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Vacatio legis

IL VIDEOGIOCO IN ITALIA

2.2. Riviste, hobbismo, home computer

2.3.1. Vacatio legis

Per avere una prima legge bisognerà aspettare il 29 dicembre 1992, quando fu approvato il decreto legislativo n.518 che recepiva la direttiva della Comunità Europea 91/250 del 14 maggio 1991, la

359Massi cadenti [nickname], Alga Soft nr. 10/88 A, EdicolaC64 forum - Il Commodore 64 in Italia, 18 marzo 2015. (http://www.edicolac64.com/public/smf/index.php?topic=2385.0).

360 Fondatore con Steed Kulka della software house Digiteam che, tra gli altri, pubblicherà per Idea la versione per Amiga di Lupo Alberto: The Videogame (1990) e Cattivik: The Videogame (1992).

361 Rossi, Fabio, Cardillo, Paolo, Crosignani, Simone, Speciale come nascono i videogiochi - Prima parte, in

Computer+Videogiochi, n.6, giugno 1991, Gruppo Editoriale Jackson, pag.61.

362 Ibid.

363 Programmatore tra i primi a specializzarsi nell’aspetto sonoro e musicale nei videogiochi, è tra i componenti della software house LindaSoft di Monza

364 Rossi Fabio (con Cardillo Paolo e Crosignani Simone), op.cit., pag.62.

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quale imponeva ai paesi membri di estendere al software la legge sul diritto d’autore in vigore entro il 31 dicembre 1992. Per tutti gli anni Ottanta, il problema della pirateria, quanto meno nei suoi aspetti civilistici, è stato trattato e in qualche modo risolto dalla giurisprudenza tramite diverse e all’inizio contrastanti sentenze dei Tribunali, che avevano infine ritenuto di poter applicare le norme sul diritto d’autore anche al software, in quanto opera d’ingegno.

La prima sentenza in assoluto, rilasciata dalla Pretura di Torino in data 25 maggio 1982, riguarda la causa intentata dalla Fratelli Bartolino S.r.l. (produttrice su regolare licenza di cabinati della Atari come Asteroids e Missile Command) contro la Sidam S.r.l. (accusata di produrre cabinati del tutto simili, ma con titoli diversi ‒ Asterock e Missile Attack ‒ senza alcuna licenza). La Sidam venne accusata in una prima sentenza non di violazione dei diritti d’autore, ma di concorrenza sleale per «violazione dell’art. 2598 c.c. in relazione sia all’imitazione servile, in quanto le immagini del gioco erano “sorprendentemente identiche”, sia alla correttezza professionale, in quanto “la riproduzione di un programma di altrui produzione risparmia al produttore cospicue spese di progettazione e di ricerca, quali vengono assorbite dalla sempre più raffinata tecnica sofisticatrice”366». La seconda sentenza, definitiva e datata 15 luglio 1983, condanna invece la Sidam anche per violazione dei diritti d’autore: il videogioco viene qui definito per la prima volta come “immagine in movimento”, classificandolo come un’opera audiovisiva e permettendo di conseguenza l’applicazione della disciplina dettata per le opere cinematografiche. Secondo i giudici torinesi, «non dovevano ritenersi opere cinematografiche solo i film, ma anche le altre forme di rappresentazione indipendentemente dalla tecnica utilizzata e dalla forma d’espressione367».

In seguito a successive denunce, non solo da parte di produttori di cabinati ma anche di editori legali di riviste con giochi su cassetta, svariati Tribunali italiani contribuirono al dibattito. Con la sentenza dell’11 aprile 1984, la Pretura di Pisa fece un passo in avanti rispetto a quella di Torino, affermando che «il programma per elaboratore dovesse intendersi come opera dell’ingegno a tutti gli effetti […], dichiarato il principio secondo cui il programma per elaboratore che si caratterizzi per una originalità rispetto ad altri prodotti analoghi, nonché per una propria forma espressiva, può accedere alla tutela prevista dalla normativa in tema di diritto d’autore368», mentre altri giudici si espressero in maniera contraria. Ad esempio, il Tribunale di Monza con sentenza del 12 dicembre 1984, stabilì che «il programma per elaboratore non è tutelabile dal diritto d’autore in quanto

366 Roggero, Claudia, Diritto d’Autore e Videogame: i videogiochi sono tutelati dalla legge sul diritto d’autore?, Dandi.media, 1 giugno 2017. (https://www.dandi.media/2017/06/diritto-autore-videogame/).

367 Gaudenzi Sirotti, Andrea, La tutela penale del software, in Diritto24 - Il Sole 24 Ore, aprile 2008. (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/fuoco/R2V0RG9jdW1lbnRCeUlk/OTQ5NTAxMSYxMyZzaXN0ZW1hU29jaW V0YQ/document.html?refresh_ce=1).

