• Non ci sono risultati.

Mentre la figura di sant’Agostino e` spesso associata alla prima forma di autobiografia (Le Confessioni, 397-

H. James in Cosa sapeva Maisie (1897) rappresenta il contrasto tra due coniugi separati che usano, come

2. Mentre la figura di sant’Agostino e` spesso associata alla prima forma di autobiografia (Le Confessioni, 397-

401), lo scambio epistolare tra Pietro Abelardo (1079- 1142) ed Eloisa (Lettere e Storia delle mie calamita`, av. 1142) trasforma l’amore contrastato del filosofo in un esempio di idealita` cortese, a cui si rifara` ad esempio il romanticismo (Charles de Re´musat, Abelardo, 1877). L’immagine piu` pregnante del filosofo medievale e` pero` offerta da Tommaso d’Aquino (1225/6-1274), dove la fama di mistico (Somma contro i Gentili, 1259-64; I, 4) si combina con un aspetto fisico che pare incarnare la grande mole del suo sapere, al punto da meritargli il so- prannome di «bue muto» nei circoli studenteschi pari- gini. Nel Prologo Generale a I racconti di Canterbury (1386-1400, vv. 283-310), Geoffrey Chaucer ci propone invece con il «Clerke of Oxenford» la figura dello stu- dioso costretto all’indigenza dalla penuria di denaro, ma pronto a fare debiti pur di acquistare i libri di Aristotele. Questa devozione al sapere, rievocata da Umberto Eco nel personaggio di Adso da Melk, secondo cui una bi- blioteca equivarrebbe addirittura a una mappa mundi (Il nome della rosa, 1980, quarto giorno, dopo compieta), e` spesso ritenuta un attributo tipico dell’intellettuale, come ci testimonia l’ideale joyceano Stephen Dedalus di- scorrendo sull’estetica di San Tommaso nel Ritratto del- l’artista da giovane (1916, cap. V, 1) e poi esponendo i suoi paradossi shakespeareani nella biblioteca in Ulisse (1922; II, 9). Tra le figure medievali recuperate da Eco e` inclusa anche quella del filosofo della natura (Guglielmo da Baskerville), riconoscibile all’inizio del romanzo per la sua capacita` di risalire al percorso e alla razza di un cavallo basandosi solo su indizi circostanziali (primo giorno, prima). L’episodio, che Eco riprende da Zadig (1749) di Voltaire, segnala quella sovrapposizione tra i ruoli del filosofo-prete e del detective che ritroveremo nei racconti di Padre Brown di Gilbert Keith Chesterton e nella serie di romanzi di Ellis Peters su «Frate Cadfael» (1977 e sgg.), dove il prete-filosofo risolve appunto un crimine grazie alla sua conoscenza della natura, in special modo quella umana. Il rovescio di questa immagine e` invece al centro del racconto di Jorge Luis Borges Ri- cerca di Averroe´ (1956), dove il filosofo arabo intento a capire i termini «tragedia» e «commedia» (attivita` ban- dite nella sua cultura musulmana) nella Poetica (ca. 334 a.C.) di Aristotele, non si rende conto che i bambini nel

cortile stanno di fatto inscenando il richiamo del muez- zin alla preghiera.

Il rimprovero mosso a Orazio da Amleto, che gli ricorda come ci siano piu` cose in cielo e in terra di quante possa sognare la sua filosofia (William Shakespeare, Amleto, 1600-01; I, v, 166-7), sintetizza il moderno atteggiamento di diffidenza nei confronti di una saggezza che possa dirsi onnicomprensiva, e dunque nei confronti di un’azione davvero incisiva del filosofo sulle questioni pratiche. Am- leto stesso pare incarnare questo difetto, ribadito in parte dalla scelta di Michel Eyquem de Montaigne di ritirarsi nella propria torre (Saggi, 1580, ad esempio I XLVII, II X), e trasformato in una vera e propria strategia filosofica da Rene´ Descartes nel suo ritiro olandese (Discorso, 1637, III ad fin.).

