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Nel 1925 Gentile e Mussolini promossero un conve gno a Bologna degli intellettuali italiani che appoggia-

vano il fascismo. Da quel convegno uscı` il Manifesto degli intellettuali del fascismo steso da Gentile, che doveva sta- bilire i principi della politica culturale fascista. In quel momento non erano ancora molti i sostenitori aperti del regime, anche se comprendevano molti degli esponenti del Futurismo e, fra i letterati, figure importanti come Salvatore di Giacomo, Luigi Pirandello, Curzio Mala- parte, Alfredo Panzini, Ugo Ojetti. A questi nomi vanno via via aggiunti quelli di Guido da Verona, Pitigrilli (Di- no Segre), Margherita Sarfatti, e di altri scrittori e artisti. Un caso particolare e` costituito dalla figura di Gabriele D’Annunzio. Pur essendo D’Annunzio stato interventi- sta e protagonista di imprese militari di rilievo (la beffa di Buccari, il volo compiuto su Vienna, la marcia su Fiume e la sua successiva occupazione), si puo` sostenere che la sua opera conceda pochi accenni alle circostanze stori- che attraverso le quali il fascismo ando` al potere. Egli semmai per qualche tempo si contrappose a Mussolini, cercando di prendere una posizione autonoma rispetto al Duce e presentando, insieme con i suoi seguaci reduci dalla guerra, una possibile linea di fascismo alternativo,

presto comunque rientrata. Il vero apporto che egli fornı` al clima esasperato di quel periodo fu quello di aver con- tribuito a fondare quello che potrebbe definirsi il so- strato culturale della mitologia fascista. Al mito del supe- ruomo, derivato da Nietzsche, si aggiunse negli ultimi anni quello della supernazione (le Canzoni delle gesta d’oltremare, 1912, sono dedicate alla conquista della Li- bia), mentre dal punto di vista retorico l’apporto alla prosa di regime e alla nascente comunicazione di massa attraverso la forma del «comizio oceanico» fu decisivo. Si pensi a Stelio Effrena, protagonista del Fuoco (1900). Lı` l’oratoria del personaggio, inserito in un clima di decadenza esistenziale amplificato dallo sfondo vene- ziano, sembra gia` preludere a ben altre prestazioni decla- matorie.

