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Start-up innovative

IL VIDEOGIOCO IN ITALIA (2014-17)

3.1. Dati statistici

3.2.3. Istituzioni governative e non

3.2.3.1. Start-up innovative

Grazie soprattutto al lavoro di sensibilizzazione dell’AESVI, il governo italiano ha intrapreso alcune azioni legislative in favore del finanziamento e distribuzione di opere videoludiche italiane, la prima delle quali è stata l’introduzione delle software house nella categoria delle start-up622

innovative beneficiarie delle misure di sostegno fiscale sul credito d’imposta e sugli utili reinvestiti descritte nella proposta di legge 5093 del 2012 (“Disposizioni per la realizzazione dell’agenda digitale nazionale623”), dedicando l’articolo 23 del Capo IV alle software house, dove vengono riconosciuti:

1. alle “imprese di produzione” di software videoludico «un credito d’imposta ai fini delle imposte sui redditi, pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione delle opere videoludiche realizzate nel territorio italiano, fino all’ammontare massimo di 2.500.000 euro» (comma 1);

2. alle “imprese di distribuzione” «un credito d’imposta pari al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere realizzate nel territorio italiano ed espresse in lingua originale italiana quale prima lingua, con un limite massimo annuo di 1.500.000 euro per ciascun periodo d’imposta» (comma 2);

3. ai titolari di reddito d’impresa, non appartenenti al settore, ma associati in partecipazione alla produzione di software videoludico «un credito d’imposta nella misura del 40 per cento, fino all’importo massimo di 500.000 euro per ciascun periodo d’imposta, dell’apporto in

621 Illud [nickname], Xydonia: intervista agli sviluppatori, Pixelflood, 28 maggio 2015. (http://www.pixelflood.it/xydonia-intervista-agli-sviluppatori/)

622 Per start-up si intende un’ “impresa ad alto potenziale di crescita, con meno di cinque anni di vita, caratterizzata da una forte propensione alla ricerca, allo sviluppo e alla disintermediazione di settori economici tradizionali, all’introduzione di nuovi modelli industriali, di business e commerciali o i cui piani di sviluppo vertano sull’introduzione di innovazioni di processo, di prodotto o di servizio, operanti in settori ad alti tassi di crescita, spesso caratterizzati nella fase iniziale da investimenti in conto capitale, come la tecnologia, i servizi digitali, le telecomunicazioni, le apparecchiature sanitarie, i nuovi materiali, l’automazione, l’energia e le fonti rinnovabili, la logistica avanzata e i servizi finanziari (Camera dei Deputati, Disposizioni per lo sviluppo dei servizi elettronici e

digitali (C. 4891 Gentiloni Silveri e C. 5093 Palmieri), 10 luglio 2012, p.43.

623 Camera dei Deputati, Disposizioni per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali (C. 4891 Gentiloni Silveri e C.

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denaro effettuato per la produzione di opere videoludiche realizzate nel territorio italiano» (comma 3);

4. gli utili accantonati dalle imprese di sviluppo di software videoludico e reinvestiti in nuove produzioni «non concorrono a formare il reddito imponibile» (comma 5);

5. ugualmente, non concorrono a formare il reddito imponibile anche «le somme investite da persone fisiche o giuridiche in quote di fondi mobiliari chiusi o in società di investimento di

venture capital e dedicati alle imprese del settore videoludico ad alto contenuto tecnologico,

per una somma pari al 30 per cento del reddito medesimo e fino a un importo massimo pari a 500.000 euro» (comma 6);

6. infine, «un credito d’imposta in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca dedicati al settore del software videoludico delle università o degli enti pubblici di ricerca» (comma 7).

La proposta viene approvata con il decreto legge n.179 del 18 ottobre 2012624 e convertita nella legge n.221 il 18 dicembre 2012, ma è bene sottolineare come le specificità riguardanti il videogioco sopra elencate non siano più presenti, ma inserite all’interno delle più generali agevolazioni descritte nella Sezione IX ‒ Misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up

innovative, dove queste ultime sono definite come «società di capitali, costituit[e] anche in forma

cooperativa, [...] le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione» e dove l’unico accenno che può ricondurre alla produzione videoludica è nel requisito descritto nell’art.25, comma 2, lettera f, ovvero «che abbiano quale oggetto sociale esclusivo, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico625».

Tali misure hanno portato a discreti risultati iniziali, quantomeno a livello statistico: nel censimento AESVI 2016, le start-up sono il 40% delle software censite626. Ciononostante, le misure per le start-up riguardano il più ampio settore della tecnologia e dell’innovazione, di cui il videogioco è solo una piccola parte, e iscriversi nel registro delle start-up innovative non è necessariamente garanzia di finanziamento, anzi spesso si rivela un labirinto burocratico che comporta l’impiego di tempo ed energie senza effettivi risultati. É raro che venture capitalist e business angel finanzino esclusivamente la produzione di un videogioco, il più delle volte questo è solo parte di un progetto più ampio in cui la produzione videoludica è secondaria. A beneficiarne sono soprattutto gli studi dedicati alla sperimentazione nei campi della realtà virtuale e aumentata, le cui attività non sono

624 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, DECRETO-LEGGE 18 ottobre 2012, n. 179. Ulteriori misure urgenti

per la crescita del Paese, 18 ottobre 2012.