Tra il XVII e XVIII secolo, emerge un uso del termine filosofo (fr. philosophe) per designare non tanto chi si de- dica allo sviluppo di posizioni teoriche, quanto la figura di una persona (di solito maschile) di buon senso che, come il signor Vanderk eroe della commedia di Michel- Jean Se´daine Filosofo senza saperlo (1765), riesce a soste- nere una visione equilibrata del valore di beni esterni come i soldi e l’onore, anche davanti all’eccessivo attac- camento di chi lo circonda. E` questo uso che viene san- cito non solo dal giornalismo prescrittivo, ad esempio di Joseph Addison, per cui la filosofia deve uscire dall’uni- versita` ed entrare nei «coffee-houses», osterie stabilite per lo scambio sia culturale che economico (Lo Spetta- tore, 1711, No10, cfr. Alexander Pope, Saggio sull’uomo, 1733; IV, 390), ma anche dall’Enciclopedia (1750; s.v., XII pp. 466-7) di Denis Diderot e Jean-Baptiste d’Alem- bert, secondo cui il filosofo non e` in esilio nel mondo degli affari, e lo spirito filosofico e` un dono di natura perfezionato dal lavoro, dall’arte e dall’abitudine al fine di giudicare sanamente tutte le cose (XII p. 471). Nel suo sviluppo politico, il filosofo ha il compito di denunciare le infamie dell’ancien re´gime e di promuovere le rivolu- zioni borghesi in America prima e in Francia poi. L’immagine del filosofo alieno ai desideri umani si im- pone via via come una sorta di stereotipo, tanto che nel Settecento Jonathan Swift la rendera` oggetto di satira nel popolo degli Struldbrugg (I Viaggi di Gulliver, 1726; III, x), che detengono il segreto dell’immortalita` fisica tanto agognata dalle ricerche mediche del secolo precedente (cfr. Descartes, Discorso, VI) ma non quello dell’eterna giovinezza o della cura contro il tedium vitae. Viceversa, nella descrizione di Lagado (Gulliver, III v), Swift prende di mira i professori dediti a ricerche futili, come ad esempio il tentativo di abolire la lingua sostituendola con le cose – un attacco presumibilmente alle teorie del- l’inglese Societa` Reale e di John Locke (Saggio, 1689; III, xi, 14). In modo simile, rifacendosi a un anedotto su Ta- lete troppo preso dalle sue osservazioni celesti per non cadere in un fosso (Diogene Laerzio, Vite, I, 34) Swift descrive gli astronomi laputani (Gulliver, III, II ad init.) come esseri deformi a forza di guardare il cielo, e biso- gnosi di un aiutante che ricordi loro di ascoltare e parlare tanto sono distratti dalle loro speculazioni. In Rasselas (1759), Samuel Johnson esprime una satira analoga nelle figure di saggi o eremiti che non capiscono nemmeno le proprie parole, mentre in Declino e Caduta dell’Impero Romano (1766-1788; cap. XIII) Edward Gibbon cita le dispute scolastiche che tentavano di riconciliare Platone e Aristotele su questioni a cui nessuno, e tantomeno i disputanti, poteva dare risposta. In David Hume e Vol- taire ritroviamo percio`, anche se in modi diversi, un ri- conoscimento delle capacita` modeste del filosofo. Hume giunge a scusarsi per aver finto di essere un filosofo, in- tendendo con cio` un «uomo astuto» (saggio sullo Scet-