Sempre nel 1925, poche settimane dopo il Manifesto di Gentile gli intellettuali contrari al fascismo sottoscrissero a loro volta, per iniziativa di Benedetto Croce, una Rispo- sta di scrittori, professori e pubblicisti italiani, al manifesto degli intellettuali fascisti, che fu firmato da molte per- sone. Era, pero`, ormai troppo tardi. Il regime si stava consolidando e avviava la sua politica culturale (riforma della scuola, giuramento di fedelta` al fascismo imposto ai professori universitari, concordato con la Chiesa catto- lica, codice Rocco, Accademia d’Italia, Enciclopedia ita- liana). Ci fu comunque all’interno del fascismo una dif- ferenziazione di posizioni. Alcuni gruppi di intellettuali portarono avanti una linea di dissenso dalla politica cul- turale ufficiale, con posizioni radicali che avrebbero vo- luto «piu` fascismo» e reclamavano il rovesciamento della societa` moderna, liberale e borghese e il ritorno del mo- vimento alle sue origini. Questa linea trovo` appoggi nelle zone piu` provinciali e rurali dello squadrismo («Strapae- se») e si raccolse attorno alle riviste «Il Selvaggio» di Mino Maccari e «La conquista dello Stato» di Curzio Malaparte. Ci fu anche una linea piu` moderata, che pun- tava allo sviluppo di una cultura nazionale, quindi «me- no fascista», incentrata sulla teoria dello Stato corpora- tivo e fatta a misura di una societa` urbana e industrializ- zata. Fra i sostenitori di questa linea spicca la figura di Giuseppe Bottai, ministro delle corporazioni e poi del- l’istruzione, fondatore della rivista «Primato», che porto` avanti una politica di conciliazione e di integrazione degli oppositori. Dopo la guerra civile spagnola e l’entrata del- l’Italia nella guerra mondiale a fianco del nazismo, gli intellettuali italiani si divisero e si trovarono di fronte a drammatiche scelte etico-politiche: aumentarono gli op- positori al fascismo, alcuni finirono davanti al tribunale speciale, altri (per esempio Cesare Pavese, Altiero Spi- nelli ed Ernesto Rossi) vennero inviati al confino, altri andarono a operare all’estero, altri cominciarono a orga- nizzare gruppi di resistenza. In Spagna lo scontro tra da una parte l’ideologia di tipo fascista della Falange e della destra conservatrice o reazionaria e dall’altra le ideologie repubblicane, progressiste, comuniste e anarchiche fu durissimo e venne portato alle estreme conseguenze dalla guerra civile. La generazione di scrittori del ’98 (Azorı´n, Pio Baroja, Ramiro de Maetzu, Antonio Machado, Ramo´n del Valle-Incla´n, Miguel de Unamuno) e ancor piu` quella piu` giovane, la generazione del ’27 (Federico Garcı´a Lorca, Rafael Alberti, Pedro Salinas, Jorge Guil- le´n, Vicente