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Le prime software house strutturate

IL VIDEOGIOCO IN ITALIA

2.4. Le prime software house strutturate

A questo si aggiunse anche un riassetto delle dinamiche produttive, su cui influì in maniera decisiva l’evoluzione dell’hardware, che agli inizi degli anni Novanta vide affermarsi sul mercato nuove macchine a 16 e 32 bit come il Commodore Amiga 500 (in vendita in Italia dal maggio 1987) o la sempre maggiore importanza nel gaming del PC, considerato fino allora per lo più come strumento di lavoro per aziende e uffici, piuttosto che piattaforma per il gioco. L’epoca degli home computer 8 bit (C64 e ZX Spectrum su tutti) era al termine; le cassette vennero presto sostituite dai floppy disk da 3.5 pollici, più pratici nell’utilizzo finale, più economici da produrre e con più spazio a disposizione per gli sviluppatori (da 200 Kb delle cassette a 1.4 Mb dei floppy), sostituiti a loro volta dal CD‒Rom, di ancora più semplice produzione e con uno spazio disponibile fino a 700 Mb. Il risultato fu che sviluppare giochi commerciali richiedeva sempre più personale specializzato per riempire adeguatamente tutti quei byte improvvisamente a disposizione. Si alzarono di conseguenza gli standard qualitativi ed economici richiesti per immettere sul mercato un’opera videoludica, risultati che non potevano più essere raggiunti dal lavoro di un singolo programmatore ma necessariamente da un team specializzato nei vari aspetti dello sviluppo (coding, grafica, musiche

381Farina, Alberto (a cura di), art.cit., 1987, p. 51.

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ecc.). Così come nel resto del mondo, l’intero panorama industriale videoludico italiano stava per cambiare drasticamente: si ridusse lo spazio di visibilità per i singoli bedroom coder in favore di aggregazioni e/o collettivi di programmatori, le software house383.

In Italia, tra le prime di queste realtà, Simulmondo, fondata ufficialmente a Bologna nel maggio 1988 da Francesco Carlà e Riccardo Arioti (figlio di Mario, patron della già citata Armani/Ital Video), ma già attiva dal 1986 con la pubblicazione di Bocce e Tombola per la Ital Video (entrambi sviluppati dal singolo Ivan Venturi), che si occuperà della distribuzione dei giochi Simulmondo fino a fine 1988. Carlà, ai tempi seguìto giornalista musicale e videoludico per svariate riviste non solo di settore (come L’Espresso e Panorama), fin dai primi anni Ottanta aveva in mente «un progetto concreto per un marchio e per una software house, con cui concepire e sviluppare videogiochi384», un “simulmondo”, «una parola che esprimesse l’idea di un cosmo che si stava […] creando dentro gli schermi385», di cui uno dei momenti capitali fu il Simulmondo Party, all’inizio dell’autunno 1988.

«Fu la prima occasione in cui tutti i collaboratori di Simulmondo si conobbero e si

resero conto di quello che stava succedendo. [...] Fu una grande occasione d’incontro per tutte queste persone che con Francesco perlopiù avevano avuto solo contatti telefonici e postali. [...] Grazie a Francesco, quella fu la prima volta in cui in Italia avvenne ciò che in America era avvenuto tanto tempo prima: la comunità dei programmatori di videogiochi si incontrava e diventava consapevole di sé stessa. [...] Tante collaborazioni “amichevoli” da quel giorno vennero sancite da un contratto vero e proprio di collaborazione esclusiva con Simulmondo e da un accordo a percentuale per lo sviluppo del tal videogioco per la talaltra piattaforma [...]. Fare videogiochi non era più soltanto un hobby386».

Era una mentalità condivisa anche alla Idea Software, fondata a Varese nel 1989 come divisione editoriale della Leader Distribuzione e affidata ad Antonio Farina, esplicito su questo aspetto: «ci siamo detti, l’Italia è piena di fanatici computeromani che nel chiuso delle loro stanze programmano a tutto gas sognando di vedere un giorno il loro nome fra quelli che hanno contribuito al progresso

383 Fassone, Riccardo, op.cit., 2016, p.97.

384Venturi, Ivan, op.cit., 2016, p.56.

