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Gli obiettivi della Convenzione, affermati nel primo articolo, ‘sono la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile delle sue componenti e la distribuzione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’uso delle risorse genetiche, mediante, fra l’altro, un accesso adeguato a tali risorse genetiche ed un adeguato trasferimento delle tecnologie pertinenti’. Il primo obiettivo, ovvero la conservazione della biodiversità, viene raggiunto attraverso la conservazione in situ sia quella ex situ. Per conservazione99 in situ, l’articolo 2 della Convenzione intende ‘la

conservazione degli ecosistemi e degli habitat naturali ed il mantenimento ed il ripristino di popolazioni vitali di specie nel loro ambiente naturale e, nel caso di specie addomesticate o coltivate, negli ambienti nei quali hanno sviluppato le loro proprietà caratteristiche’, mentre la conservazione ex situ è intesa come ‘la conservazione di componenti della diversità biologica fuori dai loro habitat naturali.’

Il termine ‘conservazione’ può ricevere un doppio significato: può infatti essere inteso in stricto sensu come ‘semplice protezione’ della biodiversità, o in lato sensu, al cui interno rientra il concetto di uso sostenibile della biodiversità, e ciò nonostante il testo della Convenzione tenga ben distinti la ‘conservazione’ dall’‘uso sostenibile’ delle risorse genetiche.100 La conservazione, intesa in senso lato, necessità di sforzi per

conservare e gestire le risorse, valutate attraverso il legame che queste

98 AMATO S., La biodiversità è un valore ?, op. cit., pp. 99 ss..

99 Col termine ‘conservazione’, è generalmente inteso l’atto o il processo con cui

si preserva un qualcosa, nel suo stato attuale, proteggendolo da perdite e danni.

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54 hanno con il loro habitat.101 Per raggiungere questo obiettivo, l’articolo 8

della Convenzione contempla la conservazione in situ, la quale prevede che ciascuna Parte contraente, nella misura del possibile e nel modo opportuno:

- istituisca un sistema di aree protette o di aree nelle quali devono essere adottate misure speciali al fine di conservare la diversità biologica (art. 8.a); - disciplini le risorse biologiche importanti per la conservazione della diversità biologica, sia all’interno che all’esterno delle aree protette, per garantirne la conservazione e l’uso sostenibile (art. 8.c);

- promuova la protezione degli ecosistemi, degli habitat naturali ed il mantenimento delle popolazioni vitali di specie in ambienti naturali (art. 8.d)

- promuova lo sviluppo sostenibile ed ecologicamente sano in zone adiacente ad aree protette, per rafforzarne la tutela (art. 8.e);

- risani ecosistemi degradati e promuova il ripristino di specie minacciate (art. 8.f);

- faccia in modo di instaurare condizioni necessarie per assicurare la compatibilità tra, da un lato, gli usi attuali e, dall’altro, la conservazione della diversità biologica e l’uso sostenibile delle sue componenti (art. 8.i).

L’articolo 8.j 102 riconosce, da un lato, la dipendenza delle comunità

indigene e locali dalle risorse biologiche dei loro territori, e, dall’altro lato, il ruolo che queste comunità hanno nel conservare la vita sulla Terra. Data la fondamentale importanza che le comunità indigene e locali hanno nella conservazione delle biodiversità è stato istituito, nella quarta Conferenza delle Parti (COP 4, Decisione IV/9), un apposito gruppo di lavoro, il

101 Cfr. SMAGADI A., Analysis of the Objectives of the Convention on Biological

Diversity: Their Interrelation and Implementation Guidance for Access and Benefit Sharing, in Columbia Journal of Environmental Law, 2006, pp. 4-5, 31, 243.

102 L’art. 8.j dispone che ciascuna Parte ‘in conformità alla propria legislazione

nazionale, rispetterà, preserverà e manterrà le conoscenze, le innovazioni e le pratiche delle comunità indigene e locali che conducono modi di vita tradizionali rilevanti per la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica, e favorirà la più ampia applicazione, con il consenso e la partecipazione dei possessori, di tali conoscenze, innovazioni e pratiche, incoraggiando un’equa ripartizione dei benefici che ne derivano’.

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55 quale ha portato all’elaborazione delle Akwé: Kon Voluntary Guidelines103.

Queste Linee guida non hanno carattere vincolante e si propongono l’obiettivo, come indicato nell’articolo 2, di ‘provide general advice on the

incorporation of cultural, environmental, including biodiversity-related, and social considerations of indigenous and local communities into new or existing impact- assessment procedure’.

Nella conservazione in situ, sono contemplati anche strumenti, attraverso i quali, ciascuno Stato deve far fronte ai rischi derivanti dall’immissione di organismi geneticamente modificati nell’ambiente. L’articolo 8.g stabilisce, infatti, che ciascuna Parte predisponga o mantenga ‘i mezzi necessari per regolamentare, gestire o controllare i rischi derivanti dall’uso e dalla liberazione di organismi viventi modificati mediante la biotecnologia, suscettibili di produrre effetti ambientali negativi, che possono pregiudicare la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica, considerando anche i rischi per la salute umana.’

Intendendo, invece, la conservazione della diversità biologica nel suo senso più stretto, si vuole far riferimento alla conservazione ex situ, prevista dall’articolo 9 della Convenzione. Ciascuna Parte contraente, nella misura del possibile, e principalmente per integrare le misure di conservazione in situ:

- adotterà misure per la conservazione ex situ di componenti della diversità biologica (art. 9.a);

- installerà e manterrà impianti per la conservazione ex situ e la ricerca su piante, animali e micro-organismi (art. 9.b);

- adotterà misure per assicurare il ripristino ed il risanamento di specie minacciate e la reintroduzione di esse nel loro habitat naturale in condizioni opportune (art. 9.c);

- regolamenterà e gestirà la raccolta di risorse biologiche degli habitat naturali al fine della conservazione ex situ, in maniera da evitare minacce agli ecosistemi ed alle popolazione di specie in situ (art. 9.d).

103 Consultabili sul sito https://www.cbd.int/doc/publications/akwe-brochure-en.pdf .

Akwé: Kon è un’espressione Mohawk che significa ‘tutto in creazione’ e che è

stata scelta per enfatizzare la natura olistica del documento. Cfr. MAFFEI M.C.,

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56 Le misure di conservazione ex situ si attuano, quindi, principalmente attraverso la conservazione della biodiversità nelle banche dei geni (gene-banks), il che implica una conservazione statica, allo stato in cui si trova il materiale biologico al momento del prelievo; per questo motivo la conservazione ex situ è una conservazione in senso stretto, che non tiene, e non può tener conto, dello stretto legame che intercorre fra le specie e fra specie e habitat. Questo tipo di conservazione è complementare a quella in situ, e si rende necessaria per particolari motivi scientifici e di sicurezza alimentari, legati essenzialmente alla degenerazione ed estinzione di molte specie.104

In definitiva, la conservazione non è intesa tanto come il tentativo di proteggere perfettamente un particolare status quo, come avviene con le banche dei geni, quanto piuttosto il tentativo di conservare e migliorare la capacità degli ecosistemi di sviluppare e rigenerare sé stessi come sistemi viventi: per questo motivo la conservazione in situ è complementare a quella ex situ. In quest’ottica, l’obiettivo dell’uso sostenibile, integra e sostiene quello della conservazione.105