Aleixandre, Gerardo Diego, Da´maso Alonso, Luis Cernuda, Miguel Herna´ndez, Jose´ Berga- mı´n) vennero travolte dagli avvenimenti. Dai primi ven- nero anche alcuni seguaci o addirittura ispiratori della Falange (Ramo´n de Maetzu). Unamuno, l’esponente piu` prestigioso, rettore dell’universita` di Salamanca, fu desti- tuito una prima volta nel 1914 per gli interventi polemici contro la cultura borghese, ando` in esilio sotto la ditta-

tura di Primo de Rivera fino al 1930 quando, caduto il dittatore, rientro` nel suo incarico. Venne una seconda volta destituito dal governo repubblicano e reinstallato da quello franchista nei primi anni del regime. Nel 1936, poco prima della morte, venne di nuovo destituito in se- guito a un «incidente»: durante una cerimonia ufficiale polemizzo` contro un generale franchista che aveva gri- dato «Viva la muerte», gridando a sua volta «Viva l’in- telligenza» e aggiungendo «Vincerete, ma non convince- rete». Quanto alla generazione del ’27, quasi tutta schie- rata con le posizioni democratiche e repubblicane, essa venne molto piu` duramente colpita dagli avvenimenti storici. Solo Diego e Alonso restarono in Spagna, Garcı´a Lorca morı` fucilato dalla Guardia Civile. Herna´ndez morı` in carcere, tutti gli altri andarono in esilio, chi in Francia, chi negli Stati Uniti, chi nell’America del Sud. L’ideologia fascista, o piu` in generale quella conserva- trice e reazionaria, esercito` il suo influsso anche sugli in- tellettuali di altri paesi:, in Romania, per esempio, dove si sviluppo` il «movimento legionario», impregnato di na- zionalismo e spiritualita`, e la pratica politica fascistiz- zante della «guardia di ferro» e dove molti intellettuali, discepoli di Nae Ionescu, tra cui il grande studioso e storico delle religioni Mircea Eliade, ebbero posizioni di destra e di sostegno del movimento legionario e della guardia di ferro. Un caso particolare e` costituito dall’ade- sione al fascismo del poeta americano Ezra Pound. Espo- nente e stimolatore dei movimenti dell’avanguardia arti- stica e letteraria (l’imagismo, il verticismo, l’intero movi- mento modernista), Pound risiedette dal 1925 alla fine della guerra a Rapallo, in Italia. Sedotto dalle teorie eco- nomiche di C. H. Douglas, elaboro` la teoria che i mali del mondo moderno e delle guerre fossero dovuti al sistema bancario, o dell’usura, e al dominio delle forze finanzia- rie (Jefferson e/o Mussolini, 1935), cerco` vanamente di convincere Mussolini a far sue quelle teorie, sostenne il regime e durante la guerra ne divenne il propagandista attraverso le trasmissioni radiofoniche. Dopo la guerra fu processato e condannato per tradimento dallo Stato americano.

