H. James in Cosa sapeva Maisie (1897) rappresenta il contrasto tra due coniugi separati che usano, come
6. Nora Helmer in Casa di bambola di Ibsen e` vittima prima della dorata sottomissione al padre, poi a quella
del marito che a questi succede nel ruolo dominante; sco- perta la precarieta` della propria condizione esistenziale abbandona marito e figli per conoscere veramente se stessa; il dramma suscito` a suo tempo enorme scalpore, ci furono attrici che si rifiutarono di interpretare la parte d’una «madre snaturata», e in proposito Gramsci scrisse nel 1917 un celebre articolo dal titolo La morale e il co- stume. Il romanzo Una donna di Sibilla Aleramo (1906), apprezzato dal pubblico e da autori come Pirandello, France e Zweig, iscrive il dramma della protagoni- sta nella sua condizione di figlia: ella vive una fanciul- lezza «libera e gagliarda», prediletta dal padre, uomo apparentemente moderno e d’ampie vedute che si trasfe- risce al Sud per avviarvi un’impresa, e accanto ad una madre mite e sommessa; traumatico e` per lei scoprire che il padre ha un’amante e come il modello del sacrificio per la famiglia gravi sulla madre, spingendola prima a tentare il suicidio, poi in manicomio. Anch’ella sperimenta la violenza d’una societa` maschilista: subira` giovanissima lo stupro, il forzato matrimonio riparatore, la gelosia d’un marito gretto e violento che teme la sua vivacita` intellet- tuale, la segrega e la percuote; per seguire la propria ir- rinunciabile volonta` di crescere e di determinarsi come persona e` costretta ad abbandonare tutto, persino il figlio, nella speranza di contribuire come scrittrice a ri- formare la coscienza dell’uomo e a creare quella della donna, spezzando la «mostruosa catena» che, di madre in figlia, impone il «sacrifizio» e l’immolazione materna, perche´ «una madre non sopprim(a) in se´ la donna, e un figlio apprend(a) dalla vita di lei un esempio di dignita`». Pirandello nella novella L’ombrello (1909) opera il rove- sciamento di luoghi comuni ispirati ai «buoni sentimen- ti», basati su ruoli convenzionalmente codificati. La vi- cenda e` incentrata sul rapporto tra una madre, giovane vedova, alla quale non e` attribuito neanche un nome, poiche´ si identifica col «sacrifizio» del suo ruolo, e le due figlie, che riflettono specularmente due diversi e contra- stanti aspetti del suo essere: l’esuberante Mimı`, che in- fantilmente incarna il desiderio, volendo e non tolle- rando ostacoli al suo volere, e la maggiore Dinuccia, me- stamente contegnosa e responsabile; quest’ultima si rivela perturbante per la madre, ricordandole col suo comportamento gli obblighi che si e` imposta, e quando la giovane donna fantastica, pur tra mille remore, un suo ipotetico futuro coniugale, e` portata ad eliminare men- talmente Dinuccia, avvertendo poi cio` come orribile colpa; quando la bimba morra` rimarra` annichilita, rive- landosi in tal modo la vera vittima della vicenda. Nei Sei personaggi in cerca d’autore (1921) il dramma che vor- rebbe essere rappresentato sfiora il tabu` dell’incesto e la Figliastra, «nell’atroce inderogabilita` della (sua) forma», incarna la vendetta nei confronti del Padre, ed e` porta- trice d’una carica emotiva e passionale che, unitamente
all’incapacita` degli attori di intendere realmente i perso- naggi, rende quel dramma irrappresentabile nell’ambito del teatro tradizionale. Ne Gli indifferenti di Moravia (1929) Carla, la figlia, decide di cedere alle avances di Leo, l’amante di sua madre, per sfuggire «alla noia e al meschino disgusto delle abitudini»: nello squallore mo- rale d’un ipocrita ambiente borghese l’atto liberatorio per una giovane donna sembra non poter essere altro che una trasgressione sessuale che ha il sapore di un «quasi- incesto»; e` volonta` di evasione da una quotidianita` op- primente, ma anche desiderio di autodistruzione («cosı` nessuno piu` l’avrebbe desiderata per moglie»); al rap- porto sessuale segue uno squallido risveglio, e la vicenda, nonostante i velleitari e goffi interventi del fratello Mi- chele, si avviera` ad una conclusione «dignitosa» con la proposta di matrimonio fatta per interesse dal maturo amante alla giovane, che ha in animo di accettare, sicura che, alla fine, anche la madre si adattera`. Vittorini nel romanzo incompiuto Erica e i suoi fratelli (1936) narra la storia di un’adolescente, figlia di operai, abbandonata con due fratellini che si da` alla prostituzione, quale unico doloroso mezzo per sopravvivere; l’opera si interrompe quando la protagonista va a comprare le provviste coi primi soldi guadagnati.
n Opere citate: Opere anonime: Giudici (secc. VI-V a.C.); Il
sacrificio di Ifigenia, pittura (sec. I, Casa del Poeta Tragico,
Pompei).
