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economia circolare nella prospettiva di un nuovo modello di pubblica amministrazione. Verso uno Stato “circolare”72.

Il percorso evolutivo della tutela ambientale73 consente di comprendere le ragioni del contemporaneo sviluppo delle teorie dei beni comuni e dell’economia circolare con l’integrazione delle politiche orizzontale all’interno dei contratti pubblici.

L’evoluzione della normativa nazionale in materia ambientale può essere suddivisa in almeno tre fasi.

Nella fase iniziale, che va dagli anni Venti fino agli anni Sessanta, l’ambiente non ha una sua autonoma configurazione e la sua tutela è indiretta ed occasionale in quanto conseguenza della protezione di altri beni-interessi, connessi alla efficiente gestione, sotto il profilo economico- produttivo di altre risorse naturali (espansione urbana, assetto idrogeologico,etc.).

La seconda fase, che va dal finire degli anni Sessanta a metà degli anni Ottanta, vede la definizione di discipline specifiche74 rivolte alla protezione diretta degli equilibri ambientali, che iniziano ad assumere il carattere di valore autonomo rispetto ad altri interessi pubblici oggetto di tutela. Non sembra una mera causalità che detta fase storica coincida da un lato con il processo normativo comunitario, ma per ciò che qui più interessa sottolineare, con la crisi dei modelli dell’impresa pubblica e del sistema di governo delle partecipazioni statali dall’altro75. La transizione dallo Stato imprenditore allo Stato regolatore segna, infatti, tanto l’ingresso delle politiche orizzontali nella regolazione pubblica, con strumenti di command and control

72 Per l’espressione “Stato circolare” Cfr. F. DE LEONARDIS, , Economia circolare: saggio sui suoi tre diversi aspetti giuridici. Verso uno Stato circolare?, in Dir. Ammin., 2017.

73 Per la ricostruzione storica dell’evoluzione normativa della material ambientale Cfr. P. BONACCI, La razionalizzazione della normativa in materia ambientale: profili problematici e prospettive alla luce della più recente evoluzione legislativa.

74 Si citano, a titolo esemplificativo: nel settore della prevenzione dell’inquinamento del suolo, il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, con il quale è stata data attuazione a tre direttive comunitarie concernenti la disciplina dello smaltimento dei rifiuti; per quanto attiene alla tutela della qualità dell’aria e alla prevenzione dell’inquinamento prodotto dagli impianti industriali, la cosiddetta legge “antismog” n. 615 del 1966 e, successivamente, il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; in materia di prevenzione dell’inquinamento idrico, la legge n. 319 del 1976, che fissa i limiti di accettabilità degli scarichi nelle acque, e la legge n. 979 del 1982 sulla difesa del mare; infine, per quanto concerne la protezione dei beni ambientali e paesaggistici, la c.d. legge Galasso n. 431 del 1985.

75 Per un’approfondita trattazione del processo storico-normativo di privatizzazione Cfr. M. CLARICH, Privatizzazioni e trasformazioni in atto nell’amministrazione italiana, in Dir. Ammin., 1995.

e/o strumenti di mercato, quanto l’affermazione dell’interesse per i c.d. beni comuni76 in ragione dell’avvertita necessità di un controllo dell’azione dei soggetti privati affinchè, oltre allo scopo di lucro, nella realizzazione dei fini istituzionali degli enti privati vengano perseguiti anche fondamentali obiettivi di interesse generale.

Alla seconda metà degli anni Ottanta si riconduce una fase ulteriore in cui l’ambiente, grazie anche l’opera svolta dalla giurisprudenza costituzionale77, assurge a bene unitario, a sistema composito ma fortemente integrato nelle sue parti. Proprio negli stessi anni si colloca, sul versante della disciplina comunitaria, il recepimento da parte dell’art. 130R dell’Atto Unico Europeo del principio di integrazione. Inizia così il progressivo avvicinamento tra disciplina ambientale e disciplina degli appalti pubblici. Questi ultimi dall’originaria matrice contabilistica78 che, dalle leggi di contabilità dello Stato dell’Ottocento fino a quelle degli anni Ottanta, guardava unicamente agli interessi della pubblica amministrazione al fine di assicurarle le condizioni economiche più favorevoli senza aver cura del versante dell’offerta da parte delle imprese, iniziano ad essere configurati secondo un differente paradigma, rappresentando uno strumento di protezione di interessi ulteriori rispetto al tradizionale principio di economicità.

Questo trapasso di tipo funzionale, interno alla materia degli appalti pubblici, ha segnato, infatti, non un mero epifenomeno nella costruzione di nuovi modelli contrattuali, ma ha importato dapprima la costituzione sul piano sostanziale di situazioni giuridiche soggettive, prima esterne e non tutelabili in quanto il complesso di norme aveva la funzione esclusiva di tutelare l’interesse pubblico a cui non potevano così contrapporsi posizioni aventi la

76 Sul tema dei c.d. beni comuni Cfr. S. RODOTA’, Il diritto di avere diritti, 2012; S. RODOTA’, Il valore dei beni comuni, in www.acquabenecomune.org; A. SOMMA, Democrazia economica e diritto privato. Contributo alla riflessione sui beni comuni, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2011; S. NESPOR, L’irresistibile ascesa dei beni comuni, in www.federalismi.it; U. MATTEI, Beni comuni, 2011; P. CHIRULLI, I beni comuni, tra diritti fondamentali, usi collettivi e doveri di solidarietà, in www.giustamm.it; C. DONOLO, Qualche chiarimento in tema di beni comuni, in Lo straniero, 2012; A. LUCARELLI, La democrazia dei beni comuni, 2013; V. CERULLI IRELLI – L. DE LUCIA, Beni comuni e diritti collettivi Riflessioni de iure condendo su un dibattito in corso, 2014; G. FIDONE, Proprietà pubblica e beni comuni, 2017.