FILOSOFO

tico, 1742), e per essersi dedicato a speculazioni vane a cui nessuno puo` credere (Trattato, 1739-40, I, 4, vii). Voltaire oppone invece al filosofo Pangloss, che pre- tende di riconoscere in tutto il Creato il migliore dei mondi possibili, il buon senso di Candide e la sua deci- sione di «coltivare il proprio giardino» (Candido, 1759). 3. La nascita del filosofo professionista, testimoniata ad esempio dalla rigida routine accademica di Immanuel Kant, interrotta solo per leggere Emilio (1762) di Jean- Jacques Rousseau o per avere notizie sulla Rivoluzione Francese, fa emergere una netta distinzione tra le catego- rie dei filosofi. Friedrich Nietzsche la sintetizza attra- verso due atteggiamenti filosofici contrastanti: il primo, specificamente attribuito a Kant, e` legato ad una figura passiva e disinteressata di spettatore anche laddove, come nel caso della bellezza, il coinvolgimento personale dovrebbe essere imprescindibile (La genealogia della mo- rale, 1887; III, 6); il secondo, in cui si riconosce Nietz- sche stesso, spinto ad un agire rischioso simile alla scelta di vivere sempre tra i ghiacci e le vette piu` alte (Ecce Homo, 1888, Prefazione, §3).

Nella prima tipologia rientrano personaggi letterari come Mr. Ramsey in Gita al faro (1927) di Virginia Woolf, ma anche il mitografo Causabon descritto da George Eliot in Middlemarch (1871-72), o il sinologo Pe- ter Kien in Auto da Fe´ (1935) di Elias Canetti, tutti tal- mente accecati dal fervore libresco da non vedere o ca- pire i desideri di coloro che li circondano, in un filo che poi si estende nel genere dei campus novels, romanzi am- bientati nelle universita` inglesi e americane. Anche Al- bert Einstein, cosı` come e` stato ritratto da Dino Buzzati (Appuntamento con Einstein, 1954) con la sua visione della quadrimensionalita` dello spazio analoga ad una moderna esperienza mistica, appartiene a questa catego- ria, mentre Thomas Stearns Eliot ci presenta il filosofo Bertrand Russell intento in una conversazione «arida e appassionata» che i suoi interlocutori interpretano come un segno di squilibrio (Mr Apollinax, 1917). G.E. Moore ispira invece l’immagine del filosofo in Acrobati (1972) di Tom Stoppard, ancora una volta, preso dai suoi astrusi ragionamenti di logica mentre attorno a lui si scatena la violenza dello stupro e dell’omicidio. La critica all’atteg- giamento disinteressato del filosofo e` resa esplicita da Jean-Paul Sartre nei personaggi dello storico Antoine Roquentin (La Nausea, 1938) e del professore di filosofia Mathieu Delarue (Les Chemins de la Liberte´, trilogia composta da Il rinvio: romanzo, 1945; L’eta` della ragione: romanzo, 1945; La morte nell’anima, 1945), in cui si fa evidente la scissione dell’intellettuale tra un desiderio di consolazione proiettato in un mondo astratto e l’insensi- bilita` con cui tratta viceversa le persone reali.

L’immagine piu` romantica del filosofo attraversa invece l’Ottocento nella forma attribuitagli ad esempio da Gia- como Leopardi, ossia come una figura perennemente in lotta contro «la discordanza assoluta [della] presente condizione umana» (Zibaldone, 1817-32; I, 96). La na- tura personale di questa lotta, intesa come ricerca di senso, da` origine nel romanzo ottocentesco russo ad un vero e proprio tipo di personaggio-filosofo, che va da Pecorin di Michail Jurevicˇ Lermontov (Un eroe del no- stro tempo, 1839-40) a Pierre Bezuchov di Lev Tolstoj (Guerra e Pace, 1869). Nella modernita`, queste figure si accompagnano sempre di piu` alla dimensione di auto- ironia tipica di Ulrich in L’uomo senza qualita` (1930) di Robert Musil, a ribadire l’incapacita` del filosofo di for- nire certezze. In Miguel de Unamuno, questa ricerca in- sensata e` vista sconfinare addirittura nella follia, attra- verso un moderno Don Chisciotte (Commento alla vita di