Aleramo, S., Una donna (1906); Alfieri, V., Oreste (1777); Al- fieri, V., Agamennone (1777); Anouilh, J., Antigone (1942); Balzac, H. de, Papa` Goriot (Le pe`re Goriot, 1835); Balzac, H. de, La commedia umana (Come´die humaine, 1842-48); Boccac- cio, G., Decameron (ca. 1349-53); Cherubini, L., Ifigenia, mu- sica (1788); Cocteau, J., Antigone (1922); Conrad, J., Destino (Chance, 1914); Dante Alighieri, Commedia (1306-1321); Di- derot, D., La religiosa (La religieuse, 1760); Dostoevskij, F.M.,
Delitto e castigo (1866); Eschilo, Agamennone (ca. 458 a.C.);
Eschilo, Coefore, in Orestea (458 a.C.); Eschilo, I sette a Tebe (467 a.C.); Euripide, Elettra (ca. 413 a.C.); Euripide, Ifigenia in
Aulide (ca. 406 a.C.); Euripide, Ifigenia in Tauride (ca. 413
a.C.); Euripide, Oreste (408 a.C.); Gluck, C.W., Ifigenia in
Aulide, musica (1774); Gluck, C.W., Ifigenia in Tauride, mu-
sica (1779); Goethe, J.W., Ifigenia in Tauride (Iphigenie auf
Tauris, 1787); Gramsci, A., La morale e il costume (1917);
Guerrazzi, F.D., Beatrice Cenci. Storia del secolo XVI (1854); Hawthorne, N., La lettera scarlatta (The Scarlet Letter, 1850); Hofmannsthal, H. von, Elettra (Elektra, 1904); Honegger, A.,
Antigone, musica (1927); Ibsen, H., Casa di bambola (1879);
James, H., Cosa sapeva Maisie (What Maisie Knew, 1897); Lu- crezio, La natura (De rerum natura, sec. I a.C.); Manzoni, A., I
Promessi Sposi (1840-1842); Melville, H., Pierre o le ambiguita`
(Pierre or the Ambiguities, 1852); Moravia, A., Gli indifferenti (1929); O’Neill, E., Il lutto si addice ad Elettra (Mourning
Becomes Electra, 1931); Pirandello, L., L’ombrello (1909); Pi-
randello, L., Sei personaggi in cerca d’autore (1921); Pusˇkin, A.S., La figlia del capitano (1836); Racine, J., Ifigenia in Aulide (Iphige´nie en Aulide, 1674); Racine, J., La Tebaide o I fratelli
nemici (La The´baı¨de ou Les fre`res ennemis, 1664); Reni, G., (Presunto) Ritratto di Beatrice Cenci, pittura (1599-600); Ri-
chardson, S., Pamela (1741); Sade, D.A.F. de, Justine o gli
infortuni della virtu` (Justine ou les malheurs de la vertu, 1791);
Sade, D.A.F. de, La nuova Justine, o le sventure della virtu`.
Seguita dalla storia di Juliette, sua sorella (La nouvelle Justine, ou les mallheurs de la vertu. Suivie de l’histoire de sa soeur, Juliette, 1797); Scarlatti, D., Ifigenia in Tauride, musica (1713);
Shakespeare, W., Amleto (Hamlet, 1600); Shakespeare, W., Re
Lear (King Lear, 1605-06); Shelley, I Cenci (The Cenci, 1819);
Sofocle, Antigone (442 a.C.); Sofocle, Edipo a Colono (401 a.C., postumo); Sofocle, Elettra (409 a.C.); Stendhal, I Cenci (Les Cenci, 1837); Strauss, R., Elettra, musica (Elektra, 1909); Tiepolo, G.B., Il sacrificio di Ifigenia, pittura (1728) Traetta, T.,
Ifigenia in Tauride, musica (1759); Traetta, T., Antigone, mu-
sica (1772); Verga, G., Storia di una capinera (1870); Vittorini, E., Erica e i suoi fratelli (1936).
