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Gli sviluppatori indipendenti

1.2. La produzione indipendente

1.2.1. Gli sviluppatori indipendenti

Pur comprendendo approcci diversi, dall’hobbismo al professionalismo, la produzione indipendente si contraddistingue per un profondo entusiasmo allo sviluppo videoludico come campo creativo in antitesi alle pratiche attuate dall’industria tripla‒A. Negli ultimi anni, lo sviluppo indipendente ha

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assistito ad una crescita esplosiva sia nel numero di sviluppatori e giochi rilasciati che di utenza sul mercato. Al fine di identificare cosa caratterizza una produzione indipendente rispetto a una considerata mainstream, è necessario considerare il background che ha portato a questo boom. Nella letteratura accademica, Hector Postigo è tra i primi nel 2003 a notare un aumento di produzione e popolarità nello sviluppo amatoriale, esemplificato nella pratica del modding, lo sviluppo di versioni modificate (mod) di videogiochi commerciali da parte di hobbisti e appassionati, detti modder120. Per quanto la pratica si possa far risalire all’era dei primi home

computer (ad esempio nel fenomeno del cracking121), l’affermazione del modding è strettamente legata all’aumento delle potenzialità hardware dei PC e, soprattutto, della diffusione delle BBS prima e di Internet poi avvenuta durante gli anni Novanta. La possibilità di giocare in multiplayer tramite l’accesso ad un network porta alla proliferazione di gruppi di appassionati dedicati a vari videogiochi e alla creazione di siti web che accolgono forum di discussione e contenuti fan‒

created122, come artwork ispirati al gioco e guide con consigli e “trucchi” di gameplay. Utilizzando la rete come canale distributivo, sui propri siti i modders permettono il download (solitamente) gratuito le loro opere, che variano da semplici riarrangiamenti estetici fino alle “Total Conversions” autonome rispetto al gioco originale123.

Nonostante non manchino esempi precedenti di videogiochi contenenti editor o dedicati esplicitamente alla costruzione autonoma di mappe e livelli da parte dei giocatori124, è largamente condiviso il fatto che Doom (id. Software, 1993) sia stato il primo videogioco concepito volutamente per agevolare il modding su vasta scala125. La scelta era dettata primariamente per motivi economici: il gioco precedente della id., Wolfenstein 3D (1992), era stato craccato da alcuni fan che ne avevano creato delle versioni con nuove grafiche e livelli, rinnovando l’interesse per il gioco e prolungandone la durata a scaffale. Se per i publisher e le grandi software house del periodo questa era una pratica da combattere poiché, a loro avviso, andava a infrangere le leggi del

120 Postigo, Hector, From Pong to Planet Quake: Post Industrial Transitions from Leisure to Work, in Information,

Communication & Society, Vol.6(4), 2003, p.596.

121 I cracker superavano con un programma sviluppato ad hoc (crack) le protezioni anticopia dei videogiochi commerciali al fine di poterne modificare creativamente alcune parti, principalmente cut-scene introduttive e/o le schermate iniziali. Non sempre videogiochi ma piuttosto brevi filmati in computer graphic, tali modifiche erano chiamate cracktos, crasi di crack e intros, e avevano lo scopo di mostrare le abilità di programmazione del cracker ad altri cracker. Spesso però l’abilità di craccare un gioco era finalizzata alla copia e rivendita illegale del gioco stesso.

122 Sotamaa, Olli, On modder labour, commodification of play, and mod competitions, in First Monday, Vol.12(9), 3 settembre 2007.

123 Ibid.

124 Si vedano ad esempio Excitebike (Nintendo, 1984), simulatore di guida di motocross che presentava una modalità chiamata Design, con la quale il giocatore poteva creare piste personalizzate, e Pinball Construction Set (EA, 1983), che permetteva di realizzare i propri flipper con elementi forniti dal gioco o aggiunti dall’utente.

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copyright126, con Doom alla id. decisero invece di favorirla esplicitamente, rendendo il più accessibile possibile la libera sperimentazione agli utenti127. Ricorda Jay Wilbur, all’epoca direttore commerciale della id., come questa scelta «gives the game legs, so a game that might exhaust its time in the marketplace in six to 12 months might get an additional 12 or 18 months or more depending on how popular it is because users are creating more content128».