625 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, op.cit., 18 ottobre 2012, p.36.

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prettamente videoludiche ma rivolte spesso al settore b2b, spaziando dall’architettura all’animazione, e non è detto che i fondi stanziati siano sufficienti a completare i propri progetti. Lo studio torinese Dead Pixels, ad esempio, è stato fondato nel 2015 in seguito all’assegnazione di uno dei grant del concorso Call for Startup indetto da TIM #WCAP627, al fine di sviluppare il videogioco in realtà virtuale Singularis. Nelle parole dei fondatori, ai tempi studenti di ingegneria al Politecnico di Torino, «prepararci e consegnare la documentazione necessaria al concorso non è stato facile, scrivere un business plan allettante e fare previsioni a livello economico per chi non ha mai masticato determinati argomenti sembrava una cosa spaventosa628», e nonostante l’accettazione del progetto, il finanziamento si è comunque rivelato insufficiente, costringendo gli sviluppatori a dedicarsi ad altri lavori per il mercato b2b, e a cercare, attualmente invano629, altri investitori. La scelta di aprire società di capitali o iscriversi al registro delle start-up innovative, al di là di eventuali benefici fiscali o altri vantaggi economici, risulta comunque una strada obbligata per le software house, ma non per questo proficua o funzionale. Saul Clemente, tra i soci fondatori dello studio Virtew, specializzato in realtà virtuale e alle prese dal 2016 con lo sviluppo di Run of Mydan, commenta come essere «una S.r.l.s., startup innovativa, semplificata, tutte cose che in Italia servono per potersi tutelare», nasconde in realtà una situazione dove «non c’è un finanziatore, vero, fisico, del tipo che ha messo lui i soldi. I finanziatori siamo noi tre soci, che non percepiscono stipendio. Io ad esempio ho la mia attività che è quella di modellatore 3D e rendering, a parte, proprio come impresa artigiana, lavoro per grosse aziende del mobile e dell’architettura, e di conseguenza parte dei guadagni vengono subito reinvestiti all’interno dello sviluppo del gioco630». Videogioco i cui costi sono stimati intorno ai 150.000 euro, raccolti nel tempo in un «continuo investire soldino su soldino», tratti dai propri stipendi. «Io faccio tre, quattro turni, lavoro di notte, lavoro di mattina, lavoro il pomeriggio, lavoro di sera», continua Clemente, «il programmatore stesso deve ancora essere saldato per il primo anno di lavoro. É una condizione dove stiamo producendo un qualcosa senza aver niente in mano, le spalle coperte. È una scommessa che ci sta portando via parecchio, perché comunque insomma, decidere di fare un videogioco in Italia, senza un finanziatore, un gioco per la realtà virtuale… hai già visto quanti e quali sono i preamboli631».

627 Programma annuale di Open Innovation industriale di TIM, dedicato al finanziamento di start-up innovative nel settore del digitale. (http://www.wcap.tim.it/it).

628 Tesio, Francesco, DeadPixels: intervista ai vincitori della TIM#WCAP 2016, GameSource.it, 6 marzo 2016. (https://www.gamesource.it/project_singularity/).

629 Ferrari, Kevin, Campus Party – Quello che abbiamo visto, 17K Group.it, 24 luglio 2018. (https://17kgroup.it/tech/70233-campus-party-2018-la-nostra-esperienza/).

630 Clemente, Saul, Comunicazione privata, gennaio 2018.

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3.2.3.2.

Games in Italy

Oltre alla legge 221/2012, nel 2013 AESVI crea il marchio Games in Italy632 con il supporto economico di ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane633), al fine di agevolare la presenza delle software house italiane presso i più importanti convegni di settore internazionale, momenti fondamentali per l’incontro con publisher e investitori in un’ottica di distribuzione globale. Ad ora, sono state organizzate due missioni alla Game Connection Europe (Parigi) e altrettante alla Game Connection America (San Francisco), quattro alla Game Developers Conference (San Francisco) e tre alla Gamescom (Colonia), con la partecipazione in media di dodici software house per ciascuna spedizione634.

Presenziare a queste fiere risulta piuttosto costoso: oltre alle ovvie spese di viaggio, per ottenere gli spazi dimostrativi ogni convention richiede il pagamento di fee pari a migliaia di euro, che se sommate raggiungono cifre annuali non indifferenti per le software house. «Come minimo, ogni anno bisognerebbe presenziare alla GDC in America, alla Gamescom in Germania, al Tokio Game Show in Giappone: si tratta di condizioni necessarie per la sopravvivenza in un mercato globale come quello del videogioco, ma sostenerne i costi complessivi non è alla portata di tutti, anzi. Il programma promosso dall’AESVI è un buon inizio, ma al momento insufficiente, perché limitato a poche software house», commenta Ivan Venturi635.