la commercializzazione di OGM. Viceversa, il silenzio legislativo statunitense, dettato da pressioni lobbistiche, ha contribuito alla creazione di un sistema in cui, interessi di tutela ambientale e della persona sono subordinati ad interessi economici legati alle biotecnologie alimentari.
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