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Dal regno di Edoardo I (1272-1307) in poi, la giuria iniziò dunque ad assumere gradualmente le caratteristiche

mantenutesi fino ad oggi; nel 1367 per la prima volta una corte rifiutò un verdetto di colpevolezza emesso da 11 giurati e 72

gradualmente si iniziò a percepire come caratteristica

necessaria l’unanimità del verdetto ai fini dell’emissione di una sentenza di condanna , anche se con metodologie che 73

privavano i giurati dissenzienti della possibilità di esprimere liberamente il proprio convincimento. In particolare i problemi maggiori sorgevano quando i giurati che si erano convinti della

41 Liber Assisarum 11(1367)

72

G.O. Sayles, The Court of KIng’s Bench in Law and History, Londra, B.

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colpevolezza dell’imputato erano undici, in questi casi infatti i giudici erano soliti (specialmente durante il regno di Edoardo III ) ricorrere a strumenti coercitivi come l’imprigionamento ai 74

fini di ottenere il consenso mancante. Sul finire del XII secolo si era inoltre iniziato a separare le questioni di fatto da quelle di diritto , creando così un’area decisionale sulla quale il verdetto 75

della giuria era del tutto insindacabile. !

Stanti tutte queste innovazioni, nel 1468, Fortescue è in grado di fornirci una rappresentazione del jury trial che appare sotto molti aspetti moderna , soprattutto se comparata con le 76

procedure criminali utilizzate sul continente europeo nel medesimo periodo. Si deve comunque sottolineare come nel XVI secolo il processo penale avesse ancora uno scarso coefficiente di tecnicità; non erano infatti richieste particolari forme per la presentazione degli elementi che definivano l’accusa, né tantomeno era definito il peso di ciascuna prova a carico o a discarico, essendo le stesse rimesse al libero

apprezzamento dei giurati . Nel 1563 una legge di Elisabetta I 77

rese obbligatoria la presenza in udienza dei testimoni, anche

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se -bisogna sottolinearlo- ai giurati era ancora consentito di usare le loro proprie conoscenze per raggiungere un verdetto. Pochi anni dopo, Sir Thomas Smith, descrivendo il processo penale, ci permette di apprenderere che l’esame dei testimoni

P.H. Winfield, The History of Conspiracy and Abuse of Legal Procedure,

74

Cambridge, University Press, 1921, p. 196 Y.B. 21 & 22 Edward I, 273

75

Sir J. Fortescue, De Laudibus Legum Angliae, Cambridge, J. Butterworth

76

& Son, 1825, Chap. 25,26

W.L Dwyer, In the Hands of the People, St. Martin’s Press, 2002

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(1563) 5 Eliz. I, c. 9 (1563)

fosse incrociato e avvenisse alla presenza del giudice, delle parti, e dei loro avvocati:!

“Evidences of writinges be shewed, witnesses be sworne, and

heard before them, not after the fashion of the civill law but openly, that not only the xii, but the Judges, the parties and as many as be present may heare what ech witnesse doeth say: The adverse partie or his advocates which wee call counsellers and sergeants interrogateth sometime the witnesses, and driveth them out of countenance .!79

Sebbene nel XVI secolo la giuria avesse appena raggiunto una certa stabilità di funzioni, alcuni autori, tra cui si annovera

Theodore Plucknett, ritengono che già all’epoca di Fortescue, la giuria avesse già iniziato la sua parabola discendente. Una simile affermazione, peraltro non priva di fondamento , deve 80

essere però considerata alla luce di alcuni verdetti che la giuria emetterà nei secoli successivi- alcuni di essi saranno esaminati nei paragrafi successivi- che rivestono tutt’oggi un’importanza fondamentale non solo per la storia dell’istituto, ma anche per la definizione e la protezione di alcuni diritti fondamentali

dell’individuo, primo tra tutti la libertà di manifestazione del pensiero. Ciò detto è però innegabile come nel XV secolo si manifestarono con preoccupante frequenza episodi di

corruzione dei giurati, cui spesso i litiganti offrivano di coprire le spese da questi sostenute per partecipare al processo . Il solo 81

rimedio contro i verdetti emessi da una giuria parziale o corrotta

Sir T. Smith, De Republica Anglorum, London, G. Seton, 1583, Chap. 15

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fin dai primi anni del XVI secolo infatti le cronache giudiziarie abbondano

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di episodi di giurati corrotti o quantomeno influenzati dalle parti in causa, problematica scaturente dall’esiguità dei rimborsi che i giurati ricevevano.

Rolls from the offices of the sheriff of Beds. and Bucks., 1332-1334, ed. G.

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H. Fowler (Quarto Memoirs of the Bedfordshire Historical Record Society, vol. 3), 79, § 64

era l’antico writ of attaint, che attribuiva al soccombente il diritto di convocare una giuria di 24 uomini, non soltanto perché

revisionasse il verdetto, ma anche con la finalità di valutare un’eventuale responsabilità penale derivante da perjury dei 12 giurati. Risulta tuttavia evidente come un simile rimedio sia del tutto inadeguato alla procedura criminale del XV secolo dove la giuria non era più tenuta a conoscere i fatti di causa, ma veniva piuttosto chiamata a valutare le evidenze probatorie. Diveniva quindi impossibile processare una giuria per spergiuro,

dovendo piuttosto valutare quanto fosse scusabile l’errore di valutazione eventualmente commesso. Il writ of attaint di conseguenza cadde in disuso durante il XVI secolo, come dimostra il fatto che non ne sia fatta menzione nell’opera De

Republica Anglorum di Sir T. Smith. I giudici si trovano quindi

privi di strumenti legalmente predisposti per punire i giurati che emettessero un verdetto che essi ritenevano palesemente contrario alle prove dedotte in giudizio. In un periodo storico come il XVII secolo, caratterizzato da numerosi processi a carattere fortemente politico, era inevitabile che questa situazione sfociasse in un conflitto tra i giudici, tesi a

salvaguardare le prerogative della corona, e la giuria che molto spesso si schierò apertamente dalla parte degli individui,

difendendone i diritti. Paradigmatico in questo ambito, è il

processo di William Penn Jr. celebratosi a Londra nel 1670, che per le conseguenze che ne scaturirono merita senz’altro di essere esaminato dettagliatamente.!