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1.3 Gli effetti della comunicazione finanziaria

1.3.3 Gli effetti sugli intermediari informativi

Oltre alle ricerche citate, è interessante ricordare uno studio115 condotto su questo tema con una metodologia del tutto differente e alquanto insolita per la letteratura che si occupa di disclosure: la relazione tra informativa volontaria, liquidità e costo del capitale è stata infatti indagata in un contesto sperimentale, osservando che la disclosure ha effetti positivi sia sulla liquidità (che aumenta) sia sul costo del capitale (che diminuisce). L’esperimento ha evidenziato che le informazioni hanno un effetto diretto sui prezzi, poiché gli investitori gravati da minori incertezze sui flussi di cassa sono disposti ad acquistare a prezzi più elevati, e un effetto diretto sulla liquidità, dal momento che induce a comprare a prezzi più alti e a vendere a prezzi più bassi.

L’informativa ha un impatto indiretto su queste grandezze anche quando gli investitori sono soggetti a shock della domanda: in tale contesto, infatti, gli investitori sono disponibili ad acquistare a un prezzo superiore azioni per cui hanno accesso a un’informativa più ampia, poiché questa comporta una maggiore liquidità del titolo, che riduce la pressione sui prezzi in caso di necessità di vendita.

Infine, appare opportuno richiamare una ricerca condotta sulla relazione tra la disclosure e il costo del capitale di debito116, che ha evidenziato un’associazione negativa tra il rating attribuito dagli analisti finanziari all’informativa aziendale considerata nel suo complesso (bilancio, relazioni trimestrali, comunicati, altre relazioni e incontri con gli analisti) e il costo del debito, in linea con l’ipotesi che la comunicazione finanziaria riduce il rischio percepito dai soggetti finanziatori, e di conseguenza il costo del capitale di debito.

L’ipotesi di fondo è che se le informazioni private del management non sono completamente comunicate nell’informativa obbligatoria, la diffusione di informativa volontaria riduce il costo di acquisizione delle informazioni da parte degli analisti, agevolando la loro attività, così da aumentare la loro offerta di informativa derivata117. La disclosure volontaria consente inoltre agli analisti di effettuare migliori previsioni e raccomandazioni, incrementando così anche la domanda per i loro servizi. D’altro canto, è necessario prendere in considerazione l’eventualità che la disponibilità di informativa volontaria accessibile anche agli investitori possa avere l’effetto opposto, riducendo la domanda di informativa secondaria.

Nonostante questa possibilità teorica, i risultati di numerose ricerche empiriche confermano l’ipotesi che la disclosure volontaria tenda a incrementare i flussi di informativa derivata, con risultati concordi circa l’aumento del following degli analisti e indicazioni meno risolutive circa gli effetti sulla dispersione e sull’accuratezza delle stime.

Le prime evidenze sono state osservate in uno studio118 focalizzato sulla relazione esistente tra la disclosure, la copertura delle aziende da parte degli analisti finanziari e le proprietà delle loro stime, da cui è emerso che le aziende con le migliori valutazioni della comunicazione finanziaria119 hanno una maggiore copertura del titolo, minore dispersione nelle stime e minore volatilità nelle loro revisioni. Tali risultati confermano il ruolo estremamente rilevante dell’informativa primaria nell’attività degli analisti e supportano l’idea che migliorando l’informativa rilasciata al mercato le aziende possano attirare l’attenzione degli analisti finanziari, migliorare le previsioni del mercato e ridurre le asimmetrie informative, limitando così anche le market surprise.

Inoltre, gli effetti positivi indotti dalla comunicazione primaria sull’informativa derivata sono in linea con l’idea che le informazioni divulgate dall’azienda non sono sostituti dei

117 BHUSHAN R., Collection of information about publicly traded firms: theory and evidence, Journal of Accounting and Economics, vol. 11, n. 2-3, 1989a, pp. 183-206; BHUSHAN R., Firm characteristics and analyst following, Journal of Accounting and Economics, vol. 11, n. 2-3, 1989b, pp. 255-274; LANG M. LUNDHOLM R., Corporate disclosure policy and analyst behaviour, The Accounting Review, vol. 71, n.

4, 1996, pp. 467-492. Tale ipotesi è coerente con il concetto di neglected stock espresso da Merton, relativo alle azioni per cui sono disponibili poche informazioni che di conseguenza sono scarsamente seguite dagli analisti finanziari. MERTON R.C., A simple model of capital market equilibrium with incomplete information, Journal of Finance, vol. 42, n. 3, 1987, pp.483-510.