385Grechi, Robert, Intervista a Francesco Carlà: una vita per il Simulmondo, Retrogaming Planet, 8 maggio 2012. (http://retrogamingplanet.it/intervista/intervista-a-francesco-carla-una-vita-per-il-simulmondo/).

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del mondo. Scherzo, ma non troppo, comunque, perché non dare a qualcuno la possibilità di provarci, e perché non farne un business, o come dicono i tecnici, una nicchia di mercato?387». Dalla fuoriuscita di Riccardo Arioti e Stefan Roda dalla Simulmondo («Quella partecipazione è poi naufragata a causa di una serie di divergenze con uno dei soci, che basandosi su una serie di convinzioni personali era riuscito a stravolgere l’immagine della casa e minare i rapporti con la stampa, gli autori e con i rivenditori388», spiega Arioti in un’intervista su Commodore Gazette del 1990, senza fare nomi, per quanto sia facile ipotizzare che si parli di Carlà), il 28 ottobre 1989 nacque ufficialmente a Bologna la Genias con lo scopo di produrre giochi di ampio respiro commerciale per competere con le software house estere, nonché di permettere ai programmatori italiani di lavorare in patria a livello professionale.

Simulmondo, Idea e Genias erano le tre maggiori realtà della scena videoludica italiana, non le uniche: è necessario segnalare anche le meno conosciute Digiteam, LindaSoft, Lago. Tramite loro, singoli programmatori o piccoli team poterono creare e distribuire i propri giochi, lavorando spesso da casa: Paolo Galimberti sviluppa il platform Moonshadow in solitaria e lo completa poi con Idea («si trattava di un prodotto già formato, quindi è stato preso in mano da Idea solamente per le parti finali: ci saranno sicuramente stati dei piccoli aggiustamenti, ma tutto già esisteva quando Paolo Galimberti era venuto a presentarlo, quindi lo sviluppo è stato piuttosto semplice da seguire389», ricorda Farina); i fratelli Dardari realizzano Italy ‘90 Soccer390 per la Simulmondo, e in seguito il simulatore di beach volley Over The Net e il racing Warm Up! per la Genias («avevamo un buona autonomia sia di idee che di contenuti. Diciamo che oltre alle scadenze prefissate, la Genias ci aiutava con le sigle e le musiche, oltre alle scatole, i manuali, la pubblicità e la distribuzione. Era tutto fatto alla grande in modo molto professionale391», commentano i Dardari); Pietro Montelatici e Edoardo Gervina, fondatori in seguito della software house Trecision, realizzano le avventure grafiche Ecstasy per la Simulmondo, e Profezia per la Genias; Paolo Robbiati sviluppa per Lago due strategici storici atipici per il periodo, entrambi per Amiga: Guerrilla in Bolivia (1990), accurata ricostruzione che mette il giocatore nei panni di Ernesto “Che” Guevara durante la guerra

387Auletta, Marco, Panorama del software ludico nazionale. Ovvero interviste a Antonio Farina, Stefan Roda, Federico

Croci, in Computer+Video Giochi Annuario 1992, supplemento a Computer+Video Giochi, Gruppo Editoriale Jackson,

n.11, dicembre 1991, pp.96-98.

388Rossi, Fabio, Genias, per un nuovo software italiano, in Commodore Gazette, IHT Gruppo Editoriale, Anno V n. 3, Mag/Giu/Luglio 1990, p. 80.

389 AndreaP [nickname], art.cit., 29 novembre 2013.

390Nella versione per Amiga, mentre la versione per C64, che presenta alcune differenze, sarà opera di Ivan Venturi.

391Grechi, Roberto, Intervista ai Dardari Bros: da Italy ‘90 Soccer a Over The Net ed oltre…, Retrogaming Planet, 22

maggio 2017. ( http://retrogamingplanet.it/intervista/intervista-ai-dardari-bros-da-italy-90-soccer-ad-over-the-net-ed-oltre/).