don Chisciotte, 1905) che lotta tragicamente contro un mondo in cui la sua esasperata sensibilita` e il suo deside- rio di eternita` diventano nient’altro che una folle malin- conia. Davanti al presunto fallimento della filosofia, John Cowper Powys ci presenta in Wolf Solent (Wolf Solent, 1929) l’emblema di un uomo moderno che ricerca qual- cosa di piu` profondo e autentico rispetto ai «quadri» (cap. 5) offerti dalle filosofie tradizionali, replicando l’in- vito gia` formulato da Andre´ Gide ne I nutrimenti terre- stri (1897) ad abbandonare i libri per seguire la natura e poi rielaborato dagli eroi di Hermann Hesse (Siddartha, 1922, Il giuoco delle perle di vetro, 1943). Il culmine di questa tradizione, che assegna anche al restio filosofo professionista una vita di tormento, e` forse rappresentato dal caso di Ludwig Wittgenstein (1889-1951), che il ci- nema piu` recente (Derek Jarman, Wittgenstein, 1993) ha significativamente eletto a emblema delle contraddizioni stesse della filosofia nella contemporaneita`.

n Opere citate: Opere anonime: Ecclesiaste o Qo¯he´let (ca. sec. III a.C.); Libri dei Re (ca. 600 a.C.); Re (sec. VII a.C.). Abelardo, P., Epistole (av. 1142); Abelardo, P., Storia delle mie

sventure (Historia calamitatum mearum, av. 1142); Addison, J. -

Steele, R., «Lo Spettatore» («The Spectator», by Addison,

Steele and Others, 1711-12 e 1714); Agostino di Ippona, Le Confessioni (Confessiones, ca. 397-401); Aristofane, Nuvole

(sec. IV a.C.); Aristotele, Etica Nicomachea (sec. IV a.C.); Ari- stotele, Poetica (ca. 334 a.C.); Arnold, M., Empedocle sull’Etna (Empedocle on Etna, 1852); Borges, J.L., La ricerca di Averroe` (La busca de Averroes, 1956); Buzzati, D., Appuntamento con

Einstein (1954); Canetti, E., Auto da fe´: romanzo (Der Blen- dung, 1935); Chaucer, G., I racconti di Canterbury (The Canter- burys Tales, 1386-1400); Chesterton, G.K., I racconti di Padre Brown (The Father Brown Stories, 1911-35); Cowper Powys, J., Wolf Solent (1929); Dante Alighieri, La divina commedia (1306-

21); Descartes, R., Discorso sul Metodo (Discours de la Me´thode, 1637); Diderot, D. - Alembert, J.B. le Rond d’, Enciclopedia (Encyclope´die, 1751-65); Diogene Laerzio, Vite dei filosofi (sec. III d.C.); Eco, U., Il nome della rosa (1980); Eliot, G., Middle-

march (1871-72); Eliot, T.S., Mr. Apollinax in Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (The Love Song of J. Alfred Prufrock, 1917);

Eraclito di Efeso, Frammenti (sec. V a.C); Eusebio di Cesarea,

Cronaca (Chronicon, ca. 303); Giamblico, Vita pitagorica (secc.

III-IV); Gibbon, E., Storia della decadenza e caduta dell’Impero

romano (The History of the Decline and Fall of the Roman Em- pire, 1776-88); Gide, A., I nutrimenti terrestri (Le Nourritures Terrestres, 1897); Hesse, H., Il giuoco delle perle di vetro (Der Glasperlenspiel, 1943); Hesse, H., Siddhartha (1922); Hume,