5. Fascismo e antifascismo e i diversi aspetti delle politi- che sociali e militari che questi movimenti hanno ispirato (violenza politica, esasperazione nazionalistica, persecu- zione degli oppositori, politiche razziali, deportazioni e genocidi, guerra civile spagnola, guerra mondiale, resi- stenza, campi di concentramento, tecniche di sopravvi- venza), hanno avuto ampio spazio nelle letterature euro- pee, e anche in quella americana. Di molti testi parliamo nelle voci che riguardano i singoli aspetti (in particolare nelle voci campo di concentramento e guerre civili). Ricordiamo, scegliendo alcuni esempi fra i molti possi- bili, alcuni testi in cui la storia del fascismo e dell’antifa- scismo viene rappresentata in alcune delle manifestazioni piu` significative e il problema della scelta morale fra so- stegno o opposizione ai regimi instaurati in Germania, Italia e in altri paesi europei. Dalla Germania stessa, ac- canto alle testimonianze degli scrittori costretti a emi- grare (fra i testi principali si possono ricordare Vulcano [1939] di Klaus Mann, Esilio [1940] di Lion Feuchtwan- ger e Visto di transito [1944] di Anna Seghers), accanto alle rappresentazioni acerbamente critiche delle nefan- dezze e dei comportamenti grotteschi del regime nazista (Bertolt Brecht, La resistibile ascesa di Arturo Ui, 1941, il cui protagonista era una controfigura di Hitler), accanto a esami di coscienza tormentosi sulla Germania del pas- sato, lo spirito tedesco, e il loro possibile rapporto con gli avvenimenti recenti (Thomas Mann, Dottor Faust, 1947) sono venute una serie di espressioni artistiche e letterarie

impregnate della ideologia nazista (non molte e non di grande valore, per la verita`) o ambiguamente connesse all’ideologia nazista (e` il caso della produzione del pit- tore Emil Nolde, perseguitato dai nazisti, ma in rapporti tormentosi con il nazismo, al punto da ispirare, nel 1968 a Siegfried Lenz un romanzo, Lezione di tedesco, che ha come protagonista un pittore, di nome Nansen, ispirato alla figura ambivalente di Nolde). Una delle vicende piu` inquietanti riguarda il poeta Gottfried Benn: medico di professione, egli aveva ottenuto un successo notevole con le sue inquietanti poesie e novelle espressioniste (fra cui le poesie raccolte nel volume Morgue del 1912 e le novelle raccolte nel volume Cervelli, 1916), aveva parte- cipato alla prima guerra mondiale e aveva aperto a Ber- lino uno studio medico per malattie veneree. Alla fine degli anni Venti egli dichiaro` il suo distacco dall’avan- guardia espressionista e nel 1933, a sorpresa, con la con- ferenza radiofonica Il nuovo Stato e gli intellettuali, aderı` al nazionalsocialismo. In quel periodo, quando Klaus Mann gli scrisse dalla Francia chiedendo perche´ non si fosse dimesso dall’Accademia prussiana delle arti, come avevano fatto altri scrittori, fra cui lo zio Heinrich Mann, Benn rispose in modo sprezzante, accusando gli scrittori in esilio di passare il loro tempo in localita` balneari men- tre il paese aveva bisogno di loro per costruire la nuova Germania. Presto deluso, prese le distanze dal regime e venne circondato di molti sospetti. Nel dopoguerra, la sua produzione lirica (Poesie statiche, 1948) e in prosa gli conquisto` una enorme stima presso i letterati tedeschi; nel 1950 pubblico` l’autobiografia Doppia vita, in cui ri- costruı` i suoi rapporti con il nazismo. Una notevole am- biguita` caratterizza anche la posizione di Ernst Ju¨nger: uomo di destra e sentimenti conservatori, eroe della prima guerra mondiale e intriso di militarismo (tipiche le memorie dal fronte di Nelle tempeste di acciaio, 1922, poi ripubblicate negli anni Venti e Trenta con molti cambia- menti, molto ammirate da Hitler), Ju¨nger non aderı` mai al nazismo e fece parte di quella che e` stata chiamata l’«emigrazione interna» (di cui, secondo alcuni, fece parte anche il filosofo Heidegger). Fortemente criticato da Thomas Mann nel dopoguerra (in una lettera a Harry Stochower egli scrisse: «Ju¨nger ora esprime il suo di- sprezzo per i torturatori e i loro aguzzini, ma lui non manco` di scorticare alcune vittime e di sguazzare con piacere in bagni di disumanita`»), Ju¨nger pubblico` nel 1939 il romanzo Sulle scogliere di marmo, ambientato in un’isola subtropicale, dove domina un violento e mali- gno signore della guerra. Il romanzo puo` essere letto come una denuncia allegorica del regime nazista, oppure come un racconto gotico con scene orgiastiche di com- piaciuta violenza, descritte in uno stile che puo` essere definito «Kitsch fascista».