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civile boliviana del 1966/67, e Canton (1992), dove si impersona un mercante cinese del 1375 d.C. dedito ad accumulare ricchezze con il commercio tra Asia, Nord Africa e Europa.

Basandosi sul lavoro di freelance esterni, autopropostisi o assunti su progetto, Idea e Genias contavano su una struttura imprenditoriale minima, composta da pochi dipendenti dedicati alle mansioni extra programmatorie (circa sei persone oltre ad Arrioti e Roda per la Genias392) o addirittura da una singola persona che si occupava in toto, nella pratica, di tutti questi aspetti (è il caso di Farina per la Idea393). Entrambe le software house avevano poi una strategia ben precisa, ovvero smarcarsi dalla distribuzione nelle edicole per concentrarsi sui negozi e poter concorrere con i titoli esteri, introdotto dal cambio di mentalità ben riassunto da Farina e il suo lavoro per la Idea: «è molto semplice: Idea rappresentava un marchio. La società era la S.C., ovvero Software Copyright, semplicemente la S.r.l. dietro al marchio, appartenente al gruppo Leader […], che ha fatto il ragionamento opposto rispetto al suo business di base, ovvero: “noi stiamo comprando dal mondo e distribuiamo in Italia, perché non sviluppiamo in Italia e distribuiamo al mondo?”394». Questo desiderio di internazionalizzazione si scontrò con le esigenze di mercato. I titoli italiani erano pur sempre ispirati a giochi di successo stranieri, ricalcandone gameplay e stili grafici, raramente paragonabili alle produzioni estere (più per capacità produttive che incompetenza dei programmatori), perdendosi nel mare magnum della produzione mondiale. Per distinguerli, si ricorse principalmente alla sinergia con le altre industrie culturali “Made in Italy”, sfruttando la popolarità di canzoni di successo, sport tipici (in particolare calcio e automobilismo) e, soprattutto, fumetti, tradendo però così le intenzioni internazionali. Idea ad esempio, come già accennato, pubblicò il platform per Amiga Bomber Bob (Stefano Lecchi, 1990) introdotto dalla canzone Esatto di Francesco Salvi, celebre ai tempi per la partecipazione al Festival della canzone italiana di San Remo del 1989. Tra le produzioni Idea di maggior successo vi sono tre giochi ispirati ai fumetti di Bonvi, i già citati platform Lupo Alberto: The Videogame (Paolo Galimberti, Luca Stradiotto, Nicola Benetolo, 1990), Sturmtruppen: The Videogame (Norbert Lommer, 1992), Cattivik: The

Videogame (Digidream, 1992) e il simulatore automobilistico F1 GP Circuits (Magnetica Team395, 1991), tra i pochi a ottenere critiche molto positive dalla stampa estera.

La Genias, in controtendenza, sviluppò un solo gioco da licenza fumettistica, Nathan Never: The

Arcade Game (Roberto Genovesi, Emanuele Viola, 1992) per Amiga, puntando soprattutto sul

mercato internazionale, grazie all’attività di Arrioti che riuscì a stringere collaborazioni con alcune delle software house estere più importanti del periodo, principalmente per la distribuzione extra

392Auletta, Marco, art.cit., 1991, pp.96-98.

393Ibid.

394 AndreaP [nickname], art.cit., 29 novembre 2013.

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italiana e la commissione della conversione per C64 del celebre platform Chuck Rock della Core Design396, realizzata da Marco Corazza, Luca Zarri e Andrea Paselli. La Genias era probabilmente la software house al tempo che più permetteva libertà d’azione ai propri collaboratori. Per i Dardari, la «Genias ha subito dimostrato di avere un’ottima distribuzione ed è stata l’unica, finora, a rendersi conto che i programmatori free‒lance, oltre a fare i giochi, debbono continuare a studiare senza pressioni continue di un programma che deve essere finito assolutamente entro una certa data prestabilita. In pratica con Genias abbiamo trovato una software house in grado di dare delle soddisfazioni, anche economiche (visto che è l’unica che distribuisce all’estero), e che lascia la massima libertà al programmatore (senza pretese assurde…) e non costringe a tempi di consegna rigidi397».