118 LANG M.LUNDHOLM R., Corporate disclosure policy and analyst behaviour, op.cit.

119 La ricerca ha utilizzato le valutazioni degli analisti finanziari contenute nel FAF Report, che prendono in considerazione diverse forme di disclosure: i bilanci, gli altri documenti pubblici (relazioni trimestrali, comunicati stampa), e l’attività di investor relation.

servizi degli analisti, e che le differenze tra le valutazioni dei diversi analisti possano dipendere dalla disponibilità di dati provenienti da fonti non aziendali piuttosto che da differenti interpretazioni dell’informativa primaria. I riflessi della disclosure sull’attività degli analisti sono inoltre particolarmente rilevanti se si considera il ruolo svolto dagli intermediari informativi e la loro influenza sulle aspettative del mercato, tale da indurre molti studiosi a ritenere le loro valutazioni come espressione delle attese del mercato.

Risultati analoghi sono stati poi ottenuti nel già citato studio120 condotto sugli effetti dei significativi miglioramenti nella comunicazione: le aziende che hanno migliorato il loro rating121, infatti, hanno sperimentato un incremento nel following degli analisti. In particolare, prima del cambiamento tali aziende erano caratterizzate da una copertura inferiore alla media, mentre in seguito il following è aumentato portandole in linea con i valori medi. Nella stessa ricerca, la relazione tra il potenziamento della disclosure e la riduzione della dispersione dei giudizi degli analisti è stata invece verificata solo nell’analisi univariata, mentre i risultati dell’analisi multivariata non sono stati significativi.

L’effetto positivo della comunicazione finanziaria sull’informativa derivata è stato inoltre confermato in relazione all’utilizzo di altri veicoli di comunicazione. È stato, infatti, osservato un aumento del following degli analisti per le aziende che offrono informativa volontaria attraverso presentazioni agli analisti122. I risultati hanno evidenziato un aumento dell’attività di previsione da parte degli analisti in seguito all’evento, che appare come una conseguenza non temporanea, di cui beneficiano in maggior misura le aziende il cui titolo era sottovalutato prima della presentazione123. Anche in questa ricerca, tuttavia, non ha trovato supporto l’ipotesi di benefici della disclosure sulla qualità delle stime degli analisti: infatti, non è stata riscontrata una minor dispersione o maggiore accuratezza per le valutazioni espresse dopo le presentazioni.

120 HEALY P.M. HUTTON A.P. PALEPU K.J., Stock performance and intermediation changes surrounding increases in disclosure, op.cit.

121 Per dettagli circa i fattori considerati nella valutazione degli analisti e le motivazioni alla base del miglioramento della comunicazione, si rinvia al paragrafo precedente.

122 FRANCIS J. HANNA J.D.PHILBRICK D.R., Management communications with securities analysts, Journal of Accouting and Economics, vol. 24, n. 3, 1997, pp. 363-394.

123 Mentre non è confermata l’ipotesi che tale beneficio sia maggiore per le aziende di piccole dimensioni.

Uno studio124 più focalizzato circa gli effetti della comunicazione sulla qualità di tali stime è stato recentemente condotto con riferimento alla sola comunicazione di dati non finanziari (incoraggiata dal Jenkins Report125) nei bilanci annuali su un campione di 120 aziende di Belgio, Germania e Paesi Bassi. I risultati mettono in luce la rilevanza di alcuni fattori e una maggiore complessità nel rapporto tra comunicazione finanziaria e qualità delle stime: la divulgazione di dati storici, infatti, non ha alcun impatto sulle caratteristiche delle previsioni degli analisti, mentre la diffusione di dati prospettici non finanziari ha effetti positivi sia in termini di minor dispersione sia in termini di maggior accuratezza.

L’aumento nel following degli analisti è stato poi indirettamente rilevato come effetto della comunicazione finanziaria in una ricerca126 condotta su 184 aziende statunitensi (i cui titoli sono negoziati su Nyse, Nasdaq, Amex, OTC Bulletin Board e Pink Sheets) che si sono avvalse di consulenti per lo sviluppo di una strategia di investor relation. Tali aziende, infatti, in seguito alla consulenza hanno presentato immediatamente un significativo arricchimento nella disclosure, un incremento dell’attenzione della stampa e dell’attività di negoziazione del titolo, e questi effetti, dopo circa due trimestri, sono stati accompagnati da un aumento nelle partecipazioni detenute da investitori istituzionali e nella copertura degli analisti. L’entità di tali conseguenze è inoltre associata al mercato di quotazione delle aziende osservate: infatti, l’impatto sui possessi azionari degli investitori istituzionali e sul following degli analisti è risultato maggiore per le società quotate al Nasdaq, mentre l’aumento nell’attività di negoziazione e nella ricchezza dell’informativa fornita è stato più rilevante per le aziende con titoli negoziati su OTC Bulletin Board e Pink Sheets. Tali risultati portano a ritenere che la comunicazione finanziaria e le investor relation possano svolgere un ruolo estremamente importante in particolare per le aziende quotate di medie e piccole dimensioni nel superare almeno in parte i problemi di scarsa visibilità.