In Italia molti scrittori contribuirono attivamente al fa- scismo e ne avallarono l’immagine ufficiale e le mitologie (Roma, il Risorgimento, la patria, il duce, la razza). Pos- siamo citare i nomi di Giovanni Papini (che fu brillante agitatore di idee e sperimentazioni letterarie nei primi decenni del secolo, poi cattolico conservatore, poi soste- nitore del regime), Ardengo Soffici, anche lui approdato, come prosatore e pittore, dall’avanguardia al classicismo e alla cultura fascista; Ugo Ojetti, grande giornalista, di cui si ricordano alcune prose di esaltazione delle capacita` oratorie di Mussolini; Giuseppe Prezzolini e potremmo ricordarne molti altri. Abbastanza rari gli attacchi diretti al fascismo e ai suoi riti. Da un intellettuale importante emigrato in America, Giuseppe Antonio Borgese venne nel 1937 il saggio, pubblicato in inglese, Golia, la marcia del fascismo, che denunciava l’origine piccolo-borghese del movimento. Un altro scrittore che, dopo essere stato

FASCISMO, FASCISMI

attivo nel movimento comunista internazionale e averne preso le distanze, ando` nel 1930 a vivere esule in Sviz- zera, Ignazio Silone, scrisse romanzi di grande spessore come Fontamara (1933) e Pane e vino (1937), pubblicati all’estero, nei quali alla denuncia dell’oppressione delle plebi meridionali si accompagnava quella contro i so- prusi dei pochi ricchi e delle autorita` fasciste locali, men- tre il messaggio comunista si stemperava in uno di soli- darismo cristiano. Sulla tormentata e dignitosissima vita di Silone si e` abbattuta in anni recenti la scoperta di al- cuni documenti che hanno rivelato una sua attivita` di informatore dell’OVRA, la polizia segreta di Mussolini. A giustificazione di questa attivita` poco onorevole i di- fensori di Silone hanno sostenuto che egli dovette offrire i suoi servizi all’OVRA per salvare un fratello e che non fornı` mai notizie importanti e che la polizia segreta gia` non sapesse. Gli scrittori che erano contrari al fascismo e vivevano in Italia, se volevano attaccare il regime aggi- rando la censura, dovevano ricorrere a forme rappresen- tative di tipo allegorico o ironico e allusivo. E` il caso del romanzo La mascherata di Alberto Moravia (1941), nella quale la figura del protagonista, Tereso Arango, ricorda in maniera abbastanza evidente quella di Mussolini. L’al- legoria del potere fascista passa qui attraverso immagini che alludono alla gerarchizzazione e alla burocratizza- zione degli apparati statali, cosı` come alla violenza delle squadracce e dei loro manganelli. Spesso il contesto geo- grafico, per ragioni di prudenza e per aggirare la pres- sione della censura, pur lanciando strali piuttosto evi- denti alla situazione italiana, viene accuratamente celato dietro riferimenti a lontane realta` sudamericane. Uno scrittore siciliano, Vitaliano Brancati, che da giovane aveva aderito al fascismo e poi ne rifiuto` ideologia e at- teggiamenti, documento` quel suo itinerario nel romanzo Singolare avventura di viaggio (1934), che incappo` nella censura. In successivi romanzi e racconti come Gli anni perduti (1941), Don Giovanni in Sicilia (1941), Il vecchio con gli stivali (1947), Il bell’Antonio (1949) e l’incom- piuto Paolo il caldo (1955, postumo), oltre a denunciare la vuotezza e i falsi miti della vita di provincia, satireggio` uno dei miti della cultura fascista, quello della virilita` ma- schile (con cio` anticipando la grande satira della retorica fascista tracciata in un testo del 1967, Eros e Priapo, da Carlo Emilio Gadda, uno scrittore che era rimasto piu` a lungo di altri simpatizzante del fascismo, ma poi si era a sua volta rivoltato, facendolo oggetto, insieme con altri aspetti della vita borghese, di satira corrosiva). Non di- versa la posizione di un altro grande scrittore che veniva dalle esperienze dell’avanguardia primo-novecentesca ed era poi passato a posizioni piu` tradizionali: Aldo Palaz- zeschi. A fargli rompere con l’avanguardia futurista e a instillargli ostilita` contro il fascismo furono le sue posi- zioni radicalmente pacifiste, evidenti gia` in un testo come Due imperi... mancati (1920). Egli assunse una posizione molto distaccata e appartata, dedicandosi all’attivita` let- teraria. Piu` ambigua la posizione di Giuseppe Prezzolini che, antico compagno di Papini e come lui grande orga- nizzatore di riviste nei primi due decenni del secolo, mantenne nei confronti del fascismo, per tutto il venten- nio, un atteggiamento che fu al tempo stesso di collabo- razione (lavoro` in istituzioni culturali degli Stati Uniti, fra cui la Casa italiana della Columbia University, che avevano il compito di rappresentare la cultura italiana ufficiale) e di distacco, in quanto riteneva che l’intellet- tuale fosse al di sopra degli schieramenti politici e sem- mai dovesse guidarli (come risulta dall’autobiografia L’italiano inutile, 1953). Un altro percorso significativo e` quello di Curzio Malaparte, scrittore e giornalista: volon- tario nella prima guerra mondiale, aderı` al partito fascista

ed esalto` il regime nelle ballate dell’Arcitaliano (1928), ma ne fu poi espulso in seguito alla pubblicazione, in Francia nel 1931, di un pamphlet intitolato Tecnica del colpo di Stato. Durante la seconda guerra mondiale fu al seguito delle truppe americane e trasse da quell’espe- rienza rappresentazioni impietose dei disastri provocati dal fascismo (Kaputt, 1944, Il sole e` cieco, 1947, La pelle, 1949).