FIGLIA
n Altre opere: Bencovich, F., Il sacrificio di Ifigenia, pittura (1715, Collezione von Scho¨nborn, Pommersfelden); Dickens, C., Le due citta` (A Tale of Two Cities, 1859); Ferreri, M., Storia
di Piera, cinema (1983); Ginzburg, N., Lessico familiare (1963);
Maraini, D., La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Melville, H., Clarel: poema e pellegrinaggio in terra santa (Clarel: a Poem
and Pelerinage in the Holy Land, 1876); Millais, J.E., Ofelia,
pittura (1852, Tate Gallery, Londra); Rota, G., Beatrice Cenci, musica (1863); Saba, U., Canzoniere (1948, 1957, 1961 postu- mo); Shakespeare, W., Pericle, principe di Tiro (Pericles, Prince
of Tyre, ca. 1608); Tomasi di Lampedusa, G., Il Gattopardo
(1955-56); Turgenev, I.S., Terre vergini (1876); Verdi, G., Ri-
goletto, musica (1851); Visconti, L., Bellissima, cinema (1951);
Zeffirelli, F., Storia di una capinera, cinema (1993).
n Bibliografia: Carini, E., Norma e desiderio nella novella
«L’ombrello», in «Rivista di studi pirandelliani», VI, dicem-
bre, 1988; Duby, G. - Perrot, M. (a c. di), Storia delle donne in
occidente, Bari 1990-92; Freud, S., Psicogenesi d’un caso di omo- sessualita` femminile (1920), in Opere, vol. 9, Torino 1989;
Freud, S., Sessualita` femminile (1931), in Opere, vol. 9, Torino 1989; Hauser, A., Storia sociale dell’arte (1953), Torino 1959; Jung, C.G., Saggio di esposizione della teoria psicanalitica (1913), in Il contrasto tra Freud e Jung, Torino 1975; Rossanda, R., Antigone ricorrente, in Sofocle, Antigone, Milano 1987. n Voci affini: Abbandono; Adolescenza; Amore; Assassinio di congiunti; Dote; Educazione; Emancipazione della donna; Eredita`, testamento; Famiglia; Festa nuziale; Figlio; Fratelli, so- relle; Gioventu`; Incesto; Infanticidio; Infanzia; Madre; Nascita; Padre; Principe, principessa; Sacrificio; Sangue; Vittima.
enrico carini
Figlio.
1. La parola «figlio» (lat. filiu(m), dalla stessa radice indoeuropea di femina e fecundus; fr. fils; sp. hijo; ingl. son; ted. Sohn; russo syn) indica prole di sesso ma- schile; nella tradizione indoeuropea e giudaico-cristiana, basata sulla preminenza della figura maschile in seno alla famiglia, il figlio, specie se primogenito, e` oggetto di pre- dilezione da parte del padre, che lo vede come propria continuazione biologica e ideale, erede e proiezione del suo stesso io al di la` delle barriere della morte e del tempo; egli e` legato da una rete di rapporti e di obblighi nei confronti degli altri membri della famiglia, secondo una scala gerarchica; tali rapporti sono andati mutando nel corso del tempo, col mutare di strutture sociali e mo- delli culturali; il diritto, nelle varie epoche, si e` impe- gnato a definirli, l’antropologia ne ha indagato le dinami- che, la psicanalisi ha ricercato le cause profonde dei le- gami tra figlio e figure parentali. Il rapporto padre/figlio, inteso come legame forte, non solo, e non tanto, da un punto di vista biologico, ma anche, e soprattutto, cultu- rale, e` diventato ben presto simbolo d’una relazione si- gnificativa e importante, dando origine ad una vasta serie di espressioni metaforiche e traslate. Il tema del figlio e` quindi pressoche´ onnipresente nelle letterature di tutti i tempi e di tutti i paesi, nei piu` svariati generi letterari, acquistando particolare risalto specie nei periodi in cui entrano in crisi vecchi modelli e se ne elaborano di nuovi. 2. Dio concede ad Abramo un figlio, Isacco, garanzia d’una progenie numerosa come la polvere della terra e le stelle del cielo (Genesi), il popolo di Israele, da cui na- scera` il Messia. Come prova di obbedienza al patriarca viene chiesto di sacrificare quel figlio, e solo all’ultimo l’angelo del Signore ferma la sua mano; Isacco, vittima sacrificale, sara` poi letto come «figura» di Cristo. La na- scita del figlio legittimo impone l’allontanamento dell’il- legittimo Ismaele, figlio della schiava, con grande dolore del padre, ma Dio gli promette che anche la progenie di questi sara` numerosa e grande. Centrale e discriminante nell’Antico