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2.1 – Il farmer’s privilege

Il farmer’s privilege è un istituto previsto nella gran parte degli strumenti legislativi analizzati nel precedente capitolo. Questo si configura come un’eccezione, e quindi come una limitazione, del diritto di esclusiva derivante dalla tutela brevettuale (o quasi brevettuale) di piante geneticamente modificate o di nuove varietà vegetali. L’eccezione prevista per gli agricoltori consiste nella possibilità di salvare il frutto del raccolto, sul quale il titolare del brevetto non può richiedere nuovamente il pagamento dei diritti per lo sfruttamento dell’invenzione.380

La previsione di una simile eccezione, deriva dalla millenaria pratica agricola di conservare e rivendere (o scambiare) semi prodotti dal raccolto precedente. Come visto in precedenza,381 lo scambio di sementi

fra agricoltori, rappresenta uno dei principali pilastri dell’agricoltura, e quindi della food security. Questa pratica, anche conosciuta come brown

bagging, è molto diffusa nelle coltivazioni di vegetali a riproduzione

sessuata, quali la soia, il cotone e il frumento, ed ha assunto notevoli dimensioni economiche.382

380

CANFORA I., Sfruttamento economico e sfruttamento agricolo dei vegetali

geneticamente modificati. La tutela degli imprenditori agricoli estranei alla concessione del brevetto, in Riv. dir. agr., 2004, 116.

381 V. supra, Parte I, par. 2.4.

382 Cfr. HAMILTON N.D., Why Own the Farm If You Can Own the Farmer

(and the Crop)?: Contract Production and Intellectual Property Protection of Grain Crops, in Nebraska Law Review, 73, 48, 1994. Un esempio dell’importanza

economica di questo fenomeno, è rappresentata dalla decisione della Pionner Hi-Bred International, Inc. di interrompere nel 1990 la produzione del hard red winter wheat in Kansas, a causa perdite economiche. È inoltre stimato come nel 1989, solamente l’otto percento delle coltivazione di varietà prodotte dalla Pionner Hi-Bred era effettivamente venduta dalla stessa; il resto veniva brown bagged.

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165 Con il farmer’s privilege si cerca quindi di trovare un equilibrio fra la tutela di chi sviluppa vegetali geneticamente modificati o nuove varietà vegetali – garantendo loro la possibilità di un ritorno economico per gli investimenti effettuati – ma, contemporaneamente, il loro diritto di esclusiva viene limitato, per tutelare l’agricoltura e gli agricoltori, consentendo loro di poter riutilizzare sementi derivanti da vegetali brevettati, senza l’obbligo di dover corrispondere nuove royalties al titolare. L’introduzione del farmer’s privilege si è resa necessario a fronte del forte sviluppo biotecnologico. Visti gli ingenti investimenti in tale campo, l’assenza di questa eccezione rischierebbe di eliminare del tutto la piccola agricoltura. Infatti, solamente le grandi aziende agricole potrebbero affrontare i costi necessari per acquistare queste moderne biotecnologie, i cui costi sarebbero ammortizzabili solo in una grande economia di scala. Il

farmer’s privilege permette, invece, ai piccoli agricoltori di acquistare sementi

da altri agricoltori a prezzi nettamente inferiori a quelli di mercato. Vengono così tutelati sia i piccoli agricoltori, che possono rimanere competitivi all’interno del mercato, sia il consumatore finale, su cui ricadrebbe l’eventuale aumento di prezzo del prodotto finale.383

Il farmer’s privilege è però anche oggetto di forti critiche. Così, l’industria biotecnologica, per essere incentivata ad effettuare investimenti di tempo e di denaro nello sviluppo di nuovi vegetali, dovrebbe essere tutelata attraverso leggi di proprietà intellettuali più forti, le quali non dovrebbero prevedere alcuna eccezione all’esclusiva. Queste eccezioni comportano, infatti, un forte disincentivo ad investire. Eventuali obiettivi di salvaguardia delle piccole imprese agricole, dovrebbero esser perseguite attraverso altri strumenti, quali prestiti governativi agevolati, detassazione per imprese biotecnologiche che vendono i propri prodotti al di sotto del prezzo di mercato o tramite il diretto acquisto governativo. In questo modo, si realizzerebbe l’obiettivo garantire la sopravvivenza della piccola

383 Cfr. SCALISE D.G., NUGENT D., International intellectual property protections, op.

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166 agricoltura, senza però mettere a repentaglio gli ingenti investimenti industriali, comportando un arresto nella ricerca biotecnologica.384

La farmer exemption ha assunto connotati diversi in base all’ordinamento giuridico e all’oggetto di tutela a cui si riferisce. Qui di seguito si analizzerà la farmer’s exemption, così come prevista nei principali strumenti normativi di tutela, statunitense ed europea.