D., Lo scettico (The Sceptic, 1742); Hume, D., Trattato sulla

natura umana (Treatise on Human Nature, 1739-40); Jarman,

D., Wittgenstein, cinema (1993); Johnson, S., Rasselas, principe

d’Abissinia (Rasselas, Prince of Abyssinia, 1759); Joyce, J., Ri- tratto dell’artista da giovane (Portrait of the Artist as a Young Man, 1916); Joyce, J., Ulisse (Ulysses, 1922); Leopardi, G., Lo zibaldone di pensieri (1817-1832); Lermontov, M.J., Un eroe del nostro tempo (1840); Locke, J., Saggio sull’intelletto umano (Es- say Concerning Human Understanding, 1689); Lucrezio Caro,

T., Della natura (De rerum natura, sec. I a.C.); Montaigne, M. de, Saggi (Essais, 1580); Monteverdi, C., L’incoronazione di

Poppea, musica (1642); Musil, R., L’uomo senza qualita` (Der Mann ohner Eigenschaften, 1930-33); Nietzsche, F., Ecce Homo

(1888); Nietzsche, F., La genealogia della morale (Zur Genealo-

gie der Moral, 1887); Peters, E., La bara d’argento (A Morbid Taste for Bones, 1977); Platone di Atene, Repubblica (sec. IV

a.C.); Platone di Atene, Apologia di Socrate (sec. IV a.C.); Pla- tone di Atene, Critone (sec. IV a.C.); Platone di Atene, Euti-

frone (sec. IV a.C.); Platone di Atene, Fedone (sec. IV a.C.);

Platone di Atene, Fedro (sec. IV a.C.); Platone di Atene, Gorgia (sec. IV a.C.); Platone di Atene, Simposio (sec. IV a.C.); Pope, A., Saggio sull’uomo (Essay on Man, 1733); Re´musat, C. de,

Abelardo (Abe´lard, 1877); Rousseau, J.-J., Emilio (E´mile ou l’e´- ducation, 1762); Sartre, J.-P., Il rinvio: romanzo (Le Sursis,

1945); Sartre, J.-P., L’eta` della ragione: romanzo (L’Aˆge de la

Raison, 1945); Sartre, J.-P., La morte nell’anima (La Mort dans l’Aˆme, 1945); Sartre, J.-P., La nausea (La Nause´e, 1938); Se´-

daine, M.-J., Filosofo senza saperlo (Le philosophe sans le savoir:

come´die, 1765); Senofonte di Atene, Simposio (sec. IV a.C.);

Shakespeare, W., Amleto (Hamlet, 1602); Stoppard, T., Acro-

bati (Jumpers, 1972); Svetonio Tranquillo, C., Nerone (sec. I

d.C.); Swift, J., I viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels, 1726); Tacito, C., Annali (Annales, secc. I-II d.C.); Tolstoj, L.N.,

Guerra e pace (1865-68); Tommaso d’Aquino, Somma contro i Gentili (Summa Contra Gentiles, 1259-64); Unamuno, M. de, Commento alla vita di Don Chischiotte (Vida de Don Quijote y Sancho, 1905); Voltaire, Candido o l’ottimismo (Candide ou l’optimisme, 1759); Voltaire, Zadig e altri racconti filosofici (Za- dig ou la destine´e, 1749); Woolf, A.V., Gita al faro (To the Lighthouse, 1927).

n Altri testi: Aretino, P., Comedia intitolata il filosofo (1546); Bellow, S., Herzog (1965); Bradbury, M., The History Man (1975); Chiari, P., Il filosofo veneziano (1753); Goldoni, C., Il

filosofo di campagna (1754); Krell, D.F., Nietzsche: un romanzo

(Nietzsche: a Novel, 1996); Lodge, D., Il professore va al con-

gresso (Small World, 1984); Lodge, D., Scambi (Changing Pla- ces, 1975); Murdoch, I., Sotto la rete (Under the Net, 1954);

Pre´vost, A.F., Il filosofo inglese o Storia del Signor Cleveland (Le

philosophe anglais ou Histoire de Monsieur Cleveland, 1732-39);