Il successo della formula adottata con Doom portò alla formazione di una fan base solida e fidelizzata129, tuttora molto attiva130, e convinse la id. a replicare la strategia con Quake (1996) e Quake 2 (1997), spingendo anche l’industria mainstream ad inserire con sempre più frequenza editor nelle proprie produzioni131, con forte enfasi sull’aspetto autoproduttivo dei contenuti nelle pubblicità. Per quanto qui le intenzioni fossero prettamente commerciali, è innegabile come anche questi spesso semplici e limitati strumenti abbiano incoraggiato la creazione di contenuti amatoriali, portando all’ulteriore formazione di comunità dedicate allo scambio di materiali, di opinioni, di guide pratiche allo sviluppo. proliferazione di centinaia di mod groups e alla produzione di migliaia di mod132. Come rilevano Martin e Deuze,

«with the increasing prevalence of digital distribution of free SDKs, the design of games with built-in level editors and other customization tools, and social networks becoming incorporated into games and game production itself, it is difficult to draw effective lines between what is production or consumption in gamework133».

Possiamo individuare qui uno dei momenti fondanti di quell’etica dello sharing che diventerà caratteristica basilare dello sviluppo indipendente, come afferma Orlando Guevara-Villalobos, per il quale «within indie communities and networks, code sharing is a defining feature of game work. It fulfils different purposes, as it is both the product of the cultural ethos of the Web and a learning practice134». Ne consegue una progressiva auto‒alfabetizzazione informatica collettiva, che porta in molti casi alla formazione di figure professionali altamente specializzate come programmatori, animatori, artisti 3D, ricercati dalle software house poiché ne abbattono i costi formazione del

126 Donovan, Tristan, op.cit., 2010, p.261.

127Sotamaa, Olli, op.cit., 2007.

128 Donovan, Tristan, op.cit., 2010 p.261.

129 Postigo, Hector, op.cit., 2003, p.596.

130 Si veda ad esempio Brutal Doom v21 (Sergeant_Mark_IV, 2017), che introduce nel gioco originale nuove meccaniche come l’head-shot, nuove armi, nuovi livelli ed elaborate animazioni splatter per le uccisioni dei nemici.

131 Graebsch, Roman, op.cit., 2013, p.39.

132 Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno, all’agosto 2018 nel solo portale Mod DB ne sono disponibili oltre 18.000 (https://www.moddb.com/mods).

133 Martin, Chase Bowen, Deuze, Mark, op.cit., 2009, p.291.

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nuovo personale135. Wilbur commenta come Doom «gave users the opportunity to literally touch the tools that we used for the games we make, allowing them to turn themselves from amateur developer into a professional developer136», mentre per Postigo

«the predominance of “high‒tech” production, the rise of the Internet, and the cultural

capital associated with computerization all have contributed to the rise of hobbyist software developers that currently tinker with commercial video games and freely add to them increasing levels of sophistication137».

Ai modders e agli hobbisti, si aggiungono presto sviluppatori professionisti esasperati e delusi dalle condizioni lavorative all’interno delle grandi software house, meccaniche e creativamente castranti. Sono numerosi gli esempi di sviluppatori professionisti che decidono di licenziarsi da un publisher per dedicarsi allo sviluppo indipendente. Coscienti di perdere una potenziale stabilità economica per imbracciare una carriera probabilmente precaria, guadagnano allo stesso tempo una serie di benefici non pecuniari, a partire dalla soddisfazione personale di potersi esprimere creativamente secondo i propri termini. Spesso tenuti in alta considerazione dagli altri sviluppatori così come dai giornalisti di settore e dai giocatori, molti sviluppatori indipendenti sperano così di ottenere, oltre alla gratificazione personale, anche fama e acclamazione critica.

Cliff Harris lascia Lionhead, lo studio fondato da Peter Molineux138, nel 2006, dopo aver lavorato allo sviluppo di The Movies (2005) e deluso da promesse non mantenute, per dedicarsi a tempo pieno alla software house che aveva fondato nel 1997, Positech:

«I totally lost faith in the way big retail companies did things at that point. There were a

lot of promises made during the last year I was there relating to promotions, future positions, bonuses etc., all to ensure I stayed on and helped get The Movies out the door. Once the game was finished it was clear none of this was going to happen, we argued, and I left139».

135 Kücklich, Julian, Precarious Playbour: Modders and the Digital Games Industry, in Neilson, Brett, Rossiter, Ned

(eds.), Precarious Labour, in Fibre Culture Journal, n.5, dicembre 2005.

(http://journal.fibreculture.org/issue5/kucklich_print.html).