Un caso interessante, e indicativo dell’atteggiamento di una fascia di letterati del tempo, e` quello rappresentato da Eugenio Montale. Egli, come altri amici fiorentini che dettero origine alla cosiddetta «poesia ermetica», si tenne a distanza dal regime, rimanendo fedele al presup- posto che si potesse isolare dalla politica un gruppo di riflessioni piu` profonde relative all’«umano» in se´. Par- lare dell’esistenza e del dolore dell’uomo, in una condi- zione prepolitica, permetteva di esprimere oscuramente e allusivamente la loro estraneita` al fascismo. Quando tuttavia la situazione si fece pericolosa e angosciante, con l’alleanza fra Mussolini e Hitler e la promulgazione delle leggi razziali, la poesia si riempı` di accenni criptici, ma presenti, alla situazione e di sinistri presagi, in testi come La primavera Hitleriana (1938); Nuove stanze (1939), Dora Markus II (1939). Sempre da un verso di Montale si puo` cogliere la misura dello sbandamento e dell’incer- tezza vissuta a Firenze tra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943, con quella scritta, «morte a baffo buco», sulla quale si passa poi una mano di biacca, segno di un anti- fascismo e di una rivolta all’ormai ex alleato Hitler che ancora non hanno trovato una direzione definitiva: Ma- drigali fiorentini (1943).

L’esperienza della guerra civile spagnola e dell’appoggio dato dal fascismo ai franchisti produsse profonde lacera- zioni all’interno dei gruppi intellettuali e artistici italiani e rappresento` per molti, e in particolare per un gruppo di giovani che avevano aderito al fascismo come Vasco Pra- tolini ed Elio Vittorini, il momento del disincanto e della verita`. La carriera di Elio Vittorini e` stata esemplare ed e` stata da lui ricostruita nelle pagine del Diario in pubblico (1957). Interessano il suo rapporto con il fascismo le prime due fasi, che egli chiama una il periodo della «ra- gione letteraria» (1929-36), con le prime esperienze esi- stenziali e letterarie svolte a Firenze, che produssero fra l’altro il romanzo Il garofano rosso (1933-36), nella quale il giovane protagonista e` fascista ma prova i primi disin- canti; e l’altra il periodo della «ragione antifascista», a seguito della crisi provocata dalla guerra civile spagnola, conclusa con il trasferimento a Milano, che produsse, fra l’altro, il romanzo Conversazione in Sicilia (1941), nel quale la rappresentazione degli «astratti furori» del pro- tagonista trova una delle sue motivazioni nel disgusto per le posizioni ideologiche del fascismo.

Fra le rappresentazioni del fascismo e dello scontro con l’antifascismo venute da altri paesi, vanno ricordati al- cuni importanti testi francesi: Gilles (1939) di Pierre Drieu La Rochelle, il cui protagonista, simbolo di un’in- tera generazione e dei suoi errori, racconta attraverso una serie di episodi un itinerario che porta dalla guerra al surrealismo, dal surrealismo al fascismo e ora al nuovo carnaio della guerra imminente; i numerosi romanzi di Louis-Ferdinand Ce´line, che in uno stile espressionistico violento e viscerale, esprime con straordinaria efficacia stilistica molti dei miti della destra piu` anarchica ed estremista: l’odio per gli ebrei, l’anticomunismo, l’orgia violenta della guerra e nel frattempo denuncia le debo- lezze e la avidita` dei collaborazionisti (Morte a credito, 1936; Bagatelle per un massacro, 1937; ecc.); La peste (1947) di Albert Camus, grande allegoria del contagio provocato dalla dittatura e della resistenza europea.

Non vanno poi dimenticati due testi di grande rilievo sul tema della guerra civile spagnola provenienti da altre zone culturali: il romanzo Per chi suona la campana (1940) dello scrittore americano Ernest Hemingway, che ha come sfondo la guerra civile tra franchisti e repubbli- cani, nelle fila dei quali il protagonista Robert Jordan, giovane professore americano, si arruola; e il saggio di memoria documentaria Omaggio alla Catalogna (1938) dello scrittore inglese George Orwell il quale, pur avendo lui stesso militato a fianco dei repubblicani, de- nuncia le rivalita` interne e le atrocita` commesse dai se- guaci del governo legittimo.

E, da ultimo, va ricordato, fra i molti documenti cinema- tografici del periodo (fra cui anche il film visto dalla parte

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