Senofonte di Atene, Economico (sec. IV a.C.); Yourcenar, M.,

Le memorie di Adriano (Les me´moires d’Adrien, 1951).

n Bibliografia: Cruickshank, J., The Novelist as Philosopher, Oxford, Oxford University Press, 1962; Hamlyn, D.W., Being

a Philosopher: the History of a Practice, Londra, Routledge,

1992; Oberrenter-Kronable, G., Der Tod des Philosophen: Un-

tersuchungen zum Sinngehalt eines Sterbildtypus, Monaco (Ba-

viera), Fink, 1986; Re´e, J., Philosophical Tales, Londra, Methuen, 1987; Said, E., Dire la verita`: gli intellettuali e il po-

tere (1994), Milano, Feltrinelli, 1995; Scharfstein, B.-A., The Philosophers: Their Lives and the Nature of Their Thought,

Oxford, Blackwell, 1980; Zanker, P., La maschera di Socrate (1995), Torino, Einaudi, 1997.

n Voci affini: Conoscenza, sapere; Saggezza, sapienza; Scien- za, scienziato; Utopia. richard davies

Finestra, balcone.

1. La finestra e` un elemento impor- tante della casa, anche se non assolutamente essenziale come la porta. Il termine italiano, come il fr. feneˆtre e il ted. Fenster derivano dal lat. fenestra, collegato per il si- gnificato con il gr. phainein: mostrare, rendere visibile. I termini ingl. window e sp. ventana rinviano invece per significato al vento, all’aria che la finestra consente di far entrare nella casa. Un altro termine gr. ope (plur. opai), con cui venivano designate le strette aperture nelle pareti per fare entrare in casa la luce, era invece legato etimo- logicamente con termini riguardanti l’atto e l’organo del vedere: gli occhi. Gia` nell’antichita` la finestra era provvi- sta di battenti di legno e con il tempo e` stata corredata di un’intelaiatura con vetri trasparenti e da protezioni esterne (persiane, gelosie, ecc.) e interne (tende, cortine). Un elemento aggiunto alla finestra, con alcune caratteri- stiche e funzioni proprie, e` il balcone (fr. balcon, ingl. balcony, ted. Balkon, sp. balco´n), che pur facendo parte integrante della casa e` gia` elemento esterno, aperto, visi- bile: un punto di fuga – sovente effimera – dallo spazio domestico, ma anche un luogo di osservazione e di proie- zione verso la vita della comunita` sociale. Un elemento intermedio e` quello che viene di solito indicato con il termine inglese bow-window (italiano bovindo): un bal- cone aggettante dalla facciata di un edificio, di solito a pianta semicircolare o poligonale, chiuso da vetrate. Un tipo molto speciale di finestra e`, nella citta` moderna, la vetrina (fr. vitrine, ingl. (shop-)window, ted. Schaufenster, sp. escaparate) nella quale i negozianti espongono le merci, per attirare l’attenzione di possibili compratori. La finestra e` diventata una presenza essenziale della casa gradualmente: gli uomini delle caverne avevano a dispo- sizione una sola apertura per entrare o uscire dallo spazio domestico o al massimo degli sfiatatoi per liberarsi dal

