1.2 Le motivazioni della comunicazione finanziaria
1.2.3 Il rapporto tra la comunicazione volontaria e gli obblighi normativi
Avendo tratteggiato le motivazioni per cui le aziende avviano il processo di comunicazione con gli investitori, appare opportuno sottolineare che la distinzione tra informativa obbligatoria e volontaria, per quanto immediatamente comprensibile sotto il profilo teorico, non è così netta e definita se si considerano alcune circostanze concrete66.
Innanzitutto, in alcune occasioni la decisione di comunicare informazioni che formalmente non sono oggetto di obblighi normativi deriva non da un libero intendimento del management, ma dal diffondersi di altre notizie sul mercato o da richieste specifiche (comunicazione reattiva). In caso di rumour tali da provocare sensibili variazioni nel prezzo del titolo, per esempio, le società italiane hanno l’obbligo ai sensi del Regolamento Emittenti67 di emanare immediatamente un comunicato stampa per informare il mercato circa la veridicità di tali notizie. In base allo stesso Regolamento Emittenti68, inoltre, le aziende che hanno fornito dati previsionali sono tenute a informare il pubblico di ogni rilevante scostamento rispetto agli obiettivi precedentemente diffusi. Tali obblighi informativi non riguardano la diffusione di informativa periodica, ma scattano nel momento in cui alcune informazioni particolarmente rilevanti per il prezzo dell’azione si diffondono per effetto di rumour o vengono volontariamente divulgate dall’azienda.
Esistono poi altre circostanze che, pur non portando ad obblighi informativi, inducono l’azienda a comunicazioni di tipo reattivo: alcune informazioni, infatti, possono essere chieste all’azienda direttamente da grandi investitori e operatori professionali per chiarire la natura di operazioni straordinarie o aspetti della comunicazione finanziaria precedentemente divulgata. L’azienda può poi decidere di fornire informazioni formalmente non obbligatorie se la prassi del settore in cui opera lo prevede e tali informazioni sono comunicate al mercato dai suoi concorrenti. In entrambe le situazioni, la scelta di non diffondere i dati sarebbe teoricamente possibile, ma concretamente penalizzerebbe in maniera sensibile l’azienda, tanto da poter essere percepita dal management come informativa non completamente volontaria.
66 QUAGLI A., Comunicare il futuro, op. cit.
67 Art. 66/7 Regolamento Emittenti.
68 Art. 68 Regolamento Emittenti.
Oltre alle fattispecie di comunicazione reattiva, una categoria intermedia tra informativa obbligatoria e volontaria è rappresentata dalle comunicazioni che sono volute nel contenuto, ma obbligate nella forma. Con riferimento alla realtà italiana, in base al Regolamento Emittenti69 la diffusione dei dati previsionali (che avviene per autonoma scelta dell’azienda) deve essere obbligatoriamente effettuata rispettando le forme di pubblicità previste per la comunicazione dei fatti rilevanti70, ossia mediante l’invio di un comunicato alla società di gestione del mercato (che lo mette immediatamente a disposizione del pubblico), ad almeno due agenzie di stampa e alla Consob e attraverso la pubblicazione sul sito internet aziendale, ove disponibile, del comunicato (dove deve rimanere disponibile per almeno due anni).
La distinzione tra informativa obbligatoria e volontaria è inoltre relativa allo specifico contesto normativo di riferimento, per cui le aziende quotate in più mercati possono essere tenute a fornire informazioni aggiuntive e prospetti di riconciliazione, che costituiscono comunicazione obbligatoria rispetto a un mercato e volontaria rispetto all’altro. Questo fenomeno è stato fortemente ridimensionato per effetto del processo di armonizzazione contabile in atto negli ultimi anni: infatti, tutte le società quotate sui mercati dell’Unione Europea sono tenute a redigere il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali (IFRS) e la Securities and Exchange Commission (SEC) ha recentemente approvato all’unanimità la decisione di permettere alle società straniere quotate negli Stati Uniti di redigere i propri bilanci in base agli IFRS, senza ulteriori necessità di riconciliazione, a partire dai bilanci chiusi dopo il 15 novembre 200771. Fino a tale data, le società italiane quotate sia in Italia sia negli Stati Uniti sono state tenute a redigere il prospetto 20-F, contenente alcune informazioni non obbligatorie secondo la regolamentazione italiana; tuttavia, per rispettare il principio dell’equivalenza informativa fissato dal Regolamento Emittenti72, tali aziende erano obbligate a mettere a disposizione del pubblico le ulteriori informazioni fornite negli
69 Art. 68 Regolamento Emittenti.
70 Art. 66 Regolamento Emittenti. Si ricorda che i comunicati price sensitive sono disciplinati anche nel contenuto dalle Istruzioni al regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.
(Sezione IA.2.9.1).
71Release nos. 33-8879; 34-57026; International series release no. 1306; file no. S7-13-07, “Acceptance from foreign private issuers of financial statements prepared in accordance with international financial reporting standards without reconciliation to GAAP”.
72 Art. 88 Regolamento Emittenti.
Stati Uniti qualora queste avessero importanza per la valutazione degli strumenti finanziari sul mercato italiano.
Infine, la distinzione tra informativa obbligatoria e volontaria può essere incerta laddove gli obblighi informativi siano formulati in maniera minimale e poco specifica, per cui le aziende possono dare interpretazioni differenti circa il contenuto delle informazioni dovute, comunicando solo ciò che è espressamente richiesto oppure fornendo informazioni aggiuntive per migliorare la comprensione da parte degli investitori. Questa situazione si verifica frequentemente con riferimento agli obblighi relativi alle parti narrative del bilancio: per esempio, la descrizione dell’evoluzione prevedibile della gestione può limitarsi a poche righe sulle previsioni generali effettuate dal management circa il risultato economico oppure approfondire alcuni aspetti relativi alla strategia e alla sua implementazione per offrire una comunicazione più completa. In casi analoghi, una distinzione tra informativa voluta e dovuta è possibile solamente comparando il comportamento delle diverse società, considerando quindi in qualche misura volontarie tutte le informazioni fornite rispetto al contenuto minimale imposto dalle norme.
Le categorie intermedie rispetto alla distinzione tra informativa obbligatoria e volontaria sono sintetizzate all’interno di una tassonomia più ampia73, che comprende:
- l’informativa obbligatoria puntuale, che deriva dal rispetto di norme specifiche;
- l’informativa volontaria di completamento, che comprende la comunicazione di dati dovuta all’integrazione del dettato normativo, ossia all’interpretazione estensiva degli obblighi informativi a carico dell’azienda;
- l’informativa volontaria condizionata, divulgata dall’azienda per l’adesione a codici, per emulazione delle best practice o come comunicazione reattiva;
- l’informativa volontaria pura, che viene diffusa dall’azienda in assenza di vincoli esterni diretti e costituisce informativa volontaria in senso stretto.
73 AVALLONE F., Financial disclosure: Determinants and stock prices, paper presentato al I workshop del Gruppo di Attenzione Aidea sulla Comunicazione ai Mercati Finanziari, Brescia, 17 febbraio 2005.