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implicando questo la scindibilità della forma dell’opera dal suo contenuto e non essendo immaginabile una forma espressiva tipica del software non può costituirsi un diritto assoluto sul contenuto tecnico o scientifico369». A simili conclusioni arrivano anche i giudici del Tribunale di Napoli, che con sentenza datata 6 giugno 1985, precisarono che «il comportamento di chi detenesse e vendesse cassette con registrazioni di programmi per computer non rappresentasse in alcun modo un illecito penale, […] per l’impossibilità di qualificare i programmi per elaboratore come opera a carattere creativo, inquadrabile in alcuna delle categorie tutelate dalla normativa nazionale370». Intervenne anche la Corte di Cassazione, che il 24 novembre 1986 riconobbe espressamente la possibilità di estendere ai programmi per elaboratore la normativa in tema di diritto d’autore «in quanto opere dell’ingegno che appartengono alle scienze e si esprimono in linguaggio tecnico‒ convenzionale concettualmente parificato all’alfabeto o alle sette note371». La stessa Corte poi, con sentenza del 6 febbraio 1987, precisò che «i programmi per elaboratore potevano essere ritenuti vere e proprie opere d’ingegno tutelabili in sede giudiziale, solo quando fossero il risultato di uno sforzo creativo caratterizzato da un apporto nuovo nel campo informatico o quando avessero espresso soluzioni originali ai problemi di elaborazione dei dati372».

Ciononostante, mancava «il deterrente delle sanzioni penali, impossibili perché non specificatamente previste come reati. La copia abusiva di un programma non poteva infatti essere considerata furto o appropriazione indebita, perché questi reati devono essere commessi con la sottrazione di una “cosa” al legittimo possessore, mentre la duplicazione del software non toglie al detentore la disponibilità del bene373». Emblematico di ciò il caso intentato dalla Systems Editoriale, che nel 1985 pubblicò tramite la rivista Commodore Computer Club un videogioco su cassetta originale, Mezzogiorno di fuoco, sviluppato dai fratelli Barazzetta: il mese successivo, il gioco veniva venduto piratato su due riviste concorrenti. Ricorda Michele Di Pisa, direttore di

Commodore Computer Club: «citammo in giudizio i due editori in oggetto: uno presso il tribunale

di Milano, l’altro presso quello di Roma. Più che ad un risarcimento puntavo ad un precedente giudiziario capace di supplire alla vacatio legis. Peccato che le sentenze di condanna siano arrivate quando ormai non servivano più. Nel processo di Roma, per altro, il risarcimento decretato dal giudice è stato appena sufficiente a coprire le spese legali374». Di Pisa decise in seguito per una provocazione, che però non ebbe seguito: pubblicare su Commodore Computer Club una cassetta di

369Ibid. 370Ibid. 371Ibid. 372Ibid.

373 Cammarata Mario, Gli effetti della normativa sul software. L’opinione dei produttori, in Mc-Micromputer, Technimedia Editore, n.132, 1993, p.167.

374 Roberto, [cognome ignoto], Intervista a Michele Di Pisa, Ready64.org, 21 gennaio 2008. (http://ready64.org/articoli/leggi/idart/32/intervista-a-michele-di-pisa)

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giochi esplicitamente piratati per protesta, con tanto di marinaio minaccioso con benda sull’occhio e bandiera col teschio disegnati in copertina. «Mi ero premurato di mandarne copia a tutte le case coinvolte perché dessero la delega ad un legale per farci causa. Purtroppo nessuno aderì alla mia richiesta e la cosa morì là. Se non ricordo male solo un importatore mi chiamò al telefono, ma non aveva titolo per intraprendere azioni legali. A mio avviso, infatti, non occorrevano leggi nuove: bastava applicare le esistenti leggi in materia di diritto d’autore in quanto i videogiochi contenevano testi (protetti) e musiche (anch’esse protette). Se qualcuno ci avesse fatto causa noi non avremmo fatto opposizione a queste obiezioni e così avremmo potuto creare il precedente giudiziario con le caratteristiche che ci servivano375».

Infine, come già accennato, il 29 dicembre 1992 fu approvato il decreto legislativo n.518, che sanzionava la copia e la modifica del software a scopo di lucro con multe e carcere (dove l’opinione ai tempi più accreditata intendeva per lucro anche il risparmio conseguibile dall’uso di software illegale, rendendo complice il consumatore oltre al produttore e distributore), e permetteva agli editori che ne facessero richiesta l’iscrizione ad un registro del software creato ad hoc e gestito dalla SIAE per la tutela del programma. Era possibile anche fare richiesta per l’apposizione di un contrassegno di originalità dell’opera, come avveniva per i libri, procedimento gestito anch’esso dalla SIAE. Per quanto lacunoso in certi aspetti (come l’iscrizione al registro SIAE, che prevedeva l’annotazione di data di registrazione, descrizione e autore del programma, ma non il deposito del software, rendendo di fatto impossibile la verifica di eventuali accuse di copie di programmi registrati376), il decreto rappresenta comunque un punto di svolta nella lotta alla pirateria informatica, per quanto l’ultima cassetta contenente giochi pirati sia considerata quella allegata alla rivista COM 64 n.66 del novembre/dicembre 1993377, dimostrando la spavalderia dei pirati italiani che rimasero attivi nelle edicole per quasi un anno dopo l’approvazione del decreto.