fumo. Non molto diversi i ripari di tante popolazioni pri- mitive. In molte tribu` africane sono state a lungo diffuse delle capanne a forma conica o cilindrica, con pareti cie- che di canne o di argilla e tetti di paglia (sul tipo dei noti tucul). Presso molte popolazioni del Pacifico, pur es- sendo le abitazioni piu` complesse e variate nelle funzioni, le finestre erano abbastanza rare. Anche presso greci e romani, di solito i muri perimetrali delle case erano senza finestre e la luce e l’aria entravano dal porticato che cir- condava il cortile (peristilio). Nelle societa` greca e ro- mana (cosı` come in altre societa` urbane sia dell’Estremo che del Medio Oriente) la presenza delle finestre sembra che si sia diffusa soprattutto nelle case cittadine: si puo` quindi affermare con una certa sicurezza che la finestra, elemento necessario negli aggregati urbani per fare en- trare la luce nella casa e favorire il ricambio dell’aria, ha avuto anche una importante funzione sociale, di media- zione fra interno ed esterno, spazio interiore della fami- glia e spazio esteriore della societa`. Tre quindi le funzioni principali: 1) di tramite e inquadramento (framing) della percezione della realta` naturale e sociale da parte del sog- getto osservatore (l’abitante della casa), del suo occhio e punto di vista; 2) di controllo reciproco degli esseri umani (in particolare degli abitanti dei nuclei urbani), cioe` possibilita` di vedere dall’interno della casa quanto succede fuori, e anche in una certa misura di vedere da fuori quanto avviene dentro la casa, cosı` contribuendo a vari tipi di interscambio e alla formazione di una comu- nita` partecipe e coesa (in termini moderni potremmo parlare di societa` «trasparente»); 3) di comunicazione, e cioe` per gli abitanti della casa di affacciarsi e parlare, o di ricevere messaggi dalla strada o dalla piazza (gesti, se- gnali, biglietti, serenate). Per queste funzioni connesse con aspetti importanti della vita individuale e sociale la finestra ha avuto, anche piu` della porta, una presenza rilevante, con valenze concrete, metaforiche e simboliche nell’immaginario di tutte le societa` umane. E tuttavia i significati letterali e simbolici della finestra (a differenza di quanto avvenuto per la porta, oggetto molto piu` sem- plice e universalmente diffuso) hanno avuto articolazioni molto diverse nei diversi sistemi culturali storicamente definiti.

2. La finestra fa entrare nella casa la luce e l’aria. Puo` trattarsi della luce che entra la mattina dopo il risveglio, come nel ricordo infantile del protagonista della Recher- che (1913-1927) di Marcel Proust (un autore, nel quale il tema della finestra compare ossessivamente e con tanti significati diversi); siamo a Balbec (Dalla parte di Swann) e la fedele serva Franc¸oise apre la finestra: «mentre Fran- c¸oise toglieva gli spilli dalle imposte, staccava le stoffe, tirava le tende, il giorno d’estate che veniva scoprendo sembrava qualcosa di non meno morto, non meno re- moto d’una mummia millenaria e sontuosa che la nostra vecchia domestica stesse liberando con cautela da tutte le sue fasce prima di farla apparire alla luce, imbalsamata nella sua veste d’oro» (dove l’immagine della mummia e` quasi un’allegoria del tempo).

Sono molto numerose le descrizioni, pittoriche e lettera- rie, degli interni che ricevono luce da una finestra. Si puo` trattare, per esempio, di eremiti nel deserto, intenti, come i tanti San Gerolamo della tradizione figurativa, a scrivere (o leggere, o tradurre la Bibbia), che non si lasciano atti- rare dai bei panorami di natura che si intravedono dalla finestra (o in certi casi, da apparizioni diaboliche che si affacciano alla finestra nell’ora meridiana). O si puo` trat- tare delle tante scene di Annunciazione, nelle quali la fi- nestra non fornisce soltanto la luce ma spesso veicola, nel raggio che va a illuminare il soggetto, un forte significato

FINESTRA, BALCONE

simbolico (l’intervento fecondante del Verbo). Molto piu` frequente, nella pittura che rappresenta interni borghesi (per esempio in Vermeer e altri fiamminghi), la presenza di donne, tradizionali protagoniste della vita domestica, che cuciono, leggono, attendono ad altri lavori, ricevendo la luce dalla finestra. In letteratura abbondano gli esempi: basti citare, nella Recherche di Proust, le descrizioni della stanza della nonna, di quella della zia Le´onie, della sala da pranzo dell’albergo di Balbec. Nel romanzo Donne inna-

Documenti correlati