77 Di particolare rilievo sono, nel senso indicato, le sentenze della Corte costituzionale n. 210/1987 e 641/1987. In quest’ultima, la Corte configura l’ambiente come “bene immateriale unitario sebbene con varie componenti, ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di tutela, ma tutte nell’insieme sono riconducibili ad unità”.

78 Sull’evoluzione dei modelli contrattuali nella material degli appalti pubblici Cfr. M. CLARICH, I modelli contrattuali, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun., 2017; Id., Considerazioni sui rapporti tra appalti pubblici e concorrenza nel diritto europeo e nazionale, in Dir. Ammin., 2016; Id. La tutela della concorrenza nei contratti pubblici, in Rivista giuridica del mezzogiorno, 2016.

consistenza di interesse legittimo, e successivamente il recepimento di politiche orizzontali secondo la logica del c.d. procuring for value79.

Tale ultimo sviluppo segna così il definitivo collegamento delle due linee di sviluppo, rispettivamente degli appalti pubblici e della disciplina dell’ambiente. L’integrazione, di cui l’obbligatorietà dei criteri ambientali nel d.lgs. 50/2016 rappresenta una eloquente espressione, sembra porsi, a livello di sistema, nella direzione della creazione del c.d. Stato “circolare”.80 Il favor per i prodotti circolari attraverso le procedure di appalto concorre, infatti, a stabilire una interconnessione tra pubbliche amministrazioni e tra funzioni amministrazioni, siano queste attive, consultive o di controllo. L’uso strategico degli appalti pubblici, secondo la prospettiva dei c.d. SDGs81 dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ha così come presupposto strutturale una rivisitata nozione di pubblica amministrazione, una nuova dimensione istituzionale integrata ed interconnessa in grado di curare i vari interessi pubblici secondo una prospettiva olistica verso gli obiettivi della crescita

79 Per approfondimenti sulla logica del procuring for value Cfr. D. KASHIWAGI – J. SAVICKY, The cost f best value construction, in Journal of facilities management, 2003; A. STORTEBOOM – P. WONDIMU – J. LOHNE – O. LEDRE, Best value procurement. The practical approach in The Netherlands, in Procedia computer science, 2017.

80 Sull’ elaborazione della teoria dello Stato “circolare” e per gli approfondimenti sulla materia dell’economia circolare nella sua prospettiva giuridica Cfr. F. DE LEONARDIS, Economia circolare: saggio sui suoi tre diversi aspetti giuridici. Verso uno Stato circolare?, in Dir. Ammin., 2017; Id., La disciplina dell’ambiente tra Unione europea e WTO, in Dir. Ammin., 2004.

81 Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese), articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030. È un evento storico, sotto diversi punti di vista. Infatti:

 È stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. In questo modo, ed è questo il carattere fortemente innovativo dell’Agenda, viene definitivamente superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo;

 tutti i Paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, anche se evidentemente le problematiche possono essere diverse a seconda del livello di sviluppo conseguito. Ciò vuol dire che ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli SDGs, rendicontando sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu;

 l’attuazione dell’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura.

“The new agenda is a promise by leaders to all people everywhere. It is an agenda for people, to end poverty in all its forms – an agenda for the planet, our common home” (BAN KI-MOON, Segretario Generale delle Nazioni Unite)

Il processo di cambiamento del modello di sviluppo verrà monitorato attraverso un complesso sistema basato su 17 Obiettivi, 169 Target e oltre 240 indicatori. Sarà rispetto a tali parametri che ciascun Paese verrà valutato periodicamente in sede Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali.

sostenibile. Ciò non significa subordinazione di tutti gli altri interessi e principi che entrano in gioco soprattutto nel sistema degli interessi pubblici, ma al contrario un paradigma di governo per contratto esercitato nella necessità di contemperarli ed integrarli secondo un approccio caso per caso.

CAPITOLO II

Appalti pubblici: l’integrazione degli interessi ambientali nella contrattazione pubblica. L’interesse ambientale da vincolo tradizionalmente esterno a vincolo interno dell’evidenza pubblica.

Sommario: 1. I principi promossi dalle politiche sugli appalti delle Organizzazioni

internazionali. 2. Le prime generazioni delle norme europee sugli appalti pubblici ed i principi sviluppati dalla Corte di giustizia. 3. Le direttive 2004/177/CE - 2004/18/CE. 3.1. L’identificazione dei bisogni. 3.2. La descrizione dell’oggetto del contratto. 3.3. Le specifiche tecniche. 3.4. I criteri di qualificazione. 3.5. I criteri di aggiudicazione. 3.6. Le condizioni di esecuzione. 3.7. Le principali barriere per l’affermarsi del green procurement nelle direttive del 2004. 4. Evoluzione della legislazione interna in materia di appalti pubblici. 5. La disciplina del d.lgs. 163/2006 e l’evoluzione del green procurement. 5.1. I criteri ambientali nella definizione dell’oggetto del contratto. 5.2. I criteri ambientali nella fase di ammissione. 5.3. I criteri ambientali nella fase di aggiudicazione. 5.4. I criteri ambientali nella fase di esecuzione 6. Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (PAN GPP).

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