Testamento e` il motivo della primogenitura, che si pone gia` in modo singolare tra Esau` e Giacobbe, figli legittimi di Isacco: i due sono gemelli, ma, secondo lanorma in vigore presso gli ebrei, la primogenitura spetta a chi per primo ha visto la luce, in questo caso ad Esau`, incalzato pero` fin dalla nascita da Giacobbe, che lo tiene per il tallone, e, una volta adulto, approfitta del fatto che il fratello e` tornato esausto dai campi per farsi cedere la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie (Ge- nesi, 25-26). Il Messia verra` dalla casa di David, ma Da- vid e la sua famiglia non sono esenti da colpe, non solo perche´ il re, che pure poi si pentira`, e` adultero e omicida, ma anche perche´ il suo terzo figlio, Assalonne, ad onta del suo nome (‘Abhsˇalom = Padre di pace), e` fratricida e ribelle, uccide infatti il fratellastro Amnon, che aveva usato violenza a sua sorella, ma che era anche il primo- genito, e si contrapporra` al padre, contendendogli il re- gno: nello scontro finale egli morra`, e cio` sara` per David motivo di inconsolabile dolore (Samuele, secc. VIII-VII a.C.). Figlio di Dio Padre, e Dio egli stesso, e` Cristo, la cui genealogia da Abramo apre il Vangelo di Matteo (Matteo, 1); salvatore del mondo suggellera` un nuovo patto con il Signore, improntato ad un rapporto di figlio- lanza e d’amore, gli uomini potranno quindi rivolgersi a Dio chiamandolo «Padre nostro...» (Matteo, 6, 9-13; Luca, 11, 1-4), e di questa dimensione e` indice la stessa parabola del figliol prodigo, ove il padre sacrifica il vi- tello piu` grasso per il ritorno nella sua casa di colui che volontariamente se ne era allontanato (Luca, 15). 3. Ettore, incontrando i suoi cari presso le Porte Scee, al di la` d’ogni ragionevole speranza augura al suo piccolo Astianatte una vita lunga e piu` gloriosa della sua (Omero, Iliade, VI), ma diverso e` il disegno del Fato: Ettore morra`, con lui verranno meno le speranze di Troia, du- rante l’incendio della citta` Astianatte verra` ucciso, ne- gando cosı` ogni sopravvivenza all’eroe (Euripide, Troadi, 415 a.C.). Nell’Odissea Telemaco, figlio di Ulisse, sogna il ritorno del padre e prontamente accoglie le sollecita- zioni di Atena: stupendo tutti convoca lui, per la prima volta da che il re e` partito, l’assemblea, attacca i preten- denti della madre che hanno invaso la casa per convin- cerla a nuove nozze, parte per raccogliere notizie del- l’eroe; molte genti vede, molto chiede e molte cose sagge ascolta; ritorna cambiato, pronto ad aiutare il padre quando questi tornera` e fara` giustizia. Ulisse, padre e modello per Telemaco, e` anche figlio, e l’astuto eroe, quando si presenta incognito a Laerte, non regge di fronte alle lacrime del vecchio e gli svela la propria iden- tita` abbracciandolo e ponendo fine alla sua pena (Odis- sea, XXIV). Poeti minori greci immaginarono il futuro di un Telemaco adulto, con modesto successo; solo Fran- c¸ois de Salignac de la Mothe Fe´ne´lon a fine ’600 sapra` trarre dal mito un’opera come Le avventure di Telemaco (1695), romanzo d’educazione incentrato sui viaggi che il giovane fa in Grecia e in Italia, raccogliendo esperienze umane, sociali e politiche tali da renderlo degno di salire al trono. All’inizio dell’Odissea Zeus, deprecando le umane colpe, ricorda la fine di Agamennone e il doloroso destino di Oreste; a questi Eschilo dedica l’Orestea (458), l’unica trilogia tragica a noi giunta per intero; in essa il giovane, dopo l’uccisione del padre ad opera di Clitemnestra ed Egisto suo amante (Agamennone), tor- nato ad Argo coll’amico Pilade, spinto dalla sorella Elet- tra, segue l’oracolo di Apollo ed uccide i responsabili della morte del padre, al momento di colpire la madre pero` esita e deve intervenire Pilade perche´ egli agisca; compiuto l’atto e` assalito dal rimorso per il matricidio (Coefore); le Erinni, istigate dal fantasma di Clitemnestra, lo perseguitano e solo il giudizio dell’Areopago di Atene, presieduto da Pallade con la difesa di Apollo, lo mandera` assolto (Eumenidi). Oreste, eroe suo malgrado, per una