2.1.2 – Il farmer’s privilege nel PVPA: il caso Asgrow Seed Co.

v. Winterboer

Come già visto385, nel 1970, a seguito di forti pressioni da parte

dell’industria sementiera, il Congresso degli Stati Uniti ha emanato il Plant

Variety Protection Act, attraverso cui viene garantito un diritto quasi

brevettuale ai costitutori di nuove varietà vegetali a riproduzioni sessuata. La tutela ha una durata di diciotto anni, ma prevede due eccezioni, ossia la

research exemption e il farmer’s privilege. Quest’ultimo privilegio, garantisce il

diritto agli agricoltori di conservare le sementi per la successiva semina e, in determinati casi, concede loro la possibilità di vendere i semi così conservati. Il PVPA prevede questa eccezione, conosciuta anche come crop

exemption, alla section 113, poi codificata nel Title 7 del § 2543 USC,

prevedendo che ‘it shall not infringe any right hereunder for a person to save seed

produced by the person from seed obtained, or descended from seed obtained, by authority of the owner of the variety for seeding purposes and use such saved seed in the production of a crop for use on the farm of the person, or for sale as provided in this section.’386

Così l’agricoltore ha la facoltà di ripiantare all’interno della propria azienda i semi ottenuti dal raccolto della varietà protetta, potendo conservare i semi delle piante ottenute nei limiti delle quantità che erano

384 Ibidem. A titolo di esempio, la Calgene Fresh, Inc., impresa biotecnologica

californiana, ha investito ben dieci anni e più di venti milioni di dollari per lo sviluppo di un pomodoro geneticamente modificato. Gli autori concludono sostenendo la non necessità né desiderabilità di una simile eccezione nei Paesi industrializzati, esistendo alternative meno distorsive.

385 V. supra, Parte II, par. 1.1.

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167 state acquistate, potendo poi ripiantarle senza il pagamento delle royalties. L’agricoltore può, inoltre, vendere a terzi, a fini riproduttivi, i semi ottenuti dal raccolto della varietà protetta. Di questo diritto si può, però, avvantaggiare solo l’agricoltore la cui attività principale consista nella vendita di semi, ma senza finalità riproduttive.387

Il farmer’s privilege è stato oggetto di interpretazioni restrittive da parte della giurisprudenza americana, prima ancora di limitazione legislative. Il leading case nel determinare una limitazione del privilegio è il caso Asgrow Seed Co. v. Winterboer, discusso dalla Corte Suprema nel 1995. Il caso riguarda i coniugi Winterboer, contadini dello Iowa, i quali coltivavano una varietà di soia protetta da un Plant Variety Protection

certificate detenuto dalla Asgrow, grande industria sementiera. I Winterboer

vendettero grandi quantità di semi di soia di seconda generazione, provenienti dalla varietà di proprietà della Asgrow, senza corrispondere nulla a quest’ultima. Il prezzo praticato dai Winterboer, ammontava a circa la metà di quello della Asgrow. Per questo motivo, nel 1991 la Asgrow citò in giudizio i Winterboer per violazione della loro privativa. Il caso fu quindi portato davanti alla District Court388. In questa occasione i Winterboer, riconoscendo i diritti di proprietà della Asgrow, affermò, però, come la maggior parte delle sementi brown bagged erano state vendute per scopi non riproduttivi e per questo motivo il loro comportamento sarebbe ricaduto nella crop exemption.

Al contrario, la Asgrow interpretava il § 2543 USC in modo differente: l’agricoltore potrebbe solamente conservare la porzione di sementi strettamente necessari per la semina successiva, e solamente all’interno di questa porzione sarebbe possibile rivendere parti delle sementi. Un’interpretazione come quella proposta dai Winterboer, a detta della Asgrow, implicherebbe la facoltà per gli agricoltori di vendere più

387 Cfr. BENOZZO M.M., La disciplina statunitense, op. cit., pp. 256-257. In

particolare veniva concesso il diritto di rivendere semi ottenuti da varietà protette, se la vendita di questi semi a fini riproduttivi non avesse superato il 49 % del totale della produzione di tale sola varietà.