136 Donovan, Tristan, op.cit., 2010, pp.260-261.

137 Postigo, Hector, op.cit., 2003, p.594.

138 Considerato tra i più importanti sviluppatori della storia videoludica, Molineux è autore di classici come Populus (Bullfrog, 1989), Theme Park (Bullfrog, 1994), Dungeon Keeper (Bullfrog, 1997), Black & White (Lionhead Studios, 2001) e la saga Fable (Lionhead Studios, dal 2004).

139 GameProducer.net, Interview with Positech Games Producer Cliff Harris: Kudos Game Production, 2006. (http://www.gameproducer.net/2006/07/10/interview-with-positech-games-owner-cliff-harris-kudos-game-production/). Al luglio 2018, il link è scaduto. La citazione è ripresa da Martin, C.B., Deuze M., op.cit., 2009, p.287.

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Dipendenti della EA, Ron Carmel e Kyle Gabler, lasciano il loro lavoro nel 2006 e fondano la software house 2D Boys: nel 2008 pubblicano su Steam World of Goo, vincitore dei premi “Design Innovation” e “Technical Excellence” all’Independent Games Festival dello stesso anno140. Gabler ricorda:

«Before I worked at Electronic Arts, I imagined the halls would be filled with tricycles

and rainbows, and everyone’s office would be a ball pit and game development would be like magic shooting out of people’s fingers. It wasn’t exactly like that. It turns out humans make games by typing on keyboards and having meetings with Post-It notes and telephone calls and spreadsheets141».

Frustrati dall’esperienza con l’industria tripla-A, Arnt Jensen e Dino Christian Patti nel 2006 lasciano i loro lavori e fondano la software house Playdead per sviluppare un progetto personale,

Limbo (Playdead, 2010). Patti ricorda come:

«I was sick and tired of working hard, crunching a lot [...] I really didn’t want to be in

that business because I didn’t think you would be able to do what you really wanted because of the constraints of the economy, finding talent, bad management...142».

Il desiderio di potersi dedicare a progetti più personali e creativi, la sensazione di non avere possibilità di carriera all’interno della gerarchica organizzazione del lavoro delle grandi compagnie, l’insoddisfazione nel non vedere riconosciuti i propri sforzi, sono cause comuni della volontà di molti sviluppatori di abbracciare lo sviluppo indipendente, per quanto economicamente precario. Pedercini legge questa “migrazione” da una prospettiva socio-economica:

«I believe the indie gaming movement is yet another instance of a soft‒rebellion of

(mostly) skilled workers who realize to have an excess of creativity. That is a creativity that exceeds the ability of the capital to commodify it. These subjects are intentionally leaving massive corporate structures [and] look for forms of reward that are not exclusively monetary. Things like reputation, friendship, personal empowerment and so on143».

Molti sviluppatori indipendenti sono però hobbisti, amatori, studenti, artisti senza alcuna esperienza pregressa nell’industria e con scarse conoscenze di programmazione, che si approcciano alla

140 IGF News, 2008 IGF Awards topped by Crayon Physics Deluxe, 20 febbraio 2008. (http://www.igf.com/article/2008-igf-awards-topped-crayon-physics-deluxe).

141 Donovan, Tristan, op.cit., 2010, p.358.

142 Thomsen, Michael, How Limbo Came To Life, IGN, settembre 2010. ( http://www.ign.com/articles/2010/09/14/how-limbo-came-to-life).

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produzione videoludica per soddisfare il proprio “eccesso di creatività” senza particolari mire economiche. Tarn Adams lascia il suo lavoro come professore di matematica per dedicarsi allo sviluppo, tra gli altri, di Dwarf Fortress (Bay 12 Games, 2002)144; Michael Lutz, autore di The

Uncle Who Works For Nintendo (2014), si descrive su Patreon come «a writer, game designer, and

cultural critic [...]. I’m a graduate student. I specialize in early modern English drama, which is like, Shakespeare and stuff [...]. I also teach145»; Thomas Grip, autore con Jens Nilsson di Amnesia: The

Dark Descent (Frictional Games, 2010), ricorda come la loro software house Frictional Games

«started out [...] when Jens started to help out with sound effects for hobby project I was working on146».

È infine evidente come, per quanto le motivazioni che spingano un hobbista o uno sviluppatore professionista a diventare indipendente siano varie, queste trovino radice comune nel desiderio di sviluppare giochi liberi da un qualsiasi controllo creativo che possa interferire con la sua realizzazione, a scapito spesso del ritorno economico.