delittuosa tradizione familiare e volere di Dike, dea della giustizia, e` costretto a punire le altrui colpe ma per cio` stesso si macchia d’una colpa che deve espiare. Sofocle ci ripropone il giovane nell’Elettra. Euripide riprende il mito in diverse opere (Andromaca, Elettra, Oreste, Ifige- nia in Tauride): perseguitato dalle avversita` Oreste, dopo il tragico amore per Ermione, incontra la sorella Ifigenia in Tauride e corre il rischio d’esserne ucciso, ne e` salvato e la salva a sua volta dall’orribile ufficio cui era stata destinata dopo che Artemide l’aveva sottratta alla morte in Aulide. In eta` moderna Racine nell’Andromaca (1667) ce lo presenta strumento della vendetta di Er- mione ai danni di Pirro, alla fine pronto ad accettare il necessario destino di espiazione. Vittorio Alfieri nel suo Oreste (1788) mostra l’eroe come tirannicida: scoperto e incarcerato prima, liberato poi a furor di popolo, e` tra- scinato dall’impeto della vendetta, infierisce su Egisto e non si avvede di trafiggere anche sua madre; quando lo scopre a stento Elettra e Pilade riescono a trattenerlo dal suicidio. Luigi Pirandello ne Il fu Mattia Pascal (1904) per bocca di Anselmo Paleari ci presenta Oreste come esem- pio di un mondo di certezze, proprio del passato, in con- trapposizione ad Amleto, portatore del dubbio che esprime la condizione dell’uomo moderno, ma il dramma dell’eroe greco sara` rappresentato in un teatrino di ma- rionette meccaniche. Gia` presente in Omero (Odissea, XI), il mito di Edipo fu cantato da una Edipeia non per- venutaci (cfr. Pausania, IX, 5, 11); lo ritroviamo in Pin- daro (II Olimpica), ma la sua fama e` legata ai tragici; della trilogia di Eschilo ad esso dedicata ci e` giunta solo I sette a Tebe (467 a.C.), in cui Edipo e` ricordato non come vit- tima di un cieco fato ma come colui che sconta la colpa del padre Laio e che, accecatosi una volta consapevole d’esser parricida e incestuoso, maledira` poi i figli che si uccideranno a vicenda per impadronirsi del regno. Nel- l’Edipo re di Sofocle (la tragedia piu` nota che anche Ari- stotele prediligeva) non c’e` riferimento alle antiche colpe di famiglia, l’attenzione e` concentrata sui protagonisti: Edipo da buon re vuole salvare Tebe dalla pestilenza, e` fiero del suo ingegno, si ritiene prediletto dalla buona sorte, ma per cio` stesso sembra destare la hybris degli dei; egli, che ha svelato l’enigma della Sfinge, vuole conoscere la verita` che lo riguarda e non riesce a decifrarne gli indizi fin troppo evidenti, a nulla valgono gli inviti a desistere di Giocasta, la madre-sposa che ha ormai capito e, di fronte alla sua pervicacia, preferisce uccidersi; scoperte infine le sue inconsapevoli colpe il protagonista si acceca e abban- dona ramingo la sua terra, mentre il coro commenta che nessuno puo` ritenersi felice finche´ non e` giunto al termine della propria vita: L’Edipo a Colono e` il dramma della morte e della trasformazione in Eroe di Edipo, ma e` an- che la tragedia in cui il padre maledice i figli che lo ave- vano abbandonato. Il mito e` stato oggetto di molteplici interpretazioni; Sigmund Freud vi ha letto uno dei nodi fondamentali della strutturazione della personalita` e del- l’orientamento dei desideri umani, che egli chiama ap- punto complesso di Edipo, in base al quale si vuole la morte del genitore dello stesso sesso, avvertito come ri- vale, e si desidera sessualmente quello di sesso opposto. Claude Le´vi-Strauss, dal canto suo, sceglie proprio Edipo per esemplificare il suo metodo di analisi strutturale, in rapporto al problema della sopravvalutazione o della sottovalutazione dei legami di sangue in seno ad una so- cieta`. Esempio di figlio innocente sacrificato sara` invece Ippolito, vittima delle calunnie della matrigna, ma anche delle colpe del padre (Euripide, Ippolito); pure questo mito avra` ampio seguito, sebbene spesso l’attenzione, come in Seneca e in Jean Racine, si spostera` sulla matri- gna Fedra.
4. In Plauto il rapporto padri/figli, fortemente schema-