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168 della metà delle loro sementi ad altri agricoltori, e questo contrasterebbe con la volontà del Congresso, il quale ha emanato il PVPA per favorire i

plant breeders. La Corte accordò tutela alle ragioni delle Asgrow, emettendo

un’ingiunzione permanente nei confronti dei Winterboer, per prevenire la vendita di sementi non autorizzata dallo stesso tribunale. La Corte affermò che non era intenzione del Congresso accordare agli agricoltori un diritto illimitato di rivendita. In particolare la Corte accolse l’interpretazione proposta dalla Asgrow, secondo cui il farmer’s privilege si estende solo per la quantità di semi necessaria per la semina successiva.389

La sentenza fu quindi appellata da parte dei Winterboer. La causa fu quindi decisa dallo United State Court of Appeals for the Federal Circuit390,

avente giurisdizione in materia di appello per le controversie riguardanti il PVPA. Nel dicembre 1992, la Court of Appeals rovesciò la decisione del tribunale di primo grado. La Corte di Appello sostenne che la crop

exemption è certamente soggetta a limiti stabiliti dalla legge, ma non a limiti

quantitativi come sostenuto dalla Corte distrettuale. Infatti, né il testo del PVPA né la volontà del Congresso prevede limiti di questo tipo. La Corte di Appello è consapevole che una simile affermazione può minare l’intento di tutela dei plant breeders, perseguito attraverso il PVPA. Nonostante ciò, – non trovando alcun riferimento normativo a sostegno dell’interpretazione propugnata dalla Corte distrettuale – la Corte di Appello rovesciò la sentenza di primo grado, revocando quindi l’ingiunzione nei confronti dei Winterboer.391

A questo punto la Asgrow ricorse alla Corte Suprema. Il caso

Asgrow Seed Co. v. Winterboer fu quindi definitivamente deciso nel 1995.392

La Corte Suprema confermò la decisione della Corte distrettuale, rigettando l’interpretazione della Corte di Appello. La Corte Suprema

389 Cfr. HAMILTON N.D., Why Own the Farm, op. cit.; cfr. GOSS P.J.,

Guiding the Hand That Feeds: Toward Socially Optimal Appropriability in Agricultural Biotechnology Innovation, in Californa Law Review, October 1996,

84, 1395; cfr. AOKI K., Weed, seeds & deeds, op. cit..

390 Asgrow Seed Co. v. Winterboer, 982 F.d2 486 (Fed. Cir. 1992). 391 Cfr. HAMILTON N.D., Why Own the Farm, op. cit..

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169 analizzò il § 2543 USC, chiarendo che questo autorizzava la rivendita a fini riproduttivi, di quei soli semi conservati (saved seeds) per essere ripiantati dallo stesso agricoltore. La disposizione, infatti, non consentirebbe la conservazione di semi prodotti per lo scopo stesso della vendita a fini riproduttivi. Le uniche sementi che possono essere vendute a fini riproduttivi sono quelle conservate per la semina successiva dall’agricoltore, nel caso questo, per necessità o per scelta, decidesse di cambiare i propri piani di piantagione. La Corte ha inoltre stabilito che per poter vendere i semi a fini non riproduttivi è necessario che l’occupazione agricola sia l’attività primaria dell’agricoltore.393

A seguito del verdetto della Corte Suprema, l’obiettivo della crop

exemption è stato fortemente ristretto, consentendo la conservazione delle

sementi nella quantità strettamente necessaria per la semina successiva, e solo in questi termini è possibili, in determinati casi, rivendere le sementi a fini riproduttivi. Rimangono ancora alcuni profili di incertezza, come per esempio la possibilità di distribuire, a fini riproduttivi, sementi protette all’interno della stessa cooperativa o associazione.394

Una decisiva limitazione alla possibilità di rivendita di sementi protette, è costituita dall’emendamento al PVPA, emanato dal Congresso nel 1994 (ma non ancora entrato in vigore al momento della decisione della Corte Suprema nel caso Asgrow Seed Co. v. Winterboer del 1995). Riconoscendo il forte impatto negativo che le brown-bag sales hanno sull’industria sementiera, il Congresso decise di rimuovere la possibilità di rivendere le sementi, prevista dal § 2543 USC. L’agricoltore può ora quindi solo conservare le sementi per ripiantarle nella successiva semina. Si è quindi voluto mantenere la storica pratica degli agricoltori di conservazione dei semi, mentre si è voluto vietare la possibilità di vendere questi semi a terzi, se non per fini non riproduttivi. Questo cambiamento legislativo si era reso necessario per tutelare maggiormente le imprese sementiere, altrimenti disincentivate ad investire. Con questo

393 Cfr. AOKI K., Weed, seeds & deeds, op. cit.; cfr. BLAIR D.L., Intellectual property

protection and its impact on the U.S. seed industry, in Drake Journal of Agricultural Law,

Spring 1999, 4, 297.

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170 emendamento, vieni inoltre aumentata la durata del PVP certificate, da diciotto a venti anni. 395

2.1.3 – Il

farmer’s privilege

nel sistema della Convenzione