Simulmondo, che fece dei tie‒in fumettistici il suo prodotto di maggior successo, operava in maniera opposta a Idea e Genias. Pur mantenendo collaborazioni con freelance, la software house di Bologna era strutturata con un team interno fisso (nel periodo d’oro della società, tra il 1991 e il 1992, si contavano un centinaio di persone, di cui circa una ventina di strutturati e il resto collaboratori esterni e stagisti398) e una strategia imprenditoriale ben precisa, stabilita e imposta da Carlà: portare a un nuovo livello le pratiche distributive degli anni Ottanta tramite la pubblicazione di giochi action/adventure “a puntate” in edicola (e quindi restare interni al mercato italiano), su licenza fumettistica (tramite accordi con la Bonelli Editore, la Astorina399 e la Marvel Italia) e in seguito anche originali (Simulman e Time Runners, entrambi del 1994).

A spingere Carlà in questa direzione furono «fondamentalmente tre fattori: le edicole, 35.000 punti vendita affamati di prodotti interessanti; il prezzo, potevo produrre games da vendere a 10/15.000 lire mentre il prezzo dei games in negozio era quattro volte più caro; la popolarità di personaggi come Tex, Dylan Dog e Spiderman che ci avrebbero permesso di emergere nelle edicole400». Tale strategia si dimostrò economicamente vincente, con vendite di quasi 50.000 copie del primo gioco di Dylan Dog (Gli uccisori, 1992) e 25.000 del primo di Tex, Piombo caldo (1993), per poi attestarsi sulle 10.000 copie401, fino a un calo che portò alla chiusura delle serie nel 1994. Dopo le prime uscite, la qualità dei giochi prodotti comicniò a perdersi in favore della quantità. Testimone d’eccezione, Ivan Venturi:

396Chuck Rock, caricaturale uomo preistorico, era a tal punto celebre da diventare la mascotte della Core fino al 1996, quando venne sostituito da Lara Croft con l’uscita del primo Tomb Raider.

397Redazione TGM, Made in Italy… again!, in The Games Machine, Edizioni Hobby, n.23, settembre 1990, pp. 8-9.

398Auletta, Marco, art.cit., 1991, p.97.

399Casa editrice del fumetto Diabolik delle sorelle Giussani.

400Grechi, Robert, art.cit., 2012.

401 Gentili, Giovanni, Intervista a Francesco Carlà, UBC Fumetti, n. 65, 12 luglio 1999

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«i primi tre numeri di Diabolik e Dylan Dog li avevamo potuti realizzare per benino,

dedicandoci quasi un anno […]. Un pomeriggio, mi sembra prima che finisse il 1992, ci fu una riunione plenaria nell’ufficio di Francesco. Ordine del giorno: gli obiettivi di produzione di tutte le nuove serie […], che erano la realizzazione di 38 (trentotto. Lo ripeto TRENTOTTO) master, tra PC e Amiga, tra Dylan Dog, Diabolik, Tex, Simulman, e se non erro stava pure partendo Time Runners. […] In quanto tempo? Due mesi di reale tempo operativo. Ripeto: 2 (due) mesi. […] Decisamente non vi fu interesse a conservare le professionalità che si erano acquisite. La considerazione qualitativa del prodotto balzò all’ultimo posto in classifica, contava solo la quantità. […] Riuscimmo a stare nell’obiettivo del “30 aprile 1993”, i 38 videogiochi in due mesi operativi. Molti di essi vennero davvero brutti. Funzionanti, ma davvero brutti. Brevi, poco curati. Mostravano tutto il poco amore che era stato dedicato loro. Li ricordo come i peggiori videogiochi ai quali io abbia mai partecipato402».

Federico Croci, un altro dei componenti storici della software house, è chiaro nel sintetizzare la situazione: «molti dei dipendenti di Simulmondo erano degli entusiasti, che sarebbero stati lì anche gratis. Amavano fare videogiochi. Il problema è che in un contesto di produzione seriale, in cui spesso succedevano dei casini, l’entusiasmo si smorza in fretta403».