Un numero limitato di studi ha indagato gli effetti sugli intermediari informativi delle investor relation, conducendo ad evidenze empiriche miste. In linea con le ipotesi

124 VANSTRAELEN A.–ZARZESKI M.T.-ROBB S.W.G., Corporate nonfinancial disclosure practices and financial analyst forecast ability across three European countries, Journal of International Financial Management and Accounting, vol. 14, n. 3, 2003, pp. 249-278.

125 AMERICAN INSTITUTE OF CERTIFIED PUBLIC ACCOUNTANTS (AICPA), Improving business reporting - A customer focus: A comprehensive report of the special committe on financial reporting, op. cit.

126 BUSHEE B.J.MILLER G.S., Investor relations, firm visibility and investor following, working paper, disponibile su www.ssrn.com, gennaio 2005.

relative agli effetti della disclosure, una ricerca127 condotta sulle conseguenze delle investor relation sugli attributi delle relazioni degli analisti finanziari ha rilevato l’esistenza di un’associazione negativa tra la qualità delle attività di investor relation (misurata dai rating annuali del Financial Analysts Federation Corporate Information Committee) e la dispersione delle previsioni relative agli earnings per share (EPS) formulate dagli analisti, per cui le aziende caratterizzate da una migliore qualità delle investor relation ricevono stime più uniformi dell’EPS da parte di tali soggetti rispetto a società con investor relation di qualità inferiore. La stessa ricerca non ha tuttavia osservato alcuna associazione significativa tra le investor relation e l’accuratezza delle stime, suggerendo che le tali attività conducano tendenzialmente a previsioni più uniformi, ma non necessariamente più vicine ai valori effettivi.

Una recente ricerca128 condotta su un campione di 122 aziende che hanno vinto lo US Investor Relations Magazine Award129 per la qualità delle loro investor relation ha poi evidenziato risultati in contrasto con le ipotesi precedentemente esposte, mettendo in luce come gli studi condotti sui loro effetti sul mercato dei capitali possano essere differenti a seconda del contesto di indagine. Infatti, in un periodo di osservazione caratterizzato da un calo di fiducia del mercato nella credibilità dei documenti contabili e nell’integrità dei vertici aziendali, le aziende a cui era già stato assegnato questo premio rispetto a un campione di aziende con caratteristiche simili hanno sperimentato una riduzione significativa nella copertura da parte della stampa e nel following degli analisti, oltre a una minor crescita nei volumi di negoziazione.

Tali evidenze empiriche suggeriscono che gli scandali contabili possano aver danneggiato anche la considerazione che gli investitori avevano per le investor relation e che le attività ad esse collegate non siano state efficaci nel proteggere le aziende dal calo di fiducia del mercato, comportando così una maggior penalizzazione per le aziende che avevano mostrato un maggior impegno in tali attività. In contrasto con le ipotesi proposte dagli studi precedenti, tali risultati portano quindi a ritenere che i programmi di investor relation generalmente possano condurre a effetti positivi per l’azienda, mentre in periodi di scarsa fiducia del mercato non riescano a mantenere

127 FARRAGHER E.J.KLEIMAN R.–BAZAZ M.S., Do investor relations make a difference?, The Quarterly Review of Economics and Finance, vol. 34, n. 4, 1994, pp. 405-412.

128 PEASNELL K.TALIB S.YOUNG S., The fragile returns to investor relations: evidence from a period of declining market confidence, working paper, Lancaster University Management School, 2007/035, 2007.

129 Tale premio è assegnato sulla base di un’indagine condotta su migliaia di gestori di fondi, analisti finanziari e investitori retail.

elevata la credibilità dell’azienda e delle sue comunicazioni, inducendo piuttosto i destinatari della comunicazione a considerare l’approccio aziendale all’informativa pubblica eccessivamente promozionale, riducendo la maggior credibilità acquisita in precedenza e comportando così effetti negativi in termini di attenzione del mercato.